It's hard to tell, when you're so unwell, if you're in Hell or Paradise di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
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Mylash
Ehi
Myles,
ti
sembrerà strano ricevere una lettera da
me, che raramente mi esprimo in questo modo e preferisco parlare
guardando il
mio interlocutore negli occhi. Insomma, Slash che scrive una
lettera… chi se lo
aspetterebbe?
Ma
ormai mi conosci abbastanza bene per sapere che, quando si tratta di
questioni
delicate e molto personali, perdo subito tutto il coraggio e la faccia
tosta,
pur di non portare fuori quello che ho dentro mi chiudo nel silenzio e
svio il
discorso.
Forse
sto divagando, e anche questo non è da me.
Il
fatto è che da anni sono tormentato da qualcosa di
gigantesco, che ho tentato
in tutti i modi di reprimere senza successo, ed è giunto il
momento che tu lo
sappia.
Non
farò grandi giri di parole, non mi va e non serve, ma mi
voglio assicurare che
in questo momento, mentre leggi queste righe, tu sia da solo e
tranquillo,
perché sono consapevole che resterai sconvolto. Prenditi
tutto il tempo che
vuoi per assimilare ciò che leggerai e, per favore, fai in
modo che nessuno
oltre me e te lo venga a sapere.
Okay.
Myles, ti amo. Da sempre, da quando ti ho conosciuto.
L’ho
detto, ora lo sai anche tu.
So
cosa stai pensando in questo momento, pensi che tutto questo sia uno
scherzo di
cattivo gusto… credimi, anch’io lo vorrei, invece
è la fottuta verità con cui
mi ritrovo a fare i conti ogni giorno.
Sappi
che non mi aspetto nulla da te, so bene che questi sentimenti non sono
ricambiati, quindi non ti preoccupare per me: se mi devi rifiutare, non
porti
scrupoli e fallo, puoi anche insultarmi se ti fa sentire meglio.
Capirò.
Anzi,
sai cosa ti dico? Non sei obbligato a rispondermi o a farmi sapere che
hai
letto, fai come se nulla fosse successo; penso che in questo modo ci
risparmieremo entrambi un bel po’ di sofferenza.
L’unica
cosa in cui spero è che questa confessione non cambi
l’idea che tu hai di me,
che non modifichi il nostro rapporto e non ti porti a diffidare. Non
essere
spaventato da me, non potrei mai fare qualcosa contro la tua
volontà, io sono
sempre io e vorrei che anche tu fossi sempre tu. Non sarà
facile, all’inizio mi
guarderai con disgusto e forse proverai pena per me, ma spero che col
tempo ti
lascerai questa storia alle spalle.
Te
l’ho voluto dire perché per me era ormai diventato
un peso troppo grande e
difficile da sopportare, e perché mi sembrava corretto
essere sincero con te.
Se
sei giunto fin qui e non hai distrutto questa lettera, grazie. E grazie
anche
per essermi amico ogni giorno, la tua presenza è
indispensabile per me.
S.
Quando
staccai la penna dal
foglio, la mano mi tremava leggermente. Non sapevo cosa mi avesse
portato a
mettere per iscritto quelle parole, a confessare quei miei sentimenti
come se
mi stessi rivolgendo a Myles, ma ne avevo sentito un profondo bisogno.
Volevo
parlargliene, fargli sapere ogni singola cosa, ero stufo di quella
farsa che
andava avanti da troppi anni e mi faceva stare sempre peggio; mi
sentivo un
vigliacco e un bugiardo, non ce la facevo più.
Volevo
consegnargliela, quella
lettera, dovevo prendere coraggio. Peccato che alla sola idea mi si
accapponava
la pelle, non riuscivo neanche a immaginare cosa ne sarebbe seguito.
Dovevo
farlo quel giorno stesso,
era la nostra ultima data del tour e molto presto ci saremmo dovuti
separare.
Ci
sarei riuscito?
Dopo
aver riletto quelle parole
almeno quindici volte, ripiegai il foglio e lo infilai nella tasca
della
giacca, in modo da averlo a portata di mano nel momento giusto, quando
avrei
trovato il coraggio.
Dovevo,
volevo dargliela. In
quelle poche righe avevo impresso tutto me stesso, come non sarei
riuscito a
fare nemmeno a parole. Era abbastanza squallido, lo dovevo ammettere,
soprattutto da parte di una persona che si aggirava intorno alla
cinquantina
d’anni, ma era l’unica soluzione possibile al
momento.
Mi
aggiravo per il backstage in
preda al panico, cercando di non darlo troppo a vedere. Il concerto era
andato
alla grande, avevamo concluso il tour di promozione di World
On Fire in maniera spettacolare… non fosse per il
fatto che
la lettera per Myles mi era scivolata via dalla tasca della giacca
prima che
salissi sul palco e non avevo idea di dove potesse essersi cacciata.
Non sapevo
cosa mi terrorizzasse di più, se l’idea che la
trovasse Myles o che capitasse
tra le mani della persona sbagliata, qualche curioso a cui andava di
ficcare il
naso nelle faccende altrui.
“Ehi,
Slash! Pronto ad andar
via?” La voce di Todd, il mio bassista, mi fece sobbalzare;
sollevai lo sguardo
e me lo ritrovai a fianco, che mi scrutava con curiosità.
“Eh…
più o meno” bofonchiai,
guardandomi ancora attorno in cerca di quel dannato pezzo di carta.
“Tutto
bene? Hai perso qualcosa?”
mi domandò stranito.
“No”
sbottai subito, senza
specificare se stessi rispondendo alla prima o alla seconda domanda.
“Ah,
a proposito: prima di salire
sul palco ho trovato un foglio, non è che per caso
è tuo?”
Trattenni
il fiato quando vidi il
bassista sventolare di fronte ai miei occhi proprio ciò che
stavo cercando: la
lettera si era un po’ stropicciata, ma era sempre ripiegata
in quattro. La
riconobbi subito, ormai me l’ero rigirata talmente tante
volte tra le mani che
ne conoscevo ogni singola piega.
“Cos’è?”
Mi affrettai a
strappargliela dalle mani, ma gli posi comunque quella domanda per
capire se
Todd l’avesse aperta o meno.
“Non
lo so, non mi sono azzardato
a sbirciare.”
Tirai
interiormente un sospiro di
sollievo, mentre continuavo a recitare la mia parte: con fare
sospettoso,
dispiegai il foglio e finsi di leggere qualche riga – come se
in realtà non
conoscessi già a memoria il contenuto.
Non
sapevo come uscire da quella
situazione, non potevo certo spiegare a Todd di cosa si trattava.
Improvvisamente
mi venne un’idea
che mi avrebbe sollevato da molte responsabilità e al
contempo mi avrebbe
permesso di raggiungere il mio obiettivo. Ripiegai il foglio con cura e
sollevai lo sguardo su Todd. “Non so, credo sia qualcosa di
Myles, ma non mi va
di intromettermi troppo. Potresti infilarla nella sua giacca o nella
sua borsa,
mentre io vado a recuperare le mie cose?”
“Oh,
certo, non c’è problema!” Il
bassista mi sfilò l’oggetto dalle dita e in pochi
istanti sparì dal mio campo
visivo.
Perfetto:
avevo evitato un
momento imbarazzante con Todd e ora Myles avrebbe avuto la mia lettera
senza
che gliela dovessi consegnare direttamente.
Mi
facevo sempre più schifo, quel
piano era folle e del tutto insensato, aveva tutta l’aria di
una presa per il
culo nei confronti di Myles e di me stesso.
Solo
in quel momento, mentre mi
avviavo al mio camerino, venni colpito da una consapevolezza: ormai non
si
poteva più tornare indietro, Myles avrebbe ricevuto e letto
la mia
dichiarazione d’amore. Sul momento, davanti a Todd, avevo
agito d’istinto senza
pensarci troppo su, ma ora che l’adrenalina era scemata fui
costretto a
guardare in faccia la realtà.
Deglutii
a fatica, sentendo
improvvisamente la gola secca e un nodo allo stomaco.
Quella
sarebbe potuta essere
l’ultima notte di tour insieme a Myles, lui avrebbe potuto
decidere di
abbandonare il progetto e allontanarsi per sempre da me.
L’adrenalina
ricominciò a
scorrermi nelle vene, più irruenta di prima.
Vagavo
per la stanza d’albergo
come un’anima in pena, non sapevo dove posare lo sguardo e
non riuscivo a darmi
pace. Dormire? Non se ne parlava, la sola idea di sdraiarmi a letto mi
faceva
impazzire. In quel momento ero talmente in ansia che non sarei riuscito
a stare
fermo.
Myles
aveva trovato la mia
lettera? L’aveva aperta? Cosa ne pensava? Mi avrebbe mai
fatto sapere qualcosa?
Certo, ero stato io a suggerirgli di lasciar perdere, ma
improvvisamente l’idea
che la cosa rimanesse in sospeso non mi andava più bene.
Quella
folle idea si stava
rivelando sempre più una fesseria, avevo sbagliato tutto. Ma
cosa mi era
saltato in mente? Ancora una volta avevo agito d’istinto,
come quando ero un
ragazzino e mi divertivo a provocare chiunque mi ritrovassi di fronte,
e mi ero
ficcato in un casino più grande di me.
Ma
stavolta non si trattava di
un’innocente marachella, non avevo rotto il vetro del
soggiorno al vicino di
casa. Rischiavo di perdere uno dei miei migliori amici,
nonché l’unica persona
che avessi amato nel corso degli ultimi cinque anni.
Mi
avvicinai alla finestra e la
spalancai, ma mi accorsi che fuori faceva un po’ troppo
fresco e la socchiusi.
Accesi l’abat-jour. Perlustrai tutti i cassetti della stanza
nella vana
speranza di trovare qualcosa che mi distraesse. Spensi
l’abat-jour. Gettai
l’ennesima occhiata allo schermo del mio cellulare, la
millesima quella sera,
sperando e temendo di trovare un messaggio di Myles; non
c’erano sue tracce.
Avrei
voluto che qualcuno mi
desse un colpo in testa, in modo da crollare addormentato e smettere di
pensare, almeno per qualche ora.
Mi
ero appena seduto sul bordo
del letto con un profondo sospiro, quando sentii bussare con leggerezza
alla
porta; il mio cuore impennò e avvertii il sangue defluire
dal viso, mentre i
muscoli mi si irrigidirono di botto.
Smettila,
Slash, magari non è lui. Potrebbe essere
qualcuno dello staff o il personale dell’albergo.
Sì,
e cosa dovrebbero mai volere alle due di notte?
Mi
alzai a fatica e arrancai
verso la porta, stringendo i pugni per tentare di placare il tremore
delle mie
mani. “Chi è?” mormorai.
Nessuna
risposta. Probabilmente
la persona dall’altra parte della porta non mi aveva neanche
sentito.
Aprii
appena l’uscio, giusto il
tanto per riuscire a sbirciare in corridoio.
E
incrociai due occhi azzurri che
conoscevo fin troppo bene, profondi e sgranati.
“Myles”
soffiai, ma suonò più
come un rantolo strozzato. Il cuore mi martellava nel petto, e la
situazione
non fece che peggiorare quando i miei occhi saettarono al foglio bianco
che il
cantante stringeva tra le mani.
“Posso
entrare?” domandò Myles
con un filo di voce, sul viso un’espressione indecifrabile.
L’istinto
mi diceva di sbattergli
la porta in faccia, nascondermi in un angolo e dimenticare tutto, ma il
mio buon
senso me lo impedì; indietreggiai di qualche passo e aprii
maggiormente la
porta, lasciandogli lo spazio per intrufolarsi nella stanza.
Una
volta dentro, Myles si guardò
attorno spaesato, quasi… spaventato.
Aveva paura di
me? Mi
si formò un nodo in gola.
Poi
il cantante posò i suoi
splendidi occhi su di me e inspirò profondamente prima di
parlare. “Slash, io…
ho letto quello che… insomma, non sarei mai riuscito a fare
finta di niente.”
Era in difficoltà.
E
io lo ero il doppio di lui. Con
la scusa di chiudere per bene la finestra, mi allontanai ed evitai
accuratamente il suo sguardo, dandogli le spalle. “Ecco, non
vorrei che tu
prendessi freddo” buttai lì, sigillando
l’infisso con uno scatto.
“Slash…
parliamone” mi rimproverò
con dolcezza Myles, dal momento che avevo sviato il discorso.
La
verità era che non sapevo cosa
dire, ero nel pallone.
Mi
voltai e lo trovai seduto sul
bordo del letto, che mi invitava con un cenno a fare lo stesso. Scossi
la testa
e decisi di restare in piedi, troppo nervoso.
“Senti,
io… non me l’aspettavo.
Perché hai aspettato tanto per dirmelo? Per quanto tempo ti
sei tenuto questa
cosa dentro?” cominciò il discorso Myles, sempre
col suo solito tono calmo e
dolce. Non c’era traccia di rabbia o delusione nella sua voce.
Feci
scorrere per un secondo lo
sguardo sulla carnagione chiara del suo viso, accarezzata appena da
alcune
ciocche di capelli, scure e morbide… la dovevo smettere.
“Myles,
perché sei venuto qui? Lo
so, ti faccio schifo, quindi non sei obbligato a stare in mia
compagnia.
Insomma, non mi devi niente, è… ho fatto una
cazzata, è stata una pessima idea”
bofonchiai, inciampando nelle mie stesse parole. Ormai non riuscivo
più a
controllare il tremore diffuso in tutto il mio corpo, mi vergognavo
troppo per
le condizioni in cui versavo. Myles mi osservava con i suoi occhi
curiosi e
indagatori, e si ritrovava davanti solo un fascio di nervi, quello che
sarebbe
dovuto essere un uomo e invece sembrava più un ragazzino
spaventato.
“Come
puoi pensare che io ti
possa disprezzare? Io sono solo preoccupato per te, vorrei che tu ti
aprissi e
mi parlassi di questa cosa. Vieni qui, siediti vicino a me”
mi invitò
gentilmente Myles.
Quando
ebbi il coraggio di
sollevare lo sguardo e incrociare il suo, vi lessi una sincera
preoccupazione
che mi spezzò il cuore.
Decisi
di accontentarlo, anche
perché presto o tardi le gambe mi sarebbero cedute: mossi
qualche passo nella
sua direzione e presi posto sul materasso, in prossimità del
cuscino, mentre
Myles stava ai piedi del letto. Volevo tenere una certa distanza da
lui,
sarebbe stato meglio per entrambi.
“Sei
unico. Non posso credere che
tu sia qui, dopo quello che hai letto” commentai.
Lui
sospirò e scosse appena la
testa, lasciando che i capelli gli oscillassero sulle spalle.
“In questa
lettera,” disse, accennando al foglio che ancora stringeva
nella mano destra,
“ci sono delle parole bellissime, forse è la
dichiarazione più bella che mi sia
mai stata fatta. E non è stupido, non è una
cazzata. Non potrei mai odiare una
persona che mi parla con tanto rispetto, tanto trasporto e…
dolcezza, ecco.”
Io?
Dolce?
Mi
pareva assurdo, eppure sapevo
con certezza che non mi stava prendendo in giro, non
l’avrebbe mai fatto.
Tacqui,
trattenendo il respiro,
in attesa che lui continuasse.
Myles
si avvicinò di più a me e
mi si accovacciò di fronte, sul materasso, in modo da
potermi osservare meglio.
Dal canto mio, la sua vicinanza mi stava già inebriando, ma
mi sentivo talmente
a disagio che mi strinsi ancora più nell’angolo,
contro la spalliera del letto.
“Slash,
non mi fai schifo, non
voglio scappare da te. Se tu mi vuoi abbracciare o mi vuoi osservare, o
qualsiasi altra cosa, sentiti libero di farlo, a me non dà
fastidio. Non stai
commettendo un crimine anzi, io… mi sento in
colpa.” Sospirò pesantemente e si
passò una mano tra i capelli, gesto che mi faceva impazzire.
“In
colpa? Perché?” gli chiesi
titubante, anche se temevo di conoscere già la risposta.
“Credo
che non… non potrò mai
ricambiare questi sentimenti, questo ti farà male. Insomma,
lavoriamo insieme, ci
vediamo in sala prove, in sala di registrazione, in tour. Come puoi
vedermi
ogni giorno e stare bene?” Mentre parlava, Myles aveva gli
occhi lucidi e colmi
di dispiacere; questo mi spezzò il cuore.
Scossi
il capo. “No, ti prego,
era proprio questo che volevo evitare! Tu non ci devi nemmeno pensare,
dimenticati di questa storia e soprattutto non preoccuparti di me.
L’hai letto
anche nella lettera e te lo ribadisco: a me basta esserti amico, ti
voglio
nella mia vita, non importa come” chiarii con sicurezza,
sperando che quelle
parole lo aiutassero a stare meglio. A volte non ci credevo nemmeno io,
ma
ormai mi ero rassegnato e mi ero dovuto convincere che andasse bene
così.
“Oh,
Slash…” Myles mi si accostò
e mi strinse in un forte e avvolgente abbraccio, posando la testa sulla
mia
spalla.
Inizialmente
mi irrigidii,
sorpreso da quel gesto e con il cuore a mille, ma poi realizzai che il
mio
amico voleva solo dimostrarmi il suo affetto e la sua comprensione, non
c’era
motivo di fuggire o respingerlo. Lo strinsi a me, decidendo di godermi
quell’attimo almeno una volta, inspirando il suo dolce
profumo e lasciando che
il calore del suo corpo impregnasse il mio. Non era facile averlo tra
le
braccia e trattenersi dal compiere mosse avventate, ma
l’ultima cosa che volevo
era spaventarlo e tradire la sua fiducia. Così feci appello
a tutto il mio
scarso autocontrollo.
Dopo
qualche secondo, Myles
mugugnò qualcosa di incomprensibile e fece scorrere per un
istante le sue dita
sul mio avambraccio, coperto solo dal tessuto leggero della maglietta.
Rabbrividii,
del tutto spiazzato
da quel gesto. “Che c’è?” gli
domandai, leggermente allarmato.
“Slash?”
mi richiamò in un sussurro.
Abbassai
appena il capo per
poterlo osservare, cominciando a pensare che qualcosa non andasse.
Avevo forse
sbagliato qualcosa? Myles si sentiva imprigionato dal mio abbraccio?
Prima
che potessi formulare
qualsiasi pensiero, mi ritrovai con le labbra di Myles premute sulle
mie.
Il
cuore perse un battito e smisi
di respirare.
Era
un sogno, non poteva essere
vero! Dio solo sapeva quanto avevo atteso quel momento, sperato che
arrivasse,
temuto che non sarebbe mai successo.
Non
me lo feci ripetere due volte
e ricambiai con foga, trascinandomi Myles addosso e intrecciando le
dita alle
sue ciocche lisce. Mi aveva dato un assaggio di lui e ora volevo
prendermi
tutto, esplorare la sua bocca con calma e voracità, lasciare
che incendiasse la
mia.
Ma
dopo qualche istante, Myles si
scostò da me col fiato corto, lasciandosi scappare una
risatina; ma i suoi
occhi, sgranati e torbidi, lasciavano trasparire confusione e paura.
“Ehi…
piano, con calma” soffiò a pochi centimetri dal
mio viso.
Oh,
cazzo… cos’avevo fatto? Avrei
dovuto fermarlo, non cedere!
“Ehm…
senti, questo… non vorrei
che…” balbettai, tremante per lo shock e la sfilza
di emozioni contrastanti che
mi aveva pervaso.
“Un
attimo.” Si allontanò da me e
si mise seduto con la schiena dritta e lo sguardo basso.
“Oddio, a me… Slash,
mi… mi è piaciuto. Ma è troppo da
accettare tutto in una volta.”
Non
sapevo se esultare per il
fatto che avesse gradito il bacio o disperarmi perché
l’avevo mandato nel
pallone. Mi limitai a osservarlo, mentre frugavo nella mia testa alla
ricerca
di qualcosa di intelligente e sensato da dire.
“Non
me lo aspettavo, scusami se
ho agito d’impulso” buttai lì infine.
“È
che questa per me è una
situazione nuova, fino a dieci secondi fa non avevo neanche immaginato
una cosa
del genere” ammise Myles candidamente, con una risatina
nervosa.
“Non
sarò certo io a forzare le
cose” lo rassicurai, posizionandomi più
comodamente con la schiena contro la
spalliera del letto.
Calò
il silenzio, lunghissimi
istanti in cui io e Myles non facemmo che scambiarci occhiate intense
ed
eloquenti. Poi, con la stessa naturalezza di prima, lui
azzerò la distanza tra
i nostri volti e mi baciò di nuovo. Il contatto con le sue
labbra era dolce e
morbido, proprio come la sua personalità.
Mi
imposi di rispettare i suoi
tempi e non farmi prendere dalla foga, ma dopo pochi istanti
ciò che Myles mi
dava non mi bastava più, lo volevo vicino e desideravo far
scorrere le mani
ovunque, sul suo petto, sui suoi fianchi…
Ancora
una volta lo trascinai con
me e ci ritrovammo scompostamente sdraiati sul letto da una piazza e
mezzo.
Ogni suo tocco, ogni suo respiro, era fuoco che mi ardeva nelle vene e
sulla
pelle.
Ma
ancora una volta Myles si
staccò da me e si sdraiò meglio su un fianco, il
volto teneramente arrossato
dalla foga e dall’imbarazzo. “Un secondo, dammi
giusto un attimo.”
Mi
portai una mano alla bocca, in
preda allo sconforto. “Scusa. Di nuovo.”
Perché
ero così fottutamente
istintivo?
“So
che può sembrare stupido, ma
è duro accettare questo… interesse nei confronti
di un altro uomo, soprattutto
per uno della mia età, che ha sempre avuto delle
certezze” si giustificò lui
arrossendo leggermente, mentre riprendeva fiato.
Mi
sollevai su un gomito e
piantai i miei occhi nei suoi. “Fai quello che ti senti e
quando te la senti,
io sono qui per te. Quando vuoi avvicinarti fallo, se ti vuoi prendere
una
pausa non porti problemi” proposi di slancio, poi addolcii il
tono della voce:
“Non metterti alcun tipo di problema, io
rispetterò ogni tua scelta”. Mentre
parlavo, gli scostai una ciocca di capelli che gli si era appiccicata
alla
fronte sudaticcia. Sognavo da tempo di compiere quel gesto, di
prendermi cura
di lui e dimostrargli quanto ci tenessi.
Myles
accennò un sorriso. “Dici
davvero? Mi aspetterai?”
“Certo”
sentenziai senza
esitazione.
Myles
allora si sciolse in un
sincero, enorme e tenero sorriso, poi si strinse forte a me e nascose
la faccia
nell’incavo del mio collo. Il suo respiro caldo sulla pelle
mi fece
rabbrividire.
Seppellii
il viso tra i suoi
capelli, con l’unico intento di godermi il loro profumo; nel
frattempo presi ad
accarezzargli la schiena e il fianco, stringendomi ancora
più a lui.
Quanto
lo amavo! Certo,
desideravo spingermi oltre, ero attratto da lui tanto da star male, ma
per il
momento mi sarei accontentato di stare così. Myles era tra
le mie braccia, si
sentiva vulnerabile e si aggrappava a me, si fidava di me.
E
io me ne sarei preso cura,
anche se ero capace a malapena di badare a me stesso.
“Io
sono troppo confuso” ammise
Myles con un sospiro, facendomi rabbrividire per l’ennesima
volta. “Tu come fai
a essere così sicuro? Come ti senti?”
La
sua era più una riflessione
che una domanda, ma mi colpì e allora mi sentii in dovere di
dare una risposta.
Prima di pronunciarle, pensai accuratamente alle parole da usare:
“Non so bene
come sentirmi riguardo a tutto questo. Qualcosa nel modo in cui ti
muovi mi fa
sentire come se io…”
…non
potessi vivere senza di te.
Era
tutta la verità, ma non
riuscii a pronunciare quelle parole, avevo sempre troppa
difficoltà a esprimere
i miei sentimenti.
Per
fortuna ci pensò proprio
Myles a salvarmi da quel momento imbarazzante: sollevò il
viso e mi lasciò un
bacio dolce e ardente allo stesso tempo.
Quando
si staccò, lo guardai
negli occhi. “Mi prendi in tutti i modi… non sto
scherzando.”
E
lui capì, dal mio sguardo e dal
tono di voce, che ero serio. Rimase quasi spiazzato da quella
rivelazione, ma
poi mi regalò l’ennesimo sorriso.
“Voglio
che tu rimanga.”
Lui
sbatté le palpebre. “In che
senso?”
“Stanotte.”
Myles
parve intimorito per un
secondo. “Beh, forse…”
Ridacchiai.
“Stiamo così, come
adesso, nulla di più” lo rassicurai.
“Ah…
okay, va bene” borbottò,
scettico.
Scoppiai
a ridere e gli lasciai
un leggero colpetto sul braccio. “Mi fa morire il tuo modo di
fare.”
“Non
capisco se è un
complimento.”
Senza
smettere di ridacchiare, mi
posizionai supino sul materasso e me lo trascinai accanto, in modo che
potesse
posare la testa sul mio petto.
Forse
non ero la persona più
adatta a ricoprire quel ruolo, non ero un porto sicuro, non avevo
braccia forti
tra le quali nascondersi o un petto possente in grado di infondere
sicurezza e
senso di protezione… ma questo non sembrava importare a
Myles, che posò il suo
orecchio all’altezza del mio cuore e intrecciò le
dita ai miei capelli,
giocando con i miei ricci.
Gli
posai una mano sul fianco e
lo cullai con dolcezza, lasciandogli di tanto in tanto leggeri baci
sulla
fronte e tra i capelli, finché non scivolai in un sonno
quieto.
Quella
notte, dopo anni, mi
addormentai sereno e seppi con certezza di essere al posto giusto nel
momento
giusto ma, soprattutto, con la persona giusta.
♥
♥ ♥
E…
FINALMENTE CE L’HANNO FATTA! Ragazzi, oddio, sono
emozionatissima *-*
Chi
ha letto la storia madre di questa shot – Living
The Dream, di cui
questa è un finale alternativo – sa che per me
questo era un amore platonico e
irrealizzabile, stava tutta là la sua bellezza. Ma allo
stesso tempo ho pensato
che non fosse giusto concludere la storia così, lasciando
scontenta quella
parte di lettori che avrebbe voluto un lieto fine per i due. E poi
ammetto che
anche io mi sono posta tante volte la domanda: cosa sarebbe successo se
Slash
avesse dato la lettera a Myles, al posto di distruggerla? E da
lì è partito
tutto.
Non
so che effetto farà a voi, ma ora vi racconto la mia
esperienza: la sera che ho
scritto questa storia, una volta conclusa, non ho fatto che pensarci e
ripensarci, rivivevo nella mia mente i momenti e le scene. Sono andata
a letto,
la mattina dopo mi sono svegliata e il pensiero di questa shot mi ha
perseguitato
per tutta la giornata. Mi ha coinvolto in una maniera totale, e spero
che
questo sia emerso dalle mie righe ^^
Ah,
e spero che vi piaccia il banner da me creato, anche se è un
po’ sbilenco e non
proprio artistico XD ho scoperto qualche giorno fa come si modificano
le foto
dal pc e questo è il mio primo esperimento, il banner per la
long l’ho fatto
con un vecchio cellulare della Nokia, ahahahhahah (scusate il momento
vagamente
trash) XD
Per
quanto riguarda il titolo della storia, è tratto dalla
canzone “Crazy Life” di
Slash. Myles Kennedy & The Conspirators, bonus track di
Apocalyptic Love del
2012!
Non
mi resta che ringraziare i lettori di Living The Dream e
tutti coloro
che, pur non avendola letta, hanno dato una sbirciata da queste parti!
E, last
but not least, MaryLondon per il bellissimo contest e per il
prompt super
ispirante :3
Alla
prossima!!! ♥
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