La
figura di Raiden, come un lampo, si materializzò nel palazzo
degli Dei Anziani.
Colto
da un accesso di nausea, l’ex dio del tuono barcollò.
Con l’acquisizione della natura mortale, i suoi poteri non
erano scomparsi, ma il loro utilizzo era per lui faticoso.
Anzi,
consumava sempre più la sua energia vitale.
– Che
cosa importa? – mormorò, divertito. Presto,
quell’esistenza si sarebbe conclusa.
Quel
malessere fisico, per quanto fastidioso, era una seccatura
transitoria.
Ora
capisco molte cose…, pensò.
Certo, il suo cuore amava ancora gli esseri umani, ma solo in quel
momento riusciva a immedesimarsi nei loro pensieri e nelle loro
emozioni.
Comprendeva
la loro difficoltà ad andare oltre l’effimero, perché
erano condizionati dalla loro natura, fragile e mortale.
Eppure,
tendevano all’infinito, malgrado le pesanti catene della loro
fragilità.
Con
passo calmo, percorse le grandi sale del palazzo, vuote di vita.
Che
silenzio., si
disse. In un tempo remoto, l’edificio era impregnato del potere
degli Dei Anziani.
Quell’energia
ancestrale illuminava d’una luce calda le strutture del
palazzo, in quel momento fredde e inerti.
Nulla
era rimasto di quelle entità, da lui credute eterne e
immortali.
Con
la cronofusione, erano scomparse.
Solo
quel palazzo ricordava la loro lunga esistenza.
Sospirò.
Gli sembrava, in quel momento, di essere in una tomba.
Anzi,
quell’edificio, tra pochi istanti, si sarebbe tramutato nella
sua sepoltura.
Si
sedette a gambe incrociate sul pavimento marmoreo e ne contemplò
affascinato il mosaico foggiato a forma di kolam, scintillante di
bagliori policromi.
Poi,
trasse da una tasca del vestito un lungo pugnale dalla lama
serpentina, l’elsa dorata incrostata di smeraldi, scintillanti
di deboli bagliori verdi.
Rimirò
la lama e si specchiò nel freddo chiarore del metallo, che gli
restituì l’immagine del suo volto, atteggiata ad una
espressione serena, simile alla statua di un Buddha.
–
Già.
– mormorò. Quella risoluzione, così ferrea, gli
aveva donato la serenità che per tanto, troppo tempo si era
rivelata un miraggio per lui.
Anche
quella era una sensazione umana?
Quando
gli uomini giungevano ad un tale carico di pena, provavano una tale
pace nella morte?
Giunti
al termine del loro percorso, gioivano della possibilità di
rivedere i loro familiari?
Una
lieve folata di vento sollevò un poco i suoi lunghi capelli e
gli sfiorò il collo.
Sussultò,
turbato. In quel momento, gli pareva di sentire la presenza di Fujin…
Quel
tocco, così etereo, gli dava l’illusione di una
rinascita di suo fratello.
Scosse
la testa. No, era solo un inganno del suo cuore, anelante ad un
ricongiungimento.
Suo
fratello era morto.
La
crudele criomante Frost, su ordine di Cetrion, l’aveva
congelato.
Era
stato condannato ad una morte orribile.
A
lui non era stata data la possibilità di vedere la nuova era.
Non
poteva compiacersi delle conquiste degli umani e delle opere
benefiche di Liu Kang.
Quel
giovane si era mostrato un protettore ben più degno di lui.
Ma
il suo amato fratello nulla sapeva di questo.
Era
un corpo privo di vita, rinchiuso in un sepolcro di ghiaccio.
Ma
la punizione, implacabile, si era abbattuta sulla folle allieva di
Subzero.
Quella
donna non si sarebbe servita del suo potere per compiacere la sua
brama di dominio.
E
Cetrion, come una brava e obbediente figlia, aveva offerto la sua
vita e i suoi poteri a Kronika.
Non
aveva saputo discernere il giusto dall’ingiusto.
Si
ammantava di una virtù fallace e confondeva la purezza con la
brama di potere della sua crudele madre.
Lui
avrebbe desiderato porre termine all’esistenza di Cetrion, ma
non poteva non considerarsi soddisfatto.
Il
suo amato fratello poteva riposare in pace.
E,
presto, si sarebbe ricongiunto a lui.
Con
un gesto deciso, strinse il pugnale e lo immerse nel ventre.
Il
sangue, d’impeto, esondò, macchiando prima le candide
vesti dell’ex dio, poi il pavimento.
Raiden,
privo di forza, cadde di schiena, le braccia leggermente sollevate e
lo sguardo fisso verso l’alto. Finalmente, era riuscito a porre
termine alla sua lunga esistenza.
Col
sangue, fuggiva la sua vita.
Gli
smeraldi sul pugnale, ad un tratto, brillarono di una sempre più
forte luce verde.
L’uomo
accennò ad un sorriso. Pochi giorni prima, aveva benedetto il
pugnale con una particolare magia, capace di imprigionare l’anima
in un’arma.
Nessun
tiranno si sarebbe servito dei suoi poteri.
– Non
con me… – mormorò. Lo sapeva, l’oscurità
sarebbe sempre risorta in nuove forme.
Ma
lui non avrebbe dato il suo pur involontario contributo a eventuali
nemici.
Ad
un tratto, un tocco leggero sulla sua guancia lo scosse dai suoi
pensieri.
Con
fatica, girò la testa e la sua vista, ormai annebbiata, scorse
una figura umana dai lunghi capelli, china su di lui.
La
felicità inondò il suo cuore. Lo spirito di suo
fratello era giunto.
La
debolezza della morte opprimeva i suoi sensi, ma il suo cuore poteva
avvertire il suo tocco.
–
Fujin…
Sei venuto a prendermi? – soffiò, la voce flebile.
Non
sentendo nulla, l’ex dio del tuono scosse la testa.
– Va
bene così… Grazie di essere venuto. – mormorò,
prima di precipitare nell’oscurità.
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