Durante il viaggio in
macchina verso
casa, Ross e Demelza non si scambiarono nemmeno una parola. Ross era
ancora arrabbiato e fin troppo orgoglioso per tirare fuori
l'argomento per primo, correndo il rischio di dimostrarsi vulnerabile
alle insinuazioni di Delmelza riguardo alla sua
“ingiustificata”
gelosia nei confronti di Hugh Armitage.
La mente di Demelza,
invece, correva
veloce in direzione opposta e tutto ciò che desiderava era
eliminare
il risentimento presente tra di loro, squarciare la nube minacciosa
che oscurava la loro felicità e far capire a Ross che non
c'era
alcun pericolo da temere. Probabilmente l'esperienza vissuta con
Elizabeth, il fatto di averla vista sfuggire dalle sue mani
così
facilmente e l'aver dovuto accettare in maniera passiva che un altro
uomo avesse preso il suo posto, influiva pesantemente sulla mancanza
di fiducia che ora Ross dimostrava nei suoi confronti. Ma lei non era
come Elizabeth...
“Rimanere in
silenzio non fa altro
che peggiorare le cose, Ross.” Gli rivolse un sorriso pieno
di
comprensione.
Ross si limitò
ad aggrottare le
sopracciglia, scuotendo la testa sempre più incredulo
dell'assurdità
della situazione che si era andata a creare a causa delle pretese
impossibili di un giovane viziato in punto di morte. Ovviamente, Hugh
era stato abituato ad avere tutto dalla vita. Ad ogni richiesta
seguiva il suo naturale appagamento, così come ad ogni
scossa data
dalle sue aristocratiche mani al campanello della sua insolenza
rispondeva un cameriere pronto per farsi in quattro pur di appagare i
vagheggiamenti di un animo sofisticato come il suo.
Demelza gli
accarezzò lentamente il
dorso della mano che teneva su volante, “Se credi
che...”
“No, ma se
ritieni opportuno mettermi
al corrente di cosa sia giusto che io pensi, allora accomodati. Ormai
è evidente che non si tratta più di una semplice
speculazione, ma
di qualcosa di ben più tangibile che temo ti abbia
già coinvolta
abbastanza.” Si fermò presso un'area di sosta,
lasciando che
Demelza si voltasse più facilmente verso di lui per parlarle
in
maniera diretta.
“Se Armitage
è arrivato a tanto, la
colpa è solo mia. Non avrei dovuto permetterti di seguire il
suo
caso.” Continuò approfittando della quiete che
regnava nell'aria,
nonostante la densità dei sentimenti che provavano entrambi,
“Con
questo non voglio dire che tu non ne fossi capace, però vi
siete
affezionati in maniera eccessiva l'uno all'altra ed ora... ”
Le ultime parole
risuonarono come il
risultato di un grande sforzo emotivo da parte di Ross.
“Ed ora hai paura
di avermi persa, ma
non è così...”
Ross alzò lo
sguardo sui suoi occhi
incredibilmente espressivi, trovandovi una sicurezza e un affetto
sinceri e del tutto lontani dall'atteggiamento esitante e lezioso con
cui Elizabeth gli si era approcciata il giorno della festa di
fidanzamento a Trenwith con la speranza di salvare un pezzo di quel
cuore, frantumato a causa del suo bisogno di trovare in Francis quel
qualcosa in più che lui si era dimostrato incapace di
offrirle.
Demelza riusciva a tirargli fuori con schiettezza alcuni intricati
discorsi interiori che, per sua natura, trovava difficili da
esternare, sbalordendolo continuamente per la sua innata
capacità di
leggere nel cuore delle persone con cui entrava in contatto. Era
successo così anche con Hugh? Si domandò con una
certa irritazione.
“Spero di
no.”
Le prese il viso tra le
mani e lo
avvicinò al suo, in modo che le loro fronti si
incontrassero.
Rimasero così per qualche secondo, poi Demelza
partì alla ricerca
delle sue labbra per baciarlo con una dolcezza straordinaria, ricolma
di tutte quelle risposte necessarie per convincerlo
dell'onestà del
suo sentimento verso di lui.
Ben presto la dolcezza si
trasformò in
una passione impetuosa, quasi da togliere il fiato. Quei baci
trascinanti non bastavano più, la combinazione perfetta
delle loro
labbra aveva spalancato le porte a un desiderio impellente di carezze
che superava le barriere fisiche del corpo per raggiungere qualcosa
di più profondo come l'anima. Si cercavano con la sete di
trovarsi lì dove avrebbero potuto riconoscersi, senza
barriere e timori: un
luogo di solitudine condivisa che vibrava d'amore.
Caroline, intanto, aveva
deciso di fare un salto
al poliambulatorio per salutare il paziente più illustre che
avessero ricoverato sino ad allora, nonostante fosse già
tardi e
l'aspettasse un'orribile notte insonne sui registri dei conti
dell'ultimo
mese. In realtà, quello era solo il pretesto che le serviva
per
trascorrere qualche minuto con una determinata persona... Un uomo
che, sebbene non volesse ammetterlo, cominciava a risvegliare in lei
degli affetti volontariamente assopiti da tempo.
“Vedo che Ross ne
ha approfittato per
godersi l'esclusiva su Demelza... Sbaglio o oggi era il suo
turno?”
Si piantò davanti a Dwight con le braccia incrociate sul
petto, in
attesa che il suono dei ciondoli del suo braccialetto richiamassero
l'attenzione del medico, in quel momento impegnato a cercare una
cartella clinica nell'archivio situato dietro il bancone della
reception.
"Se non sta attento
potrebbe perderla. Una ragazza così preziosa e ambita..."
La giovane infermiera
addetta ad accogliere gli
arrivi spalancò gli occhi, in preda ad un forte imbarazzo
causato
all'assoluta indifferenza mostrata da Dwight nei confronti dei
numerosi tentativi del Presidente del Consiglio di Amministrazione di
ottenere la sua considerazione.
Iniziò a
balbettare qualche parola, ma
alla fine preferì svignarsela lasciando che se la cavassero
da soli.
“Per quanto
ancora vorrai ignorarmi,
dottor Enys? Non ho molto tempo da perdere, quindi ti pregherei di
sollevare lo sguardo da quelle scartoffie per qualche minuto e
degnarmi di un minimo di rispetto.”
“Oh, scusami
Caroline. Ehm, volevo
dire, scusi tanto Presidente. Ora sono tutto per lei, qualcosa non
va? Horace ha mangiato troppe caramelle anche questa volta?”
La
guardò con un'espressione sfacciata e per nulla contrita,
cercando
di nascondere il divertimento che provava di fronte alla
permalosità
che traspariva dal suo atteggiamento.
“No,
fortunatamente Horace gode di
ottima salute.”
“Bene, allora per
quale motivo ti
saresti scomodata a venire a trovarmi?” Si
indirizzò verso di lei,
con la cartella di Hugh Armitage sotto il braccio.
“Ero convinta che
fossi io quella
egocentrica, ma ora mi rendo conto di essere piuttosto sbalordita
dalla tua presunzione. Un vanesio in germe... Effettivamente, sono
qui per chiederti una consulenza.”
“Di che
tipo?” Lo sguardo di Dwight
si fece più serio.
“Medico,
ovviamente.”
“Dimmi
tutto.” Le sfiorò
timidamente la schiena, invitandola con una leggera pressione ad
entrare nella stanza delle visite.
“Credo di avere
una distorsione alla
caviglia. Ho cercato di minimizzare, ma fa davvero male!”
Dwight la guardò
con aria dubbiosa,
“Non ne sono così sicuro, sai? Altrimenti non
avresti potuto
camminare tutto il giorno su quel tipo di scarpe e per
di più guidare come se nulla fosse.”
“Infatti, stavo
scherzando!” Lo
punzecchiò, evidentemente compiaciuta di se stessa, e lo
invitò a sedersi sul lettino, mentre con una mossa alquanto
agile e
imprevedibile gli sfilò la cartella clinica da sotto il
braccio per
poi mettersi a leggerla silenziosamente proprio come se fosse lei il
medico.
Dwight alzò gli
occhi al cielo, “E
la privacy
dove la mettiamo?”
“Oh, ma per me
non vale! Dovresti
saperlo bene, altrimenti quali sarebbero i vantaggi di essere il
capo?” Ritornò con lo sguardo sui fogli
immacolati, cercando di
capirci qualche cosa. Alla fine dovette cedere e riconsegnare il
materiale rilegato al medico che l'ammirava con aria
rassegnata e divertita al tempo stesso: Caroline sembrava una bambina
che non voleva ammettere la sua ignoranza in materia.
“Cosa vuoi
sapere?” Le chiese molto
pazientemente.
“Solo se ci sono
i presupposti per un
intervento chirurgico. Mi sembra una soluzione drastica, ma ho
ricevuto una telefonata da parte di Lord Flamuth in cui mi è
stata
comunicata l'intenzione di suo nipote di sottoporsi ad un'operazione
e ora mi domando se sia davvero il caso di correre questo
rischio.”
“Se Flamouth ha
già deciso, non vedo
alternative...”
Caroline ci
pensò su per un attimo
prima di parlare, “Certo, però vorrei che
ascoltasse il parere
dell'equipe di chirurghi prima di procedere. Suo nipote non
è un medico, malgrado ne abbia l'arroganza.”
Dwight si alzò e
aprì la porta alle
spalle di Caroline, “Quindi credi sia opportuno convocare il
Consiglio?”
“Non vorrei che
questa storia si
concluda in tragedia. O perlomeno, non per responsabilità
dell'ospedale.” Varcò la soglia della porta,
assicurandosi che
nessun infermiere impiccione fosse lì nei paraggi.
“Mi ricordi
George Warleggan quando
parli così...”
Gli rispose con un sorriso
malinconico,
“Siamo entrambi senza cuore, non è vero?”
“Ti devo
smentire, Caroline. Da
medico posso assicurarti che senza cuore nessun uomo potrebbe
sopravvivere.”
“E questo sarebbe
quello che hai
imparato dai libri di anatomia? Perché, per quanto mi
riguarda, per
sopravvivere alla vita è meglio fingere di non
averlo.”
“Non
accetterò il tuo consiglio.”
Caroline alzò
le spalle,
allontanandosi dalle minacce di una vita governata dalle emozioni
sulle sue vertiginose decolleté scamosciate.
|