Oggi
Caterina
allungò i piedi nudi sull'erba tenera e mosse le dita,
avvertendo sotto di esse
la consistenza calda e asciutta del terreno intiepidito dal sole di
giugno. Dal
lago spirava una brezza leggera, troppo debole per infastidire le
persone
distese a prendere il sole, ma comunque sufficiente per mitigare la
calura
estiva.
La
ragazza sospirò felice, osservando un gruppetto di
adolescenti intenti a
disputare una partita di beach volley sulla
spiaggetta sabbiosa
immediatamente antistante al lago. Con un sorriso, ricordò
quando anche lei
aveva pensato di poter intraprendere una carriera nel campo della
pallavolo,
prima di rendersi conto di essere troppo scoordinata per praticare uno
sport
del genere.
«Non
si sta male, vero?» le chiese Michael, sollevando gli
occhiali da sole scuri
che gli celavano gli occhi.
La
ragazza scosse i capelli all'indietro, sentendosi decisamente
rilassata. «No,
non si sta affatto male» concordò. Certo, non era
il mare, ma il lago le
parlava comunque di estate, vacanze e intere giornate passate a oziare:
era un
piacevole diversivo dalla temperatura sempre più rovente che
abbracciava la
pianura, stringendola in una morsa umida e opaca che si appiccicava
alla pelle.
Seguendo
con gli occhi una piccola barca a vela che sfrecciava al largo
stagliandosi
bianca contro le enormi placche di roccia nera che emergevano ripide
dall'altra
sponda del lago, Caterina spinse lo sguardo più a nord, fino
al promontorio di
Bellagio, lì dove il Lario si divideva in due rami distinti,
e poi ancora più
in là, verso le prime montagne dell’Alto Lago,
rese azzurrine e sfumate dalla
lieve foschia sospesa a mezz'aria. Quando i suoi occhi sfiorarono quei
rilievi
fatti di speroni rocciosi, boschi di abeti e pascoli verdeggianti,
qualcosa in
lei si contrasse e la ragazza si sentì improvvisamente
annegare in un'ondata di
nostalgia. Non erano quelli, i monti tra i quali era cresciuta, ma
sapeva che
San Giorgio della Valle, il paese natale di sua madre, si trovava in
quella
direzione. Non ci tornava da troppo tempo, ma i giorni che vi aveva
vissuto da
bambina erano ancora ben impressi nel suo cuore.
«Tutto
a posto?» le chiese Michael, accorgendosi forse del velo di
tristezza che era
scivolato sul suo volto.
Caterina
si riscosse e annuì. «Sì,
certo» disse, rivolgendogli un piccolo sorriso.
«Stavo solo pensando che è da un sacco di tempo
che non vado più nel paese in
cui è nata mia madre» spiegò, indicando
con un cenno del capo il ramo del lago
che puntava verso nord. «Un po' mi manca, quel
posto.»
Il
ragazzo la studiò con gli occhi socchiusi, poi si mosse
sulla coperta di pile
su cui era seduto, avvicinandosi un po' di più a lei.
«È lo stesso paesino di
cui mi parlavi quel giorno che abbiamo fatto colazione insieme in
Città Alta?
Quello di cui hai dei ricordi un po' confusi?»
Lei
inclinò la testa di lato. «Il paese me lo ricordo
perfettamente: ho solo
qualche vuoto di memoria qui e là. Fatico a ricordare le
azioni, non i luoghi.»
Il
giovane la guardò come se si aspettasse che elaborasse
ulteriormente il suo
pensiero, ma Caterina lasciò cadere il discorso e si
allungò fino ad afferrare
una bottiglia d'acqua mezza vuota. Non aveva voglia di discutere di
quell’argomento. Non lì, con gli amici di Michael
a pochi metri di distanza:
erano persone strane e Caterina gradiva poco la loro presenza.
Le
due ragazze, una francese di nome Manon e una giovane milanese che si
faceva
chiamare Coco, ma che rispondeva in realtà al nome di
Carlotta, avevano passato
tutto il tempo a digitare furiosamente sui loro cellulari e Caterina
aveva
avuto la netta impressione che non fossero minimamente interessate a
fare
amicizia.
Dei
tre ragazzi, invece, l’unico che si fosse dimostrato
interessato a lei era
Lorenzo, un giovane bruno e con le spalle larghe, che le aveva
illustrato con
somma dovizia di particolari le meraviglie della barca a vela,
offrendosi
addirittura di portarla a fare un giro, se avesse voluto. Gli altri
due,
Giorgio e Mirco, l’avevano a malapena degnata di
un’occhiata e di una stretta
di mano frettolosa.
Non
che Caterina se ne dispiacesse, comunque. Le erano bastati cinque
minuti per
capire che gli amici di Michael appartenevano al genere di persone che
aveva
sempre cercato di evitare, i ricchi figli di papà
eternamente convinti di
essere un gradino al di sopra della volgare plebaglia. Schifosissimi
fighetti, pensò la giovane, lanciando
un’occhiata disgustata alle due
ragazze chine sullo smartphone. Manon, la francese bruna, indicava
qualcosa con
un’unghia laccata di rosso, mentre la bionda Carlotta annuiva
piano, le labbra
piegate in un sorrisino di scherno.
Caterina
non riuscì a reprimere un brivido di repulsione.
«Hai
freddo?» chiese Michael, che si era accorto del tremore che
le aveva scosso le
spalle.
La
ragazza fece un segno di diniego, evitando però di spiegare
quale fosse la
reale causa di quel brivido. «No, ma credo che
andrò a fare due passi: inizio a
essere stanca di stare seduta.»
Così
dicendo, la ragazza si alzò e infilò i piedi
scalzi nei sandali di cuoio,
chinandosi poi per allacciare il cinturino usurato
dall’utilizzo. Semisdraiato
sulla coperta scozzese, il giovane la guardò dal basso in
alto e poi si mise a
sedere. «Hai ragione, farei pure io due passi»
fece, stiracchiandosi. «Ti
accompagno… se non ti dispiace, ovviamente.»
Caterina,
che aveva segretamente sperato che Michael le facesse
un’offerta del genere –
se non altro per non gironzolare da sola – sorrise.
«Ma figurati: vieni pure!»
Quando
il ragazzo balzò in piedi rivolgendole un sorriso radioso,
l’istinto spinse la
giovane a lanciare un’occhiata veloce in direzione di
Carlotta e Manon: se la
ragazza bionda era completamente assorbita dal piccolo schermo che
aveva
davanti agli occhi, la francese aveva abbandonato il cellulare e ora
stava
seguendo i movimenti di Michael. Nei suoi occhi verdi, Caterina
credette di
scorgere un’ombra gelosa e la cosa la mise immediatamente di
buonumore.
«Andiamo
da questa parte?» propose Michael, indicando con una mano il
sentierino curato
che correva serpeggiando tra salici e ontani. «Se non ricordo
male, a una
decina di minuti da qui c’è un punto panoramico
che guarda verso nord: è un
posto carino.»
Allettata
dalla prospettiva di camminare tra le ombre danzanti che i rami dei
salici
proiettavano a terra, la ragazza annuì. Quando ebbero
percorso poche decine di
metri, però, Caterina divenne consapevole dello sguardo di
Michael, puntato su
di lei. Scostandosi i capelli dagli occhi, gli rivolse uno sguardo
cauto. «Sì?»
Lui
sorrise di nuovo, ma sul suo volto alla giovane parve di intravedere un
moto di
incertezza. «Sei silenziosa, oggi»
esordì Michael, dopo qualche istante. «Non
mi hai detto cosa ne pensi dei miei amici.»
Caterina
volse lo sguardo al lago che brillava alla sua sinistra, solo in parte
oscurato
dagli alberi. «Be’, non mi pareva carino fare
commenti su di loro… non in loro
presenza, almeno.»
«Ah.»
Michael la guardò con fare eloquente. «Quindi
suppongo che non ti abbiano fatto
una gran bella impressione, eh?»
La
ragazza avvampò. «No, be’…
Lorenzo sembra simpatico» si affrettò a precisare,
con la lingua che inciampava un po’ nelle parole. Quando il
giovane non
commentò, ma sorrise ironico, Caterina sospirò
platealmente e allargò le
braccia in segno di resa. «Non sono la gente che frequento di
solito, ok? I
due… Mirco e Giorgio, se non sbaglio, non mi hanno nemmeno
guardata in faccia,
quando mi hanno stretto la mano, e comunque mi hanno ignorata per tutto
il
tempo. E le due ragazze non hanno praticamente alzato gli occhi dal
cellulare.
Non mi sembrano esattamente la quintessenza della simpatia,
ecco.»
Michael
parve sul punto di ribattere, ma poi scrollò le spalle.
«Non posso darti tutti
i torti, in effetti. Ma non sono cattivi, sai? È solo che
siamo un gruppo molto
unito e per un nuovo arrivato può essere difficile entrarne
a far parte.»
Caterina
fu sul punto di dire che lei non aveva proprio nessuna intenzione di
entrare a
far parte della cricca degli amici di Michael – a lei
interessava lui,
non gli individui che lo circondavano – ma si morse la lingua
prima che le
parole potessero lasciare la sua bocca. Non essere asociale,
si
rimproverò mentalmente. «Diciamo che la
prima accoglienza è stata piuttosto
freddina» disse, invece. «Magari la prossima volta
che mi vedranno si
scalderanno un po’ e smetteranno di fingere che io sia del
tutto inesistente?»
Gli
occhi del giovane parvero brillare. «Oh, questo vuol dire che
ci sarà una
prossima volta? L’esperienza odierna non ti ha fatto venire
voglia di fuggire a
gambe levate?»
Quelle
parole solleticarono qualcosa nella sua mente e Caterina si chiese se
quello
fosse il momento giusto per affrontare una questione che
l’aveva angustiata per
tutta la giornata. «No, direi di no» disse,
cercando di capire quale fosse il
modo migliore per introdurre l’argomento. «Anche
se, in effetti, ci sarebbe un
po’ di gente che sarebbe ben felice, se lo facessi.»
Sul
volto del giovane passò un’espressione che la
ragazza non seppe interpretare.
«Per esempio?» indagò Michael.
Caterina
si strinse appena nelle spalle. «Manon. Quando ha visto che
siamo andati via
insieme, aveva l’aria tutt’altro che
soddisfatta.» Non appena ebbe pronunciato
quelle parole, la ragazza arrossì, temendo che Michael vi
leggesse qualcosa di
più di quello che lei aveva voluto intendere. E se
adesso pensasse che ho
accettato di rimanere da sola con lui perché speravo che
succedesse qualcosa?
Si chiese, mentre l’imbarazzo le stringeva la gola. Magari
pensa che io
voglia entrare in competizione con Manon o qualcosa del
genere…
Mordicchiandosi
nervosamente le labbra, la ragazza cercò di allontanare quei
pensieri.
Dopotutto, lei e Michael erano rimasti da soli innumerevoli volte,
nelle ultime
settimane, e mai l’aveva sfiorata il pensiero che il giovane
potesse credere
che lei avesse un doppio fine. Anche se, in
realtà, un fondo di verità
potrebbe anche esserci, in quel pensiero.
Con
la coda dell’occhio, Caterina studiò la reazione
di Michael. Quando questo
scoppiò a ridere, però, si voltò verso
di lui e lo guardò confusa. «Beh?»
chiese, senza capire il perché di quella risata improvvisa.
«Sono
più che sicuro che Manon sia più interessata a
te, che a me» sghignazzò. «In
ogni caso, però, c’è un’altra
deliziosa francesina che l’aspetta trepidante
dalle parti di Grenoble e non mi risulta che sia attualmente in cerca
di
un’avventura estiva.»
Caterina
rimase in silenzio per qualche istante, sorpresa dalla risposta del
giovane. Che
strano, pensò. Da come lo guardava, non
avrei mai detto che fosse
lesbica. Comunque si vede che non sono proprio il suo tipo,
perché mi ha
schifata alla grande.
«Ah»,
abbozzò, dopo qualche istante, «allora
avrò interpretato male la situazione.»
«Direi
proprio di sì!» annuì Michael con
vigore. Poi il suo sguardo si fece di nuovo
acuto. «C’è qualcun altro che vorrebbe
opporsi alla nostra fruttuosa e
promettente amicizia?»
La
ragazza esitò, distratta anche dal tono vagamente insinuante
con cui il giovane
aveva pronunciato la parola “promettente”.
«Ah… Hasim» esalò, poi,
provando un
inspiegabile senso di vergogna nel pronunciare il nome del buttafuori
al
cospetto di Michael.
Il
ragazzo corrugò la fronte. «Chi?»
chiese, gli occhi socchiusi come se si stesse
sforzando di ricollegare quel nome a un volto.
«Hasim»
ripeté Caterina in un sospiro. «Il buttafuori del Dream.
Quello che hai
incontrato la sera in cui… ehm, la sera in cui ci siamo
conosciuti.»
Michael
smise improvvisamente di camminare e sul suo volto passò un
lampo di
comprensione. «Oh… quel tizio»
mormorò, in un tono che alla ragazza parve quasi
irritato. «L’hai visto ancora?»
Sentendosi
improvvisamente sotto accusa, Caterina incrociò le braccia
davanti al petto e
si piantò davanti a Michael, le gambe leggermente divaricate
come per
guadagnare maggiore stabilità. «Be’,
ovviamente sì: per quanto poco mi piaccia,
ultimamente al Dream ci vado spesso, visto che ci
suona la mia migliore
amica. Hasim lavora lì, quindi mi è capitato di
incontrarlo in un paio di
occasioni.»
Michael
sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso ironico.
«Va bene», concesse,
«ma perché dici che quel tipo ha qualcosa contro
il fatto che noi due ci
frequentiamo?»
La
giovane
fu tentata di mentire, di dire che Hasim non l’aveva mai
interrogata in
proposito e che si trattava solamente di sue supposizioni, ma poi
decise che
era giunto il momento di andare in fondo a quella faccenda. Anche a
distanza di
parecchie ore, le parole che l’uomo le aveva rivolto la sera
prima risuonavano
sinistramente nella sua testa e Caterina sentiva che esse avevano
creato una
microscopica crepa nella fiducia che aveva deciso di concedere a
Michael. E
questa cosa non va bene, decise, risoluta. Prima
sgombriamo il campo da
dubbi ed equivoci e meglio è!
Sospirando,
la ragazza si passò una mano tra i capelli. «Ieri
sera, mentre ero al Dream
con un paio di amiche, mi ha chiesto di potermi parlare in
privato» confessò.
«Per farla breve, Alessandra, la ragazza che suona al locale
e che lui conosce
bene, gli ha detto che ci stiamo frequentando, per così
dire. E Hasim… ecco, mi
ha detto che non dovrei farlo. Non so perché, ma sembra
convinto che tu non sia
esattamente una persona affidabile: non ricordo le testuali parole, ma
mi ha
praticamente fatto capire che, secondo lui, saresti un poco di
buono.»
«Ma
si può essere così bastardi?»
sibilò Michael.
Quando
si rese conto che il giovane non sembrava intenzionato ad aggiungere
altro,
Caterina gli si avvicinò di qualche passo, arrivando a
sfiorargli il torace con
le braccia. «Ma io non ho capito una cosa: vi
conoscete?»
Il
volto del ragazzo si contrasse in una smorfia di frustrazione.
«No!» gemette.
«Non l’avevo mai visto prima di quella sera al
parcheggio e, grazie a Dio, non
l’ho più rivisto nemmeno in seguito.»
«E
allora perché ce l’ha tanto con te?»
insistette la giovane, pur essendo
consapevole che difficilmente Michael avrebbe avuto una risposta a quel
quesito.
Il
ragazzo si strinse infatti nelle spalle. «E che cazzo ne so?
Si vede che ha
deciso di avercela con me per un qualche motivo!»
«Forse…»,
azzardò lei, «forse non gli hai fatto una gran
bella impressione quella sera
nel parcheggio. Se davvero non ti conosce, magari pensa che tu sia uno
sbandato
o uno che passa le giornate a bere. Non vedo davvero
nessun’altra spiegazione.»
Michael
sbuffò. «Sì, va be’,
è uno che lavora in un locale notturno: hai idea di quanta
gente ubriaca incontra, quello, in una settimana? Non so
perché abbia deciso di
ricordarsi proprio di me.» Il giovane tacque tutto
d’un tratto, poi sgranò gli
occhi. «A meno che… lo conoscevi già,
la sera che ci siamo incontrati?»
Caterina
scrollò le spalle. «Solo di vista: ci avevo giusto
parlato un paio di volte. Me
l’ha presentato Alessandra tempo fa.»
Sul
volto di Michael comparve un sorriso tagliente. «Secondo me,
quello si è preso
una cotta per te.»
L’idea
le parve talmente ridicola che Caterina non riuscì a
trattenere una risatina.
«Eh? Non credo proprio!»
«E
io
invece ne sono praticamente convinto!» ribatté il
giovane, appassionandosi
all’idea. «È una spiegazione perfetta,
se ci pensi: è venuto a salvarti quando
eravamo nel parcheggio, perfetta reincarnazione dell’indomito
cavaliere che
trae d’impiccio la donzella in
difficoltà…»
«…
stava semplicemente facendo il suo lavoro» lo contraddisse
lei.
Il
ragazzo non l’ascoltò nemmeno.
«Probabilmente pensava di aver fatto colpo e di
certo non si aspettava che noi due ci incontrassimo ancora. Poi ha
scoperto che
abbiamo continuato a vederci e…» Michael si
interruppe, come se il flusso dei
suoi pensieri l’avesse condotto in un luogo inaspettato.
«Suppongo», riprese,
parlando più lentamente, «che abbia equivocato
la natura del nostro
rapporto e si sia fatto chissà quali film mentali. Credendo
di doversi disfare
di un fidanzato indesiderato, avrà ben pensato di fare un
po’ di insinuazioni
sul mio conto. Così, giusto per spaventarti un po’
e spingerti ad allontanarti
da me.»
Caterina
boccheggiò per qualche istante. «Ma io gli ho
spiegato come stanno le cose» si
difese, cercando di formulare le parole con una lingua che si era fatta
d’un
tratto secca. «Gli ho detto che mi hai aiutata a passare un
esame…»
«E
lui ti ha creduto?» la interrogò Michael,
inarcando le sopracciglia.
«Non
so» replicò lei. «Suppongo di
sì, però. Non ha insistito per sapere se tra di
noi ci fosse… ecco, qualcosa.»
Nel pronunciare quelle parole, la ragazza
sentì il ben noto rossore farsi nuovamente strada sulle sue
guance. Odiava
arrossire in quel modo: la faceva sentire una ragazzina alle prime
armi. La sua
pelle terribilmente pallida, però, si comportava come una
cartina al tornasole
e traduceva in sfumature di colore tutte le sue emozioni. E
adesso Michael
capirà perfettamente che l’idea di noi due insieme
mi fa un certo effetto!
Pensò la giovane, lanciando un’occhiata di
soppiatto al ragazzo.
In
effetti, Michael la fissava come se stesse analizzando il rossore che
le
macchiava il viso e faceva scolorire le lentiggini che le coprivano
guance e
zigomi. Le sue labbra si piegarono in un sorriso appena accennato.
«Forse,
allora», riprese dopo qualche secondo, «si
preoccupa di quello che potrebbe
accadere in futuro: magari vuole disfarsi di un possibile
rivale.»
Caterina
ebbe l’impressione di trovarsi su un terreno ripido e
scivoloso. La discesa
conduceva in un luogo in cui desiderava fortemente arrivare, eppure
quel primo
passo, lo slancio verso il vuoto a cui non sarebbe poi più
stato possibile
porre rimedio, la spaventava. In imbarazzo, cercò una
risposta che dirottasse
la conversazione dalla direzione che Michael aveva voluto darle.
«In ogni
caso», disse, con voce un po’ strozzata,
«è un bene che tu non sia venuto, ieri
sera. Non avevo nessuna voglia di assistere a uno scontro
diretto!»
Il
ragazzo sobbalzò, improvvisamente distratto. «Oh,
già! Che cretino: non ti ho
più detto perché ieri ho deciso di non
venire!»
Con
un’esalazione che era per metà di sollievo e per
metà di delusione, Caterina
sorrise. «In effetti me le devi, delle spiegazioni: ieri mi
hai praticamente
sbattuta fuori dalla macchina…» disse, cercando di
imprimere alla propria voce
un tono e un’intonazione normali.
Lui
le rivolse uno sguardo dispiaciuto. «Scusami»
gemette, giungendo le mani
davanti al viso in un cenno di preghiera. «È che
sono superstizioso e non mi
andava di sbottonarmi troppo. “Non dire gatto
se non ce l’hai nel
sacco”… cose del genere, sai.»
Incuriosita,
Caterina inclinò il capo verso una spalla. «Cosa
vorrebbe dire?»
Michael
sorrise e si lisciò la maglietta con aria di sussiego.
«Ebbene, ieri sera ho
preferito restare in casa perché stavo aspettando una
telefonata importante.»
«Ovvero?»
gli resse il gioco lei, che già credeva di aver capire dove
sarebbe andato a
parare.
«Ho
ottenuto uno stage di sei mesi alla Brembo!»
annunciò con orgoglio il ragazzo.
«I dettagli non sono ancora definiti, ma dovrei riuscire a
occuparmi proprio di
marketing, il che sarebbe semplicemente perfetto. Non è un
lavoro vero, è
chiaro, ed è solo per sei mesi, ma è
un’azienda talmente importante che anche
un semplice stage fa curriculum.»
«Oh,
bene!» sorrise Caterina, sinceramente felice per il successo
del giovane. «Da
qualche parte bisogna pur iniziare, giusto? E poi, finito lo stage,
potrebbero
sempre tenerti, no?»
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. «Non so se in questo periodo
stiano assumendo,
ma uno può sempre sperarci. Per adesso, però, mi
va bene così.»
Così
dicendo, Michael riprese a camminare lentamente, dirigendosi verso il
punto
panoramico che aveva menzionato poco prima. Caterina lo
seguì, senza riuscire però
a scacciare l’impressione che ci fosse qualcosa in sospeso,
tra di loro. Il
silenzio intervallato dal frusciare delle foglie e dalle grida dei
bagnanti era
denso d’attesa, e la ragazza sentì montare dentro
di sé il bisogno fisico di
dire qualcosa.
«Te
la sei presa?» la precedette però Michael.
Lei
lo guardò, senza capire a cosa si stesse riferendo.
«Eh?»
«Ieri
pomeriggio, quando ti ho detto che non potevo accompagnarti al Dream:
te
la sei presa per il fatto che ti ho scaricata senza spiegarti quello
che stava
succedendo?»
Certo
che sì! Pensò Caterina. Tuttavia,
ingoiò quella risposta: non aveva il
coraggio di parlargli della gelosia che l’aveva colta quando
se l’era
immaginato in compagnia di un’altra donna. «Ammetto
di esserci rimasta un po’
male» confessò invece. «Ho pensato di
aver fatto qualcosa di male, magari di
essere risultata troppo invadente…»
Michael
si voltò verso di lei e i suoi occhi parvero accendersi di
una luce calda,
quasi in contrasto con il blu profondo delle sue iridi. «Non
risulteresti mai
molesta, tu» le disse, e Caterina seppe che era assolutamente
sincero.
Sentendosi
quasi timida, abbassò gli occhi, combattuta tra il desiderio
di ristabilire la
distanza tra sé stessa e il ragazzo e il bisogno di
avvicinarsi ulteriormente a
lui. Sospesa in quella sorta di limbo, Caterina non mosse un muscolo
fino a
quando non sentì le dita di Michael sfiorarle il viso. Il
giovane le percorse
la guancia in una carezza leggera, scivolando dalla curva dello zigomo
fino
alla rotondità del mento, e la ragazza sentì
qualcosa cedere all’altezza delle
ginocchia e un calore liquido raccogliersi al centro del petto.
Quasi
per caso, Caterina alzò lo sguardo e inciampò in
quello di Michael. C’era
qualcosa nel suo volto, nell’essenza stessa del suo essere,
che la attirava con
una forza ineluttabile, e la giovane ebbe l’impressione che
la gola le si
facesse più stretta per l’emozione.
«Dici?»
chiese in un sussurro involontario.
Michael
non replicò, ma mosse il capo in un piccolissimo cenno
d’assenso. Quasi come se
la voce della ragazza l’avesse spinto ad agire, il giovane
fece scorrere un
braccio attorno alla vita di lei e l’attirò
dolcemente a sé. Caterina quasi
incespicò e si sbilanciò in avanti. Le sue mani
volarono istintivamente sul
petto di Michael e lì rimasero, stregate dal tepore solido
che riuscivano ad
avvertire attraverso il sottile strato di cotono azzurro della
maglietta.
Alla
fine, siamo davvero alti uguali, notò in maniera
del tutto estemporanea la
ragazza, ricordando il dubbio che l’aveva assalita quando il
giovane le si era
parato davanti nel parcheggio.
Ma
le
circostanze ora erano mutate e, senza che lei se ne accorgesse, Michael
si era
fatto più vicino. Caterina fece appena in tempo a
risucchiare un mezzo respiro
tremulo che le labbra del giovane si posarono sulle sue, morbide e
calde. Per
uno o due secondi, tutti i pensieri parvero evaporare dalla testa della
ragazza, che rimase sospesa in uno stato di deliziata sorpresa. Poi si
rese
conto di quello che stava accadendo e un gemito leggero si
levò dalla sua gola.
Istintivamente, Caterina socchiuse la bocca e i denti di Michael si
strinsero
delicatamente sul suo labbro, facendola rabbrividire.
Proprio
mentre le dita della ragazza affondavano nella stoffa della maglietta
del
giovane, quello si allontanò dalle sue labbra e retrocedette
di mezzo passo. C’era
un’ombra di incertezza, nei suoi occhi, e Caterina
provò un profondo moto d’affetto
nei suoi confronti.
Non
era mai stata una persona che amava fare il primo passo, ma, giunti a
quel punto,
non vedeva il senso di prolungare oltre l’attesa e di
prestare orecchio ai
dubbi che la stringevano con tentacoli sottili e taglienti.
Michael
socchiuse la bocca, forse avrebbe voluto dire qualcosa, ma le mani
della
ragazza si strinsero sulle sue spalle e la giovane lo attirò
a sé, baciandolo
di nuovo. Lo sentì sorridere contro le sue labbra e poi il
braccio che ancora
le circondava la vita si fece più forte, mentre
l’altra mano di lui saliva tra
i suoi capelli, arrivando poi a posarsi sulla sua nuca. Quando il
ragazzo approfondì
il bacio, Caterina si sentì leggera e al tempo stesso
incredibilmente pesante:
si spinse verso di lui, unendo il petto con quello del giovane, come se
solo
quel contatto caldo fosse in grado di tenerla ancorata alla
realtà.
La
mano
di Michael si strinse sulla sua vita, quasi possessiva, e, per tutta
risposta,
Caterina gli morse le labbra, facendolo sussultare per la sorpresa.
Michael si
staccò da lei e rimase per qualche istante con la fronte
appoggiata a quella
della giovane, gli occhi scintillanti e sulle labbra un sorriso che gli
illuminava
il volto.
Anche
Caterina sorrise, sentendosi stordita e incredibilmente fortunata a
essere lì,
con un ragazzo così bello che, per qualche oscura ragione,
ricambiava il suo
interesse. Michael le accarezzò di nuovo il viso e
strofinò il naso contro
quello di lei, strappandole una risatina.
«Allora»,
sussurrò il ragazzo, con voce leggermente roca,
«hai visto che Hasim
faceva bene a preoccuparsi?»
Ancora
sconvolta da quel bacio tanto desiderato quanto insperato, Caterina
riuscì solo
a scuotere il capo con aria di finto rimprovero.
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