18) Conciliaboli
“Lanciafuoco!”
“Aeroga!”
“Zero Assoluto!”
“Doppio Vortice!”
I gemelli e i loro compagni d’addestramento scatenarono le
loro mosse più potenti, ma senza effetto: Topolino sembrava
fluttuare senza peso nell’aria usando il suo Keyblade per
deflettere ogni minaccia, fosse un Limite, dei fendenti magici o Wanda
che saettava per la stanza. Proprio all’inizio di quella
lezione speciale il Maestro aveva chiesto agli allievi di utilizzare i
loro attacchi migliori nel tentativo di colpirlo.
“Che siano sul serio i migliori, però: voglio che
proviate con tutte le vostre forze fin da subito, come se doveste
concludere lo scontro immediatamente.”
Lutum aveva invocato il suo Stile, Axius l’incantesimo
più potente che conosceva, Wanda un Tiro imparato di recente
e Mizumi e Kazeshi avevano sfoderato il Limite che nell’Esame
aveva fruttato loro la vittoria, ma dovettero tutti constatare
amaramente che nonostante i progressi fatti un Maestro poteva ancora
rendere vani i loro sforzi se si concentrava esclusivamente sulla
difesa. O almeno Mizumi voleva pensare che Topolino dovesse mettersi
sulla difensiva per sfoggiare quei pezzi di bravura, e che non fossero
ancora talmente deboli al suo confronto.
Erano ormai diverse settimane che i cinque venivano addestrati dai loro
nuovi tutori, sebbene Topolino col suo ritmo incostante e mai
preannunciato avesse potuto impartire giusto sei lezioni. Dopo aver
effettuato un ennesimo Tuffo con Mizumi -senza alcun tipo di
interferenza- l’ex-Monarca aveva iniziato le sue classi sul
Keyblade. Laddove Paperino prediligeva un approccio più
teorico soffermandosi sui concetti, e Pippo il vecchio metodo della
pratica costante, Topolino sceglieva una via mediana e allo stesso
tempo assai estrema. Le sue lezioni potevano essere incredibilmente
descrittive, dove il Maestro parlava a loro anche per ore illustrando
le caratteristiche del Keyblade o vecchie leggende che lo riguardavano,
oppure molto intense come la prova dei Tuffi. Ogni nuovo appuntamento
era un’assoluta incognita, con argomenti che potevano
spaziare in ogni direzione: da Topolino appresero di più sui
legami del cuore e sul funzionamento degli Stili e dei Limiti, e cosa
comportava il potere del Keyblade per loro e per altri coinvolti. Vi
furono anche altre parentesi personali nelle quali ognuno dei cinque
sperimentava lezioni diverse, ma di comune accordo evitavano di
parlarne troppo e scelsero di non condividere molte di quelle scoperte
(come d’altronde le scelte effettuate in ciascun Tuffo) tra
di loro. Per il resto, Mizumi stava ancora cercando di capire quale
fosse stato lo scopo del far cavalcare loro delle ondate
d’acqua sopra un libro aperto.
Topolino atterrò, dopo aver deviato Wanda per
l’ennesima volta mandandola a gambe all’aria, e si
spazzolò un po’ di polvere dalla tunica.
“Un assalto deciso, bene.”
“E adesso?” Kazeshi aveva ancora il fiatone:
l’esecuzione di un Limite costituiva ancora uno sforzo
considerevole.
“Adesso basta. Abbiamo concluso.”
“Cosa?” Mizumi, impegnata ad aiutare Wanda che
aveva la testa incastrata in un vaso, la lasciò andare per
la sorpresa e si voltò verso il mentore. “Ma
abbiamo appena iniziato!”
“E tanto è sufficiente. Avevate bisogno di
proseguire il vostro addestramento e siete stati addestrati. E anche se
forse non lo avete ancora notato, i vostri corpi e le vostre menti
stanno già manifestando gli effetti del vostro
progresso.”
Mizumi dovette constatare che aveva ragione. Lutum aveva controllato le
fiamme sprigionate dal suo Stile in maniera inappuntabile, evitando
anche di farle collidere contro Wanda, e l’incantesimo di
Axius aveva una potenza che sarebbe bastata ad impensierire il grosso
Heartless affrontato alla Città del Natale. Anche lei e
Kazeshi erano di certo meno spossati rispetto alla volta scorsa. In
più percepiva che dopo la frequentazione delle classi di
Topolino tutti loro sembravano maturare anche internamente, come se un
nuovo tipo di energia stesse facendo il suo ingresso.
“Lo vedo, ma fatico a comprendere.” Come era
possibile ottenere quei miglioramenti con un po’ di esercizio
e molte sedute teoriche?
“E come probabilmente il mio amico Paperino già vi
ha detto, questo è il motivo per il quale il vostro ruolo
è ancora quello di apprendere e il nostro quello di
insegnare. Ricordate, la forza di una persona si misura dalla forza del
suo cuore… e questo può valere anche al di fuori
del contesto del Keyblade… e ci sono molti modi per
stimularne la crescita, non tutti facilmente intuibili.”
Topolino sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma improvvisamente
barcollò e perdette qualche centimetro di statura: i ragazzi
dedussero si era accasciato su un ginocchio. Lutum accorse
immediatamente al suo fianco e Wanda, che stava ricevendo il suo aiuto
per rialzarsi e liberarsi del vaso, cadde per la seconda volta a terra.
“Maestà! Tutto bene?”
Il volto del monarca, che sulle prime era contratto in una smorfia di
dolore, si distese e riuscì anche a produrre un sorriso
tirato.
“Tutto bene, Lutum, grazie… purtroppo non sono
più in forma come un tempo. No, non colpevolizzatevi: gli
anni passano per tutti, e la natura deve fare il suo corso. Sto bene
ora, e Mizumi sarà lieta di poter confermare che mi avete
impegnato almeno un po’.”
La ragazza arrossì e abbassò lo sguardo. Topolino
fece capire gentilmente a Lutum che poteva lasciarlo, raggiunse il
pannello di teletrasporto e si voltò a guardarli
un’ultima volta.
“Come stavo dicendo abbiamo concluso, almeno per il momento.
Sarà scontato, ma fate tesoro di quanto appreso e mantenete
un cuore saldo e risoluto, anche di fronte alle avversità.
Se riuscirete a fare ciò scoprirete che io e i vostri futuri
mentori non abbiamo poi tanto altro da insegnarvi. Alla prossima,
allora!”
I Cavalieri si irrigidirono e lo salutarono non genuflettendosi di
fronte ad una figura nobile, ma con l’inchino che si
tributava agli insegnanti. Topolino annuì e produsse un vero
sorriso prima di scomparire.
Lutum si stiracchiò sbuffando rumorosamente.
“Fiuuu! Sarà durato poco, ma sono tutto dolorante.
E quindi anche questa è finita? Chissà se vale
anche come commiato dalle lezioni di Paperino e Pippo.”
“Se è così, avrei voluto aver potuto
salutare anche loro come si deve,” commentò Mizumi.
“Forse l’interpretazione è che possiamo
sempre tornare da loro se pensiamo di necessitare di più
pratica, quindi non c’era bisogno di salutarci.”
Mizumi come al solito si trattenne dal roteare gli occhi di fronte alle
speculazioni del fratello. “Mi sa stai leggendo un
po’ troppo a fondo, Kaze.”
“Non credo, viste le precauzioni che hanno preso
nell’imbottigliarci. I nostri maestri hanno tirato fuori
tutto l’arsenale stavolta, metafore incluse.”
Kazeshi si voltò a guardarli con fare eloquente, ma vide
solo sua sorella e Lutum che gli restituivano uno sguardo incerto, e fu
il suo turno di voler alzare gli occhi al cielo.
“Davvero? Non vi siete accorti nemmeno della data? Ma avete
guardato mai un calendario in questi giorni?”
“N-No. Non ne ho visto il motivo.” Mizumi sembrava
risentita.
“Immagina, pensare che i nostri nemici potrebbero fregarti
anche solo spostandoti le calamite dal frigorifero.”
“Kaze, parla chiaro e dimmi cosa intendi!”
“Ci proverò. Io me ne sono accorto prestando
attenzione al cielo notturno, ma… qual è la data
di oggi?”
“Dodici Novembre, anno trentatré del Sesto
Periodo.”
“Giusto a metà. Nel senso, bisogna stabilire dove
è quella data. Perché qui è certamente
il dodici, ma scoprirai che in camera tua e altrove sul pianeta
potrebbe essere molto prima. Addirittura ancora Ottobre.”
Mizumi rimase in silenzio per un po’, sulle prime non capendo
il discorso del fratello, poi pian piano la comprensione si fece spazio
nella sua mente.
“Hanno usato i Sogni?”
“O quelli, o qualcosa di simile. Ho sentito voci
all’Accademia dire che Merlino è molto ferrato con
la magia temporale… comunque di certo hanno accelerato le
cose, facendoci addestrare per settimane in nemmeno qualche giorno. Non
ci hanno allenato per nulla o come ricompensa: qualcosa bolle in
pentola, e ci vogliono pronti.”
Lutum era rimasto altrettanto sgomento da quella rivelazione, ma aveva
iniziato presto a riflettere. “Inutile dire che
c’è di mezzo il simpaticone che abbiamo incontrato
in missione, e qualunque informazione siano riusciti a
spremergli.”
I tre rimasero in silenzio, meditabondi. Poi Axius parlò.
“Wanda dice che se avete finito di sballottarla in giro,
gradirebbe moltissimo essere liberata e potersi unire alla
confabulazione generale.”
Topolino emerse dalla luce del teletrasporto e studiò
l’ambiente circostante: non era vicino ai suoi alloggi, come
pianificato, ma nei pressi della Sala delle Udienze. Se
l’avevano portato lì, poteva voler dire solo una
cosa. A conferma dei suoi sospetti, Riku era accanto ad una colonna e
sembrava attendere proprio lui.
“Topolino. Concluso l’addestramento?”
“Direi di sì, anche se non ho più
l’età per tutti questi spostamenti temporali. Una
volta che sai che il tempo scorre più velocemente, ti senti
sempre più stanco. Piuttosto, se siamo qui immagino che sia
iniziata.”
“Non ancora, ma manca poco. Vieni: gli altri sono
già dentro.”
Le dimensioni ridotte della sala del Consiglio non permettevano di
accomodare la moltitudine di Maestri e Cavalieri veterani che
componevano l’Ordine; era necessario qualora si verificassero
eventi importanti che richiedevano un gran numero di spettatori recarsi
nella Sala delle Udienze, dove al cospetto della Prima Pietra della
Luce e dei tre troni i Custodi provenienti dagli angoli più
remoti prendevano posto nelle innumerevoli panche a loro adibite. Con
l’arrivo di Topolino e Riku ad occupare i Troni di Mezzo e
d’Oscurità ai lati di Sora, l’Ordine fu
ritenuto al completo e l’assemblea poté
incominciare.
“Ordine.” Ad un cenno di Sora, il brusio concitato
cessò quasi all’istante. “Le voci
corrono, anche quando controllate, quindi sono certo almeno una parte
di voi sa perché siamo qui oggi. Ma per buona misura: negli
ultimi tempi l’Oscurità aumenta e sono stati
registrati numerosi elementi di disturbo nel resto del cosmo. Gli
Heartless si stanno moltiplicando ad un ritmo spropositato, gli Spiriti
sono irrequieti, Agrabah è solo uno dei tanti Mondi
bersagliati e prima il Maestro Riku e poi il Maestro Rader” a
quelle parole l’uomo brizzolato si alzò brevemente
e chinò di nuovo il capo, “sono stati ai Campi di
Battaglia e possono confermare come lì la situazione abbia
preso una brutta piega. Un quadretto piuttosto cupo, e purtroppo non
è finita qui.” Sora inspirò a fondo,
preparandosi a sganciare la vera bomba.
“Ecco la parte che probabilmente non sapete ancora. Ci sono
ombre in agguato nel buio. Il Regno dell’Oscurità
è in crescente attività, popolato da individui
volti ad attaccarci. E l’hanno già
fatto.”
Il Gran Maestro non ricordava un’esclamazione di sorpresa
tale da quando aveva battuto il suo precedente record di acrobazie con
la palla a Crepuscopoli. Maestri e Cavalieri iniziarono a parlottare
nervosamente l’uno con l’altro, dimentichi
dell’assemblea e apparentemente interessati solo
all’opinione del vicino.
Pochi individui erano rimasti tranquilli e composti, e quasi tutti
erano i membri del Consiglio.
“Penseresti Sora abbia già finito di parlare, con
tutto questo marasma.” Commentò sarcastico Lea.
Kairi incrociò le braccia, guardando il marito mentre si
faceva consigliare da Riku su come procedere. “Dovremmo
capirli. Per la maggior parte di loro il Regno
dell’Oscurità è un qualcosa solamente
accennato in teoria e mai sperimentato di persona. Solo i Maestri
già formati nell’Emisfero Orientale hanno avuto
contatti più profondi dell’affrontare qualche
Heartless.”
Fu proprio un giovane guerriero delle terre di Wanda e Hokori ad
ergersi sul suo sedile e parlare con voce chiara e forte, sovrastando
il mormorio generale.
“Che elementi abbiamo per meglio identificare la
minaccia?”
“Oh, un ragazzo sveglio.” Malgrado la situazione,
Riku ghignò compiaciuto. “Impossibile sbagliare,
quello è Lon Shen, nuova promessa dell’Emisfero
dopo Hokori… ad ogni modo ti ha fornito l’apertura
giusta, Sora.”
Per tutta risposta Sora puntò ad un punto differente negli
spalti, facendo cenno di lasciar avvicinare chi chiamava.
“Greta, prego.”
Greta aveva chiaramente avuto il tempo di tirare le somme dopo
ciò che era avvenuto alla Città di Halloween, ma
era impossibile stabilire se fosse rimasta sorpresa dalla menzione del
Regno dell’Oscurità o meno: come ordinato prese
posto di fronte al Trono della Luce e dando le spalle a Sora espose
alla folla in modo secco e militaresco quanto avvenuto con gli
Heartless e con il misterioso individuo.
“…ed impugnava quello che è stato
accertato essere un Geoflagello nero, senza ombra di dubbio.”
Accanto ad Aqua, Terra fece un gesto stizzito come quando gli era stato
riferito per la prima volta di quell’imitazione.
“Grazie, Greta. Puoi tornare al tuo posto.” La
Cavaliera fece un breve inchino e si allontanò.
“L’uomo è stato preso in custodia e
interrogato a fondo per scoprire quanto più possibile sul
suo movente e sulle origini del Keyblade replica che
impugnava.”
“Heh, ‘interrogato’…
più che altro scomposto e riassemblato a
piacimento.” Mormorò Vanitas. L’elmo era
stato riparato dai Moguri a tempo di record, e sia il braccio che il
resto del corpo erano di nuovo integri.
“Shh!” Xion si portò un indice alle
labbra nella sua direzione.
“Le sue risposte coincidono con quanto scoperto da Vanitas,
che chiamo quindi ora a testimoniare.”
“Beh, è il mio turno tesoro: augurami buona
fortuna.”
“Buona fortuna, Vanitas!”
“Non sei divertente, Venty.”
Quando il guerriero si alzò per andare a parlare si
levò l’ormai familiare concerto di mormorii e
sguardi apertamente ostili provenienti da molteplici figure nella sala,
un classico tristemente noto a Vanitas quanto ai suoi più
cari amici. Nessuno diceva niente di chiaramente udibile -nessuno ne
avrebbe avuto il coraggio- ma lui poteva percepire cosa pensassero
anche senza la facoltà di leggere i loro cuori.
“Non
c’è da fidarsi di esseri dal cuore completamente
oscuro.”
“Combattiamo
creature come lui da sempre, accettarne una nelle nostre fila
è assurdo.”
“Il Maestro
Riku è un conto: lui domina l’Oscurità,
non la lascia imperversare senza ritegno.”
“Come sappiamo
che costui non sia in combutta con questi nuovi nemici? È
l’unico ad aver scoperto qualcosa, non sarà
sospetto?”
Simili voci circolavano su di lui da anni, assieme alla sfiducia
generata dal suo ruolo nella Guerra tanto tempo addietro. Non ci
badava, come aveva sempre fatto. Aqua, Ven e gli altri avevano provato
a mettere a tacere le rimostranze, ma erano riusciti solo a contenerle
e ad evitare che fossero palesi. Il suo unico cruccio era vedere quanto
mortificata era Xion: quello solamente a volte lo spingeva a voler
sfidare a duello tutti i maldicenti.
Sora non era cieco o sordo all’agitazione generale, ma rimase
impassibile e non emise nemmeno un richiamo all’ordine.
Vanitas lo apprezzava molto: sicuramente la situazione gli dispiaceva
come agli altri, ma Sora sapeva di avere una responsabilità
nel non cedere alla tentazione di imporre il suo volere sul prossimo,
indipendentemente dalle motivazioni, tenendo fede così alle
parole che aveva pronunciato durante quello scontro così
importante.
“Un vero
leader sa che non può modificare gli eventi e lo accetta,
no?”
Non era per l’Ordine che Vanitas combatteva, né
per tutti quei damerini tronfi presenti sugli spalti. Era nato due
volte, ed in entrambi i casi costretto alla volontà di un
perfido padrone che non nascondeva il suo vederlo come
nient’altro che uno strumento. Veniva trattato come una
pedina, e come tale si era convinto di dover vivere, finché
qualcuno non gli aveva mostrato di stimarlo in modo incondizionato, e
di voler estendere quella stima a chiunque la meritasse, non importa
quanto difficile fosse. Xion aveva donato a Vanitas conforto nella loro
condizione, tutti gli altri amicizia e rispetto, ma era per Sora che
Vanitas combatteva: a volte la sua natura pacata poteva frustrarlo ed
essere causa di diverbi, ma era l’unico leader che valesse la
pena seguire. Un bel miglioramento rispetto a Xehanort.
Il guerriero oscuro arrivò al centro della stanza e senza
rivolgersi a nessuno in particolare cominciò: “Nel
Regno dell’Oscurità, che nel caso non fosse noto a
tutti è quel luogo molto buio e umidiccio dove i sassi sono
blu, vi è un’intera organizzazione impegnata a
trafficare con chissà quali diavolerie per… beh,
di norma azioni simili non sono esattamente per il bene della
comunità, anche quando chi le compie ne è
convinto. Francamente tipi come quello che si è mostrato
alla Città del Natale non dovrebbero impensierire la maggior
parte di voi, ma vi assicuro che tra i nemici vi sono guerrieri abili,
nonché utilizzatori del Keyblade genuini. E uno di loro
aveva questo cucito nella veste, e credo che l’averlo perduto
bruci più della maggior parte delle ferite che gli ho
inflitto.”
Vanitas produsse quello che sembrava un piccolo foglio di pergamena
ingiallito dal tempo e lo lasciò a levitare magicamente a
mezz’aria. Mentre gli occhi della folla erano concentrati
sull’oggetto svolazzante, Riku prese parola.
“Abbiamo già analizzato il contenuto ovviamente, e
risulta scritto in un idioma molto antico, risalente persino
all’epoca delle fiabe.” Nuovo brusio generale,
stavolta dovuto alla menzione di un’era assai remota. Se le
avventure dei Maestri del Consiglio erano già leggende, i
lacunosi eventi dell’epoca delle fiabe costituivano materiale
studiato solo dai più dotti eruditi.
“Un riscontro con antichi testi presenti nelle biblioteche
dell’Ordine esistente prima del nostro ci ha permesso di
capire grossomodo il senso del messaggio. Non si tratta di qualcosa di
piacevole: si parla di carichi di persone introdotti di contrabbando
nell’Oscurità, probabilmente per forgiare nuovi
adepti, e di un piano atto a rovesciare il nostro sistema. Non
illudetevi! Chiunque sia dietro tutto questo, ha noi come principale
obiettivo.”
Riku mescolò abilmente le parole sparse sulla missiva con
quanto scoperto da Sora al Mondo Finale in un unico resoconto. Ormai le
esclamazioni dei presenti non si potevano più contenere.
“Che vengano! Sconfiggeremo qualsiasi minaccia!”
“Noi siamo i protettori del cosmo!”
“I nostri predecessori hanno scacciato
l’Oscurità in passato. Lo faremo di
nuovo.”
Appena la figura del Gran Maestro si erse dal trono però, il
frastuono si interruppe e per la seconda volta il silenzio scese nella
Sala delle Udienze. Sora si guardò attorno con espressione
serena e affabile, instillando fiducia.
“Mi fa piacere vedere il vostro spirito e la vostra passione
per la causa: senza dubbio saranno necessari per gli scontri futuri. Mi
piacerebbe evitare di arrivare a tanto smascherando le operazioni prima
del tempo, ma non sono più sicuro sia possibile. Un
conflitto tra Custodi, per quanto terribile come prospettiva, appare
probabile.”
Vanitas si voltò a guardarlo, con un’espressione
come a dire “Se
sei arrivato a dire questo, tanto vale andare avanti.”
Sora si ricordò delle sue minacce qualche giorno prima, e
con un sospiro decise che era sicuramente meglio introducesse lui
l’argomento rispetto a Vanitas.
“A proposito di questo. I Keyblade neri erano già
apparsi in altre occasioni, e sono poco più che imitazioni
oscure degli originali, che pur rimanendo armi fuori dal comune non
conservano molte tracce dei vari poteri comuni al Keyblade: sono sicuro
servano più ad armare coloro che non sono degni per fare
numero, ma come avrete sentito da Vanitas il nemico fa uso anche di
chiavi autentiche. È opportuno considerare che i Keyblade
non vengono da soli, e sicuramente non assieme alla vasta gamma di
conoscenze che questa organizzazione sembra possedere. Non voglio e mi
rifiuterò ancora per parecchio ad anche solo considerare
l’idea di un traditore o di una spia, ma vorrei ricordare a
tutti l’ultima volta che ci siamo riuniti qui in gran numero
e abbiamo dovuto prendere le armi. Alcuni di voi sono troppo giovani,
specie chi è vissuto a lungo nei Sogni emergendone da
poco… ma tutti gli altri ricorderanno senza dubbio
l’anno quattordici del Sesto Periodo, e la Rivolta.”
Non vi fu nessuna sorta di reazione quella volta, un mutismo che Sora
non seppe interpretare. Sapevano già? Erano arrivati a
quella deduzione anche senza il suo intervento? O forse… il
condottiero decise di fermarsi lì col pensiero, e non
procedere oltre. La Rivolta rappresentava amicizie perdute, giuramenti
infranti, tragedie consumate. La fine del sogno, letteralmente.
“Magari
sanno che non è il momento di parlare, che qualunque cosa
venga detta apparirebbe ovvia e scontata. Oppure nessuno vuole toccare
troppo da vicino i fantasmi del passato.”
Fu nuovamente il turno di Riku di parlare. “La situazione
è senza subbio snervante, ma non priva di qualche buona
notizia. Dal resto del frammento abbiamo capito che sono in cerca di
una Chiave, una diversa da quelle che sappiamo tutti noi
materializzare, senza la quale i loro progetti non possono realizzarsi.
Non dev’essere un Keyblade artificiale dei loro, e
l’unica altra chiave davvero speciale,” gli occhi
di Riku guizzarono per un istante verso Sora.
“…è al sicuro. Se volessero venire a
prenderla potrebbero tentare solo un attacco frontale, e la loro
inazione è la conferma principale che non possono farlo.
Malgrado tutto, non siamo certo deboli o disorganizzati quanto vogliono
farci sembrare.” Mormorii di approvazione seguirono queste
parole. Il coraggio dei presenti pareva ristabilito. “Inoltre
è possibile che i punti meno chiari di questa situazione
possano esserlo per noi come per loro. Il testo sembrava abbastanza
incerto su parecchie questioni, quindi possiamo azzardare
l’ipotesi che parte dell’operazione nemica sia
ancora da definire e non in corso d’opera. Stando al
frammento, le stesse alte sfere non sanno cosa sia la Chiave
esattamente, e questo è certamente un gran vantaggio.
“Vi abbiamo comunicato una quantità impressionante
di notizie, e non c’è dubbio che ci voglia del
tempo per digerire il tutto. Si avvicinano tempi incerti, e se da una
parte possiamo sperare per il meglio e non c’è
ragione di disperarsi, dall’altra non conviene nemmeno
dormire sugli allori: il successo va sempre guadagnato. Se non
c’è altro da discutere, col permesso del Gran
Maestro inviterei chi è a guardia dei presidi principali di
tornarvi ed organizzare al meglio le postazioni, e a tutti gli altri di
attendere e ricevere istruzioni per operazioni future.”
Sora attese per qualche istante in caso vi fossero altre questioni, ma
visto che nessuno parlava alzò un braccio. “Niente
da obiettare. L’assemblea è sciolta!”
Parecchie ore più tardi, quando anche l’ultimo dei
Cavalieri ebbe ricevuto i propri incarichi, il Gran Maestro e il suo
Consiglio si ritrovarono nella sala del Consiglio. Lo sforzo di
mobilitare e direzionare centinaia di guerrieri si era fatto sentire:
tutti erano nervosi e stanchi, perfino Riku lasciava intravedere una
momentanea debolezza massaggiandosi le tempie con due dita. Quanto ad
Aqua, aveva direttamente appoggiato la testa sul tavolo senza dire una
parola. Consapevole di quanto i suoi amici fossero importanti in quelle
situazioni, Sora pensò bene di prendere delle bevande per
tutti.
“Sapete, forse essere odiati ha i suoi vantaggi. Nessuno ha
chiesto niente a me.” Vanitas si era abbarbicato sullo
schienale della sua sedia, come di consueto.
“Già, e nessuno ti chiederà niente
cercando di pugnalarti alla schiena, convinto tu sia in
realtà in procinto di divorare i loro bambini o qualcosa del
genere.” Terra fletté le braccia sbuffando.
“Ho ricevuto innumerevoli richieste di conferma che
l’Accademia sia sicura e i ragazzi non corrano
rischi… forse era meglio coinvolgere più persone
nella difesa del perimetro, in effetti.”
Naminé cercava di rilassarsi disegnando. “Hm. Ma
se c’è una cosa che sappiamo è che
l’organizzazione… scusate, possiamo trovare un
altro modo di chiamarli? Dicevo, non hanno problemi a reperire delle
cavie, quindi non vedo perché rischiare assaltando
l’Accademia.”
Lea aveva girato il suo trono e sedeva all’incontrario, il
mento sulle mani intrecciate. “Forse quando avremo conferma
di un imminente attacco potremmo voler difendere meglio il posto.
L’Accademia potrebbe essere un notevole punto
d’accesso, se venisse presa. Riguardo al nome,
perché non i Falsari? Sapete, per via delle
chiavi.”
“E quelli con armi autentiche, sono i Genuini?”
Scherzò Kairi. Sora era tornato con il rinfresco, e
chiaramente la prima tazza di tè spettava a lei.
“Se serve dar loro un titolo, dovremmo evitare scherzi o
battute. D’altro canto anche un nome troppo altisonante o
minaccioso ci si rivolterebbe contro.”
Riku inspirò a fondo gli effluvi del suo caffè
nero bollente per ridarsi la carica. “Riguardo ai presidi e
agli incarichi assegnati, credo abbiamo agito al meglio. Inutile
tormentarci al riguardo, specialmente ora.”
Aqua interruppe le lunghe sorsate alla sua camomilla solo per mormorare
uno stanco “Concordo”. In quanto amministratrice
generale quasi ogni decisione doveva passare da lei o comunque esserle
notificata, il che incrementava il suo lavoro di quasi il triplo
rispetto ai colleghi.
Vanitas, che non aveva preso niente, approfittò del silenzio
e schioccò le dita. “Il nome per loro è
semplice. Gli Oscuri!”
“Vanitas, piantala.” Xion poggiò la sua
coppa di tè verde e gli lanciò
un’occhiata seria.
“Era solo per-“
“Lo so. Ma può bastare. Non chiameremo Oscuri un
gruppo di persone che vuole fare del male al prossimo.”
Il guerriero si chiuse nel silenzio del suo elmetto. Sora
finì la sua cioccolata e si rilassò distendendosi
verso il tavolo. “Sì, meglio evitare gli Oscuri,
per ovvie ragioni. Ma concordo che non deve essere un nome troppo
complicato: basta qualcosa che faccia capire subito che parliamo di
loro, senza dare troppo nell’occhio. Sono individui che
disturbano la quiete… i Disturbatori.”
Più di una persona strizzò gli occhi a quel nome,
specie perché consci che Sora era serio. Kairi gli
batté gentilmente una mano sull’avambraccio e Riku
tornò al suo boccale. Ventus sorseggiava il suo liquore
dolce e ad un tratto esclamò: “Ma certo!”
“Ven, dimmi che non sei davvero d’accordo nel
chiamarli Disturbatori.” Terra aveva appena finito di passare
ad Aqua parte della sua birra, che lei adocchiava da un po’.
“No, ma la linea di pensiero è giusta. Sono
individui che vogliono spezzare la pace e riportare tutto nel
caos… non era scritto anche nel frammento? Il Keyblade apre la strada alla
rovina? Persone che vagano
nell’Oscurità, senza trovare quiete
nell’ordine: sono i Perduti. O Custodi Perduti, se
volete.”
Solo la pausa priva di osservazioni salaci dimostrava che non era una
proposta da buttare. Hokori, che dal suo rientro aveva raramente aperto
bocca, ripose la sua tisana personale nella borraccia e
sbatté le palpebre lentamente.
“Perduti. Un po’ apocalittico, ma può
andare.”
“Di sicuro suona meglio di tante altre proposte, non che io
possa parlare” sentenziò Lea.
“Perduti non è male,”
concordò Sora. Il Gran Maestro notò che Paperino
e Pippo sedevano in un angolo in silenzio senza partecipare davvero
alla conversazione, e si incuriosì. “Ragazzi, che
avete? Strano aver potuto scherzare così a lungo senza che
Paperino ci richiamasse all’ordine.”
Fu Pippo a voltarsi e a guardare Sora, l’espressione
abbastanza impensierita. “Oh, forse non è niente,
ma è da un pezzo che né a me né a
Paperino quadra un passaggio nel frammento, e ci stavamo arrovellando
sopra. C’è questa parola che nessuno è
riuscito a tradurre…”
Il piccolo papero lo interruppe sbottando: “Perché
non è una parola, ma un nome! Un nome in un’altra
lingua, e scritto con l’alfabeto runico antico. Ecco
perché i conti non tornavano.”
Paperino fece scivolare il frammento lungo il tavolo, ed il piccolo
foglio attirò lo sguardo dei presenti come aveva fatto ore
prima nella sala gremita.
“Leggete la frase in fondo, ma non tentate di tradurre
normalmente. La versione che avevamo concordato, per quanto strana,
era: la Chiave cercare
contattare per la riuscita del piano. Il Keyblade apre la strada alla
rovina. Ma se uno dei due verbi non fosse tale?”
Aqua sentì riaffiorare il mal di testa. “Non
avevamo decretato che probabilmente mancava una parte, qualcosa come
'cercare E contattare'? Devono individuare la Chiave e stabilire un
contatto.” Tentò debolmente.
“Sarebbe molto semplice e comodo, ma è il mio
lavoro essere pessimista. Un verbo è strano e non dovrebbe
esserci. Se prendiamo le rune che lo compongono e ignoriamo il
contesto, ecco cosa viene fuori.”
Il mago agitò il dito, evocando lettere
dell’alfabeto comune nell’aria che ruotarono
vorticosamente fino a delineare la parola scelta, in caratteri
splendenti. Appena la soluzione fu visibile un alone di nervosismo
calò su tutti i Maestri eccetto Hokori, che difatti lesse ad
alta voce senza farsi troppi problemi.
“Shika. Non vuole forse dire
‘Cercatore’?”
Sora si grattò il capo, cercando di ignorare i brutti
presagi contenuti nella parola ‘Cercatore’ e con
una nuova idea che gli ronzava in testa. “Contattare Shika per-
no, sarebbe più Shika
contatterà la Chiave per la riuscita del piano.
Accidenti, quindi sarebbe questo Shika che deve interagire con la
Chiave?”
“Temo che il peggio non sia quello, amico mio.”
Fece Lea, l’espressione grave in volto. “Significa
che la nostra supposizione che i Perduti navigassero in alto mare non
è probabile e che la Chiave non deve essere cercata. Sanno
cos’è, e possibilmente anche
dov’è.”
C’era potere nel silenzio. Il Regno
dell’Oscurità aveva le sue fonti sonore, da
fenomeni di aree in decomposizione ai rumori molesti delle creature
più grosse, ma a quelle profondità persino quei
suoni sparivano e rimaneva solo il buio, ed ogni tanto il bagliore di
un paio di occhi rossi in attesa. Se anche quegli occhi si fossero
mossi per colpire, sarebbe stato silenzioso e indolore.
Un tale silenzio poteva soverchiare anche il più forte degli
uomini, ma a Ren piaceva. E anche per quel motivo la sua irritazione
nel dover sentire le rimostranze assordanti di quell’incapace
cresceva esponenzialmente.
“In questo siamo pari, eguali, quindi non hai alcun
diritto-“
“Il diritto di criticarti, Gashur, l’ho ottenuto
quando hai volontariamente portato il tuo grugno fuori dalla base per
dare battaglia, battaglia che -ti ricordo- non hai vinto. Quindi evita
di comportarti come una vittima.”
Ma la collera di Gashur non fece che aumentare. “Come osi?
Quello che faccio lo faccio per la causa! Vanitas era tornato
perché il vostro pedone sacrificale l’ha
insospettito, quindi casomai siete voi nel torto!”
Sanguinis rise la sua risata viscida. “E quindi, Gashur? Vuoi
attaccare noi ora? Perlomeno aspetta che ti si ricuciano le ferite al
fianco e alla gamba. A differenza del tuo macellaio, tu non puoi
rigenerarti versandoci un po’ di Oscurità
sopra.”
Le provocazioni non a vuoto smorzarono un po’ lo spirito di
Gashur, ma non del tutto. “Dico solo che mentre è
vero che non avrei dovuto farmi sottrarre il rapporto, se hanno
catturato e torturato quell’incompetente per informazioni e
sono poi tornati nel punto dove iniziano i nostri incantesimi di
occultamento, non erano troppo lontani dalla verità. Hanno
già fatto due più due.”
Il fatto che le sue osservazioni non fossero completamente prive di
senso irritava Ren ancora di più: non era abituato al
fallimento. Era passato parecchio tempo da quando qualcuno aveva osato
rinfacciargli qualcosa, e anche in quei casi erano spesso gli altri nel
torto. Si convinse che doveva essere così anche quella
volta, ma comunque non spiegava come fosse stato possibile per Sora
interrogare quel guscio vuoto. Aveva provveduto Ren in persona a
privarlo di ogni ricordo.
“Visto? Tace perché sa! Ah, ti sei sempre creduto
migliore di noi Ren, ma questo dimostra che puoi sbagliarti anche tu
come chiunque altro! Che ti serva da lezione!”
La mano scattò in avanti, e in un momento il Keyblade
apparve. L’unico Keyblade della Luce in quel regno oscuro, la
sua improvvisa comparsa gettò Gashur in confusione, ma un
momento dopo anche le dita della sua mano sana iniziarono a flettersi
per evocare…
“Basta.” La voce proveniva da un altro individuo
presente nella camera, seduto su quello che sembrava un gigantesco osso
primordiale. Era l’unico che non vestiva i loro abiti neri
contornati di viola, ma un soprabito nero consunto con cappuccio.
L’unica persona che poteva, qualche volta, contraddire
effettivamente Ren senza conseguenze.
Parlò di nuovo. “Gashur, solo un guerriero
mediocre incolpa gli altri dei propri fallimenti. Ci sarà
sempre una causa esterna sfavorevole, ma tutto ciò che puoi
fare da parte tua è impegnarti e cercare comunque la
vittoria. Vanitas vivo e con parte delle nostre informazioni NON
è una vittoria.”
Gashur si morse il labbro inferiore, ma non osò replicare.
L’unica persona per la quale Ren provava rispetto si rivolse
quindi a lui, e come a leggergli nel pensiero disse: “Ren,
hai imparato bene, ma non hai imparato tutto. L’Ordine si
serve di numerosi trucchi e inganni, tecniche abominevoli per spremere
il cuore altrui senza curarsi dei diritti o del raziocinio di quella
persona. È ancora possibile per loro accedere a dei ricordi,
anche se bloccati o rimossi.”
Ren si limitò ad annuire, e ad apprendere. Era una di quelle
giornate in cui aveva ragione l’altro. Con gli occhi che si
erano ormai abituati all’Oscurità, perfino
attraverso il cappuccio intravedeva il sorriso del suo ammonitore,
nonché la famosa cicatrice che gli adornava il volto.
“Per quel che mi riguarda nessuno è nella
posizione di criticare l’altro, resta il fatto che due errori
di valutazione sono stati commessi. Shika non può rimanerne
all’oscuro, quindi è opportuno fargli rapporto:
vieni tu, Ren.”
Camminavano lungo lo stretto corridoio nel vasto mare di tenebre. Sotto
di loro, un abisso senza fondo: persino dopo aver scavato
così tanto, il Regno dell’Oscurità
rimaneva ancora ampiamente inesplorato.
“Ren. Che te ne pare di Vanitas?”
“Tu dovresti dirmelo. Hai servito in ben due gruppi con lui,
e lo conosci molto meglio.”
“Ah, penseresti così, eppure ci ho sempre
scambiato solo poche parole. Il Vanitas che conosco io stava sulle sue,
non rivolgeva quasi parola a nessuno se non per insultarlo e serviva il
diretto intervento di Xehanort per spingerlo ad obbedire.”
Qualche altro passo in silenzio, poi una nota divertita nella voce.
“Detto questo, il Vanitas che conosco io non sarebbe accorso
in difesa di qualche ragazzino al primo accenno di pericolo, e non
avrebbe mostrato clemenza contro un avversario inferiore.”
“Quindi perfino la sua Oscurità può
deperire.” Ren avanzava in retrovia, ma già
intravedeva le porte degli scavi. “Un peccato, pensavo fosse
l’unico che potesse ancora redimersi. Oltre naturalmente a
te, Isa.”
Isa si voltò a guardarlo, un altro ghigno beffardo sulle
labbra. “Ha un cuore anche lui, dopotutto. Il cuore
troverà sempre il proprio veleno, a volte desiderandolo
ardentemente per via della natura umana. E ti prego di ricordarti che
ormai è Saix.”
“Scusami, abitudine.”
“Visto? Anche tu devi esercitare controllo sul tuo cuore, di
tanto in tanto.”
Continuarono a camminare, i contorni della struttura ormai visibili
anche in quell’Oscurità. Era in quello che
sembrava un gigantesco anfiteatro che avevano dato il via agli Scavi,
che non servivano a perforare l’ennesimo strato di roccia
sotto i loro piedi ma i segreti celati tutto attorno a loro dalle
ombre. Davanti alle porte semidiroccate, due sentinelle che vestivano
gli indumenti neri e viola.
“Chi sono questi?” Chiese Ren, innervosito. Per la
prima volta, non conosceva qualcuno delle cerchie più alte.
“I risultati della Crescita, e ti farà piacere
sapere che non sono affatto male con la lama e la velocità
di ragionamento. I nostri numeri aumentano, non solo in
quantità ma anche in qualità… e
potresti voler tornare all’arena a mettere alla prova le tue
capacità, Ren.”
“Con questi qui? Inutile. Mi serve un compagno perfettamente
senziente, ma ormai riesco a battere persino te.”
“Che la tua forza possa solo aumentare Ren, solo io e te
sappiamo quanto ne avremo bisogno. Vedrò di trovare un
avversario alla tua altezza.”
Isa e Ren entrarono nell’enorme spiazzo, e a seconda dei casi
avrebbero trovato o il silenzio dei rari momenti in cui Shika si
riposava, o una cerimonia in corso. Ren constatò che era la
seconda.
Un pilastro oscuro di dimensioni immani che sembrava emergere
direttamente dal sottosuolo ardeva furente di energia, mentre un
vecchio dall’aspetto quasi scheletrico, che portava solo un
paio di pantaloni logori e una borraccia a tracolla, danzava attorno ad
esso cantando una nenia deprimente. Ren non aveva mai nemmeno provato a
comprendere i meccanismi di quel processo, ma solo dopo pochi istanti
Isa fu capace di affermare: “Manca poco ad una pausa, meglio
così. Attendiamo.”
Passò poco più di una mezz’ora prima
che Shika smise di danzare, e nel momento in cui si
allontanò il pilastro di Oscurità
cessò di divampare, riportando i segreti che custodiva alla
terra. Il vecchio si mosse verso gli scalini dove i due uomini si erano
seduti e vi crollò accanto, apparentemente sfinito a morte.
Isa non accennò minimamente ad aiutarlo e chiese invece:
“Cosa hai appreso oggi, Shika?”
Nonostante la dimostrazione di spossatezza, la voce che
fuoriuscì da quella gola esile e rugosa risuonò
forte e calda. “Insetti, locomozione, parole
d’ordine. I cento modi di impiegare la magia Blizzard.
Qualcosa sui tradimenti in una torre di granito.”
“Insetti e granito? Non c’è veramente
modo di direzionare il flusso di coscienza verso qualcosa di
più utile?” Ren aveva letto e memorizzato il
volume sui modi di impiegare Blizzard secoli fa, nelle biblioteche del
castello.
Nuovamente Isa non si scompose. “Non affrettarti a giudicare
cosa è utile e cosa no, Ren. Ad esempio, molti insetti hanno
qualità insolite che si potrebbero assimilare, e non credo
sia un caso se alcuni Heartless già li imitino. O forse
è avvenuto il contrario… comunque
l’utilità può manifestarsi in molti
modi.”
“Quindi creare una grossa mantide religiosa sotto forma di
Heartless ci aiuterà a fare man bassa del Consiglio e non
verrà liquidata in pochi attimi?”
“…Mh, va bene, messa così hai ragione.
Passiamo allora alle cose davvero utili, come comunicare a Shika il tuo
recente operato.”
Shika ascoltò il resoconto senza tradire la minima emozione,
come per qualsiasi cosa gli si riferisse che non riguardasse il Regno
dell’Oscurità o la Chiave. Una volta che Isa ebbe
terminato tracannò lo strano liquido che teneva nella
borraccia e si sedette normalmente.
“Il Mondo Finale… il Sovrano è andato
lì.”
“Il luogo tra sogno e morte? Ha valicato i confini della vita
per portarci quel pezzente?” Ren era senza parole. Lui
avrebbe dato la mano destra per visitare quel posto anche solo per
pochi istanti, ma ogni sua richiesta ai tempi gli era stata negata.
“Ho sentito i tentacoli del patto oscuro cercare il nostro
accolito, ma lui li ha annientati… il Sovrano ha speso una
quantità di tempo lì superiore a qualsiasi
entità mortale.”
Ren sibilò sprezzante.
“Shika, l’Ordine si è sicuramente
iniziato a mobilitare contro di noi, e saranno all’erta.
Questo ti preoccupa?” Chiese Isa.
Shika rise, e la sua bocca nell’Oscurità non
scintillava come le altre avendo perso molti dei suoi denti.
“Il flusso mi ha detto che arriveremo dove serve. Non subito,
ma ci arriveremo. E incontreremo la Chiave. Niente altro
importa.”
Quello che ripeteva sempre, pensò Ren. Decise di
interpretarlo come un fatto che Shika non riteneva i suoi errori di
valutazione un problema.
“Ma dovete ispessire le difese. Quel camminatore oscuro
è troppo vicino… ah, è fatto tutto di
Oscurità, e a volte il flusso vorrebbe parlare
più con lui che con me. Non deve avvicinarsi
più.”
“Non penso lo rifarà, ma prenderemo provvedimenti
giusto in caso.” Isa si alzò, e Ren fece
altrettanto, ma prima di avviarsi continuò: “Ah, e
mi chiedevo se non fosse possibile mostrare a Ren i progressi della
Crescita. Sai, si è dimostrato un po’
scettico.”
Shika stava già tornando verso il centro dello spiazzo e
senza rallentare o voltarsi batté le mani un paio di volte.
Da due gorghi neri emersero un paio di figuri, avvolti non nelle comuni
vesti ma in delle corazze nere. Brandivano due Keyblade a testa.
Isa si era rimesso seduto. “Visto che nessuno può
davvero impensierirti, non penso ci saranno problemi se evitiamo le
scaramucce e partiamo subito con una sfida seria.”
Ren sospirò, evitando di raccogliere la provocazione. Si
batté un colpo sulla spalla, ed indossando la sua armatura
impugnò il Keyblade e partì all’attacco.
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