lunedì
7. Lunedì
Quando Crowley lo sveglia le loro mani sono ancora
intrecciate e Aziraphale mugugna qualcosa contro il cuscino, cercando
di coprirsi gli occhi dal chiarore che lo acceca.
«Sei impossibile» sente ridere il demone. «Prima fai
lo snob e ti rifiuti di dormire se non “qualche volta”,
poi non riesci a staccarti dal letto»
Aziraphale continua a parlare contro il morbido
guanciale: in rapida successione implora per altri cinque minuti di
relax e nega quanto affermato dal rosso senza accorgersi della
contraddizione.
«Non hai cinque minuti, Aziraphale» lo scuote Crowley.
«Devi lavorare, o qualunque cosa tu faccia dentro quella libreria»
Passano istanti di silenzio in cui Aziraphale riprende
coscienza del mondo e della situazione in cui si trova. È felice di
avere la faccia premuta contro la stoffa perché sa di essere
arrossito al pensiero di aver dormito nel letto di Crowley. Aspetta
qualche secondo per respirare con calma e finalmente apre gli occhi,
sistemandosi meglio sul materasso per mettere a fuoco la figura del
demone accanto a sé.
«Mi sono agitato?» si informa subito mentre passa il
palmo della mano libera sugli occhi per sforzarsi di non richiuderli
e riprendere a sonnecchiare: deve darsi veramente un contegno.
«No, sei stato bravo» si complimenta Crowley.
Aziraphale sorride spontaneamente, contento di non aver disturbato e
di aver superato la prova. «Ma a giudicare dal tempo che ti ci vuole
per tornare tra i vivi, avrei dovuto lottare per tirarti fuori dagli
incubi, angelo»
Il biondo nasconde il volto dietro l'avambraccio, preda
dell'imbarazzo, ma non può fare a meno di ridere.
«Hai qualcosa da dire? Esperienza promossa?» chiede
Crowley con fare scientifico senza far trasparire altre emozioni di
sorta. Aziraphale ci pensa su un attimo prima di annuire.
«Credo che sia stato piacevole. Non come leggere un
libro, ma penso che potrei rifarlo». Non precisa che potrebbe
ripetere quell'attività solo con qualcuno intorno a sé pronto a
consolarlo nell'eventualità di un sogno orribile: forse il demone
già lo sa.
Crowley allarga un sorriso allegro e stringe la mano
dell'angelo che tiene nella sua.
«Forza, alzati. Ti porto in libreria»
Aziraphale
sta sperimentando con successo la tattica
suggerita da Crowley qualche giorno prima: duplicare il libro
richiesto e venderlo – o regalarlo – agli acquirenti. Non
sempre
ha la forza di farsi pagare: non ha bisogno di soldi e quello gli
sembra a tutti gli effetti un furto. Però c'è anche
l'altro lato
della medaglia: che stia forse truffando il fisco con questo suo
particolare modo di fare? Deve ammettere che dall'Ottocento è
stato
importunato con le tasse solo cinque volte, ma questo soltanto
perché è
personalmente intervenuto con un miracolo per avere la finanza ben
lontana dal suo negozio o apparentemente smemorata su qualsiasi cosa
riguardante l'A.Z.Fell&Co. Non è felice della situazione, ma
ha
la sensazione che fare le cose davvero per bene, al di là del
tenere
i pochi conti ben in ordine sul vecchio computer della libreria1,
comporterebbe la necessità di girovagare per il mondo di tanto in
tanto per non destare sospetti circa il suo scarso invecchiamento e
l'assenza di un qualunque straccio di burocrazia terrestre da
mostrare in duplice copia su carta bollata e tutto il resto.
Per sentirsi meno in colpa regala le copie piuttosto che
venderle, con buona pace dell'editoria e con grande sollievo da parte
dei lettori. Quando dona il quarto libro della mattinata ad una
ragazza con gli occhi pieni di lacrime per la gratitudine si chiede
se quello non sia il primo passo per mandare in rovina tutto il
sistema economico dell'industria libraria.
Il campanello sulla porta lo fa ridestare dai suoi
pensieri: Crowley, sparito da quando lo ha convinto a parcheggiare la
Bentley in un posto che non recasse l'allarmante presenza del divieto
di sorta, ha una scatola dai colori pastello in mano e si dirige
verso di lui con le anche che proprio non riescono a rimanere in
asse.
«Hai fatto piangere una cliente?» gli chiede perplesso
e curioso poggiando l'involucro sul tavolo più vicino.
«O Cielo! Piangeva?». Aziraphale si porta una mano al
petto, il viso contratto dal dispiacere. «Cielo, non volevo proprio.
Le ho solo regalato una prima edizione di Tempi difficili,
devi credermi!». Strabuzza appena gli occhi prima di precisare:
«Beh, una copia»
Crowley ha gli occhiali, ma Aziraphale è certo che stia
roteando gli occhi. L'angelo lo osserva appoggiarsi al piano di legno
e incrociare le braccia al petto. «Avevo ragione, allora: un
miracolino e siete felici tutti e due. Lo manifestate in maniera
strana, ma lascio l'attività di giudicare a qualcun altro, eh?»
L'angelo annuisce, poi punta l'indice verso la scatola.
«Posso?»
«Mm? Ah, sì»
Aziraphale non è certo che la noncuranza di Crowley sia
autentica, ma sceglie saggiamente di non infierire. Solleva il
coperchio e le iridi blu si perdono nei cioccolatini variegati che
quel pacchetto contiene2.
«Oh!» esclama, guardando Crowley con un sorriso
estasiato. «Non era necessario, davvero!»
«O-ho! Puoi buttarli se non ti vanno»
«Non ho detto questo...». Aziraphale agguanta con fare
protettivo la scatola e ruota leggermente il busto perché non sia
alla portata della mano di Crowley. Il demone scuote la testa e
sospira, ma l'angelo vede chiaramente il fantasma di un sorriso che
gli increspa le labbra.
«A cosa devo il pensiero?» domanda poi, curioso. Non è
sicuro di dove stia guardando il rosso, ma non crede che stia
cercando i suoi occhi. Lo vede sporgere il labbro inferiore e alzare
le spalle. Aziraphale ha la chiara impressione di non poter
considerare quella come un'ammissione di indifferenza e piuttosto
preferisce non darle alcun nome. Posa una mano sull'avambraccio del
demone e stringe appena. «Ti ringrazio, caro» fornisce prima di
infilarsi in bocca un cioccolatino alla nocciola e di tornare ai suoi
libri.
Il rosso si accomoda senza eleganza su una sedia e solo
di tanto in tanto cammina per il negozio curiosando tra la merce o
origliando senza discrezione stralci di conversazioni dei clienti.
Quando fa così Aziraphale cerca di riportarlo all'ordine con le
occhiatacce, ma Crowley non ne è minimamente intimorito.
Temendo un'altra tentazione all'interno della sua
libreria, l'angelo approfitta della richiesta di un giovane ragazzo
per passare tra gli scaffali accanto a Crowley e rifilargli una
gomitata sul braccio. Il rosso ridacchia e gli rifà il verso, ma
decide di allontanarsi dal trio di adolescenti che sta organizzando uno scherzo a
un quarto membro assente del gruppo di amici.
«Bravo» concede Aziraphale mentre duplica Delitto e
castigo con circospezione. Osserva meglio quello che ha tra le
mani e si fa sfuggire un sorriso.
«Non leggo Dostoevskij da un po'» considera ad alta
voce, senza guardare Crowley. «Credo proprio che lo porterò a casa.
Potrei leggerlo questa sera, che ne pensi?»
Per un attimo gli sembra che il tempo si sia fermato, ma
quando alza la testa si rende conto che non è solo un'impressione: i
clienti sono pietrificati e l'aria è innaturalmente immobile.
Non ha bisogno di voltarsi verso Crowley per sentirsi
sprofondare: la verità di quello che ha detto gli si palesa in un
lampo di assurda consapevolezza.
Istintivamente si allontana dal demone di un passo: sa
che Crowley ha colto prima di lui quello che ha detto senza nemmeno
pensarci troppo.
«Cioè, io... ecco, non... quello che volevo dire è-»
balbetta in modo sconclusionato mentre il suo cervello si impegna per
terminare almeno una delle frasi che ha iniziato.
Ma la sua mente è impigliata in un unico pensiero:
quando ha cominciato a pensare all'appartamento di Crowley
come a casa? Non lo sa, né lo crede possibile, ma
l'ammissione è uscita spontanea, del tutto incontrollata e, peggio,
sincera.
Respira a pieni polmoni per scacciare la spiacevole
sensazione di paura che gli sta attanagliando il petto. Sa da dove
viene quel timore e lo può quasi chiamare per nome. Ha paura del
significato della parola casa per lui, ha paura ora che l'ha
detta ad alta voce e soprattutto ha paura dell'effetto che possa
avere su Crowley. Teme il rifiuto, teme che il demone precisi la
necessità di non fraintendere tutto quello che è successo: teme che
gli spieghi che gli ha permesso di tenere le sue cose
nell'appartamento per pura comodità, non per affetto.
All'improvviso Aziraphale capisce che quello non è un
timore: quella è una certezza.
Vede chiaramente le immagini
del loro confronto passargli nella mente, come in uno di quei film che
il demone gli ha fatto vedere, ma che ora è disponibile
in anteprima solo per lui. Vede Crowely che gli dice tutto quello e
anche di più: lo può ascoltare forte e chiaro mentre gli
comunica
che nell'ultima settimana non ci sono stati progressi di alcun tipo e
che l'esperienza dell'Apocalisse non li ha cambiati nemmeno un po',
non ha modificato niente nel loro rapporto, nella loro intimità,
nel
loro modo di comprendersi e di aprirsi l'uno con l'altro.
Vigliaccamente spera che il tempo torni a scorrere
subito, che lo salvi dall'inevitabile delusione a cui è destinato.
Ma Crowley non sembra propenso a rimetterlo in moto: è praticamente
immobile e solo il cadenzato gonfiarsi del suo petto suggerisce ad
Aziraphale che lui non sia bloccato insieme agli altri avventori
della libreria. È per questo che quando il demone emette suoni
articolati l'angelo trattiene il fiato.
«Va bene»
Non ha idea di quanto tempo siano stati in silenzio, ma
quando la voce di Crowley gli solletica le orecchie Aziraphale ha la
sensazione di aver vissuto un secolo in ibernazione: sente un calore
travolgente che lo fa avvampare.
«Come, scusa?» chiede, incredulo, la voce spezzata
ridotta a un pigolio allarmato. È evidente che non abbia
sentito bene: il demone lo deve rifiutare, il suo copione
nella testa dell'angelo è chiarissimo e non ha alcun permesso dalla
regia di improvvisare. Deve attenersi alle regole, punto e basta.
Crowley si schiarisce la gola e si stringe nelle spalle,
le mani in tasca. «Ho detto che va bene. Puoi portare il libro a...
a casa»
Aziraphale si rende conto che il tempo è tornato a
fluire perché la pacata confusione del negozio torna a disturbarlo.
Crowley ha improvvisato la sua battuta. Ha osato
contravvenire alle direttive tecniche e Aziraphale non sa se essere
indispettito o sollevato da quel cambio di programma.
«Oh. Bene» dice alla fine. «Grazie»
Non riesce a sorridere, né a capire perché abbia
ringraziato Crowley. Fa dietrofront e torna dal ragazzo con entrambe
le copie del libro, cercando di dedicarsi alla sua attività senza
farsi prendere dal panico.
«Ecco a lei» conclude la vendita con la voce che
trema.
Lancia uno sguardo preoccupato al vecchio orologio che
tiene nel locale: non è sicuro di poter finire il turno in quelle
condizioni.
Nel pomeriggio Crowley e Aziraphale non riescono a
rimanere soli a lungo. C'è sempre almeno un cliente nel locale
insieme a loro e l'angelo non sa se considerarlo una benedizione o
meno. Una cosa è certa: il demone non si tiene mai troppo distante
da lui e gli gravita intorno mantenendo tuttavia un rispettoso
distacco. Gli sta dando la possibilità di ritrattare, Aziraphale lo
sa e questo gli riscalda sfacciatamente il volto ogni volta che ci
pensa.
Il rosso di tanto in tanto fissa Delitto e castigo
con un'inclinazione terribile delle sopracciglia, come se cercasse di
inchiodarlo al tavolo per timore di vederlo sparire da un momento
all'altro. Aziraphale l'ha colto sul fatto un paio di volte e, se di
primo acchito non ha avuto la prontezza di agire, la seconda volta ha
accarezzato il libro: non cambio idea. Avrebbe voluto
dirglielo verbalmente, ma un cliente lo ha distratto e l'angelo ha
potuto solo godere del sussulto che il corpo di Crowley ha accusato
nel recepire il messaggio.
Ci sono altre cose che vorrebbe dirgli, cose che fatica
anche a pensare e ad ammettere a sé stesso, ma quelle non sa nemmeno
metterle in parole e non ci indugia più di tanto. Vorrebbe
ringraziarlo ancora, veramente e senza balbettare, senza esitare.
Vorrebbe sapere quando le cose siano davvero cambiate, ma non crede
che tornare indietro di una settimana basti, e nemmeno di undici
anni. Ma la sua mente non riesce a seguire un filo logico, non con
quello che è accaduto prima e con il sangue che gli rimbomba nelle
orecchie.
È un acquirente particolarmente difficile da
accontentare che fa capire ad Aziraphale che deve chiudere il negozio
per il resto della giornata. D'altronde quando lo accompagna
all'uscita sono quasi le quattro del pomeriggio: quello è stato
probabilmente il giorno più prolifico per la libreria da quando l'ha
aperta.
«Posso offrirti un po' di whisky?» chiede a Crowley,
impacciato, come se per loro fosse una cosa nuova.
Il demone allarga le braccia con ovvietà. Bevono in
tranquillità un paio di bicchieri ciascuno, ma nessuno dei due parla
di cose più cogenti di qualche commento sui clienti del giorno.
«Oggi non piove» nota Aziraphale dopo un po'.
«Oggi sei particolarmente acuto, angelo»
Il biondo ignora il commento e prosegue. «Facciamo un
giro al parco prima di cena? Vuoi?»
Crowley annuisce e si alza pigiando le mani sulle
ginocchia. Aziraphale afferra il cappotto, il libro di Dostoevskij e
la scatola di cioccolatini cercando di non badare alle mani che
tremano.
«Quelli mandali a casa» propone Crowley con voce
strozzata, ma visto che l'angelo si è imbambolato al solo sentire la
parola casa per la terza volta in un giorno fa da solo:
schiocca le dita e Aziraphale realizza che libro e cioccolatini sono
arrivati sani e salvi sul tavolo della sala dell'appartamento del
demone.
«Giusto»
Si osservano per un attimo, fanno entrambi per parlare
ma nessuno dice una sola parola. Poi il rosso tira su con il naso e
fa un cenno verso la porta. «Forza, andiamo»
Aziraphale compra un ghiacciolo alla fragola che
miracolosamente non gli si scioglie sulle dita. Può goderselo in
tutta tranquillità mentre Crowley lancia pane alle anatre. L'angelo
capisce che c'è quasi uno schema nel lancio del demone: non tira
verso la terra o l'acqua, ma punta specificamente al becco. Sospetta
che sia per far loro un dispetto, ma non ha il cuore di confermarlo.
«Hanno le orecchie, comunque» dice all'improvviso,
sciogliendo in bocca l'ultimo pezzo di ghiacciolo. Fa sparire il
bastoncino scrollando la mano mentre il demone lo guarda dubbioso.
«Di che diavolo parli?»
«Delle anatre. Hanno le orecchie. Beh, non si vedono,
però ci sono»
Crowley lo osserva come se si fosse trasformato in
un'anatra a sua volta. «OK...?»
«Ti interessava a fine Ottocento» spiega Aziraphale
con un mezzo sorriso. «L'ho letto per caso in un libro, ma non credo
di avertelo mai detto». Preferisce non dirgli di averlo cercato
appositamente. Di fatto, non si era aspettato davvero di trovare
quell'informazione, quindi quella che ha rivelato è una mezza verità
a tutti gli effetti.
Il demone apre la bocca in un muto “Oh” e annuisce
senza dire niente.
Rimangono ancora un po', più vicini del solito, a
godersi il fresco di St. James's Park.
«Facciamo al Ritz?» chiede Crowley reclinando appena
la testa. Aziraphale annuisce, piegando le labbra verso l'alto.
Il demone si alza e tende il corpo per stiracchiarsi,
poi fa ricadere lo sguardo sull'angelo, ancora seduto sulla panchina
e con gli occhi fissi su di lui.
«Allora? Non vieni?»
Aziraphale lo guarda di colpo stranito e scopre di
sentirsi irritato. Non è giusto che, dopo quello che il demone ha
fatto nella mattinata, lo possa sollecitare in quel modo come se
niente fosse. Crowley non aveva alcun diritto di uscire dai binari
che l'angelo aveva prefissato, mandando a monte tutto, compresa la
studiata e intelligente reazione di Aziraphale: il biondo avrebbe
solo dovuto scusarsi per l'invadenza e dire qualche parola complessa
e carica di significati come lapsus e sarebbe finita lì.
Invece no: Crowley ha dovuto improvvisare, ha dovuto
sorprenderlo. Dopo seimila anni, il demone lo ha colto completamente
impreparato e gli ha rifilato l'inaspettato: gli ha detto che può
considerare il suo appartamento come casa sua.
No, si corregge mentalmente. Come casa nostra.
Basta quel cambio di direzione per sentire di nuovo lo
stesso calore che lo ha colto nei giorni precedenti e che lo ha lasciato
spiazzato per la sua intensità. Ne avverte l'egoismo tutto umano,
così lontano dall'incondizionato amore degli angeli per il Creato, e
ne ha paura, ma allo stesso tempo non desidera allontanarlo da sé,
non desidera liberarsene. È un egoismo che lo appaga e lo sfianca
insieme, che ha bisogno di alimentarsi e che, realizza, trova in Crowley il suo
carburante.
Si accorge di star sorridendo solo perché il demone
aggrotta la fronte, ma l'angelo non sente quello che gli viene detto.
Aziraphale sorride perché, ora che l'ha capito, è tutto così ovvio che fa fatica a
credere di non essere arrivato prima a quelle conclusioni, di aver
avuto bisogno di un ennesimo ragionamento per far quadrare ogni cosa,
dai pensieri alle sensazioni, dai gesti alle parole.
Si chiede nuovamente da quanto tempo sia cambiato
tutto
per lui, ma si accorge che non ha importanza: ora è
risolutamente
consapevole del presente, di sé e di Crowley, e l'euforia
è così prorompente che potrebbe farlo scoppiare da un
momento all'altro.
Aziraphale non pensa quando si alza, rigido, ma con gli
occhi che brillano. Non pensa nemmeno quando prende un grosso respiro
e agisce d'istinto, in fretta, prima di avere il tempo di pentirsene:
afferra il colletto della giacca del demone e lo tira giù per
premere le labbra contro le sue.
Il contatto è breve, l'angelo si stacca immediatamente
e fa qualche passo indietro. Crowley, dal canto suo, si sfila gli
occhiali e fissa l'angelo con tanto d'occhi, la bocca spalancata in
un urlo che non ha trovato la via giusta per uscire.
Il cervello del biondo sembra riattivarsi in un secondo:
Aziraphale sente montare dentro di sé stralci del panico che lo ha colto in
libreria, ora perfettamente conscio di quello che ha osato fare.
Questa volta, però, non ha nessun copione da seguire, Crowley non ha
battute da recitare e potrebbe davvero fare qualsiasi cosa, potrebbe
persino accusarlo di aver compiuto un gesto infinitamente stupido e
superficiale.
Contro ogni previsione, però, Crowley non gli chiede se
sia impazzito, né gli urla contro che per il vezzo sentimentale di un
angelo da strapazzo come lui sono stati mandati in frantumi seimila
anni di una bellissima amicizia. No. Crowley ride. Ride e ad
Aziraphale sembra felice. L'angelo è sorpreso, non ha idea di
cosa quello significhi. Non sa nemmeno se il demone si aspetti che
lui dica qualcosa.
«Crowley?» lo chiama debolmente, interrogativo, quasi
preoccupato. È così che fanno gli umani? È sicuro di no. Che lo
stia prendendo in giro?
Il demone continua a sorridere come un serpente,
stupefatto.
«Crowley, tutto bene?». Aziraphale si vede costretto a
chiederglielo perché sente di essere del tutto sfuggito al controllo
della situazione da ore, ormai, se non da giorni.
«Non lo so» risponde sinceramente l'altro, ora più
calmo. «Il ghiacciolo era stregato?»
«N-No...» fa Aziraphale, perplesso. «Era... Era buonissimo»
Perché stanno parlando di ghiaccioli?
«Le anatre, allora» riprova il demone. «Qualcosa che
ha a che fare con loro? No? Sei sicuro, Aziraphale? Perché io non ho
fatto niente, non ti ho tentato, hai fatto tutto-»
«... da solo?» conclude titubante l'angelo più per un
riflesso condizionato che per il vero significato di quelle parole. A
questo arriva con qualche secondo di ritardo e soltanto perché
Crowley ha smesso di ridere ed è semplicemente basito. Aziraphale
vorrebbe scoccargli un'occhiata di puro trionfo: anche lui può
ancora sorprendere il demone dopo seimila di conoscenza, a quanto
pare. Ma non gli sembra il caso, visto che Crowley ha lasciato cadere
a terra gli occhiali e ha di nuovo spalancato la bocca senza mostrare
alcuna intenzione di richiuderla.
«È così?» chiede dopo qualche attimo. «Hai voluto
farlo?»
Aziraphale sente di avere le guance in fiamme, ma si
costringe ad annuire subito: non c'è molto su cui riflettere,
d'altronde.
«E...?» prosegue Crowley, indirizzandogli uno sguardo
inquisitore.
«E cosa?» fa l'angelo vagamente spazientito: è
già difficile di per sé anche senza le sciocche e inappropriate
domande del demone. Sarebbe più semplice se collaborasse.
Crowley annaspa per cercare le parole adatte. «Ed è
tutto a posto? Ripensamenti?»
Aziraphale si tormenta l'anello al mignolo prima di
negare velocemente con il capo. «Per i ripensamenti». Che sia tutto
a posto è un mistero bello e buono. Gli gira la testa, tanto per
cominciare, e sente una fitta allo stomaco che vorrebbe far andar
via, ma forse non ha senso dirlo ad alta voce.
«Va bene» butta fuori Crowley, incredulo.
Aziraphale vorrebbe avvicinarsi per mollargli uno
schiaffo in pieno viso. «Va bene?» ripete, la voce acuta. «Solo questo? È
tutto ciò che hai da dire? Va bene?». Non è certo di cosa
debba dire Crowley a tutti gli effetti, ma quello gli sembra
veramente inappropriato, riduttivo e probabilmente offensivo. Ma il
demone sorride e Aziraphale dimentica il fastidio.
«Angelo» mormora il rosso e il nomignolo esce fuori
con l'aria di essere un rimprovero. Crowley chiude la distanza tra di
loro ed esita prima di sfiorare appena con le dita la guancia di
Aziraphale, delicato e impaurito, fragile e incredulo come se adesso
dovesse inchiodare lui al terreno e non più Delitto e castigo.
«Non cambio idea» soffia l'angelo:
stavolta non ci sono più i clienti a impedirgli di dirglielo
apertamente. Sente i
polpastrelli del demone che tremano contro il suo viso e si chiede
indistintamente come sia possibile per lui essere ancora lì
dov'è,
fermo e immobile sotto il tocco del demone.
Negli occhi scintillanti da serpente legge una muta
richiesta, una preghiera che dopo le precisazioni di Aziraphale è
totalmente superflua, ma forse è per questo che l'angelo sente il
proprio affetto imporporargli la base del collo con una sfumatura più
accesa.
Annuisce piano e Crowley ride direttamente sulle sue
labbra.
«Al mondo»
«Al mondo»
I calici del Ritz tintinnano la loro nota tremula e
tornano al loro posto una volta svuotati per metà.
Le dita di Crowley e quelle di Aziraphale si sfiorano
sul tavolo, ma nessuno dei due osa ritrarsi, nemmeno quando un
tremito li scuote nello stesso momento.
Si guardano negli occhi e si sorridono: ora sanno con
ineffabile certezza che ogni volta che brindano al mondo, in realtà
ammettono di amarsi3.
FINE
Note:
[1]: Ci viene detto nel libro che Aziraphale fa i conti
al computer e che la finanza si è presentata al negozio cinque volte
perché sospettosa riguardo ai conti troppo esatti.
[2]: Nello script book Crowley porta i cioccolatini ad
Aziraphale il giorno dell'inaugurazione della libreria. Ci hanno
derubati di questa scena nella serie, così la riscrivo IO
(l'originale non ha prezzo, sigh, sorry). La nota è per rendere
palese il richiamo.
[3]: Semi-cit. tratta da “La storia fantastica”.
L'originale è «Quel giorno si accorse con stupore che tutte le
volte che lui le diceva “Ai tuoi ordini”, in realtà voleva dirle
“Ti amo”».
Angolino di Menade Danzante:
Eccoci qua! Questa long è giunta al termine con questo
Lunedì introspettivo, fluffoso e spero nello spirito dei
personaggi.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito, letto, inserito la storia in
una lista e commentato capitolo dopo capitolo. Davvero, mi ha fatto
immensamente piacere e sono felicissima di tutte le parole che mi avete
lasciato. Spero che il finale vi abbia soddisfatto e che sia stato di
vostro gradimento!
Ringrazio, infine, anche chi vorrà leggerla in futuro!
Un bacione a tutti e alla prossima! <3
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