15 inevitabile follia
15
inevitabile follia
Ogni
volta che chiudo gli occhi, la vita, i ricordi, gioie e dolori,
riprendono anima, luce, ombre.
Si
muovono autonomamente, pongono domande, replicano risposte.
E dicono la verità.
Deauville,
Bassa Normandia, estate 1780
Uno
spicchio di luce, dal mezzo dei tendaggi non perfettamente serrati,
attira la mia attenzione. Da fuori giunge lo stridio dei gabbiani che
affamati si tuffano tra le onde; le onde del mare che si ingrossano
fino a non poterne più e quindi ricadono su sé
stesse, fragorosamente, in sincrono col mio respiro. Dentro questa
stanza, nell'ombra e nella frescura dell'alba, mi giro e rigiro nel
letto: è sempre così quando dormo in un giaciglio
estraneo, per quanto comodo ed invogliante esso sia.
-
Ahi…
Si
lamenta Alexandra di fianco a me quando per sbaglio la urto.
-
Scusa…
Allunga
una mano al mio capo scompigliandomi i capelli, gli occhi ancora
chiusi, troppo assonnata per arrendersi e tornare nel mondo con un
semplice sbattere di palpebre.
-
Mai che tu riesca a goderti una sana vacanza, vero? - mormora
sorridendo.
-
Sono un tipo di città, lo sai.
-
Il mio uomo di mondo… - ridacchia affettuosamente dei miei
limiti.
Sbadiglia,
sospira, si stiracchia a pugni serrati come una bimba, quindi
riposiziona con l'aiuto di entrambe le mani la gamba disobbediente,
pesante, legnosa.
Poso
la mano sulla sua coscia velata dalla leggera veste e la massaggio
piano.
-
Io ti avrei curata meglio. - mi rammarico, conscio che con i se non si
cambiano i fatti.
-
Tu mi stai già curando meglio. Ogni volta che mi sorridi,
che mi carezzi, un tuo sguardo, un pensiero. Ci sono cose che non
possono essere guarite, ma tutto può essere curato. E non
servono medicine né miracoli. Solo il cuore. A volte basta
ascoltare, a volte basta il silenzio opportuno. Tu mi stai
già curando, Francois, ed io curo te da quando sono entrata
nella tua vita. Sì, - ribadisce coprendo uno sbadiglio con
la mano, - mi curi ogni giorno, col tuo affetto, le tue
premure e … l'attenzione al mio riposo.
Sorrido
per la frecciatina.
-
Bene, comprendo quando la mia presenza non è gradita! -
esclamo fingendomi offeso - Credo che andrò a fare quattro
passi sulla spiaggia, così potrai continuare a dormire in
pace
Mi
volto a baciarla su una guancia.
-
Ti adoro… - scherza lei in un borbottio a malapena
comprensibile, sprofondando il volto nel cuscino.
Ti
adoro anch'io, penso, ma non lo dico perché il suo respiro
è tornato pesante, già rapita dai suoi sogni.
Come
ogni estate siamo ospiti di madame Marguerite nella villa che i
Jarjayes hanno sul mare, qui a Deauville.
Da inizio giugno fino a settembre questa magnifica magione prende vita.
I parenti, gli amici, si alternano e fanno compagnia a madame.
Ora c'è la figlia maggiore con il marito e,
inaspettatamente, anche la minore. Con lei anche la fanciulla che
accolse in casa anni fa, presa dalla strada.
Sono
trascorsi cinque anni da allora, cinque anni da quando quando conobbi
la mia Rose, da quando i Jarjayes si separarono di fatto, in modo
informale e discreto, pur restando una coppia in società.
Cinque
anni per me e Rosalie in questa famiglia, anni che hanno fatto di me un
uomo felicemente sposato quando quasi non ci contavo più e
che hanno resa lei raffinata ed all'altezza di quanto Oscar si aspetta.
Ormai
posso affermare che Rosalie è pienamente accolta in
famiglia, non semplicemente ospitata, poiché di certo Oscar
non tratta la sua protetta come una domestica e tutti si guardano bene
dal contraddire i voleri di madamigella, l'erede dei Jarjayes.
Voleri che, mormorano alcuni invidiosi, sono capricci; voleri che, per
i malpensanti, sono perversioni.
Di
certo, l'unico volere che realmente conti è quello del
generale ed ho l'impressione che per quell'uomo le maldicenze di
Versailles siano tutte niente altro che sciocchezze, indegne di
considerazione, come d'altronde è giusto che siano.
Madamigella
Oscar, André e Rosalie: strana simbiosi queste tre persone
aggregate dal caso.
Sembrano
quasi una famiglia, dove Rosalie a volte sembra figlia, o sorella, o
amica.
A
volte altro per entrambi.
Inevitabili
i pettegolezzi a Versailles.
Su Oscar; su Oscar ed il suo attendente; su Oscar e la sua protetta; su
l'attendente e la protetta; su Oscar, l'attendente e la protetta.
La fantasia non manca alla Reggia, sebbene la realtà spesso
la superi. Ma non in questo caso. E mi viene un poco malinconicamente
da pensare un assurdo "purtroppo". Perché queste tre persone
conducono una vita talmente in gabbia, totalmente aliena non solo a
scandali, vizi, semplici debolezze o qualunque azione che potrebbe
rendere veritieri i pettegolezzi, ma anche a ciò che rende
l'esistenza qualcosa di più di un giorno a seguito di un
altro giorno: affetto, ambizione, passioni, desideri in cerca di
libertà. Vivono insieme e divisi in una vita sospesa che
nonostante tutto scorre.
Sono
sorprendenti i cambiamenti che questa giovane donna, Rosalie,
ha fatto sotto la guida di madamigella, sempre supportata da
André.
È diventata più raffinata, elegante nell'aspetto
e nei modi, più sicura di sé e più
serena. Non il genere di serenità di una persona che non ha
mai avuto problemi nella vita, ma di chi ha incontrato i
propri demoni da vicino, li ha affrontati e pur non potendo
sconfiggerli, è andata oltre.
Dove
stia però andando, questo non si sa. Il ragionevole passo
successivo, sarebbe quello di accasarla con un buon matrimonio, ma non
sembra imminente.
Dopo
essermi lavato, sbarbato e vestito, aiutato dal mio domestico, mi
incammino fuori, saluto il maggiordomo e lo informo che farò
una passeggiata sul litorale.
C'è
un gradevole vento fresco sotto il sole altrettanto gradevole, ma che
promette già di diventare molto più caldo. La
sabbia fine è ancora compatta per l'umidità della
notte e gli stivali affondano appena.
Mi
trovo a seguire incuriosito altre impronte di piedi scalzi.
Noto
in lontananza gli scogli sui quali si infrangono le onde alte e spumose
dell'oceano, che levano nell'aria un profumo di salsedine e
portano leggerezza nel respiro. Scorgo una figura camminare accorta tra
le pietre immerse, i polpacci nudi, la camicia rimboccata, il gilet
aperto. Riconosco André in quella figura, chino a guardare
nell'acqua bassa il fondale e ogni tanto lo vedo tormentarlo con una
asticella che affonda nelle pozze quiete tra roccia e roccia.
Incuriosito ancora di più, mi avvio nella sua direzione.
-
Buongiorno André! - grido tenendomi abbastanza lontano da
evitare le onde.
-
Buongiorno a voi, dottore! - esclama alzando il capo nella mia
direzione, i lunghi capelli imprigionati dal fiocco blu paiono ansiosi
di libertà, così scossi dal vento e qualche
ciocca è già sfuggita al legaccio, agitandosi
ribelle ed indipendente - Ancora problemi di sonno?
-
La tranquillità mi uccide, - replico ridendo- ma il letto
è perfetto ed il materasso pure. Ho solo i soliti problemi
di ambientazione.
-
Qualunque cosa, non dovete fare altro che chiedere. Alla famiglia
Jarjayes preme il benessere dei propri ospiti.
-
Grazie, siete sempre molto gentile André.
-
È un piacere, signore. - replica con un sorriso genuino
prima di tornare a chinarsi sulle rocce.
-
Posso domandare che state facendo?
André
sorride nuovamente, senza alzare lo sguardo; probabilmente immaginava
gli avrei posto questa mia domanda.
-
Sto cacciando granchi. La costa della Normandia è famosa per
i crostacei.
In
effetti mi viene l'acquolina in bocca al solo pensiero delle
scorpacciate cui indulgo e, stando al parere di Alexandra, esagero ogni
volta che veniamo qui.
-
È difficile?
-
No, Signore, sono animaletti piuttosto curiosi: si fanno acchiappare
con semplici inganni.
E
così dicendo alza l'asticella e mi mostra una testa di pesce
rosicchiata con un piccolo granchio intento a far colazione. Fa cadere
il granchietto in una cesta posata sugli scogli, dove già
sta una buona compagnia di suoi simili e torna ad immergere l'asticella
fra i sassi.
-
Volete provare anche voi dottore? - domanda dopo qualche istante
durante i quali non gli ho levato occhi di dosso. - Occorre solo fare
attenzione a non farsi pizzicare. - spiega con un sorriso.
-
Perché no! - esclamo alzando le spalle - In fin
dei conti adoro i crostacei e così potrò vantarmi
di essere un uomo in grado di procurarsi la cena!
Ridiamo
entrambi e mi denudo piedi e polpacci, esibendomi in una poco atletica
azione da equilibrista.
Raggiungo
il giovane con andatura allegra, ma appena poso il piede nell'acqua
trattengo il respiro per la sorpresa.
-
Accidenti se è fredda!
-
Acqua fredda, crostacei saporiti. Almeno così ripete mia
nonna
-
E se madame Marron lo afferma, chi siamo noi per smentire?
André
approva con una eloquente espressione la mia conclusione.
-
Guardi, non ci vuole molto, - inizia a spiegare - smuova qui,
quando ne vede uno gli metta questa esca vicino, appena si arrampica
é fatta.
Obbedisco
e concentrato mi metto all'opera. Tra un piede mal messo, un'onda
più alta delle altre e qualche pizzicata alle dita dei
piedi, faccio pratica; l'esperienza cresce, la soddisfazione pure; la
mente si sgombra, tutta presa dalla caccia e quasi non mi rendo conto
di essere ormai più zuppo che asciutto, grazie anche al sole
che si è alzato e compensa col suo calore il freddo
dell'acqua.
Metto
male un piede, rischio di cadere in acqua, ridiamo entrambi.
Poi la risacca ci cattura, scava sotto i nostri piedi e noi, come
pessimi saltimbanchi, barcolliamo e saltelliamo tentando di
mantenere l'equilibrio. Invano.
Trascorrono
le ore, tra lunghi momenti di silenzio, esclamazioni di soddisfazione e
meraviglia per le prede e risate per la mia inesperienza; e
solo quando André mi chiama affermando che il bottino
può dirsi soddisfacente mi rendo conto di quanto
tempo sia passato.
-
Alla villa sarà già servita colazione - mi fa
notare André.
-
Allora è meglio che mi muova prima che mandino qualcuno a
cercarmi. Però, una bella cesta, vero?
-
Una caccia proficua, dottore.- conferma André ricacciando
sotto il coperchio di paglia alcuni vispi granchi che tentavano la
fuga. - Madame Picard preparerà una bella insalata per cena.
Madame
Picard, la giovane governante della villa, succeduta alla madre nella
gestione della proprietà.
-
Ho saputo che è recentemente diventata vedova.
-
Sì, purtroppo la nave sulla quale era imbarcato il marito
è incappata in una brutta tempesta. Non ci sono stati
superstiti.
-
Erano diretti in America?
-
Sì, come molti nostri soldati.
-
Dura la vita degli uomini in marina e per i soldati in generale,
specialmente in questi tempi.
-
E dura per le loro mogli.
-
Voi non desiderate prendere moglie? - domando sfacciatamente.
Sorride.
-
Non sarà che mia nonna vi ha chiesto di intercedere su
questo argomento? Ultimamente sembra un cruccio per lei.
-
In effetti è una lamentela che si è aggiunta alle
sue abituali, ma lo domando solo per mia curiosità. Avete
l'età giusta, siete in salute e non credo vi manchino
candidate.
Si
mormorava appunto di un certo interesse di madame Picard, aveva
spettegolato Alexandra proprio la sera prima, chiacchierando del
più e del meno nel nostro letto, in attesa che Morfeo
giungesse a separarci. Interesse alquanto prematuro visto che il
periodo di lutto non era neppure terminato.
-
Semplicemente non sono in grado di offrire ciò che ogni
moglie merita. Non voglio sposare qualcuna sapendo che sarà
solo un ripiego.
L'assoluta
franchezza mi disarma e non oso chiedere altro.
Quando
entro nel salone della colazione, tutti alzano immediatamente lo
sguardo su di me, tranne Alexandra perché mi trovo dal lato
che il suo occhio non vede
-
Buon dio, Francois ...- esclama Marie Anne, ma come vi siete ridotto?
-
Semplicemente un passo falso.
-
Ti sei fatto male?! - si volge Alexandra.
-
No, assolutamente. Magari un poco la mascella indolenzita per la grassa
risata causata dalla mia imperizia. - Rido rivivendo mentalmente la
scena mentre le loro espressioni restano perplesse - Stanno
già preparando il necessario affinchè possa
lavarmi e cambiarmi. - spiego- Mi allontano, non voglio
gocciolare acqua salata sui tappeti.
Ma
in quel mentre, arriva il maggiordomo annunciando una lettera del
generale e, ossequioso, la porge a madame.
Marguerite
la legge intristendosi già alle prime righe.
-
Problemi di guerra. - Riassume per soddisfare la palese
curiosità. - Scrive che è stato trattenuto, non
potrà raggiungerci.
-
Ma… per tutta l'estate? - domanda la primogenita.
-
A quanto pare, sì….
Scattano
una serie di sguardi, tra Marie Anne ed il marito, tra Alex e me.
Sguardi misti di dubbio, preoccupazione, dispiacere, nervosismo.
Marguerite,
a causa dei suoi problemi di salute, aveva dispensato il consorte da
alcuni doveri coniugali e finora il generale, che non dubito abbia
fruito di questa libertà, ha comunque sempre mostrato
rispetto ed affetto per la moglie.
Ma
il generale non è un santo, non è pietra. Ed
è un soldato, spesso lontano. Finché occhio non
vede, cuore non duole, ma si è cominciato a chiacchierare
insistentemente di una donna speciale, non di passaggio, e questo fa
male ad una moglie ancora innamorata e che si sente inadeguata, quasi
colpevole.
Quando
non si è più pienamente una coppia, quanto
può reggere un matrimonio che di facciata non era?
-
Questa dannata guerra… Sinceramente, non capisco
perché intervenire direttamente in favore delle colonie. -
Borbotta il marito di Marie Anne, credendo o forse fingendo di credere
alla motivazione del generale. - La faccenda poteva essere gestita in
maniera più cauta, diplomaticamente da un lato e con arguzia
dall'altro. Per non dire poi quanto costi alle casse dello stato!...
-
Passeggiata?! - esclama improvvisamente Marie Anne col chiaro intento
di smorzare la vena polemica del consorte, alzandosi e prendendo la
mano della madre.
E
mentre tutti tacciono imbarazzati e preoccupati per la mite Marguerite,
noto invece Oscar volgere lo sguardo verso il mare.
Triste, distratta, a malapena ha alzato lo sguardo su di me al mio
ingresso e non ha mostrato sorpresa per il contenuto della lettera.
È seduta in disparte, su una comoda poltrona del salottino.
Ha un libro aperto in grembo, sulle lunghe gambe elegantemente
accavallate, ma non legge.
Siede sulla poltrona davanti alla grande finestra spalancata verso il
mare ed il suo sguardo si perde all'orizzonte, lontano.
Silenziosa, non partecipa alle discussioni, neppure finge un minimo
interesse. Solo a cena, ieri sera, quando il cognato nominò
casualmente alcuni aristocratici partiti per la guerra in America, l'ho
vista interessata, coinvolta, quasi preoccupata.
Nei
pochi giorni dal nostro arrivo, ho potuto notare una costante tra i
miei ospiti, ovvero l'assoluta tristezza di madamigella Oscar
contrapposta all'entusiasmo vacanziero di tutti gli altri. Se ne sta da
sola ed anche quando ci raggiunge, mantiene un mutismo al limite della
scortesia.
André
cerca di scuoterla, spronarla, coinvolgerla; Rosalie la copre di
attenzioni.
Ma nonostante ciò, ella pare non avvedersi dei loro sforzi,
non una minima parte della cura verso di lei viene ricambiata.
Pare vivere nel suo mondo e nulla può cambiare.
Con gli anni ho visto Oscar in molte situazioni: mi sono abituato a
conoscere la giovane spavalda ed incosciente, l'ufficiale severa,
determinata; l'ho vista superba, arrogante, a volte corrucciata, ma mai
così apatica.
Diversi
indizi collegano questo malessere alla guerra in America.
Forse madamigella Oscar, come ogni ufficiale in carriera, pensa le sia
stata sottratta un'opportunità non potendo parteciparvi.
Se anche presentasse domanda, Sua Maestà gliela negherebbe.
Ora che ci penso, ho scorto un umore simile proprio nella regina,
sebbene dubito per uguali motivi.
Marguerite
ed i suoi ospiti lasciano la stanza per la prima passeggiata della
giornata.
-
Io andrò in terrazza. - Dichiara Alexandra che trova
abbastanza difficoltoso camminare sulla sabbia. - Mi raggiungi?
-
Certamente, appena cambiato.
La
osservo uscire ed il mio sguardo torna su Oscar, tuttora persa a
scrutare l'orizzonte.
-
Ho saputo del recente lutto della vostra governante…
Mi
guarda come se neppure sapesse che mi trovavo lì.
-
Sì, il capitano Picard è dato come disperso
insieme alla sua nave al largo delle Antille. Non ci sono
possibilità che possa essersi salvato. È stato lo
scorso gennaio, ma la notizia è giunta solo ad aprile.
-
Nello stesso periodo sono partiti altri convogli, vero?…
-
Sì. - Esita - Da Brest. - Ed è come se la voce le
muoia in gola.
-
Molti volontari, se non erro.
-
Sì.
-
Oscar, il vostro compito non è di minore
importanza…
Esordisco
immaginando di aver colto ciò che l'angustia.
Alza
gli occhi su di me sorpresa, un poco infastidita.
-
Ne sono consapevole, dottore. - Replica inarcando minacciosamente un
sopracciglio.
-
Perdonate, non intendevo… E’ che… vi
sentite bene? Avete un atteggiamento alquanto insolito e…
Si
alza di scatto, nervosa.
-
Nulla di cui curarsi, dottore. Dovreste andare a cambiarvi, vostra
moglie vi attende.
Incasso
la sfuriata composta e la guardo uscire scansando André
appena giunto, già resosi presentabile, solo qualche qualche
ciocca dei lunghi capelli umida a testimoniare la nostra piccola
avventura.
Ci
scambiamo uno sguardo stanco, incapaci di confortare chi non vuol
essere confortato.
Quindi
ci allontaniamo in direzioni opposte.
Uomini.
Uomini che abbandonano e fingi non ti interessi.
Qualcuno
è assente, oggi più di ieri; qualcuno che
rispetti, che ami.
E
qualcun altro, chi non so, ma pare ti importi molto di costui,
è oltremare e potrebbe non tornare, mai più.
E
chi è presente, invece, pare non interessarti.
Nulla
di cui curarsi vicino a te.
Affetti
che giudichi non importanti.
Insoddisfazione
del cuore in una vita cui non dovrebbe mancare nulla.
Nulla
importa.
Perché
una cosa manca.
Autunno
1788, caserma guardia francese, Parigi
Nulla
importa.
Sono
soltanto uomini.
Uomini
che non tornano a casa. Molti non hanno nemmeno una casa, né
una vita.
Non
possono permettersi né una, né l'altra.
Sono
soldati, ma non per scelta.
Si
sono arruolati per non morire di fame.
Pure
lui. Perché sei ciò che lo sostenta.
La
linfa che lo nutre.
Sei
aria che respira.
***
Grazie a chi riesce ancora a seguire questa mia "lenta e triste
agonia". Più lenta di quanto vorrei. :D
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