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Autore: crissi    07/09/2019    8 recensioni
Il mio lavoro mi costringe a volte a diventare invisibile nelle famiglie; obbligato a rimanere, indesiderato testimone, anche in momenti che intimi e segreti dovrebbero restare. E a restare imperturbabile, saldo, professionale, anche quando il loro dolore diventa mio.
Missing moments molto liberi visti da una personaggio marginale, una figura professionale ricorrente nell’anime, che ho voluto immaginare sempre come lo stesso individuo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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15 inevitabile follia 15 inevitabile follia


Ogni volta che chiudo gli occhi, la vita, i ricordi, gioie e dolori, riprendono anima, luce, ombre.
Si muovono autonomamente, pongono domande, replicano risposte.
E dicono la verità.



Deauville, Bassa Normandia, estate 1780

Uno spicchio di luce, dal mezzo dei tendaggi non perfettamente serrati, attira la mia attenzione. Da fuori giunge lo stridio dei gabbiani che affamati si tuffano tra le onde; le onde del mare che si ingrossano fino a non poterne più e quindi ricadono su sé stesse, fragorosamente, in sincrono col mio respiro. Dentro questa stanza, nell'ombra e nella frescura dell'alba, mi giro e rigiro nel letto: è sempre così quando dormo in un giaciglio estraneo, per quanto comodo ed invogliante esso sia.
- Ahi…
Si lamenta Alexandra di fianco a me quando per sbaglio la urto.
- Scusa…
Allunga una mano al mio capo scompigliandomi i capelli, gli occhi ancora chiusi, troppo assonnata per arrendersi e tornare nel mondo con un semplice sbattere di palpebre.
- Mai che tu riesca a goderti una sana vacanza, vero? - mormora sorridendo.
- Sono un tipo di città, lo sai.
- Il mio uomo di mondo… - ridacchia affettuosamente dei miei limiti.
Sbadiglia, sospira, si stiracchia a pugni serrati come una bimba, quindi riposiziona con l'aiuto di entrambe le mani la gamba disobbediente, pesante, legnosa.
Poso la mano sulla sua coscia velata dalla leggera veste e la massaggio piano.
- Io ti avrei curata meglio. - mi rammarico, conscio che con i se non si cambiano i fatti.
- Tu mi stai già curando meglio. Ogni volta che mi sorridi, che mi carezzi, un tuo sguardo, un pensiero. Ci sono cose che non possono essere guarite, ma tutto può essere curato. E non servono medicine né miracoli. Solo il cuore. A volte basta ascoltare, a volte basta il silenzio opportuno. Tu mi stai già curando, Francois, ed io curo te da quando sono entrata nella tua vita. Sì, - ribadisce coprendo uno sbadiglio con la mano, -  mi curi ogni giorno, col tuo affetto, le tue premure e … l'attenzione al mio riposo.
Sorrido per la frecciatina.
- Bene, comprendo quando la mia presenza non è gradita! - esclamo fingendomi offeso - Credo che andrò a fare quattro passi sulla spiaggia, così potrai continuare a dormire in pace
Mi volto a baciarla su una guancia.
- Ti adoro… - scherza lei in un borbottio a malapena comprensibile, sprofondando il volto nel cuscino.
Ti adoro anch'io, penso, ma non lo dico perché il suo respiro è tornato pesante, già rapita dai suoi sogni.

Come ogni estate siamo ospiti di madame Marguerite nella villa che i Jarjayes hanno sul mare, qui a Deauville.
Da inizio giugno fino a settembre questa magnifica magione prende vita. I parenti, gli amici, si alternano e fanno compagnia a madame.
Ora c'è la figlia maggiore con il marito e, inaspettatamente, anche la minore. Con lei anche la fanciulla che accolse in casa anni fa, presa dalla strada.  

Sono trascorsi cinque anni da allora, cinque anni da quando quando conobbi la mia Rose, da quando i Jarjayes si separarono di fatto, in modo informale e discreto, pur restando una coppia in società.
Cinque anni per me e Rosalie in questa famiglia, anni che hanno fatto di me un uomo felicemente sposato quando quasi non ci contavo più e che hanno resa lei raffinata ed all'altezza di quanto Oscar si aspetta.
Ormai posso affermare che Rosalie è pienamente accolta in famiglia, non semplicemente ospitata, poiché di certo Oscar non tratta la sua protetta come una domestica e tutti si guardano bene dal contraddire i voleri di madamigella, l'erede dei Jarjayes.
Voleri che, mormorano alcuni invidiosi, sono capricci; voleri che, per i malpensanti, sono perversioni.

Di certo, l'unico volere che realmente conti è quello del generale ed ho l'impressione che per quell'uomo le maldicenze di Versailles siano tutte niente altro che sciocchezze, indegne di considerazione, come d'altronde è giusto che siano.


Madamigella Oscar, André e Rosalie: strana simbiosi queste tre persone aggregate dal caso.
Sembrano quasi una famiglia, dove Rosalie a volte sembra figlia, o sorella, o amica.
A volte altro per entrambi.
Inevitabili i pettegolezzi a Versailles.
Su Oscar; su Oscar ed il suo attendente; su Oscar e la sua protetta; su l'attendente e la protetta; su Oscar, l'attendente e la protetta.
La fantasia non manca alla Reggia, sebbene la realtà spesso la superi. Ma non in questo caso. E mi viene un poco malinconicamente da pensare un assurdo "purtroppo". Perché queste tre persone conducono una vita talmente in gabbia, totalmente aliena non solo a scandali, vizi, semplici debolezze o qualunque azione che potrebbe rendere veritieri i pettegolezzi, ma anche a ciò che rende l'esistenza qualcosa di più di un giorno a seguito di un altro giorno: affetto, ambizione, passioni, desideri in cerca di libertà. Vivono insieme e divisi in una vita sospesa che nonostante tutto scorre.


Sono sorprendenti i cambiamenti che questa giovane donna, Rosalie,  ha fatto sotto la guida di madamigella, sempre supportata da André.
È diventata più raffinata, elegante nell'aspetto e nei modi, più sicura di sé e più serena. Non il genere di serenità di una persona che non ha mai avuto problemi nella vita,  ma di chi ha incontrato i propri demoni da vicino, li ha affrontati e pur non potendo sconfiggerli, è andata oltre.

Dove stia però andando, questo non si sa. Il ragionevole passo successivo, sarebbe quello di accasarla con un buon matrimonio, ma non sembra imminente.

Dopo essermi lavato, sbarbato e vestito, aiutato dal mio domestico, mi incammino fuori, saluto il maggiordomo e lo informo che farò una passeggiata sul litorale.
C'è un gradevole vento fresco sotto il sole altrettanto gradevole, ma che promette già di diventare molto più caldo. La sabbia fine è ancora compatta per l'umidità della notte e gli stivali affondano appena.
Mi trovo a seguire incuriosito altre impronte di piedi scalzi.
Noto in lontananza gli scogli sui quali si infrangono le onde alte e spumose dell'oceano, che  levano nell'aria un profumo di salsedine e portano leggerezza nel respiro. Scorgo una figura camminare accorta tra le pietre immerse, i polpacci nudi, la camicia rimboccata, il gilet aperto. Riconosco André in quella figura, chino a guardare nell'acqua bassa il fondale e ogni tanto lo vedo tormentarlo con una asticella che affonda nelle pozze quiete tra roccia e roccia. Incuriosito ancora di più, mi avvio nella sua direzione.
- Buongiorno André! - grido tenendomi abbastanza lontano da evitare le onde.
- Buongiorno a voi, dottore! - esclama alzando il capo nella mia direzione, i lunghi capelli imprigionati dal fiocco blu paiono ansiosi di libertà, così scossi dal vento e qualche ciocca è già sfuggita al legaccio, agitandosi ribelle ed indipendente - Ancora problemi di sonno?
- La tranquillità mi uccide, - replico ridendo- ma il letto è perfetto ed il materasso pure. Ho solo i soliti problemi di ambientazione.
- Qualunque cosa, non dovete fare altro che chiedere. Alla famiglia Jarjayes preme il benessere dei propri ospiti.
- Grazie, siete sempre molto gentile André.
- È un piacere, signore. - replica con un sorriso genuino prima di tornare a chinarsi sulle rocce.
- Posso domandare che state facendo?
André sorride nuovamente, senza alzare lo sguardo; probabilmente immaginava gli avrei posto questa mia domanda.
- Sto cacciando granchi. La costa della Normandia è famosa per i crostacei.
In effetti mi viene l'acquolina in bocca al solo pensiero delle scorpacciate cui indulgo e, stando al parere di Alexandra, esagero ogni volta che veniamo qui.
- È difficile?
- No, Signore, sono animaletti piuttosto curiosi: si fanno acchiappare con semplici inganni.
E così dicendo alza l'asticella e mi mostra una testa di pesce rosicchiata con un piccolo granchio intento a far colazione. Fa cadere il granchietto in una cesta posata sugli scogli, dove già sta una buona compagnia di suoi simili e torna ad immergere l'asticella fra i sassi.
- Volete provare anche voi dottore? - domanda dopo qualche istante durante i quali non gli ho levato occhi di dosso. - Occorre solo fare attenzione a non farsi pizzicare. - spiega con un sorriso.
- Perché no! - esclamo alzando le spalle -  In fin dei conti adoro i crostacei e così potrò vantarmi di essere un uomo in grado di procurarsi la cena!
Ridiamo  entrambi e mi denudo piedi e polpacci, esibendomi in una poco atletica azione da equilibrista.
Raggiungo il giovane con andatura allegra, ma appena poso il piede nell'acqua trattengo il respiro per la sorpresa.
- Accidenti se è fredda!
- Acqua fredda, crostacei saporiti. Almeno così ripete mia nonna
- E se madame Marron lo afferma, chi siamo noi per smentire?
André approva con una eloquente espressione la mia conclusione.
- Guardi, non ci vuole molto, - inizia a spiegare - smuova qui,  quando ne vede uno gli metta questa esca vicino, appena si arrampica é fatta.
Obbedisco e concentrato mi metto all'opera. Tra un piede mal messo, un'onda più alta delle altre e qualche pizzicata alle dita dei piedi, faccio pratica; l'esperienza cresce, la soddisfazione pure; la mente si sgombra, tutta presa dalla caccia e quasi non mi rendo conto di essere ormai più zuppo che asciutto, grazie anche al sole che si è alzato e compensa col suo calore il freddo dell'acqua.
Metto male un piede, rischio di cadere in acqua, ridiamo entrambi.
Poi la risacca ci cattura, scava sotto i nostri piedi e noi, come pessimi saltimbanchi, barcolliamo e  saltelliamo tentando di mantenere l'equilibrio. Invano.


Trascorrono le ore, tra lunghi momenti di silenzio, esclamazioni di soddisfazione e meraviglia per le prede e risate  per la mia inesperienza; e solo quando André mi chiama affermando che il bottino può dirsi soddisfacente mi rendo conto di quanto tempo  sia passato.
- Alla villa sarà già servita colazione - mi fa notare André.
- Allora è meglio che mi muova prima che mandino qualcuno a cercarmi. Però, una bella cesta, vero?
- Una caccia proficua, dottore.- conferma André ricacciando sotto il coperchio di paglia alcuni vispi granchi che tentavano la fuga. - Madame Picard preparerà una bella insalata per cena.

Madame Picard, la giovane governante della villa, succeduta alla madre nella gestione della proprietà.
- Ho saputo che è recentemente diventata vedova.
- Sì, purtroppo la nave sulla quale era imbarcato il marito è incappata in una brutta tempesta. Non ci sono stati superstiti.
- Erano diretti in America?
- Sì, come molti nostri soldati.
- Dura la vita degli uomini in marina e per i soldati in generale, specialmente in questi tempi.
- E dura per le loro mogli.
- Voi non desiderate prendere moglie? - domando sfacciatamente.
Sorride.
- Non sarà che mia nonna vi ha chiesto di intercedere su questo argomento? Ultimamente sembra un cruccio per lei.
- In effetti è una lamentela che si è aggiunta alle sue abituali, ma lo domando solo per mia curiosità. Avete l'età giusta, siete in salute e non credo vi manchino candidate.
Si mormorava appunto di un certo interesse di madame Picard, aveva spettegolato Alexandra proprio la sera prima, chiacchierando del più e del meno nel nostro letto, in attesa che Morfeo giungesse a separarci. Interesse alquanto prematuro visto che il periodo di lutto non era neppure terminato.
- Semplicemente non sono in grado di offrire ciò che ogni moglie merita. Non voglio sposare qualcuna sapendo che sarà solo un ripiego.
L'assoluta franchezza mi disarma e non oso chiedere altro.

Quando entro nel salone della colazione, tutti alzano immediatamente lo sguardo su di me, tranne Alexandra perché mi trovo dal lato che il suo occhio non vede
- Buon dio, Francois ...- esclama Marie Anne, ma come vi siete ridotto?
- Semplicemente un passo falso.
- Ti sei fatto male?! - si volge Alexandra.
- No, assolutamente. Magari un poco la mascella indolenzita per la grassa risata causata dalla mia imperizia. - Rido rivivendo mentalmente la scena mentre le loro espressioni restano perplesse - Stanno già preparando il necessario affinchè possa lavarmi e cambiarmi.  - spiego- Mi allontano, non voglio gocciolare acqua salata sui tappeti.
Ma in quel mentre, arriva il maggiordomo annunciando una lettera del generale e, ossequioso, la porge a madame.
Marguerite la legge intristendosi già alle prime righe.
- Problemi di guerra. - Riassume per soddisfare la palese curiosità. - Scrive che è stato trattenuto, non potrà raggiungerci.
- Ma… per tutta l'estate? - domanda la primogenita.
- A quanto pare, sì….
Scattano una serie di sguardi, tra Marie Anne ed il marito, tra Alex e me. Sguardi misti di dubbio, preoccupazione, dispiacere, nervosismo.

Marguerite, a causa dei suoi problemi di salute, aveva dispensato il consorte da alcuni doveri coniugali e finora il generale, che non dubito abbia fruito di questa libertà, ha comunque sempre mostrato rispetto ed affetto per la moglie.
Ma il generale non è un santo, non è pietra. Ed è un soldato, spesso lontano. Finché occhio non vede, cuore non duole, ma si è cominciato a chiacchierare insistentemente di una donna speciale, non di passaggio, e questo fa male ad una moglie ancora innamorata e che si sente inadeguata, quasi colpevole.
Quando non si è più pienamente una coppia, quanto può reggere un matrimonio che di facciata non era?

- Questa dannata guerra… Sinceramente, non capisco perché intervenire direttamente in favore delle colonie. - Borbotta il marito di Marie Anne, credendo o forse fingendo di credere alla motivazione del generale. - La faccenda poteva essere gestita in maniera più cauta, diplomaticamente da un lato e con arguzia dall'altro. Per non dire poi quanto costi alle casse dello stato!...
- Passeggiata?! - esclama improvvisamente Marie Anne col chiaro intento di smorzare la vena polemica del consorte, alzandosi e prendendo la mano della madre.
E mentre tutti tacciono imbarazzati e preoccupati per la mite Marguerite, noto invece Oscar volgere lo sguardo verso il mare.
Triste, distratta, a malapena ha alzato lo sguardo su di me al mio ingresso e non ha mostrato sorpresa per il contenuto della lettera.
È seduta in disparte, su una comoda poltrona del salottino. Ha un libro aperto in grembo, sulle lunghe gambe elegantemente accavallate, ma non legge.
Siede sulla poltrona davanti alla grande finestra spalancata verso il mare ed il suo sguardo si perde all'orizzonte, lontano.
Silenziosa, non partecipa alle discussioni, neppure finge un minimo interesse. Solo a cena, ieri sera, quando il cognato nominò casualmente alcuni aristocratici partiti per la guerra in America, l'ho vista interessata, coinvolta, quasi preoccupata.

Nei pochi giorni dal nostro arrivo, ho potuto notare una costante tra i miei ospiti, ovvero l'assoluta tristezza di madamigella Oscar contrapposta all'entusiasmo vacanziero di tutti gli altri. Se ne sta da sola ed anche quando ci raggiunge, mantiene un mutismo al limite della scortesia.

André cerca di scuoterla, spronarla, coinvolgerla; Rosalie la copre di attenzioni.
Ma nonostante ciò, ella pare non avvedersi dei loro sforzi, non una minima parte della cura verso di lei viene ricambiata.
Pare vivere nel suo mondo e nulla può cambiare.
Con gli anni ho visto Oscar in molte situazioni: mi sono abituato a conoscere la giovane spavalda ed incosciente, l'ufficiale severa, determinata; l'ho vista superba, arrogante, a volte corrucciata, ma mai così apatica.

Diversi indizi collegano questo malessere alla guerra in America.
Forse madamigella Oscar, come ogni ufficiale in carriera, pensa le sia stata sottratta un'opportunità non potendo parteciparvi.
Se anche presentasse domanda, Sua Maestà gliela negherebbe.
Ora che ci penso, ho scorto un umore simile proprio nella regina, sebbene dubito per uguali motivi.

Marguerite ed i suoi ospiti lasciano la stanza per la prima passeggiata della giornata.
- Io andrò in terrazza. - Dichiara Alexandra che trova abbastanza difficoltoso camminare sulla sabbia. - Mi raggiungi?
- Certamente, appena cambiato.
La osservo uscire ed il mio sguardo torna su Oscar, tuttora persa a scrutare l'orizzonte.
- Ho saputo del recente lutto della vostra governante…
Mi guarda come se neppure sapesse che mi trovavo lì.
- Sì, il capitano Picard è dato come disperso insieme alla sua nave al largo delle Antille. Non ci sono possibilità che possa essersi salvato. È stato lo scorso gennaio, ma la notizia è giunta solo ad aprile.
 - Nello stesso periodo sono partiti altri convogli, vero?…
- Sì. - Esita - Da Brest. - Ed è come se la voce le muoia in gola.
- Molti volontari, se non erro.
- Sì.
- Oscar, il vostro compito non è di minore importanza…
Esordisco immaginando di aver colto ciò che l'angustia.
Alza gli occhi su di me sorpresa, un poco infastidita.
- Ne sono consapevole, dottore. - Replica inarcando minacciosamente un sopracciglio.
- Perdonate, non intendevo… E’ che… vi sentite bene? Avete un atteggiamento alquanto insolito e…
Si alza di scatto, nervosa.
- Nulla di cui curarsi, dottore. Dovreste andare a cambiarvi, vostra moglie vi attende.
Incasso la sfuriata composta e la guardo uscire scansando André appena giunto, già resosi presentabile, solo qualche qualche ciocca dei lunghi capelli umida a testimoniare la nostra piccola avventura.
Ci scambiamo uno sguardo stanco, incapaci di confortare chi non vuol essere confortato.
Quindi ci allontaniamo in direzioni opposte.

Uomini. Uomini che abbandonano e fingi non ti interessi.
Qualcuno è assente, oggi più di ieri; qualcuno che rispetti, che ami.
E qualcun altro, chi non so, ma pare ti importi molto di costui, è oltremare e potrebbe non tornare, mai più.
E chi è presente, invece,  pare non interessarti.
Nulla di cui curarsi vicino a te.
Affetti che giudichi non importanti.
Insoddisfazione del cuore in una vita cui non dovrebbe mancare nulla.
Nulla importa.
Perché una cosa manca.

Autunno 1788, caserma guardia francese, Parigi

Nulla importa.
Sono soltanto uomini.
Uomini che non tornano a casa. Molti non hanno nemmeno una casa, né una vita.
Non possono permettersi né una, né l'altra.
Sono soldati, ma non per scelta.
Si sono arruolati per non morire di fame.
Pure lui. Perché sei ciò che lo sostenta.
La linfa che lo nutre.
Sei aria che respira.

***

Grazie a chi riesce ancora a seguire questa mia "lenta e triste agonia". Più lenta di quanto vorrei. :D





   
 
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