Se io parlo con Te
entro la taverna
val meglio che il
non pregare senza di te nel mihrab
O Tu, principio e
fine di tutte le creature,
tormentami se ti
piace, carezzami se ti piace
Il dolore dilania le
membra di Rashid e il veleno, inesorabile, fluisce in ogni sua
cellula.
Geme. A stento
frena urla di dolore.
La vista, ormai
annebbiata, non riesce più a fissarsi su nulla e il respiro,
affannoso, solleva il suo petto sofferente.
– A cosa è
servito tutto questo? – si domanda, amareggiato. Ha ucciso
Fang, il secondo in comando di Bison.
Lo sa, il corpo di
quel crudele scherzo della natura giace a poca distanza da lui.
Ha vendicato la
morte di Maya.
Ma tale risultato ha
preteso la sua vita.
Non può più
esplorare nuovi paesi, conoscere nuove persone e aumentare la sua
conoscenza.
Tutto gli è
precluso, in quegli ultimi istanti.
– Azam... Mi
dispiace... – sussurra. Quel vecchio guerriero è per lui
un nonno adottivo ed è ben consapevole del dolore che gli
lascerà la sua scomparsa.
Il peso di questa
sua fine dilanierà il suo cuore, Rashid ne è cosciente.
Azam gli ha sempre
chiesto di provvedere alla sua sepoltura e lui ha acconsentito.
Il destino ha
decretato una sorte differente e innaturale per entrambi.
Stringe con forza le
mani tremanti in un gesto di preghiera. Non gli interessa la sua
sorte, sia essa terrena o ultraterrena.
– Allah...
Nulla chiedo per me... Solo... Aiuta Azam a sopportare questo
momento... Dagli la forza di non impazzire... – sussurra, gli
occhi lucidi di lacrime. Non c'è più tempo per una
confessione di fede.
Il tempo, ormai,
fluisce rapido, inesorabile, crudele.
Una figura umana, ad
un tratto, si china su di lui.
– No! –
grida.
Rashid accenna ad un
sorriso. La sua vista è ormai scomparsa, ma il suo udito
riesce a distinguere quella voce decisa, dall'accento texano.
E' Guile.
Forse, la sua
preghiera è stata esaudita.
Il marine, incurante
delle pietre che gli rovinano addosso, si china e solleva Rashid tra
le braccia.
Il giovane, sentendo
quelle mani sul suo corpo, si irrigidisce e, a stento, frena urla di
dolore. Per quanto possibile, Guile cerca di essere gentile, ma il
veleno ormai lo sta dilaniando.
Qualsiasi tocco è
una pioggia di spilli avvelenati sulla pelle.
– Basta... –
mormora.
– Cosa stai
dicendo? – domanda Guile, irritato. Ha conosciuto in quel
giovane arabo l'anima tenace, bramosa di esperienze e vita.
Perché, in
quel momento, sente in lui l'amarezza?
– Io... Io...
non sopravviverò... Il veleno di Fang mi sta paralizzando
quasi tutto il corpo... Vorrei... Vorrei solo che qualcuno dicesse ad
Azam che mi dispiace... Vorrei che trovasse la forza di sopportare il
dolore... – sussurra.
Una mano, gentile,
si posa sul viso di Rashid e gli accarezza la guancia destra.
– Parlagli tu.
Digli tu queste cose, se per te sono importanti... E, se non riesci a
sopravvivere, dai almeno ad Azam la possibilità di una tomba
su cui piangerti. – mormora un'altra voce maschile, pacata,
dallo spiccato accento nipponico.
Ryu? C'è
anche lui?, pensa, sorpreso. Di
nuovo, le loro strade si riuniscono, anche in una occasione estrema.
Forse,
Allah ha deciso di ascoltare la sua ardente preghiera.
Sorride.
In quel momento, gli ritorna alla mente una parte di una quartina di
un poeta persiano, morto nel 1125...
La
vera preghiera sgorga nella sincerità dell'anima, anche se è
lontana dai luoghi di culto e Allah sente il grido di dolore dei suoi
fedeli.
– Va
bene... Portatemi fuori, se non vi disturbo... – mormora e
l'oscurità, inesorabile, si impadronisce dei suoi sensi.
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