È
una bella mattina, il piccolo Ten apre gli occhi per il
profumo di ciambelle che proviene dalla sala da pranzo, si veste
velocemente e corre verso quel delizioso aroma. Il vecchio maestro sta
sorseggiando del latte e sgranocchiando dei teneri biscotti al miele,
alza la testa e rimprovera bonariamente il bambino. «Ecco il
dormiglione! Sono già le otto.»
«Le otto? Ma sono in vacanza!»
«Vacanza? Sei qui per lavorare mio caro poltrone.»
Ten raggiunge il tavolo, si siede sbuffando, ma quelle ciambelle gli
cambiano l’umore. Addentandone una osserva: «Sono
morbidissime!»
«Mangia quanto vuoi, le spese per mantenerti saranno il
pagamento per il tuo lavoro» dice il vecchio maestro
ridacchiando.
Ten non è per nulla infastidito, anzi risponde con la bocca
piena: «Se mi date così tante ciambelle ogni
mattina, l’affare è fatto.»
Finita la colazione, maestro e allievo iniziano i primi lavori nella
villa e le cose da spostate e sistemare sono tantissime. Tra le mani di
Ten passano oggetti di uso comune, ma soprattutto molti oggetti di cui
non conosceva neppure l’esistenza e la sua natura curiosa lo
spinge a fare una serie interminabile di domande. Il vecchio maestro
spiega, in alcuni casi racconta aneddoti, ma per una teca risponde con
poche parole: «È un ricordo.»
In quella teca c’è una catena di ferro che ha
sulle estremità dei bracciali, è molto
arrugginita e la prima idea del ragazzino è di buttarla via
però è anche attratto da quell’oggetto
che lui conosce solo per averlo visto disegnato su un libro. Ten nota
che la chiusura di uno dei bracciali è mancante, tocca la
vetrinetta per guardare la parte inferiore e da quel contatto inizia a
sentire calore sulle sue mani, come se avesse toccato una fiamma
accesa. Impossibile per il ragazzino non fare una domanda con risposta
annessa. «Maestro, il vostro elemento magico è il
fuoco, vero?»
L’anziano, salito su una scaletta per sistemare uno scudo,
risponde senza voltarsi: «Sai che non posso svelarlo
però posso rispondere “no” alla
domanda.»
«Che strano,» dice Ten, «ho toccato la
teca è sento provenire un forte calore dal suo
interno.»
A quelle parole il vecchio maestro si gira di scatto rischiando di
cadere, Ten si accorge di quel movimento goffo e innaturale e chiede:
«Di cosa si tratta?»
Il maestro non può mentire, però nel corso del
tempo ha trovato una soluzione per questo problema e risponde:
«È un segreto.»
Ten è perspicace, capisce quando qualcuno evita un discorso
e ridacchiando dice: «Maestro, voi avete troppi segreti, non
me la raccontate giusta!»
«Ti prometto che ti racconterò la storia di quelle
catene perché sono sicuro che hai capito che erano le mie in
schiavitù.»
«E come dicevano a Tan, una promessa è
sacra!» afferma con decisione il ragazzino.
«Giovanotto, cambiando discorso. Vai in cucina, preparati la
merenda e puoi correre in biblioteca.»
Il vecchio maestro ha appena pronunciato la parola
“biblioteca” e Ten è già
sparito.
4° capitolo –
Scacco matto
Rumori di passi, tacchi che picchiettano sul pavimento, voci
bisbiglianti e qualche urlo; era impossibile per Aarde continuare a
dormire. Indossata una veste, era scesa al piano inferiore del Castello
Reale di Tera e davanti ai suoi occhi c’era un grande
assembramento di militari, alcuni pronti a muoversi, altri
sull’attendi mentre il comandante in capo Hebber ascoltava la
Regina Wasa. «Com’è stato possibile che
non ne sapessimo niente?»
«I nostri informatori sono quasi tutti impegnati per
l’altro problema e nessuno poteva immaginare questo movimento
di truppe di altri regni.»
«Ora qual è la situazione?»
«Questa notte ci hanno informato che un grosso reggimento
dell’esercito di Apen si stava spostando verso il nostro
confine. Ho iniziato immediatamente la mobilitazione delle nostre
truppe per arginare qualsiasi tipo d’invasione mentre
l’ammiraglio Raal sta pattugliando il Mare del Sud per dare
supporto all’esercito in caso di attacco navale.»
La principessa, raggiunta la madre, chiese: «Vogliono di
nuovo la guerra?»
«Se il mio rifiuto a quel principino sta scatenando
quest’offensiva, Re Wit sta peggio di quello che
pensavo!» rispose Wasa molto adirata.
Correndo a perdifiato Haag aveva raggiunto il suo comandante.
«Signore, non è ancora chiaro cosa stia accadendo
però ci hanno informati che l’esercito di Apen si
è diviso in tre gruppi, uno è rimasto nella
capitale, gli altri due stanno raggiungendo i confini: a sud con noi e
l’altro a ovest con Tan. È arrivata anche un'altra
notizia mentre attendevo comunicazioni dall’ammiraglio Raal.
Un nostro informatore ha segnalato la partenza di navi da guerra di
Metel, salpate questa notte da Port Pearl e dirette nel Mare
dell’Ovest e che probabilmente ora saranno già
arrivate.»
Le nuove notizie confondevano maggiormente le idee di Hebber che
cercava di trovare una spiegazione plausibile. «Non
c’è nessun senso in quello che stanno facendo. Se
fossero venuti solo da noi, la prospettiva peggiore era
un’invasione, ma da come si stanno disponendo, sembra quasi
vogliano difendere i propri confini da qualcuno, che ovviamente non
siamo noi. Adesso c’è in ballo anche la flotta di
Metel che si dirige proprio dove vanno le navi di Apen.»
«Forse re Titan ha deciso di attaccare Apen e loro proteggono
i confini ipotizzando che ci siamo anche noi di mezzo» disse
Haag.
«Potrebbe essere così, ma perché
spostare un terzo dell’esercito al confine con Tan? Torcon
non attaccherebbe mai Apen e dopo il matrimonio dei principi dubito che
Titan tenti un’invasione con il rischio di far muovere anche
Dwr» rispose Hebber sempre più attorcigliato in
mille pensieri diversi.
Le notizie dei movimenti delle truppe di Apen e delle navi partite da
Metel erano giunte anche nel Regno di Tan durante la notte. Il
comandante Turo si era subito attivato mettendo in atto le prime
contromisure per una possibile invasione e nella sala di comando stava
ascoltando il rapporto di un soldato.
«Signore, il generale Serpe comunica di avere raggiunto il
Confine Ovest e dalle prime osservazioni sembra che
dall’altra parte siano tutti fermi, il generale Standarto
è al Confine Nord, segnala il passaggio delle navi di Metel,
ma aggiunge che non sono appoggiate da un esercito di terra.»
«Grazie Matco, puoi andare.»
Cevalo, arrivato in quel momento, dopo aver ascoltato le relazioni
provenienti dai suoi colleghi, chiese a Turo: «Possibile che
Metel stia per attaccare Apen?»
«Come ti ho scritto questa notte il movimento di truppe e
navi rappresenta un grosso problema per noi. La nostra unica soluzione
è rinviare tutto alla fine di questa
“crisi” perché se qualcuno di loro
è scoperto, sarà la fine per tutti. Spero che
anche gli altri abbiano ricevuto i piccioni viaggiatori che ho
mandato» disse Turo con molta preoccupazione.
– Quindici ore prima
–
Era passato un mese dal grande matrimonio e nel palazzo di Dwr si
respirava un’aria diversa senza tutte le tensioni che si
erano accumulate fin dal dopo guerra. La nuova coppia pareva felice, si
potevano vedere insieme quasi tutto il giorno tranne che nelle ore in
cui Oceanya partecipava nell’istruzione delle nuove reclute e
che Torcon sfruttava leggendo antichi testi del Regno di Dwr. La Regina
Cristalya era stranamente rilassata, di rado la si sentiva gridare per
motivi futili e aveva addirittura iniziato a relazionarsi maggiormente
con Glic, anche se la sua dote naturale di voler essere al centro
dell’attenzione faceva in modo che il Saggio continuasse a
tenersi per sé i suoi pensieri di politica estera.
Torcon era in biblioteca al ritorno di Oceanya nel palazzo. I due si
erano promessi di mantenere una consuetudine che mostrasse la loro
vicinanza e la principessa, appena entrata della sala, aveva baciato il
marito. Dietro di lei, come un’ombra, c’era Eas,
ormai diventata la sua guardia del corpo. In quel mese la gelosia di
Eas era diventata quasi ossessiva, vedere Torcon e Ocenaya baciarsi la
turbava, anche se la principessa le aveva detto chiaramente che fossero
solo gesti di facciata, e spesso la si poteva trovare di notte dietro
la porta della loro stanza intenta a origliare se i due
sposini fossero a letto a consumare la loro unione.
«Eas, puoi andare, adesso c’è il mio
uomo» aveva detto Oceanya a Eas e quella frase, ripetuta ogni
giorno, era come una coltellata nello stomaco per la ragazza.
«Mia Signora, se avrete bisogno di me, sono nella sala
comune, devo finire di scrivere la lettera da mandare a casa»
aveva risposto Eas mostrando il suo disagio con una smorfia eloquente.
Uscita l’ufficiale dalla biblioteca, Oceanya si era seduta
davanti a Torcon che non poteva fare a meno di notare gli atteggiamenti
ostili di Eas.
«Le hai detto come stanno le cose?»
«Certamente, ma lei vorrebbe starmi vicina in ogni istante,
soprattutto nel letto durante la notte come puoi immaginare.»
Torcon, sporgendosi verso Oceanya, disse a bassa voce: «Devo
andare a casa, non vedo mia madre da più di un mese e vorrei
sincerarmi di persona delle sue condizioni.»
«Puoi farlo tranquillamente, sei sposato, e anche se ti
può sembrare una tortura, non sei un prigioniero»
rispose Oceanya sorridendo.
«Lo so, ma voglio vedere anche lei ed è un
problema dato che mi posso muovere solo con la scorta armata di
Dwr.»
«Per la scorta si trova la soluzione, ma il vero problema
è che se una qualsiasi spia di mia sorella scopre che sei
andato ad Apen non ci andrai di mezzo soltanto tu.»
«Di questo posso occuparmene io, però ho bisogno
che sia questa notte.»
«Non partire prima del mio segnale» era stata
l’unica raccomandazione di Oceanya.
Nel Palazzo Reale di Apen, invece, la situazione famigliare dei
regnanti era soltanto peggiorata nell’ultimo mese. Re Wit
aveva mantenuto il solito comportamento dispotico con chiunque, Willa
girovagava nel palazzo vestita a lutto mentre Oak si rinchiudeva spesso
nella propria stanza per scrivere delle lettere. Oak era seduto al
tavolo e parlava con il generale Macan che aveva fatto chiamare lui
stesso.
«Generale, ho appena finito di leggere una missiva
proveniente dalle nostre spie e mi segnalano movimenti sospetti a Tan e
a Tera. Per ora Panglito ed io abbiamo formulato soltanto delle
ipotesi, però vorrei che teneste d’occhio i due
confini e che le truppe siano messe in allerta per qualsiasi
evenienza.»
«Mio Signore, gli ordini del Re sono di non tenere conto
degli ultimi dispacci provenienti dalle nostre spie perché
presume siano redatti da altri.»
«Conosco cosa ha detto mio padre, però crediamo
che dovremmo dare almeno un certo peso a ciò che giunge da
fuori del regno. Stare sull’attenti per niente è
sempre meglio che scappare perché siamo stati distratti. Lei
è uno dei generali più grintosi del nostro
esercito e comprenderà certamente la mia
preoccupazione.»
«Sì mio Signore, allo steso tempo sono anche un
soldato e devo attenermi agli ordini del comandante supremo e per tanto
dovrò comunicare al Nostro Re le nuove
disposizioni.»
«Sono perfettamente d’accordo ed è per
questo motivo che il comandante Panglito sta discutendo proprio in
questo momento nelle stanze private di mio padre. Vi saranno date le
nuove consegne in breve tempo, ho soltanto voluto accelerare le
operazioni parlandone direttamente con voi perché le mie
preoccupazioni per il regno e per il Re sono sempre prioritarie su
tutto. Conto su tutti voi, potete andare Macan.»
«Grazie, mio Signore, non vi deluderemo mai»
rispose il generale uscendo dalla stanza mentre Oak, terminato il
colloquio, aveva ripreso a scrivere.
Il generale aveva quasi finito di scendere le scale quando gli era
andato incontro proprio Panglito. Il comandante, prontamente, diede in
mano a Macan un foglio firmato dal Re chiedendo: «Uscite ora
dalle stanze del principe?»
«Sì signore, mi ha anticipato i cambiamenti delle
direttive.»
«Bene, ho temuto che rinchiudendosi in quella stanza perdesse
di vista il nostro compito primario, ma per fortuna i miei pensieri
sono sbagliati. Nel foglio che vi ho consegnato ci sono le direttive
approvate dal re. Ora devo correre dal principe per confermare la
decisione del nostro sovrano.»
Panglito saliva le scale velocemente mentre Macan leggeva, a sommi
capi, ciò che era scritto sul foglio, e giunto al portone
disse a voce alta: «Ci mancavano solo i pirati!»
La nave di Capitan Blood era ancorata poco lontano dalle coste di Dwr.
Nell’ultimo mese gli abbordaggi erano aumentati e i tesori
arraffati superavano anche le attese della stessa Zedora. Tutta la
ciurma, da giorni, soggiornava quasi ininterrottamente nella Casa di
Lù e la padrona del bordello era più che felice
di soddisfare le loro richieste con l’enorme denaro con cui
le riempivano le tasche. La giovane Zai invece lamentava
l’assenza del capitano e dei suoi modi gentili mentre le
toccava servire quella marmaglia di maschiacci sempre pronti a
inventarsi posizioni strane da provare a letto.
Sulla nave ogni momento era buono per schiamazzi, liti, spari e urla,
ma quel giorno tutto l’equipaggio era sbarcato, il capitano
ed Elonosia erano sole e per non essere disturbate Zedora aveva fatto
issare le bandiere a strisce gialle, segnale che avrebbe tenuto lontano
qualsiasi navigante perché significava che a bordo
c’era un epidemia. Nel suo alloggio Zedora era seduta al
tavolo intenta a scrivere l’ennesima missiva da affidare al
piccione viaggiatore mentre Elonosia, sdraiata a letto, giocherellava
con la nuova collana che le aveva regalato. Disse ridendo:
«Capitan Blood, perché non mi raggiungete su
questo comodo materasso?»
«Stai lì buona, sfacciata,» rispose
Zedora sorridente al pensiero di cosa avrebbe fatto in seguito,
«qualche istante ancora di pazienza, questi sono messaggi
importanti.»
«Capitan Blood, guardate, deve avermi punta un’ape
sul capezzolo, verreste a succhiare via il pungiglione?»
«Ragazzina, sei tremenda. Pensavo di essere io quella
infoiata, ma tu mi batti di almeno mille leghe!»
«Capitan Blood…»
All’ennesima chiamata Zedora aveva buttato per aria calamaio
e penna per fiondarsi sulla sua amante. «Adesso dovrai pagare
pegno per avermi fatta bagnare il foglio!»
«Solo il foglio si è bagnato?»
«Tu devi essere una strega» disse Zedona mentre si
spogliava. «Non so di quali incantesimi sei capace, ma di
certo la tua bocca è in grado di eccitare un
eunuco» disse il capitano infilando la sua lingua tra le
“labbra” di Elonosia.
Nel regno di Tan il mese era passato senza grandi novità. La
Regina Bruligida, dopo il giorno del matrimonio del figlio, non aveva
più parlato e per i medici significava che le sue condizioni
stavano peggiorando per colpa dell’ennesimo dispiacere.
Fajro, ancora furente per colpa delle azioni di Torcon, era anche
demoralizzato pensando a ciò che era successo con Aarde. Il
suo atteggiamento così dimesso non poteva passare
inosservato e un suo amico di vecchia data gli stava facendo visita con
un'altra persona che il giovane principe aveva conosciuto sul ponte
Nord/Ovest.
«Sono felice che stiate bene mio Signore» disse
Cindroj sollevato nel vedere il ragazzo in buona salute.
«Questo è un testone, è difficile da
abbattere» sentenziava Cevalo con una risata. «Come
mai questa visita?» chiese Fajro stupito di vedere entrambi
gli uomini.
«Io, come generale devo tenerti d’occhio, mi sono
giunte voci che sei così distratto da dimenticare anche il
tuo nome» disse Cevalo, poi, indicando Cindroj aggiunse:
«Mentre lui è qui come uomo innamorato. Peccato
che lei non lo sappia ancora.»
Cindroj era arrossito. «Perché svelate i miei
segreti Cevalo, siete proprio inaffidabile come maestro.»
Fajro stava per chiedere chi fosse la ragazza di cui si era invaghito
quando sopraggiunse nella sala Flame e al principe era bastato un
attimo per avere la risposta al suo quesito senza neppure domandare.
Il viso della ragazzina era più rosso dello stemma di Tan,
portava un vassoio con tazze da the tremando come una foglia e la prima
parola che disse era così ingarbugliata che nessuno aveva
capito in che lingua parlasse. Flame, imbarazzatissima per quella
parola sbiascicata e intimidita dalla presenza di Cindroj, era corsa
via tenendo gli occhi chiusi, ansimando si era seduta al tavolo nella
sua stanza e aveva iniziato a scrivere una delle tante lettere che
aveva redatto nell’ultimo mese.
Cevalo, molto delicatamente, disse al capitano per schernirlo:
«Cindroj, se la spaventi solo alla tua vista, quando tenterai
di darle un bacio fuggirà a Koraha.»
«Non siete gentile per niente» disse Cindroj
evidentemente imbarazzato.
Fajro stava ridendo, quell’intermezzo buffo gli aveva ridato
un poco del suo sorriso e l’argomento si prestava alla
domanda per Cevalo: «Come si fa a capire le donne?»
Cevalo e Cindroj si guardarono in faccia, poi il generale Cevalo
rispose: «È un vero mistero che nessun uomo
è ancora riuscito a svelare. Quel poco che so è
che quando dicono una parola che per noi ha un significato preciso,
nella loro mente ne ha almeno dieci, e qualunque sia la nostra risposta
sarà sempre sbagliata.»
Fajro doveva essere più preciso per avere una risposta, ma
non voleva svelare che fosse suo il problema. «Ecco,
c’è un mia amico che ama da sempre una ragazza,
glielo ha dimostrato svariate volte però non lo ha mai detto
apertamente a voce. Un giorno lui ha deciso di fare un passo avanti,
l’ha baciata e…»
Cevalo lo interruppe chiedendo: «E la principessa cosa ha
fatto?»
«Generale, il principe non ha parlato di
principesse!» disse Cindroj strizzando l’occhio per
far capire al generale l’errore involontario.
«Ah, già. Continuate e scusate se vi ho
interrotto» disse Cevalo cercando di camuffare la sua gioia
nel sapere che quel ragazzino finalmente si era dato una mossa con la
bella principessa.
Fajro su certe cose era davvero ancora immaturo e non si era
minimamente accorto che ormai i due ascoltatori avevano capito che si
trattava di lui e quindi aveva continuato il suo racconto.
«Dicevo, lui l’ha baciata e lei ha contraccambiato
in modo molto appassionato, poi però ha smesso ed
è scappata via senza dire altro. Il mio amico continua a
scambiare lettere con la ragazza, ma di quell’argomento non
ne parlano.»
«La ragazza del vostro amico si era mai dichiarata a
voce?» chiese Cindroj.
«No, mai, ma anche il mio amico aveva capito i sentimenti
della ragazza senza sentire il bisogno che li esprimesse.»
«Sta tutto qui il problema del tuo amico. L’uomo da
tutto per scontato, proprio perché la sua mente viaggia su
un'unica strada, mentre la donna ha bisogno di sentirsi corteggiata, di
ricevere apprezzamenti, e di udire la voce della persona amata mentre
dichiara lo stesso sentimento.»
Fajro guardava Cevalo dubbioso, poi chiese: «Ma se entrambi
si amano e già lo sanno, perché la ragazza vuole
qualcosa di più da lui mentre lei si ferma?»
«Te l’ho detto, nessun uomo è stato
ancora in grado di risolvere il misterioso pensiero di una
donna» rispose Cevalo.
«Pensate che se io… ehm… il mio amico
si dichiarasse apertamente la ragazza lo accetterebbe di
nuovo?»
«Se lei lo ama con tutto il cuore, qualsiasi altro pensiero
stia passando nella testa della ragazza sarà cancellato
appena quel ragazzo le dirà di amarla.»
Cindroj aveva finito di parlare e alzando lo sguardo aveva incrociato
quello di Flame che sentendo quelle parole era scappata nuovamente
nella propria stanza mentre lui, sprofondando nella sedia, disse:
«Ecco, faccio il filosofo ed io non riesco neppure a farla
restare vicina a me per più di un secondo.»
La tranquillità dell’ultimo mese aveva fatto
rilassare tutti nel Regno di Tera nonostante il matrimonio di Oceanya e
Torcon che avrebbe potuto creare ulteriori dissidi tra la Regina Wasa e
Cristalya. Nella “sala aperta” era seduto Haag
intento a scrivere una lettera, così concentrato da non
notare una persona che lo stava osservando.
«Stai scrivendo alla tua amata?»
L’ufficiale, saltato in piedi come una molla sentendo la voce
della principessa Aarde, si era subito premurato di inchinarsi, ma allo
stesso tempo era riuscito a tenere dietro la schiena il foglio su cui
stava scrivendo.
«Mia Signora, è soltanto il mio rapporto
quotidiano.»
Aarde, scrutando nello sguardo di Haag, sbuffando divertita disse:
«Non sei un bravo bugiardo! Se non vuoi parlarmi di questa
ragazza basta che lo dici e non ti disturbo più.»
«Mia Signora, in realtà non ho nessuna ragazza,
sono innamorato ma preferisco dire le cose a voce che metterle per
iscritto.»
Gli occhi con cui Haag stava guardando Aarde erano completamente
diversi da prima e il giovane decise di non buttare una delle poche
occasioni in cui si trovava da solo con la principessa. «Vi
ho sempre ammirata da lontano, eravate già bella quando vi
vidi la prima volta quattro anni fa, ora siete una donna
straordinariamente affascinante e ogni volta che mi siete vicina il mio
cuore batte più forte. Lo so che sono ardito a dirvi che vi
amo, ma ciò che ho imparato con voi è che non
esiste differenza di ceto e che un umile ufficiale come me
può realizzare i suoi sogni più grandi. Io sono
una persona decisa, non temo nulla, ma vi chiedo di perdonarmi se
sarò ancora più ardito.»
Haag prese la mano di Aarde per farla avvicinare e poi senza esitazione
le aveva dato un bacio che lei contraccambiava senza opporre resistenza
e solo il rumore di passi convinse l’ufficiale a sciogliere
l’abbraccio con cui teneva stretta a sé la
principessa.
«Buongiorno mia Regina» disse Haag che aveva
riconosciuto il passo di Wasa.
La donna, con un solo sguardo verso la figlia, aveva capito che era
successo qualcosa tra i due ragazzi però chiese ugualmente:
«Ben trovato Haag, che cosa stavate facendo qui tutti
soli?»
«Mia signora, stavo scrivendo il mio rapporto e poi mi sono
soffermato con vostra figlia per scambiare due parole.»
La regina amava prendersi gioco degli uomini che si avvicinavano tanto
alla figlia e disse sorridendo: «Qualcuno vi ha
già detto che non siete un bravo bugiardo?»
Haag era diventato paonazzo. «Sì, vostra figlia
proprio qualche minuto fa» poi, facendo un inchino, aggiunse:
«La prego di scusarmi, devo consegnare il rapporto prima che
il comandante decida di chiamarmi con uno dei suoi soliti
urli.»
L’ufficiale era fuggito veloce da quella situazione
imbarazzante, ma per Aarde non c’era via di scampo.
«Quel giovane è proprio carino, una persona a
modo, sempre presente ma mai invadente, tu che ne pensi di
lui?»
La principessa non stava rispondendo ma Wasa si era accorta che le
scendevano delle lacrime. Cambiando il tono di voce chiese:
«Tesoro, che cosa succede?»
«Madre, non lo capisco neppure io.»
«Non voglio sapere cosa vi siete detti e neppure cosa sia
successo in questa sala, quelle sono cose tue personali,
però se piangi, il problema è nostro e dobbiamo
risolverlo prima che diventi qualcosa di più
grande.»
«Secondo te è possibile essere innamorati nello
stesso momento di due persone completamente diverse tra loro?»
«C’è di mezzo lo
scavezzacollo!»
«Non parlare così di Fajro. È dolce, a
modo suo sensibile, premuroso e di sicuro affidamento» disse
Aarde in modo molto deciso.
«Figlia mia adorata, l’amore è qualcosa
che non si può comandare a bacchetta, nasce o muore in un
singolo istante, ci scombussola ogni senso e stravolge ogni cosa che
crediamo normale. Loro due sono davvero diversi in tutto, ma li
accomuna proprio l’amore che provano entrambi per te ed
è questo che ti turba. Se ti reputassi una ragazza senza
cervello, ti direi di divertirti con entrambi senza fare una scelta, ma
sei una donna intelligente e puoi risponderti da sola alla domanda che
mi hai fatto. Io posso solo dirti di seguire il tuo cuore lasciando che
la tua mente stia in silenzio.»
«Ma in questo momento non so decidere» rispose
Aarde abbracciando la madre. «Fajro mi manca ma non capisco
se è solo per abitudine, Haag è presente ma non
comprendo se è soltanto infatuazione; vicino a uno qualsiasi
di loro sono felice, poi piango perché ho fatto del male
all’altro.»
«Tesoro, ci siamo passate tutte attraverso queste situazioni
e vedrai che tutto si sistemerà nel tuo giusto ordine.
Lascia la porta aperta per entrambi ma non fare qualcosa se poi ti fa
piangere» disse Wasa baciandole la testa.
«Hai ragione.»
«E ripeto, non voglio sapere che cosa hai fatto!»
disse sorridendo Wasa ricevendo un bacio sulla guancia dalla figlia.
Al Castello Reale di Metel, Metalo aveva raggiunto la sala lettura e si
era fermato a guardare Titan che stava seduto in modo scomposto su una
delle sedie. Il principe non riusciva a lasciar correre
un’occasione così ghiotta di burlarsi del padre
così disse: «Alla vostra età, se tenete
la gamba in quel modo sul bracciolo, quando deciderete di alzarvi non
sarete in grado di appoggiare un piede senza cadere.»
Titan era solito rispondere al figlio con qualche battuta spiritosa o
con la minaccia di farlo lavorare, ma questa volta era stato in
silenzio mentre agitava una lettera che teneva in mano.
«Di che cosa si tratta?»
«Perdonami Metelo se te ne parlo solo ora, ma questa
è la quinta lettera che ho ricevuto nelle ultime due
settimane e sono tutte scritte dalla stessa persona.»
«Chi è?»
«Della persona più improbabile che ti possa venire
in mente, ma leggi tu stesso» disse Titan passando la missiva
al figlio.
Metalo, dopo una prima lettura veloce, aveva esclamato:
«Accidenti! Anche pensandoci, non avrei dato la risposta
giusta. E cosa intendete fare?»
«Per questo motivo ti ho chiesto di perdonarmi, ho
già deciso senza consultare nessuno e ho accettato. Tu che
cosa ne pensi?»
«Se non sta mentendo, dico che avete fatto la scelta
giusta.»
– Nove ore prima
–
All’esterno del Palazzo Reale di Apen c’era gran
fermento, i capitani dell’esercito stavano inquadrando le
truppe per iniziare la marcia mentre il comandante in capo Panglito era
a colloquio con i generali pronti alla partenza.
«Come sapete, le vedette ai confini hanno confermato
movimenti delle truppe di Tan e di Tera. Ho deciso di assegnare le zone
agli stessi comandi che erano stati lì durante la guerra;
generale Macan avrete al vostro servizio Jaran e vi dirigerete al
Confine Sud, mentre lei, generale Terwelu, avrà come aiuto
il capitano Catur e vi spingerete fino al Confine Ovest. È
tassativo che nessuno di voi faccia la prima mossa, attendete fino a
che il nemico non sarà penetrato nella nostra terra e solo
in quel momento attaccate senza attendere altre conferme. Il resto
dell’esercito rimarrà qui a protezione del palazzo
sotto il mio diretto comando. Fate attenzione perché non
avrete copertura dalla marina. La nostra flotta al completo si sta
dirigendo nel Mare dell’Ovest perché sono state
segnalate delle navi pirata ma che portano bandiera di Tan.»
«Corsari? Da secoli nessun capitano pirata accetta questo
tipo di lavoro e Tan non ha le risorse per pagarli. Signore, siete
certo di queste informazioni?» chiese molto perplesso Macan.
«Come le ho detto questo pomeriggio non
c’è nessuna certezza.»
«E allora com’è possibile che stiamo
mandando tutta la flotta in giro per il mare quando rischiamo un
attacco massiccio da terra?» aveva insistito il generale
sempre più dubbioso.
«Il Re ha accettato la linea del principe Oak. Prevenire
prima di curare. E noi siamo tenuti tutti a rispettare gli ordini del
comandante supremo, Re Wit.»
Macan non rispose a quest’ultima replica di Panglito ma dal
suo viso si poteva intuire che non fosse d’accordo con la
linea decisa dal comando militare.
Una carrozza, trainata da sei cavalli, dopo aver attraversato il Ponte
Sud/Est alla massima velocità, si stava dirigendo verso la
capitale di Apen. All’interno del cocchio Ruga parlava con
Torcon.
«Siete troppo silenzioso, mio Signore, eppure la finta di
salire sulla nave diretta a Tan per poi prendere la carrozza per Apen
è stata un successo.»
«Sto pensando a Oceanya. Lei non merita questo inganno,
è sempre stata gentile con me, sarebbe una perfetta regina
per Dwr. Nonostante sia la nemica peggiore che si possa incontrare,
spero che non le accada nulla perché non me lo perdonerei
mai.»
«Mio Signore, avete fatto una scelta importante ed io sono
felice di esservi ancora accanto, comprendo il vostro desiderio ma mi
è difficile sperare qualcosa di così buono per la
nostra nemica, soprattutto dopo Port Pearl» rispose Ruga
corrucciato. «Ho potuto vivere accanto a lei, conoscerla
ancora meglio di prima e so quanto sia frustrata da Cristalya e Oceanya
non merita di essere accomunata con la sorella.»
«Non pensate alla ragazza, adesso dovete farvi bello per una
vera donna. Immagino quanto sarà felice milady quando
vedrà sbucare all’improvviso il suo
amato.»
«Giusto Ruga, il futuro lo conosce solo il Leggendario ed io
devo vivere questo momento senza pensare ad altro» rispose
Torcon sorridendo.
La carrozza si era fermata prima di arrivare al castello ma il
guidatore l’aveva nascosta nella boscaglia. L’uomo,
sceso dalla cassetta, disse: «Signore, devo restare
più indietro, ci sono dei soldati in marcia proprio qui
vicino.»
«Mi spiace lasciarti qui mentre…»
«Ha già perso troppo tempo Mio Signore»
rispose Ruga a Torcon. «Deve anche camminare di
più e se perde fiato per delle scuse inutili, rischia di non
arrivare fino alla sua meta.»
Torcon sorrise e poi si mise a correre verso il castello.
Nella caserma principale di Tan, il comandante in capo Turo stava
osservando delle mappe nautiche per tracciare delle nuove rotte da
recapitare a Capitan Blood, ma aveva anche a portata di mano un
taccuino sul quale ogni tanto scriveva qualcosa di tanto importante da
chiuderlo subito dopo.
Uno dei soldati raggiunse di corsa la sala comando recando un
messaggio. «Signore, una delle nostre spie ha segnalato che
da Port Pearl sono appena salpate delle navi militari. Parla di circa
due terzi dell’intera flotta, non conosce la destinazione
finale, ma è certo che dirigono verso il Mare
dell’Ovest.»
«Che intenzioni hanno a Metel?» disse Turo
alzandosi in piedi. «Matco, chiamami subito Standardo e
Serpe, al generale Cevalo ci penso io.»
Il comandante prese dei foglietti e su ognuno scrisse poche righe, poi
si era recato di corsa alle casettine dei piccioni viaggiatori. Quattro
biglietti, quattro piccioni in volo, quattro direzioni diverse.
«Volate veloci» aveva sussurrato Turo dopo aver
liberato le quattro bestiole.
– Sei ore prima
–
Sfruttando l’oscurità Torcon aveva raggiunto il
castello di Apen senza trovare nessuno sul suo cammino. Il principe
conosceva bene uno dei passaggi segreti e si era intrufolato con
facilità, anche questa volta senza incontrare nessuno.
L’uscita del passaggio era posta nelle cucine, Torcon aveva
superato quella stanza raggiungendo una delle scale laterali, sempre
senza trovare nessuno sul suo cammino. Il momento più
difficile era uscire da una finestra, camminare sullo stretto
cornicione e raggiungere il balcone della sua amata senza cadere e
sperando che nessuna guardia appostata al portone principale avesse
l’idea di guardare il cielo. Ma non c’era nessuno.
Torcon, incredulo per tanta fortuna, raggiunta la balconata aveva
appoggiato il viso alla vetrata per vedere se Willa stesse dormendo, ma
lei era seduta sul letto con le mani sul viso e il principe, seppur non
senta le parole, immaginava il patimento che la donna stava passando
fin dalla fine della Grande Guerra.
Torcon, delicatamente, aveva picchiettava le dita sul vetro, lei si era
alzata e lo aveva visto sorridere, ma pensando che fosse un sogno aveva
tentennato prima di aprire.
«Willa, non ce la facevo più a starti
lontano» disse Torcon toccandole i capelli.
Lei ancora era incredula, le sue mani tremavano mentre si avvicinavano
al volto di lui, immaginava che sarebbe potuto sparire se lo avesse
toccato; lui le diede conferma di essere vero prendendola tra le
braccia e baciandole delicatamente le labbra, come aveva sempre fatto
dal momento del loro fidanzamento. Willa, in lacrime, si era aggrappata
al collo del suo amato che delicatamente l’aveva sollevata da
terra per prenderla in braccio e poi posarla sul letto. Torcon e Willa
si scambiavano piccole carezze e delicati baci come i bei tempi
passati, ma in quel momento loro due erano amanti; lui sposo di una
giovane bellezza, lei sola con il cuore distrutto dal dolore. Non era
il momento di stare accoccolati. Lei prese l’iniziativa,
voleva punire quella ragazza che glielo aveva portato via, si tolse il
vestito da lutto mostrando il suo corpo nudo per la prima volta al suo
amato. Willa aveva sempre creduto in Torcon e qualunque cosa avrebbe
risposto alla sua domanda era già convinta che sarebbe stata
la verità. «Sei stato a letto con lei?»
«Sì, ho dormito con lei, e no, non abbiamo mai
fatto sesso.»
Delle lacrime di gioia scendevano sul viso di Willa, la risposta del
suo principe era stata molto precisa perché definendo
“sesso” stava escludendo qualsiasi tipo di rapporto
carnale. Lei, di nuovo, prese l’iniziativa; tolse i vestiti
al suo amato, gli prese la mano e se la mise sul seno dicendo:
«Voglio fare l’amore perché io sono tua
adesso e per sempre, nessun altro poserà il suo sguardo sul
mio corpo, la sua mano sul mio seno e il suo membro tra le mie gambe.
La mia verginità è tua, così come
tutto il resto di me, per sempre.»
I baci diventarono più passionali, le carezze più
intime e i loro corpi uno soltanto.
Anche in altri luoghi a quell’ora della notte non si dormiva.
Sul vascello di comando della flotta di Metel, Lyngesydd stava
rileggendo le disposizione del suo re a uno dei marinai.
«Attraversare il Mare del Nord, superare il ponte distrutto,
entrare nel Mare dell’Ovest e a poche miglia
dall’isola Ngahuru fermarsi alle isolette, riposare e
attendere una nave che issa una bandiera rosa. Fare quello che fanno
loro.» L’ammiraglio fece un sospiro e poi disse al
suo sottoposto: «Adesso dimmi tu che cosa vuol dire
“fare quello che fanno loro”! E poi bandiera rosa?
Ci ha mandati a prendere un carico di donne con quasi tutta la
flotta?»
«Magari è un regalo per i marinai» disse
il giovane.
Lo sguardo incattivito di Lyngesydd aveva convinto immediatamente il
marinaio a tornare al suo lavoro con le vele.
Al largo della costa di Dwr, sulla nave pirata Zedora gridava, come il
solito, per dare una svegliata alla sua ciurma. «Maledetti
topi di stiva, aveva ragione mia madre a consigliarmi di portare sempre
con me la frusta! Vi siete divertiti da Lù vero? E come sta
la mia bella Zai?»
Kruzni stava per rispondere ma a Zedora era bastato sistemare la
cintura che tratteneva la pisola per far tenere la bocca chiusa al suo
mozzo tuttofare.
«Dove stiamo andando?» chiese Elonosia
aggrappandosi al braccio del capitano.
«Posso solo dirti che andiamo nel Mare dell’Ovest
perché ho un appuntamento importante.»
Nel Mare del Sud la flotta di Apen aveva appena iniziato il viaggio,
l’ammiraglio osservava la carta nautica del Mare
dell’Ovest e i dettagli sui piccoli isolotti che si trovavano
al largo dell’isola di Ngahuru nel Mare dell’Ovest,
mentre parlava con il generale Prau. «Troppo piccoli e non ci
si può sbarcare sopra. Chiunque troveremo sarà in
allerta sulla propria nave e pronto a sparare.»
«Signore, avevo pensato di circondare i due isolotti
più grandi, magari dividendo parte della flotta prima di
raggiungere l’obiettivo. Stringendoli a tenaglia non potranno
fuggire e toglieremo di mezzo quella marmaglia di pirati “da
corsa”» aveva proposto Prau indicando sulla cartina
i due isolotti.
«Sono d’accordo, e anche se fossero pirati normali,
avremo comunque liberato i mari di un po’ di quella
gentaglia. Occupatevene personalmente della gestione dei gruppi, ma
voglio che il capitano Menara stia davanti a tutti. I suoi brigantini
possono ingaggiare battaglia anche da soli e fare più danni
di chiunque altro.»
«Molto bene signore, raggiungo la mia nave, preparo il piano
di accerchiamento e in tempi brevi ve lo comunicherà. Ho
già qualche idea su come utilizzare i galeoni
dell’ufficiale Ijo» rispose Prau prima di lasciare
l’alloggio dell’ammiraglio.
– Tre ore prima
–
Torcon si stava vestendo, molto lentamente; l’idea di uscire
dalla stanza di Willa lasciandola nuovamente sola lo stava torturando,
ma era consapevole che doveva raggiungere Tan per più di un
motivo. Willa era in piedi davanti a lui, i suoi occhi erano tornati a
essere vivi, ma le lacrime non si erano fermate mai durante quelle ore
passate con il suo amato. Torcon, pronto a tornare sul cornicione,
aveva fatto un passo verso la balconata, ma poi ne aveva compiuti due
verso Willa. I due si guardavano, nessuno parlava, ogni parola poteva
convincere entrambi a tornare a letto per continuare quella
“prima notte”. Una tenera carezza, un lungo
abbraccio, un bacio appassionato e di nuovo i loro occhi che
s’incrociano.
Lui aveva aperto il finestrone, lei disse soltanto “Ti
amo” ed era tanto, troppo per iniziare la fuga; lui, tornato
nuovamente indietro, la strinse tra le braccia e rispose soltanto
“Ti Amo”, poi, un ultimo bacio perché
ogni ulteriore indugio avrebbe messo in pericolo non solo loro due ma
anche chi stava aspettando il principe.
Torcon, facendosi coraggio, aveva raggiunto di nuovo la balconata ma
questa volta, laggiù in basso, la situazione era
completamente diversa da quando era arrivato: soldati in movimento,
guardia raddoppiata alle porte del palazzo e Panglito. Il principe di
Tan si chiese se fosse stato scoperto, ma non aveva avuto il tempo di
rispondersi perché qualcuno bussava alla porta Willa.
«Sorella, sei presentabile?»
«Sono ancora a letto, ma tu perché sei qui a
quest’ora?» chiese Willa mentre guardava il suo
amato.
«Vestiti e raggiungimi nella mia stanza, devo portarti in un
luogo sicuro.»
«Che cosa sta succedendo?»
«Te ne parlo dopo, tu fai in fretta, intanto vado ad avvisare
i nostri genitori del pericolo che corriamo stando nel
palazzo.»
I passi di Oak indicavano che il principe si stava dirigendo verso la
propria stanza, Willa, a bassa voce, disse: «Torcon, lui
è andato, ma se ci sono dei pericoli avrà messo
qui fuori delle guardie. Quando uscirò, loro mi seguiranno e
sarà la tua occasione per scappare.»
«Se sei in pericolo, rimango con te!» rispose
Torcon senza pensare.
«Amore mio, se ti trovano nella mia stanza, qualsiasi cosa
stia accadendo ora, sarà una briciola di pane al confronto
di ciò che succederà dopo.»
I due amanti si baciano di nuovo, Willa indossa velocemente qualcosa di
leggero, e aprendo la porta, come immaginava, aveva trovato delle
guardie. Prima di uscire aveva dato un ultimo sguardo nella camera
incrociando gli occhi del suo amato nascosto dietro una tenda, sorrise
e chiuse la porta.
Anche nel palazzo reale di Dwr era iniziato il trambusto. Oceanya ed
Eas avevano passato la notte insieme e alla chiamata di un soldato
erano scese nel grande cortile. «Dubh, siete certo delle
informazioni ricevute?» chiedeva con moderata preoccupazione
Oceanya.
«Sì comandante, nessun dubbio. Navi di Metel si
stanno dirigendo nel Mare dell’Ovest, stessa cosa sta facendo
la flotta di Apen e l’ammiraglio Haranche è
già a Port Iar in attesa di ordini. Per quanto riguarda le
truppe di terra siamo a conoscenza di movimenti di ogni esercito tranne
quello di Metel.
«Ci sono avvisaglie che qualcuno possa utilizzare i ponti per
entrare a Dwr?»
«No comandante.»
«Dubh, fate sapere all’ammiraglio di muoversi dal
porto ma di restare lungo la costa mantenendo una linea difensiva. Lei
può chiamarmi i nostri generali?»
«Mi sono preso la libertà di convocarli prima di
parlare con voi e vi stanno attendendo nel quartier generale.»
«Eccellente. Capitano Dubh, siete fresco di nomina, ma avete
già svolto un ottimo lavoro. Occupatevi del piccione da
mandare all’ammiraglio.»
«Sì comandante.»
Oceanya, dopo aver parlato con il capitano, era rimasta silenziosa. Eas
la guardava con attenzione perché sapeva che stava
preparando mentalmente le strategie da mettere in atto.
«Considerando i fatti, sono sicura che Dwr non sia in
pericolo, quindi lasciamo che la regina continui a dormire»
disse con fermezza oceanya ma Eas aveva notato nello sguardo della
principessa qualche perplessità.
«Mia Signora, a cosa state pensando oltre a
questo?» chiese la ragazza immaginando la risposta.
«Sto pensando a mio marito che è andato a casa e
si potrebbe ritrovare in mezzo a una possibile battaglia tra Apen e
Metel.»
In Eas era già scattato un piccolo livello di gelosia prima
di ricevere la risposta di Oceanya e a quelle parole aveva sbottato
dicendo: «Marito? Da quando lo chiami in questo modo
più intimo?»
La ragazza aveva scelto il momento meno opportuno per mostrare la
propria gelosia a Oceanya perché la principessa, in quella
situazione, non era la donna con cui faceva l’amore, ma il
suo comandante.
«Eas, qui non siamo nel mio letto, mantieni il tuo linguaggio
consono alla divisa che indossi e non permetterti mai più di
darmi del tu in questi frangenti. Apprezzo molto la tua compagnia, ti
cerco perché mi piaci, ma soprattutto perché ho
trovato una ragazza intelligente che sa cosa vuole. Ora mi stai
deludendo profondamente e non accetto queste tue considerazioni inutili
dato che sai bene che non esiste legame affettivo con il principe
Torcon.»
La ragazza era rimasta pietrificata dallo sguardo di Oceanya, tanto
profondo che le era entrato nelle ossa da fare tremare le gambe,
avrebbe voluto scusarsi ma la principessa disse: «Raggiungi
immediatamente il capitano Dubh e mettiti a sua disposizione.»
Oceanya osservava Eas mentre si allontanava, ma le parole della ragazza
le stavano risuonando nella testa tanto da chiedersi a bassa voce:
«Che cosa mi succede? Mi sto innamorando di un uomo senza
neppure accorgermi?»
– Adesso –
Al Palazzo Reale di Apen c’è continuo movimento di
soldati, non ci sono angoli bui per nascondersi, Torcon usa tutta la
sua esperienza per riuscire ad evitare le guardie e, ascoltando i loro
discorsi, capisce che non sono agitate per colpa sua. Il principe
riesce finalmente a raggiungere il passaggio segreto, corre, ma
è distratto perché ogni suo pensiero è
per Willa. Una guardia lo blocca puntandogli una lancia contro il
corpo, lo riconosce. «Non posso credere che siete voi
l’assassino mandato a uccidere la famiglia reale!»
Torcon si preoccupa solo della sua amata: «Chi vuole uccidere
Willa?»
Il soldato sta per rispondere ma crolla a terra. È stato
Ruga a colpirlo con una bastonata al capo. Il principe dice disperato:
«Devo tornare indietro, c’è un assassino
al palazzo.»
«Venite subito via con me; è arrivato un messaggio
dal comandante Turo che spiega la situazione. Forza, non abbiamo tempo
da perdere.»
Al Confine Sud i due eserciti si sono incontrati, nessuno si sta
muovendo in avanti, è tutto fermo da qualche ora. I due
generali, Macan e Buffel avevano combattuto la battaglia vicino alla
foresta proibita assistendo con raccapriccio all’attacco
dell’ombra malefica che aveva falcidiato le loro truppe. Quel
giorno avevano deciso di comune accordo di ritirarsi, c’era
empatia e anche adesso agiscono all’unisono incontrandosi
nuovamente sulla linea di demarcazione del confine.
«Generale Buffel, non mi aspettavo di vedervi dopo pochi
messi di nuovo all’attacco del nostro regno» dice
Macan sorridendo.
Anche Buffel risponde con il sorriso: «Mi prendete in giro?
L’ultima cosa che la regina Wasa vuole è proprio
una guerra. Mi chiedo perché voi siete venuti qua.»
Macan era stato l’unico a dubitare totalmente delle
informazioni ricevute su un’invasione e la risposta del
generale avversario confermava le sue supposizioni.
«Amico mio, c’è qualcosa che non quadra.
Noi siamo qui perché ci hanno informato che stavate per
invadere Apen.»
«Il nostro comandante ci ha mandati qui soltanto
perché ha saputo del vostro arrivo. Come ho detto, Tera non
vuole una guerra.»
Anche al Confine Ovest si sta ripetendo un incontro già
avvenuto durante la Grande Guerra, ma in quel frangente i due generali
non si erano combattuti così era stato semplice per Serpe
decidere di parlare con Terwelu.
«Generale, vi dico che noi non siamo in grado di sostenere
una guerra» dice Serpe scuotendo il capo. «Chiunque
vi abbia fornito questa informazione ha mentito ed io sono qui solo
perché voi vi siete mossi per primi.»
«Vi credo, mi sto solo continuando a chiedere
perché siamo qui» risponde Terwelu sollevando gli
occhi verso il cielo.
Le navi di Metel sono “alla fonda” vicino a uno
degli isolotti vicini a Ngahuru quando la vedetta grida: «Un
brigantino in arrivo, porta bandiera rosa ma…»
«Ma, che cosa?» chiede Lyngesydd.
«È la nave di Capitan Blood!»
«Pirati? Devo fare ciò che fanno i pirati? Re
Titan ha perso la ragione!» grida l’ammiraglio.
Sulla nave pirata è Mynegai a urlare: «Flotta di
Metel a prua!»
«Questo non era previsto!» grida Zedora.
«Polegada fai girare subito la nave, niente Tan per oggi,
filiamo via immediatamente!» poi, brontolando, dice :
«Maledetto Turo, questa volta mi ha fregata!»
Capitan Blood ha appena finito di parlare che un piccione viaggiatore
si appoggia sulla sua spalla. La donna prende il messaggio e
brontolando di nuovo esclama: «Maledetto Turo, poteva
avvisarmi prima!»
La flotta di Apen ha raggiunto gli isolotti divisa in quattro gruppi.
La vedetta del vascello di comando grida: «Non sono corsari,
è la flotta di Metel!»
Miral è perplesso. «Possibile che vogliano
iniziare una nuova guerra tanto lontano dalla loro terra?»
Prende il binocolo e osserva i movimenti delle altre navi della sua
flotta. Il piano sta procedendo come previsto da Prau ma la flotta di
Metel è di molte imbarcazioni e l’accerchiamento
non può funzionare. L’ammiraglio chiama un
marinaio. «Segnalate a Menara di non ingaggiare battaglia,
rischia di essere spazzato via appena è a tiro dei
loro…»
Miral non può terminare la frase perché delle
bordate di cannone provenienti da poppa, si abbattono sul suo vascello.
Solo i primi colpi hanno già sventrato
l’imbarcazione che s’inclina verso destra.
L’ammiraglio è ferito alla fronte, si appoggia al
timone per guardare chi ha sparato ma un'altra scarica di palle di
ferro proveniente dalla destra spezza l’albero maestro che si
abbatte su di lui schiacciandolo a morte. Il vascello di comando di
Apen s’inabissa portandosi dietro tutti i marinai, la nave
che ha sparato l’ultimo colpo è
l’imbarcazione dell’ammiraglio Lyngesydd di Metel e
la barca che ha colpito da dietro, recante bandiera rosa, è
quella del generale Prau di Apen!
Prau esulta mentre i marinai osservano con stupore quell’uomo
che li ha costretti ad attaccare il loro stesso comandante facendosi
anche aiutare dal “nemico” Metel, ma poi i loro
visi diventano paonazzi perché stanno assistendo a un evento
che solo i loro antenati hanno visto al tempo del Leggendario. Le urla
di gioia di Prau diventano grida di terrore.
Il Leviatano, l’enorme balena bianca mangiatrice di uomini
proveniente dagli abissi, è ricomparso dopo migliaia di
anni, così com’era avvenuto mesi prima per il
kraken, anche questa bestia feroce massacra chiunque sia sulla sua
strada, spazza via più della metà della flotta di
Apen che ha la sfortuna di trovarsi sulla sua strada. Prau e il suo
equipaggio sono in salvo; per loro fortuna, quella creatura mostruosa
passa solo accanto alla nave, ma sono ugualmente terrorizzati
perché prima di sprofondare nell’abisso
l’occhio del Leviatano li ha guardati e c’era
soddisfazione in quello sguardo.
– Due ore
più tardi –
Re Wit e la consorte Pine, all’oscuro di tutto, erano stati
portati nella sala del trono con la scusa di dover proteggere la
famiglia reale da ipotetici assassini, mentre la principessa Willa era
stata chiusa in una delle cripte sempre per la medesima giustificazione.
«Mia cara, ormai i Re di questo mondo hanno perso tutti
l’onore che ci ha contraddistinto per millenni.
Mandare degli assassini è una decisione spregevole, tanto
più che sono anziano e potevano sfidarmi con la quasi
certezza di vincermi.»
Il re si lamenta con la moglie quando le porte della sala si spalancano
ed entrano dei soldati armati che precedono il comandante Panglito.
«Finalmente li avete presi» dice il re alzandosi in
piedi.
Panglito non risponde ma dice ai soldati: «In nome del Re
arrestate Wit e la sua consorte rei di avere portato disonore al Regno
di Apen con le loro decisioni tiranniche. Che siano legati e trasferiti
nelle celle in attesa del giudizio del Re.»
«Che state dicendo Panglito, quale re?»
«Io sono il Re!» esclama Oak entrando nella sala.
Wit crolla sul trono mentre Pine fa qualche passo verso il figlio ma
Oak le grida senza alcun riguardo: «Donna, resta al tuo posto
in silenzio come hai sempre fatto. Sei colpevole quanto lui e non hai
diritto di parola.»
«Non ti rendi conto di quello che stai facendo figlio mio
adorato» dice Wit con un filo di voce.
«Ora mi chiami figlio adorato? Quale tuo gesto in vita ha mai
dimostrato il tuo amore verso la tua progenie? Dovresti provare
vergogna per le parole che hai appena proferito perché
assomigliano solo a un tentativo di salvarsi la pelle. Ebbene ti dico
di non temere, nessuno di voi lascerà questo mondo per
raggiungere il Leggendario, anzi, potrete servirlo fino
all’ultimo dei vostri giorni nel luogo dove sarete confinati.
Ma badate bene; anche solo il sospetto che possiate tornare ad Apen
costerà la vita a entrambi.»
«Che cosa farai a tua sorella Willa?» chiede Pine
mostrandosi preoccupata.
«Ora pensi a tua figlia? L’hai lasciata da sola a
martirizzarsi per quel matrimonio infranto quando avreste dovuto
proteggerla e consolarla. Willa, nonostante i nostri caratteri siano
diversi e i vari contrasti ci abbiano messo sovente a confronto, ha
vissuto con me la privazione dell’amore dei genitori e mi
è più madre di te. Come suo Re, e suo fratello,
la aiuterò a ritrovare il suo splendore facendole realizzare
il suo sogno che voi avete infranto, proprio come avete mortificato i
miei desideri. Apen, da oggi, è libera del vecchiume che la
fossilizzava e finalmente può guardare al futuro senza la
zavorra del proprio passato.»
I soldati prendono in custodia Wit e Pine, il comandante Panglito
saluta il nuovo re e segue i prigionieri fuori dalla sala. Oak, rimasto
solo, si siede sul trono di Apen, sorride compiaciuto mentre dice:
«Finalmente posso dire al mio amico che ho vinto la mia prima
partita a scacchi!»
Mentre Oak si compiace del suo successo, un uomo legato mani e collo
con pesanti catene di ferro apre gli occhi svegliandosi in una grotta.
Davanti a lui c’è di nuovo lo stregone oscuro:
l’Inquisitore.
A fatica l’uomo chiede: «Perché
continuate a torturarmi, non so cosa vogliate sapere, sono solo un
umile Saggio che ha fatto l’errore di non spiegare bene alla
propria regina i termini di un contratto matrimoniale. Lasciatemi
andare, vi prego, farò ciò che mi chiederete. Se
sapessi qualcosa, lo avreste già appreso dalla mia mente e
allora perché insistete?»
«Taci Dheat, so benissimo che non sei né un Saggio
né tanto meno un mago così potente da riuscire a
resistermi. Sei soltanto un miserabile ladro di galline, un avanzo di
galera che è stato messo a forza come Saggio alla corte di
Dwr. Se quella stupida regina avesse saputo il segreto che si nasconde
così bene nella tua testa, te l’avrebbe tagliata
per cercarlo. Sono io che ho chiesto di averti; le ho offerto il mio
aiuto per la sua stupidissima guerra d’onore soltanto
perché tu conosci l’unico segreto che potrebbe
distruggermi e riuscirò a strappartelo dalle viscere a costo
di bruciartele mentre sei ancora vivo.»
«Signore, ma non mi avete domandato niente, magari posso
darvi soddisfazione senza che mi facciate altro male.»
«Bifolco, se fosse così facile, mi avresti detto
immediatamente dove si sta nascondendo quella donna!»
CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e
narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa
storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei
Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu) – Imperatore dei Cinque
Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque
Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra
Civile]
Willa – principessa di Apen [diventa principe
ereditaria dopo la Guerra Civile]
Oak – principe ereditario di Apen [nuovo Re di Apen dopo la
Guerra Civile]
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia
navale della Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale
dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante
in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha
(soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo
dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani
dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia
sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto
di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito –
(nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) –
generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani
dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina), Matco (soldato esercito)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs
è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)
- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje
(quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia,
Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]
- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni
(tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)
- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)
MAPPA
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