31- Verità
31- Verità
Rimase
ad Auxerre oltre il tempo necessario.
Ultimò
gli ordini, prese accordi con i vari commercianti e a stento resistette alla
tentazione di rinchiudersi nella taverna e spendere così il tempo che gli
restava prima di fare ritorno a casa. Fu il ricordo di Estelle a fermarlo. Il
suo sguardo pallido e sereno continuava ad riaffiorare nella sua mente, popolava i suoi sogni,
riportando alla luce il dolore di quella perdita.
Perché
torni da me, Estelle? Vieni per dirmi cosa fare?
Sapeva
che al suo ritorno a Chablis, Oscar avrebbe preso una decisione e tentava in
ogni modo di posticipare quel momento. Ma quando venne l’alba del giorno della
festa, non potè più rimandare. Ritirò dalla sartoria un ultimo pacco per lord
Weston, che si era tanto raccomandato perché glielo portasse personalmente,
montò a cavallo e lo spronò energicamente in direzione di Chablis. Per l’intero
tragitto non alzò lo sguardo dalla criniera del suo baio, i cui contorni si
offuscavano ogniqualvolta le lacrime gli riempivano gli occhi. Il dolore che
provava si mescolava alla sensazione che qualcosa sfuggisse alla sua
comprensione. Continuava a tornare con la mente alle immagini degli incontri
tra Oscar e Fersen in quegli ultimi giorni: non solo alle parole, ma a tutti
quei gesti così intimi tra loro, considerato il fatto poi che non si vedevano
da diversi anni. Capiva che in ogni frase pronunciata dal conte svedese fossero
contenuti diversi messaggi, alcuni indirizzati unicamente ad Oscar, e non in
modo aperto e convenzionale. Senza rendersene
conto, la sua memoria cominciò a rielaborare i racconti di Oscar, del suo
passato, soprattutto i punti dove questi si interrompevano…
Fersen…il
suo rapporto con la regina…la sua ferita al braccio…la fuga in Normandia…la
decisione di vivere come un uomo…
Ad
un tratto, istintivamente, le sue braccia serrarono le redini ed il suo cavallo
si fermò, scrollando il capo per il fastidio.
Tutto
gli sembrò chiaro, talmente evidente da chiedersi come non lo avesse compreso
prima.
Oscar
e Hans…i sentimenti che lei nutriva nei suoi confronti avevano visto la luce,
Fersen li conosceva.
Una
mano che non può più ferire con la spada, ma può cogliere un fiore e regalare
carezze…
Ricordava
quelle parole, mentre le ripeteva tormentandosi appena giunta alla domaine. Lei si
era concessa di lasciare che il suo cuore di donna si esprimesse…e se ne era
pentita. Non riusciva a comprendere tutte le sfaccettature della vicenda, ma
era certo che questa esperienza l’avesse profondamente ferita.
E
poi il suo arrivo a Chablis! Il Generale Jarjayes non avrebbe mai rinunciato
alla carriera militare della figlia, cresciuta da sempre come il suo erede. La
menomazione al braccio non le aveva impedito di ricoprire un’alta posizione di
comando…no…c’era dell’altro, qualcosa che, stravolto dal suo insperato arrivo,
non aveva domandato.
Era
geloso di questo antico amore?
No,
gli era chiaro che fosse il silenzio di Oscar a ferirlo.
Perché?
E
Fersen, nonostante si preoccupasse unicamente del suo cuore, votato da sempre a
Maria Antonietta, non aveva esitato a fare uso del suo fascino e del suo
ascendente su di lei per sostenere le sue argomentazioni.
Bastardo…
Spronò
il cavallo, col cuore in subbuglio e i battiti accelerati, in preda ad una
nuova angoscia.
Deviò
all’ultimo per la tenuta di Lord Weston, consegnò sbrigativamente il pacco del
sarto ad uno dei domestici, senza attendere di essere ricevuto dal padrone di
casa. Infine si diresse verso la tenuta De la Borde, lasciando la strada
principale, attraversando la radura dove era avvenuto il suo primo incontro con
Oscar.
Non
dovevo andarmene così, senza approfondire le sue intenzioni…lasciando campo libero
a Fersen ed a tutte le sue storie!
Fu
allora che li vide. Dal crinale della collina scorse due sagome a cavallo
dirette in senso opposto al suo, verso Auxerre. Oscar davanti con Caesar, lo
svedese dietro di lei, con un bagaglio leggero. Probabilmente i loro bauli li avrebbero
seguiti in carrozza nei giorni successivi.
Calcolò
mentalmente la possibilità di raggiungerli, ma in quel punto la pendenza del
sentiero non gli avrebbe consentito di lanciare il cavallo al galoppo…e
poi…l’avrebbe fermata se lei avesse deciso di tornare a Versailles?
Si
aggrappò con tutte le sue forze alla speranza che non fosse vero, che Oscar
stesse solo accompagnando per un tratto il suo ospite…voltò il cavallo e si
diresse velocemente verso casa.
Giunto
alle scuderie vide Sebastiane venire tutto festante verso di lui.
Gli
chiese qualcosa riguardo a certi dettagli della festa, ma Andrè non riuscì a
fare altro che mettergli in mano le redini del cavallo e intimargli di togliere
la sella e sistemarlo.
Si
diresse a grandi passi verso la dimora, avvertendo alle sue spalle la delusione
del figlio per i suoi modi bruschi.
Spalancò
la porta di casa e cominciò a guardarsi attorno, senza sapere neanche lui cosa
cercare. Entrò nello studio e nelle cucine, entrambi vuoti. Allora salì le
scale e vide Muet uscire dalla camera di Oscar. Lo fissava in silenzio, con
l’aria di chi fosse stata colta in fallo. Chiuse la porta alle sue spalle e
istintivamente vi si fermò davanti, quasi ad impedire il passaggio.
Si
guardarono per qualche istante, poi Andrè la allontanò lentamente e premette la
maniglia.
Non
ebbe bisogno di entrare. Rimase accanto a Muet un secondo, prima che questa si
allontanasse rapidamente, silenziosa come sempre.
Gli
armadi della camera erano spalancati…i cassetti aperti…vuoti…
Si
voltò verso la toelette: niente spazzola, nessuna boccetta di colonia..
Le
immagini che seguirono furono confuse. Le scale, le urla di richiamo di
Sebastiane, il volto imperscrutabile di Muet, la porta, il giardino e poi
sempre più lontano, tra i filari di vite, a perdifiato, fino alla sommità della
collina, sotto la quercia dove aveva rinvenuto il corpo esanime di Estelle…solo
quando ebbe finito la sua folle corsa, solo lì, si lasciò cadere sulle
ginocchia e pianse liberamente, con tutte le forze che aveva in corpo,
prendendo a pugni e strappando l’erba sotto le sue mani.
Dopo
un periodo di tempo che a lui sembrò interminabile, intervallato dai suoni del
campanile di Chablis via via che passavano le ore, si riprese, richiamato dalle
urla di Sebastiane che invocavano il suo nome.
Lo
raggiunse a metà strada; il ragazzino
era tutto trafelato ed evidentemente confuso dal suo comportamento. Non gli
sfuggì l’aspetto sconvolto del padre.
“Sono
qui, Sebastiane” lo salutò quando lo raggiunse. Si era già cambiato, indossava
l’abito buono ed aveva i capelli perfettamente pettinati. Gli sorrise per tranquillizzarlo.
Avrebbe avuto tempo per dare spiegazioni, quello non era il momento.
“Non
dirmi niente…lo so, è tardi…devo cambiarmi…”
Gli
passò rapidamente davanti e senza aspettarlo si diresse alla domanine.
Si
scoprì a compiere i gesti consueti come un burattino senz’anima: salì le scale,
entrò in camera sua, guardò senza curiosità i vestiti per la festa che Muet
aveva preparato sul suo letto e si spogliò rapidamente per sciacquarsi. Immerse
completamente la testa nel catino colmo d’acqua, cercando refrigerio per i suoi
occhi così stanchi, e si sollevò con uno scatto veloce, lasciando che le gocce
scivolassero dai suoi capelli sul suo volto e sulla schiena. Osservando la sua
immagine nello specchio notò dietro di lui una boccetta viola appoggiata sul
suo cassettone.
Si
avvicinò e la prese tra le dita: era il profumo di Oscar, un’essenza lievemente
muschiata ma con una nota dolce, di rosa, che avrebbe riconosciuto ovunque.
Sollevò
il tappo e l’avvicinò per sentirne l’aroma: le immagini del corpo nudo della giovane
riaffiorarono immediatamente, insieme alla percezione della sua pelle liscia
sotto le sue dita…Tutte cose che ormai facevano parte del mondo dei ricordi….
Lo
ripose sul mobile, chiedendosi con quale intenzione Muet glielo avesse lasciato
lì.
“Padre!”
La
voce di Sebastiane lo riportò alla realtà.
“Siete
strano da quando avete fatto ritorno da Auxerre…” fece una pausa, ma Andrè non
aggiunse nulla.
“Spero
che sia andato tutto bene…che non ci siano cattive notizie…”
“No,
tranquillo figliolo” rispose voltandosi. Non voleva rattristarlo in una
giornata che era seconda solo a Natale quanto a gioia per suo figlio.
Il
ragazzo gli allungò un biglietto ripiegato.
“Oscar
mi ha detto di darvelo stasera”
Rimase
un attimo sospeso così, poi Andrè allungò a sua volta la mano e prese il
foglio.
“Grazie
Sebastiane…ora puoi andare, se vuoi”
Il
figlio esitò un secondo, poi uscì.
Quando
il rumore della stampella di Sebastiane si perse del tutto aprì il foglio.
Una
sola parola e la sua firma.
Aspettami!
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