Epilogo
Due mesi dopo
-Io Ron Bilius Weasley riprometto di amarti e onorarti
finchè morte non ci separi-
-Io Hermione Jean Granger riprometto di amarti e onorarti
finchè morte non ci separi-
E attraverso le lacrime che mi offuscano gli occhi, il prete acconsente
mio padre a baciare mia madre.
Questi ultimi due mesi sono volati, tanto che mi sembra di aver varcato
l’uscita di quel fastidioso Ospedale solo ieri.
Tutta la famiglia Weasley e Granger mi ha accolto a casa come se fossi
una sopravvissuta, tuttavia riconoscere ogni piccola e insignificante
sfaccettatura su ogni viso di ogni componente mi ha fatto sentire
finalmente a casa.
Abbracciarli, ridere con loro, riconoscere ogni loro movimento come se
fossimo riuniti in un giorno qualunque e non per il mio ritorno, mi ha
fatto sentire leggera, spensierata, felice.
Sono riuscita, dopo aver passato delle ore a piangere
ininterrottamente, a sentirmi meno male e meno sola.
Poi sono ritornata a casa dei miei e ho passato l’ultima
settimana di scuola ad Hogwarts.
Scorpius, le mie cugine e i gemelli Scamander mi hanno aiutata
tantissimo a recuperare tutto lo studio che mi ero persa, ma nonostante
questo con la Preside Mc Granitt abbiamo deciso che i M.A.G.O.
lì terrò a fine Agosto.
Tutti hanno cercato di non farmi pressione, di non domandarmi nulla, di
non nominare Eve neanche per sbaglio. Hanno cercato tutti di
proteggermi.
Nei rari momenti in cui sono rimasta sola con me stessa, non sono
riuscita comunque a far altro che piangere.
Davanti alla mia famiglia, ai miei amici, a Scorpius ho fatto
esattamente come hanno fatto loro, ho cercato di proteggerli dal mio
dolore.
Nonostante siano passati due mesi dal mio ritorno, non riesco ancora a
sentir meno la mancanza di Eve. Anche oggi, mentre i miei genitori
rinnovano le loro promesse, non riesco a bloccarmi nel cercare tra la
folla il suo volto dolce, mentre ride con Lily e Roxy, abbracciata ad
Al magari.
Non sono riuscita neanche a togliere la sua roba dalla nostra stanza, o
meglio dalla mia stanza.
Per quanto il dolore sia forte, talvolta accompagnato dalla rabbia, non
riesco a smettere di pensare che magari un giorno Eve potrà
ritornare a far parte della mia vita, potrà ritornare ad
essere la mia migliore amica.
In caso non fosse così, sono più che consapevole
che rimarrà sempre un vuoto incolmabile in me e nella mia
vita.
Tra gli applausi felici scorgo il volto di Scorpius che mi sorride. Non
che mi sorprenda, dato che ogni volta che ho girato gli occhi su di
lui, l’ho ritrovato a fissarmi, quasi con sguardo estasiato.
In questi due mesi è stato fondamentale per me. Nei momenti
peggiori è sempre stato il primo ad accorgersene, quasi come
se mi leggesse nella mente e sapesse cosa provassi, soprattutto quando
cercavo di non farlo vedere.
Subito dopo esser uscita dall’Ospedale è venuto a
trovarmi a casa. Imbarazzante.
Mamma l’ha trattato come se fosse un figlio, papà
l’ha minacciato di morte prematura ogni cinque minuti,
più o meno. Lenta e dolorosa, ha più volte
specificato.
Mi è venuto a trovare ogni giorno e alla fine
papà ha smesso di minacciarlo e hanno iniziato a parlare, di
Quidditch principalmente, ma hanno comunque iniziato a parlare no?
Ovviamente i miei l’hanno capito subito cosa ci fosse tra me
e Scorpius, anche e soprattutto senza che dicessi nulla. Meglio
così, mi hanno evitato un’altra e più
imbarazzante situazione.
Mi hanno comunque entrambi fatto capire quanto siano felici di me e di
Scorpius e che è davvero un bravo ragazzo.
Riesco a fare le congratulazioni a mamma e a papà, giusto in
tempo prima di essere sommersa dagli auguri e dalle urla della famiglia
Weasley.
-Hai capito il piccolo Ron-Ron- lo schernisce la voce di zio George.
-Non osare chiamare così mio marito- urla di scatto la mamma.
-Dai Herm, non sarai di certo ancora gelosa eh?- ribatte in lontananza
la voce divertita di zio Harry, ma non riesco a capire come finisce,
dato che raggiungo finalmente il portone che mi porta sulla Terrazza.
Prendo un lungo respiro.
Amo la mia famiglia e il frastuono che riescono a combinare tutti
insieme ha attutito il flusso di pensieri che, volente o nolente, mi ha
travolto il cervello in questi ultimi mesi. Alcune volte
però ho bisogno di una pausa e calmarmi.
-Hey, ti ho trovata finalmente- sento alle mie spalle la voce di
Scorpius.
È sempre stato incredibilmente bello, ma oggi con il suo
smoking grigio perla ha qualcosa che lo rende ancora più
affascinante.
-Prendevo una boccata d’aria- gli sorrido, mentre accolgo le
sue braccia sulla mia vita.
La splendida location che i miei avevano scelto per oggi, ha una magica
terrazza in pietra levigata che percorre lungo il lato sinistro. Ti
permette di ammirare il tramonto, che sembra riempire di rosso
aranciato le colline intorno alla villa, che ci sta ospitando.
-Non stai bene?- mi domanda Scorpius preoccupato.
-Si, si, sto bene, non preoccuparti- ribatto velocemente, cercando di
stamparmi un bellissimo sorriso sulla faccia.
Lo sguardo dubbioso con cui mi guarda mi fa capire di non esser stata
troppo convincente, ma da Scorpius, il quale credo talvolta mi legga
nella mente, non potevo aspettarmi altro.
Mi giro tra le sue braccia per riportare lo sguardo verso il sole
striato di arancione. Con le mie braccia stringo forte le sue e
appoggio la schiena sul suo petto.
Rimaniamo per un po’ in silenzio, rapiti forse dal paesaggio
magico davanti a noi, o forse perché alcune volte il
silenzio vale più di mille parole.
-Ti ricordi quando avrei voluto portarti sulla Terrazza Wonders per
farti vedere il tramonto?- mi domanda piano Scorpius.
Sorrido annuendo.
-Si avvicina molto a questo- continua lasciandomi un bacio sulla
guancia.
Mi rigiro lentamente tra le sue braccia, sorridendo ampiamente -Avevi
ragione allora. È stato davvero uno spreco che quella sera
lì piovesse-
-Un vero peccato- conferma sorridendo anche lui.
Se mi fermo a pensare, non riesco più a sentire stranezza
nei nostri abbracci, nei nostri baci, nelle nostre carezze.
Ormai è familiare, naturale e se dovesse un giorno venire a
mancare la possibilità di sentire il suo forte profumo di
cioccolato … bhe non ci voglio neanche pensare,
perché appunto è impensabile per me una vita
senza di lui ormai.
E so per certo che per lui è lo stesso, dato che i suoi
occhi grigio ghiaccio sono sempre e costantemente riscaldati dalle sue
famose pagliuzze dorate.
Non è più lo Scorpius glaciale e freddo che
conoscevo prima ed io non sono più la Rose saccente e
irritante. Siamo cambiati e lo abbiamo fatto insieme.
-Approfitto per parlarti di una cosa- inizia allontanandosi un
po’ da me, senza smettere di sorridere, anche se negli occhi
sfocia una piccola goccia di preoccupazione.
-Certo, dimmi pure-
Con un ultimo sorriso nella mia direzione, abbassa gli occhi per
puntarli sulla tasca destra del pantalone, dalla quale fa fuoriuscire
un piccolo mazzo di chiavi, con un ciondolo a forma di rosa.
-L’altro giorno mentre passeggiavo per le strade di Londra
con Al, ci siamo fermati davanti ad un cartello con scritto vendesi. In
quel momento ho pensato a come potrebbe essere se vivessimo tu ed io
… insieme- continua lasciando scappare l’ultima
parola in un tremolio.
Sono sorpresa, tanto che non riesco a fare altro che tenere la bocca
aperta e alternare lo sguardo tra il suo viso sempre più
preoccupato e ansioso e la sua mano che tiene tra le dita il piccolo
mazzo di chiavi, che oscillano leggermente.
Dentro sono esplose contemporaneamente una miriadi di emozioni: gioia,
adrenalina, ansia, felicità, paura.
Il cuore batte furiosamente, mentre la mia bocca continua a non voler
spiccicare una parola.
-Rose, che ne dici?- mi domanda Scorpius, abbassando la mano che
contiene le chiavi, con tono sempre più preoccupato.
-Non ci credo- riesco solo a sussurrare, prima di buttargli le braccia
al collo e baciarlo forte.
-Assolutamente si- urlo quasi, mentre nel contempo gli lascio
tantissimi baci a stampo.
Lui risponde prima sospirando, quasi avesse davvero paura di un mio
possibile rifiuto. Dopodichè mi prende tra le braccia e mi
fa volteggiare, chiaro e forte il suono delle nostre risate felici in
sottofondo.
***
Rientrati in sala ci fiondiamo sul buffet, ricco e profumato.
La sala è composta da una serie di volte sul soffitto,
abbellite da fiocchi in seta e organza color avorio. Lanterne sono
sparse sul soffitto in modo quasi disordinato, le quali però
riescono a dare comunque un tocco di magico romanticismo.
Il centro ospita una grande pista da ballo, costeggiata da piccoli e
medi tavolini già occupati dagli ospiti, che mangiano,
chiacchierano e sembrano davvero divertirsi.
Una persona spicca notevolmente in questa folla gioiosa e festeggiante,
un piccolo ma grande puntino nero triste e sconsolato.
Ho cercato egoisticamente di ignorarlo per tutto il tempo, dato che il
suo comportamento non aiuta la mia voglia di essere tranquilla, almeno
durante il giorno delle promesse dei miei genitori.
Ma, come succedeva spesso, non sono riuscita ad ignorarlo troppo a
lungo, dato che è anche l’unico a capire in pieno
il dolore che vive nel mio cuore.
-Hey- saluto mio cugino Albus, sedendomi di fianco a lui.
Ha in mano una bottiglia di vino babbano e nell’altra un
bicchiere stracolmo di quella bevanda dal forte odore amarognolo.
Indossa uno smoking, la cui camicia ha i primi due bottoni slacciati e
non vi è traccia né di cravatta né di
papillon.
Questo è il meglio che è riuscita a fare zia
Ginny probabilmente, dato che all’inizio Al non ci sarebbe
voluto neanche venire oggi qui.
Come al solito come saluto ottengo un’occhiata veloce, sta
volta accompagnata da un’alzata frettolosa del bicchiere,
poco prima di essere svuotato di colpo dalla bocca di Al.
Lo guardo e nonostante abbia riabbassato lo sguardo, nei suoi occhi
verdi non splende più quella scintilla che lo
caratterizzava. Ha profonde occhiaie e le guance non sono
più morbide e paffutelle come prima, bensì scarne
e scavate.
Lily e zia Ginny mi han detto di come Al non riesca a fare altro che
attaccarsi ad una bottiglia e bere, riuscendo a non toccare cibo per
giorni interi, senza uscire dalla sua stanza. La notte lo sentono
ancora piangere.
Hanno cercato di aiutarlo, ma tutte le volte in cui sono intervenuti,
Al ha reagito male, urlando, sbraitando e lanciando ogni cosa gli si
trovasse a tiro.
“Voi non potete capire” , “Sto
male”, “Lasciatemi stare”,
“Lasciatemi solo”.
-Sembra che si stiano divertendo tutti- dico non sapendo esattamente
cosa dire.
In pista tutti ballano, ridono, chiacchierano tra di loro, mentre qui,
seduta di fianco ad Al, riesco a sentirmi più vicina al suo
stato d’animo che a quello degli altri.
Un po’ come se mi sentissi capita.
-Che si divertano, finchè possono- ribatte secco,
riempiendosi di nuovo il bicchiere.
Giro di nuovo lo sguardo verso di lui e la domanda mi nasce spontanea
-Come stai?-
So benissimo che sta male, che soffre e probabilmente bere lo aiuta a
svuotarsi la mente, ma tanto mi manca la mia migliore amica, quanto mi
manca il mio migliore amico.
Ho cercato di lasciargli spazio, il tempo per metabolizzare, per capire
o contestualizzare tutto ciò che è successo, ma
sembra prendersela comoda e ho paura che si arrivi ad un punto di non
ritorno troppo in fretta.
-Che cazzo di domande fai?- mi sbotta infatti, continuando a svuotare e
riempire quel cavolo di bicchiere.
-Sono la tua migliore amica, è ovvio che mi preoccupi per te
Al- cerco di allontanargli la bottiglia di vino che finalmente aveva
appoggiato sul tavolino.
Un’occhiata velenosa da parte sua blocca la mia mano dal
continuare la corsa.
-Nessuno ti ha chiesto di farlo, mi pare-
Morgana quanto lo prenderei a sberle!
-Non c’è mica bisogno di chiederlo- rispondo
seccata allo stesso modo.
-Tu non pu … -inizia la solita manfrina, ma questa volta la
tronco sul nascere.
-Cosa Al? IO non posso capire? Hai sul serio il coraggio di dire che IO
non posso capire?- domando enfatizzando la parola IO in modo chiaro e
deciso.
Sta volta ho tutta l’intenzione di farmi ascoltare.
Allontano con fermezza la bottiglia da lui, appoggiandola sul tavolino
alle nostre spalle e mi rigiro nella sua direzione con rabbia.
-Io sono stata avvelenata dalla mia migliore amica, la sorella che ho
sempre desiderato mi ha quasi uccisa e mi ha urlato addosso il suo
odio, l’ultima volta che l’ho vista. Il mio
migliore amico invece sta cercando di uccidersi, alcolizzandosi tutti i
santissimi giorni, senza permettere a nessuno di aiutarlo, esattamente
come ha pensato di fare Eve. Non sono riuscita ad aiutare lei e ogni
giorno mi maledico per non aver capito niente, per non esser
intervenuta e ogni giorno sto male non avendola più con me.
Cosa ti fa pensare adesso, che io possa rimanere qui a guardarti inerme
fino a che non ti ammazzi anche tu?- non so come io abbia avuto la
forza di non urlargli in faccia queste parole.
Qualcosa in lui si è mosso finalmente, perché ha
abbassato il bicchiere e ha rivolto tutta la sua attenzione su di me.
-Ti manca talmente tanto che non sei mai andata a trovarla, ma hai
continuato la tua vita felice con il tuo fidanzato perfetto, senza
però degnarla di un pensiero-mi sgrida non lasciando
trapelare neanche un’emozione, scandendo fin troppo bene le
parole per uno che ha ingoiato non so quanti litri di vino e alcool.
Comunque sia mi ha lasciata di sasso.
-Io la penso tutti i giorni- dico guardando quegli occhi verde ormai
spenti, quasi vuoti -Non sono andata a trovarla perché lei
mi odia e la mia presenza non le fa bene-
È vero, lei mi odia e questo è ciò che
più mi fa male, dato che io non ho smesso di volerle bene
esattamente quanto gliene volessi prima.
.La Eve che hai di
fronte non ti vuole bene, ti disprezza-
La sua voce rabbiosa mi risale nella mente, ricordandomi che la mia
migliore amica era scomparsa e io non so neanche quando è
successo di preciso.
-Non dire stronzate- riecheggia forte la voce di Al nelle mie orecchie
-ogni volta che la vado a trovare non fa altro che chiedermi di te-
Lo guardo stupita.
-La sei andata a trovare?- domando in un sussurro sorpreso -E chiede di
me?-
-Certo che sono andato a trovarla. È la ragazza che amo e
non smetterò di farlo per quello che ha fatto. La colpa non
è sua se è malata- ribatte con decisione,
marcando il concetto sbattendo forte il bicchiere sul tavolo.
La colpa non
è sua se è malata.
Quanto posso essere stata stupida.
Ha ragione Al. Non è la mia migliore amica ad odiarmi, ma la
malattia la fa diventare così e io, come pessima migliore
amica, non l’ho capito. Anzi sono rimasta a casa, nel mio
rifugio, a crogiolarmi nel mio dolore, senza neanche lontanamente
pensare al suo.
Lei è lì rinchiusa, da sola, in una stanza senza
finestre, al buio, circondata da persone sconosciute. E se aggiungiamo
che tali persone si avvicinano a quell’imbecille
dell’infermiere che mi ha accompagnato quel giorno da lei, la
situazione peggiora sempre più.
-Come sta?- gli domando in un sussurro, mentre inevitabilmente i miei
occhi si riempiono di lacrime.
-Male. Per quanto i medimaghi cercano di aiutarla con le medicine e i
psicofarmaci, la malattia diventa sempre più opprimente-
risponde con rabbia, forse dettata dal fatto che se fossi andata anche
io a trovarla, non avrei avuto bisogno di porla questa domanda.
-Ma io riuscirò a farla uscire da lì- continua Al
risoluto, sorprendendomi nuovamente -Sono sicuro che prima o poi a
vincere sarà lei e io sarò lì quel
giorno- ribatte deciso.
Lo guardo negli occhi e finalmente una piccola scintilla del vecchio Al
fa una lieve comparsa.
Per quanto stia male a non averla di fianco a se, non ha mai smesso di
lottare per lei e con lei, ed è determinato nel salvarla.
Ammiro Al.
Mi vergogno di me stessa.
Ho abbandonato la mia migliore amica, la sorella che ho sempre
desiderato e che ho avuto alla fine. Le voglio un sacco di bene e
ciò non mi ha comunque permesso di aiutarla e di lottare con
lei.
-Non è tardi comunque- fa capolino nei miei pensieri la voce
quasi dolce di Al -Se vuoi lottare insieme a me per lei e con lei, non
è tardi-
Non è una domanda, ma un’affermazione chiara e
decisa.
Mentre lo guardo negli occhi, felicemente sorpresa per la terza volta
da Al in poco tempo, le sue iridi verdi mi trasmettono forza e voglia
di combattere insieme a me.
D’istinto mi butto tra le sue braccia e stringo mio cugino,
nonché il mio migliore amico, più forte che posso.
Mi è mancato un sacco.
-Assolutamente si Al, voglio combattere con voi- gli sussurro, mentre
calde lacrime si infrangono sulle mie guance e sulla sua camicia.
***
Questa mattina è la mattina.
Subito dopo quella chiacchierata ci eravamo messi d’accordo
per il giorno dopo per andare a trovare Eve insieme.
Sono nervosa, molto nervosa. Non ho la più pallida di come
comportarmi con lei, di come lei reagirà alla mia vista.
Se riuscirò ad abbracciarla o, in realtà, se
riuscirò semplicemente a parlare e non a piangere e basta.
Sul comodino mi saltano all’occhio le chiavi che ieri Scorp
mi ha dato per chiedermi di andare a vivere con lui.
Mi rigiro, con un sorriso dolce sulle labbra, quel metallo sottile tra
le dita, soffermandomi sul portachiavi a forma di rosa.
Sto per andare a convivere con il mio acerrimo nemico ai tempi della
scuola, chi l’avrebbe mai detto eh?
E, cosa ancora più importante, non vedo l’ora che
succeda.
-Quindi non hai cambiato idea- sobbalzo nell’udire quella
voce sensuale alle mie spalle.
-Che ci fai qui?- domando, senza trattenere un sorriso. Non riesco a
fare altro che ridere ogni volta che lo vedo.
-Sono venuto a vedere come stai- mi risponde, prima di far nascere su
di se il suo ghigno, che ormai ho imparato ad amare -Se vuoi me ne vado
eh-
-No, no- esclamo velocemente, facendo due passi verso di lui.
Di tutta risposta sorride, prima di allargare le braccia in un invito
ad abbracciarlo.
Il suo profumo è delizioso, delicato ma allo stesso tempo
forte, mi fa sentire protetta.
Mi abbraccia forte, prima di lasciarmi un bacio lieve sul collo e
annusarmi subito dopo.
Inevitabilmente lo stringo più forte, tanto quanto
l’esplosione che è nata dentro di me.
-Mi manchi sai- mi sussurra contro la pelle e questo non fa che
accentuare i brividi che mi cospargono il corpo.
-Anche tu- sussurro di rimando.
Negli ultimi due mesi non avevamo avuto chissà quante
occasioni per stare insieme e, bhe, sotto quel frangente quasi
inesistenti, perciò sì mi mancava da morire.
Inizia la corsa di baci per tutto il collo, fino ad arrivare alla
mandibola, che bacia anche essa minuziosamente. Una corsa lenta e
dolorosamente eccitante.
Averlo così vicino mi destabilizza ogni volta, mi spegne
ogni facoltà e ogni possibilità di pensiero.
Figuriamoci di parola!
Arriva troppo lentamente, ma allo stesso tempo velocemente, sulle mie
labbra, dando così inizio ad un bacio passionale, profondo,
desideroso di qualcosa di più non avuto per troppo tempo.
Le mie braccia si attaccano al suo collo per stringerlo ed avvicinarlo
a me il più possibile e lui fa la stessa cosa allacciando le
sue sulla mia vita.
Ci baciamo con foga famelica, intrecciando le nostre lingue in una
danza feroce, dando parola al desiderio che sentiamo dentro.
I miei denti afferrano il suo labbro inferiore, mentre le sue mani mi
stringono più forte, sollevandomi di poco dal pavimento.
In questo preciso momento mi rendo conto di quanto averlo con me mi
manchi, di quanto abbia voglia di lui e di stringerlo forte a me. Di
risentire le nostre pelli a contatto, di avere sotto le mie dita tutto
il suo corpo, di afferrarlo e non lasciarlo più. Di avere le
sue dita che vagano per il mio corpo, sentirlo bruciare in un fuoco
passionale, che solo lui riesce a farmi provare.
Ci stacchiamo dalle labbra uno dell’altro e sento subito
nascere in me l’esigenza di avere le sue labbra attaccate
alle mie.
Insaziabile, ecco come mi sento.
Continua portando le sue labbra sul mio collo, mentre le braccia e le
gambe mi trascinano verso l’indietro. La corsa si blocca solo
quando la mia schiena si scontra con il legno duro della libreria.
Ma non mi importa, l’unica cosa che desidero è che
lui non smetta di baciarmi e succhiarmi il collo. Io non riesco a fare
altro che stringere le mie dita forte nei suoi capelli, vogliosa di
sentirlo sempre più su di me.
Le sue mani si insinuano sotto la camicetta che ho deciso di indossare
oggi e un sospiro di soddisfazione mi esce dalla bocca.
-Non resisto più- sussurra subito dopo, dando voce anche ai
miei pensieri -Ti voglio- continua, prima di staccarsi da me e puntare
le sue iridi grigio ghiaccio nelle mie verdi -Adesso-.
Il forte desiderio che sta provando, anzi che stiamo provando, glielo
leggo in faccia e questo mi fa rabbrividire ancora di più.
-Adesso- sussurro in risposta, mentre le mie mani si fiondano
sull’orlo della sua maglietta, pronte a sfilargliela il
più in fretta possibile.
La sua testa sta giusto per spuntare fuori dal buco della maglietta per
la fuori uscita della testa, quando veniamo interrotti da qualcuno che
ha la fottutissima idea di tossicchiare.
-Porco Salazar- si fa scappare chiaro e tondo Scorpius, sbuffando forte
al contempo.
-Ringrazialo Salazar che al posto mio non ci fosse zio Ron ad aprire
questa porta- ridacchia in risposta Al, mentre sorride sghembo sorretto
sullo stipite della porta.
-Ringrazia Salazar che non ti sto prendendo a pugni- ribatte forte
Scorpius, facendo nascere su di se uno sguardo serio, che non riesce a
nascondere totalmente una lieve sfumatura di malizia e
complicità.
-Adesso che abbiamo fatto i dovuti ringraziamenti, ce ne possiamo
andare?- domanda Al nella mia direzione, continuando a sogghignare.
Non voglio neanche lontanamente pensare a cosa fosse potuto succedere
se, per disgrazia di Merlino, ad aprire quella porta ci fosse stato mio
padre.
Ho i brividi solo al pensiero!
-Roooosee- mi sventola una mano davanti alla faccia Scorp, mentre Al
ridacchia qualcosa come “Quasi quasi lo chiamo zio Ron,
voglio vedere che combinate”.
Brutta serpe che non è altro.
Gli lancio una brutta occhiata, prima di girarmi verso Scorpius.
Ho paura e sono preoccupata di quello che potrà succedere,
perciò ho bisogno di sapere che lui ci sarà con
me, anche se non fisicamente.
-Io ti aspetto giù- sento dire dalla voce di Al- Ma non fare
troppo tardi che a chiamarti ci mando zio Ron questa volta- ridacchia,
prima di sbattere la porta dietro di se ed evitare alla grande il libro
che gli ho lanciato addietro.
-Da quando è così spiritoso?- domando stizzita.
Non sono proprio stizzita con Al in realtà, me la sto
facendo soltanto addosso.
-Vedrai che andrà tutto bene- ribatte Scorpius con un
leggero sorriso sulle labbra, mentre mi abbraccia -Ricordati che
rimarrà sempre la tua migliore amica, qualsiasi cosa succeda-
-Lo so- sussurro contro la sua spalla, mentre inspiro il suo profumo
-Ma se dovesse ancora odiarmi? Se mi dovesse urlare ancora contro
quanto mi disprezzi? Non so se ho voglia di sentirlo di nuovo- mi
lascio scappare senza volerlo, quasi in tono di lamento.
-Sappi che non è la tua migliore amica a parlare-
controbatte deciso, prima di far incontrare i nostri sguardi -Lei ti
vuole bene tanto e forse più di quanto gliene voglia tu.
Siete cresciute insieme, avete affrontato tempeste e giornate
soleggiate insieme. Questa è semplicemente
un’altra tempesta, magari la più forte e
impetuosa, ma insieme supererete anche questa- continua con decisione
-Se ci credi tu, vedrai che ci crederà anche lei-
Lo guardo sorridendogli lievemente.
Ho paura è vero, ma stare con lui questi dieci minuti ha
fatto sì che una parte di paura si sia trasformata in forza
e determinazione.
Mi fa proprio bene questo ragazzo e, oltretutto ha ragione, superermo
anche questa tempesta insieme.
È la mia migliore amica e non ho intenzione di abbandonarla,
per quanto la strada sia tortuosa e difficile, affronteremo anche
questa.
-E poi, che ne sai, magari rimarrete a parlare ore e ore su quanto Al
sia un emerito idiota e su quanto io invece sia fantastico- continua
ghignando alla made-in-Malfoy.
-Ma per favore- ribatto spingendolo di lato -Sei sempre il solito
Malfoy- continuo dirigendomi verso la porta.
-Hey- mi chiama prendendomi da un braccio -Hai il coraggio di dire che
io non sono fantastico e Al un emerito idiota?- domanda fingendosi
oltraggiato.
Non riuscendo del tutto a non sorridere ribatto -Assolutamente. Dico
che entrambi siete due fantastici emeriti idioti-
-Nessuno aveva mai osato dirmi una cosa del genere- continua
avvicinandosi e prendendomi dai fianchi.
-C’è sempre una prima volta- ribatto fiera, prima
di baciarlo velocemente e correre fuori dalla porta.
-Mai dire mai nella vita- continuo urlando, mentre scendo le scale
velocemente. Subito dopo sento la sua risposta in una voce
divertita -Appena torni sarà peggio per te Weasley-
Come al solito vuole sempre avere l’ultima parola, arrogante
che non è altro.
Ma, purtroppo o per fortuna, è proprio per questo che lo amo.
-Pronta?- mi domanda Al non appena esco fuori casa.
-Prontissima- ribatto afferrandolo per un braccio.
Sono pronta a riprendermi la mia migliore amica.
ED ECCOCI FINALMENTE
ALL'ULTIMO CAPITOLO!
POSSO PIANGERE?
GRAZIE INFINITE PER
ESSERE ARRIVATI FINO A QUI!
RINGRAZIO ED ABBRACCIO
OGNUNO DI VOI PER AVER SCELTO DI INIZIARE E FINIRE QUESTA AVVENTURA
INSIEME A ME!
PER L'ULTIMA VOLTA, VI
CHIEDO DI DIRMI COSA NE PENSATE DELL'EPILOGO E DELLA STORIA IN SE'!
GRAZIE ANCORA TANTISSIMO!
AD UNA PROSSIMA STORIA,
SPERO!
UN BACIO,
HERM:*
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