carve
Do
you want to carve a pumpkin?
Crowley si sentiva particolarmente
fiera di sé stessa: per la prima volta da quando aveva messo piede
in casa Dowling aveva istruito Warlock su Halloween. Riteneva di aver
svolto un ottimo lavoro: aveva accuratamente tralasciato tutti i
cenni storici sulle tradizioni celtiche, i raccolti e l'inverno e si
era concentrata esclusivamente su tutto ciò che di macabro gli
Americani erano riusciti a tirar fuori dalla loro goliardia. La tata
gli aveva parlato dei fantasmi, dei vampiri, dei licantropi,
imbastendo le narrazioni di particolari truculenti, anche se con
moderazione. Aziraphale si era raccomandato di non esagerare troppo:
dopo un attento esame della faccenda, infatti, l'angelo aveva dovuto
ammettere di non avere idee sufficientemente intriganti da sottoporre
a Warlock per mitigare il fascino dell'orrore in un mese come quello,
perciò Crowley avrebbe dovuto fare attenzione a non eccedere nel suo
campo per non turbare troppo l'equilibrio tra Bene e Male.
Il bambino si era rivelato
particolarmente ricettivo a quel gusto dell'orrido a cui la tata lo
esponeva. Questo all'inizio aveva preoccupato Crowley: forse si era
lasciata prendere troppo dall'entusiasmo e aveva potenzialmente
suggerito all'Anticristo mille nuove idee per distruggere la Terra al
compimento degli undici anni. Tuttavia, dal confronto degli appunti
combinati di tata e giardiniere era venuto fuori che l'atto più
maligno compiuto da Warlock nella prima metà di Ottobre era stato
piangere a ugola spiegata perché il cuoco aveva preparato biscotti a
forma di pipistrello e non di ragno. Per una questione di mera
sicurezza, comunque, la rossa aveva cominciato a fargli ritagliare i
festoni di carta a forma di zucca da appendere in giro per la casa,
giusto per unire un po' di sano divertimento alle storie di paura. Il
risultato era stato eccellente: una settimana dopo l'introduzione di
quella novità, seduto allo scrittoio della libreria, Aziraphale si
era visto costretto a complimentarsi con l'abilità di Crowley perché
il giovane Anticristo non aveva più fatto niente che eludesse dalla
routine.
«Che posso dire, angelo?»
aveva ribattuto il demone, ammiccando. «Sono il migliore»
Tutto procedeva per il meglio.
-
Mancavano due giorni ad Halloween
quando Warlock si gettò in grembo alla tata con la stessa irruenza
che di solito lo caratterizzava nel giorno del suo compleanno. Dal
fiato corto Crowley dedusse che avesse corso probabilmente per tutta
la casa prima di trovarla senza farsi acchiappare dai domestici.
Questo la fece sorridere: la tata era stata chiarissima in proposito
e correre senza farsi vedere dagli altri abitanti della villa era un
comportamento perfettamente accettabile, persino auspicabile da
qualsiasi bambino cattivo di buona famiglia.
«Tata, tata!» esclamò il
ragazzino alzando gli occhi sulle lenti scure dopo qualche respiro
profondo.
«Dimmi, carissimo»
cinguettò lei.
«Fratello Francis ha fatto
crescere le zucche in giardino!» spiegò Warlock tutto
eccitato. «Ha detto che posso intagliarne una per Halloween!»
Crowley sollevò le sopracciglia e
tentò di trasfigurare il ghigno che le stava spuntando sulle labbra
nel più innocente dei sorrisi: Aziraphale era astuto, non c'era che
dire, e stava sfruttando probabilmente l'unica vera arma a suo favore
per quella festività: il gioco. «Ha detto questo, mio
diavoletto?»
Il bambino rise: gli piaceva tanto
essere chiamato così, lo trovava divertente ed elegante.
«Sì, sì, ha detto che posso!
Posso, tata Ashtoreth, vero? Posso?»
Warlock brillava di energia. Crowley
considerò vagamente l'idea di negargli il permesso solo per fargli
fare più capricci, ma all'ultimo ci ripensò: l'intervento di
Aziraphale l'avrebbe rassicurata ancora di più sull'esito della
parentesi "Halloween" e non avrebbe avuto senso prolungare l'attesa.
«Sssì, va bene»
Warlock batté le mani felice e subito
dopo afferrò quelle dell'altra. «Vieni con noi, tata
Ashtoreth!»
Crowley rimase
interdetta. L'angelo
avrebbe sicuramente avuto da ridire: se si
fosse messa in mezzo le probabilità di ostacolare
involontariamente il giardiniere nello svolgere la sua parte del piano
anti-Armageddon sarebbero state altissime.
«Dài, per favore!»
insistette il ragazzino.
Crowley sospirò: quelle erano le
parole magiche che la inducevano a fare qualsiasi cosa. Aziraphale
l'avrebbe metaforicamente uccisa, lo sapeva, ma dire di no ad un
cucciolo d'uomo di quattro anni che le chiedeva qualcosa per favore
le risultava sempre più difficile.
«E va bene, demonietto»
acconsentì, l'indice a premere la punta del naso di Warlock. «Ma
solo se Fratello Francis sarà d'accordo»
«Il giovane
Warlock ha insistito
perché fossi presente, Francis» disse Crowley sbrigativa.
«Spero di non essere d'intralcio, ma in tal caso-»
«Affatto, Miss Ashtoreth»
la interruppe il giardiniere con un sorriso. «Mi auguro
piuttosto che non l'abbia distolta dalle sue attività: non me lo
perdonerei»
Con grande
disappunto della rossa,
nulla nell'atteggiamento di Aziraphale lasciava intendere che volesse
dire l'esatto opposto di quello che gli era uscito dalle labbra. Si
rese conto di non avere scelta: non vi erano scuse adeguate
perché lei non si unisse a loro. Crowley si limitò a
scuotere la testa scoraggiata e a
dirigersi verso una delle sedie della modesta serra, la più
lontana
dal tavolo da lavoro su cui l'angelo aveva già posizionato la
zucca
più geneticamente modificata che la rossa avesse mai visto.
«Vieni qui, tata!» la
richiamò Warlock battendo la mano sulla porzione di tavolo accanto a
sé. Lo sguardo di Crowley si spostò su Aziraphale e si permise di
ammiccare in direzione del ragazzino, come a dirgli: Vedi che è
colpa sua? Io non ne sono responsabile.
«Prego, Miss» fornì il
giardiniere senza esitare, affabile come sempre.
«Non voglio disturbarvi»
tentò Crowley a parole, sperando di essere riuscita a comunicare
con il tono anche solo una piccola parte della sua preoccupazione per il piano:
quello era il territorio di Aziraphale, Crowley non c'entrava niente,
non aveva il diritto di mettersi in mezzo. Era l'Accordo, d'altronde.
«Insisto»
La rossa assottigliò le palpebre
dietro le lenti: se Aziraphale le avesse rinfacciato qualcosa –
qualsiasi cosa – di quella giornata, Crowley giurò che l'avrebbe
disintegrato, perché adesso qualunque fallimento sarebbe stato anche
colpa sua.
La tata si obbligò ad accettare il
consiglio e a piazzare la sedia vicino a Warlock, seduto a
capotavola.
«Bene» fece Aziraphale,
fregandosi le mani tra loro. «Cominciamo, che ne dici,
piccolino?»
Warlock annuì entusiasta e subito
sporse la mano sul piano di legno per raggiungere il set di coltelli
che sarebbero serviti per la realizzazione della zucca.
«NO!» tuonarono
all'unisono Crowley – che nell'atto aveva perso buona parte della
grazia della tata – e Aziraphale, protesi l'una a tenere il braccio
del bambino e l'altro a coprire con una mano le lame.
Il ragazzino li guardò con sospetto. «Dobbiamo intagliare la zucca» disse in modo logico.
«Senza farci del male, però,
signorino Warlock» spiegò il giardiniere. «Sono
strumenti affilati, vanno maneggiati con estrema cura per prevenire
ogni rischio»
Il moro dovette capire ciò che vi era
di sottinteso in quel discorso, e cioè che non avrebbe intagliato
personalmente alcunché, perché si voltò verso Crowley che ancora
teneva stretto il suo braccio.
«Tata, ma io so essere prudente.
Per favore»
Piccolo infame che non sei altro,
pensò lei, ma stavolta non avrebbe funzionato.
«Francis ha ragione»
scandì avvertendo su di sé lo sguardo durissimo del bambino.
«Ma voglio faro io! Non
me lo farà fare!» protestò Warlock, la voce acuta.
«No» confermò Crowley,
calma e autoritaria. «È per il tuo bene, Warlock.
Quei coltelli possono farti molto male, lo capisci?»
Il ragazzino corrugò la fronte e la
tata sapeva che stava cercando altre argomentazioni da sciorinare in
suo favore.
«Possono fare male anche a
Fratello Francis. Perché a lui lo lasci fare? Non ti importa di
lui?»
Maledetto piccolo demonio.
«Francis sa quello che fa»
il più delle volte e solo se non ha fame, ma questo ebbe cura
di non rivelarlo.
«Anch'io!»
«Non ne dubito, signorino
Warlock» intervenne Aziraphale. «Ma servono forza e
perizia per non rovinare la zucca. Lascia che ti mostri».
L'angelo cominciò ad illustrare quello che aveva voluto dire
posizionando le dita a diverse altezze sulla superficie
dell'ortaggio, rendendo evidente per il piccolo quanto sarebbe stato
semplice effettuare il taglio sbagliato e distruggere un ottimo
disegno in un batter d'occhio. Per convincerlo ancora di più sulla
durezza della zucca, poi, prese uno dei coltelli e ne incise la parte
superiore, che ne risultò scarsamente scalfita.
«Serve un po' di manualità, mio
giovane amico» concluse. «Più tardi potrai provare ad
esercitarti, ma solo quando sarà più sicuro. Che ne dici?»
La logica del discorso sembrava aver
colpito Warlock, anche se Crowley poteva sentire il lieve fremito che
lo stava attraversando: sarebbe tornato all'attacco, lo captava.
«Se non ti stanno bene queste
condizioni,» si intromise allora, «torniamo in casa e
non faremo più niente per Halloween»
Il ricatto funzionò definitivamente:
il bambino annuì mesto.
«Bravissimo. Ora, diavoletto,
vieni qui e lascia lavorare Francis in pace»
Warlock
obbedì, ritrovando il sorriso:
si accomodò subito sulle sue gambe e questa gli cinse il busto
con le mani guantate per tenerlo in tutta sicurezza. Quando Crowley
rialzò gli
occhi dal bambino per incrociare quelli di Aziraphale si accorse che
questi la stava guardando in modo particolare, avrebbe osato dire
tenero, e la rossa si sentì improvvisamente vulnerabile senza
saperne il perché.
Fu l'angelo a distogliere lo sguardo
per primo: cominciò ad ispezionare con cura la zucca per sceglierne
il lato migliore da scolpire. Quando l'ebbe trovato, avviò la
rimozione del picciolo con movimenti fluidi e accorti. Se Crowley non
avesse visto le nocche dell'altro sbiancare ogni volta che la mano
affondava nella polpa, avrebbe considerato quello come il lavoro
manuale più rilassante di tutti. Di sicuro era ipnotico da guardare:
Aziraphale ripeteva lo stesso movimento più volte su un lato e
quando doveva ruotare la zucca per continuare su tutta la
circonferenza lasciava il coltello infilzato nella linea del taglio
per non perdere l'angolazione corretta e poi ricominciava come prima.
Era così assorta a fissare l'angelo in
silenzio che quando Warlock parlò rivolgendosi a lei si ritrovò a
sussultare.
«Tu dici sempre che non devo
dare retta a Fratello Francis» mormorò il piccolo quando il
cerchio superiore era quasi del tutto sollevato. «Però solo
quando ti pare»
Crowley sentì la risata di Aziraphale
prima ancora che il suo cervello potesse elaborare una replica.
«Miss, dice davvero questo di
me?»
La rossa considerò la possibilità di
posare il bambino a terra e assaltare alla vita dell'angelo con uno
di quei coltelli affilati: cos'era, scemo?1
«Anche tu dici sempre la stessa
cosa» si intromise ancora Warlock. «Che non devo
sentire tata Ashtoreth»
Grazie, diavoletto.
«Ah, è così? E perché mai,
Francis?» trillò, il tono offeso che mascherava il trionfo.
«Mia cara, temo che sia scortese
rispondere ad una domanda con un'altra domanda» fece notare
Aziraphale, uno sguardo infuocato ad accompagnare la ripresa.
La tata sbuffò. «Trovo ancora
più scortese prendere tempo per non rispondere affatto. Sei
d'accordo, Warlock?»
Il bambino annuì. «Lui ha
chiesto per primo, però»
Crowley inspirò dal naso risentita: da
che diamine di parte stava il ragazzino?
«E va bene» si arrese,
guardando Aziraphale in tralice: gliel'avrebbe fatta pagare. «Credo che noi due abbiamo
una visione molto diversa della vita. Adesso va meglio?»
«Non ne
dubito» concesse
l'altro. «Ma ammetto di essere molto felice oggi: almeno sulla
sicurezza di Warlock siamo d'accordo». Crowley aggrottò la
fronte mentre l'angelo faceva pressione con il coltello dalla lama
più ampia del set: il cappuccio della zucca saltò fuori
con
relativa fluidità e un battito di mani del bimbo. «In
fondo, devo proprio dirlo, lei è una brava persona»
Crowley scoprì i denti in un sibilo
minaccioso, ma si trattenne dal fare di più: aveva pur sempre un
bambino in braccio.
Il giardiniere sorrise prima di
cominciare a scavare l'interno della zucca munendosi di guanti e,
inaspettatamente, di racconti: parlò di forze della natura, di
fantasmi, di storie inventate di sana pianta sulla presunta bontà di
vampiri e licantropi. Warlock ascoltava affascinato e probabilmente
gli importava poco che tutte le nuove fiabe entrassero in contrasto
con il repertorio di Crowley. Faceva domande, obiezioni e si agitava
sulle gambe della tata ogni volta che doveva ribattere o partecipare
attivamente alla chiacchierata. La rossa doveva ammettere che
l'angelo aveva sempre una buona risposta per Warlock, era convincente
e capace, non deludeva mai la curiosità del ragazzino e nemmeno la
sua. Più di una volta Crowley si ritrovò ad ascoltare le storie di
Aziraphale con la stessa attenzione di Warlock. Se non dava retta
alla fantasia dell'angelo, comunque, lo osservava lavorare con una
precisione che non riservava nemmeno alla sua libreria. Era qualcosa
di nuovo e la tata si appuntò nella mente di chiedere spiegazioni in
un secondo momento.
Quando Aziraphale ebbe finito di
estrarre la polpa, si ripulì per poi rivolgersi a Warlock perché
gli desse indicazioni su che tipo di figura intagliare sulla zucca.
Il bambino, rinvigorito dall'improvvisa consapevolezza di essere
l'individuo più importante del gruppo, quello da cui sarebbe dipeso
l'esito del gioco, disegnò la sua idea su un foglio miracolato
appositamente dalla tata. Quello che venne fuori fu la faccia più
assurda che Crowley avesse mai visto: un occhio era tondo, grande e
aperto con una mezzaluna orizzontale come pupilla, l'altro era
triangolare con la pupilla verticale e la bocca replicava la stessa
asimmetria formando un chiasmo con le forme superiori.
Crowley alzò gli occhi su Aziraphale,
allarmata, ma l'angelo sorrise e annuì.
«Bravo il mio demonietto»
si complimentò la tata, scompigliando i capelli di Warlock: se per
Aziraphale andava bene, evidentemente qualcosa stava sfuggendo a lei.
«Vuoi vederlo lavorare più da
vicino?» chiese, vedendo il bambino fremere.
«Sì, tata Ashtoreth»
ammise Warlock già con i piedi a terra per scattare verso
Aziraphale.
La rossa annuì. «Sta' lontano
dai coltelli»
Crowley si stirò le pieghe dell'abito
per poi accavallare le gambe; poggiò il gomito sul tavolo e adagiò
il mento sulle dita, del tutto intenzionata ad osservare il quadretto
per tutto il tempo necessario alla realizzazione della scultura.
Non sapeva chi dei
due si stesse
divertendo di più. Aziraphale, come promesso, lasciava che
Warlock
intagliasse di tanto in tanto qualche piccolo angolo e questo
inorgogliva non poco il ragazzino. A volte la chiamava perché
ammirasse i suoi progressi, ma Crowley rimaneva in disparte e
garantiva che avrebbe visto tutto alla fine: il territorio del
giardiniere meritava la giurisdizione del giardiniere, non la sua.
Inoltre sentiva che se si fosse intromessa avrebbe rovinato il
momento di Aziraphale e Warlock insieme: se la cavavano benissimo
anche senza di lei, in più all'angelo sembrava piacere
interagire con il
bambino ed era divertente guardarlo così preso dal gioco.
Quando ebbero finito Crowley mantenne
la parola: si avvicinò per ispezionare la zucca completata. Ancora
non capiva come quello scherzo della natura potesse essere uscito
dalla mente di Warlock, ma trovò che, continuando ad osservarla, la
zucca sembrava sempre meno schizofrenica e sempre più soltanto
buffa.
«Uh, abbiamo dimenticato una
pupilla, signorino Warlock!» esclamò Aziraphale avanzando per
aprire la fessura verticale dell'occhio maligno con un coltellino
sottile. «Non vogliamo che il serpente sia cieco, no?»
Crowley sorrise impercettibilmente per
poi concentrarsi sull'operazione di rifinitura. L'ortaggio tornò
pazzo in un secondo, ma in qualche modo continuò ad essere anche
incredibilmente strambo. Forse si era solo abituata a vederlo.
«Adesso sì che mi sento
tranquilla, angelo» scherzò Crowley, sbuffando una risata dal
naso.
Aziraphale fece in tempo a rivolgerle
un'occhiata falsamente accusatoria prima che entrambi si accorgessero
dell'errore: la rossa lo aveva chiamato angelo.
La tata fu attraversata da
un'improvvisa ondata di panico. Nessuno all'Inferno le aveva detto
cosa sarebbe accaduto se accidentalmente si fosse lasciata sfuggire
il particolare di essere lei un demone e l'altro un angelo, ma questa
forse non era stata negligenza da parte dei superiori: quale idiota
avrebbe rischiato di mandare a monte la copertura in un modo così
sciocco e imprudente?
Merda, imprecò tra sé,
cercando di cogliere in Aziraphale una qualche rassicurazione, ma con
ogni probabilità erano entrambi sulla stessa barca: gli Arcangeli non lo
lodavano abbastanza per quello che faceva, ma di certo non lo
ritenevano così folle da rivelare la sua identità segreta al
ragazzino che doveva sorvegliare.
Come diavolo era potuto accadere? Cosa
le era passato per la mente? Era stato per qualcosa che aveva detto
Aziraphale? Forse... Forse sì: serpente. L'angelo aveva nominato il
serpente e Crowley si era sentita stupidamente chiamata in causa. Non
c'erano altre spiegazioni, ma quello non giustificava la
disattenzione: Aziraphale non aveva sovvertito i ruoli, aveva solo
nominato un animale, per amor di Qualcuno!
Ma adesso il problema era un altro: il
marmocchio che aveva davanti era il figlio di Satana. Magari lei non
avrebbe subito alcuna ripercussione, rimaneva pur sempre un demone,
ma Aziraphale era un angelo, il nemico, qualcuno da combattere e da
annientare. Crowley si sentì stringere lo stomaco in una morsa di
terrore: aveva messo in pericolo il suo migliore amico? Aveva
condannato Aziraphale senza rendersene conto?
Guardò il biondo con insistenza, cercando di
spiarne la figura in cerca di qualche cambiamento, di
qualcosa di allarmante, di terribile, qualsiasi cosa. Per un folle
momento temette di vederlo sparire sotto al suo sguardo in un battito
di ciglia. Ma lei non aveva davvero bisogno di chiudere gli occhi, si
disse, quella era solo un'abitudine umana: avrebbe potuto fissarlo in
eterno se questo fosse servito a lasciarlo intatto, vivo e vegeto. Oh
sì, l'avrebbe fatto, avrebbe-
«È bella, vero, tata
Ashtoreth?»
La voce di Warlock si insinuò nei suoi
pensieri con prepotenza, ma Crowley era così distratta da Aziraphale
che per un attimo non comprese subito a chi si fosse rivolto il
ragazzino. Impiegò qualche istante per recepire la totale assenza di
allarme nella voce del piccolo: sembrava del tutto normale.
«È molto evocativa» si costrinse a rispondere, le iridi ancora
incollate all'angelo.
Il bambino sembrava radioso, come
sempre quando realizzava qualcosa che gli piaceva particolarmente.
Batteva le mani e saltellava intorno a loro con entusiasmo, come se
Crowley non avesse detto niente di compromettente, come se avesse
pronunciato una parola uguale a tante altre, un nomignolo.
La tata si impose di ragionare: angelo
era davvero una parola come un'altra. Si chiese se l'avesse
mai nominata prima in presenza del bambino, ma fallì nel trovare una
risposta, il cervello troppo angosciato per supportarla del tutto. Le
probabilità che avesse parlato di angeli e santità con Warlock,
tuttavia, erano scarse: non era la sua area di competenza. La sua
specialità era la fazione opposta: aveva mai affrontato l'argomento
demoni con il piccolo? Ancora una volta non riuscì ad arrivare alla
conclusione del ragionamento.
Angelo, angelo, angelo.
Una
parola come tante, sì, ma non per Crowley.
«Con quella cosa facciamo?»
continuò Warlock indicando la polpa di zucca accantonata in una
ciotola.
«Puoi portarla nelle cucine»
propose Aziraphale e Crowley sussultò nel sentirlo parlare. Sembrava
tutto a posto, nessuna difficoltà, nessuna traccia di paura. Questo
le diede fastidio: si era almeno accorto di quello che era appena
successo? Aveva capito oppure anche per lui angelo era una
parola vuota, né più né meno di tutte le altre?
Crowley si trattenne dal rilasciare un
sospiro. Quello era ingiusto da parte sua: lo sapeva che Aziraphale immaginava
quanto lei i risvolti negativi di un errore come quello e in quattro
anni aveva protestato per molto meno sulla crescita del bambino. La
rossa doveva darsi una calmata e cercare di tornare lucida il prima
possibile.
Warlock afferrò la ciotola. «Grazie,
Fratello Francis! Quando accenderemo la zucca?»
«Oh, tra un paio di giorni. Non
manca molto ormai»
Il bambino si avvicinò a lei e le
prese una mano. «Andiamo dal cuoco, tata Ashtoreth?»
Con riluttanza, Crowley fu costretta a
staccare le iridi serpentine dall'angelo e ad abbassare lo sguardo
sul piccolo: guardarne gli occhi illuminati dalla gioia, gli occhi di
un bambino come tutti gli altri fu un toccasana, dovette ammetterlo.
Di fronte a lei vi era un ragazzino di quattro anni, niente di più.
Un normalissimo bambino. E anche Aziraphale continuava ad essere lì
con loro, ne sentiva il profumo, ne intravedeva il grembiule, ne percepiva lo sguardo.
Forse stava esagerando con la
preoccupazione.
«Mio diavoletto,» iniziò,
bloccandosi subito dopo, improvvisamente conscia del fatto di avergli
affibbiato un nomignolo pericoloso tanto quanto angelo. Si
maledisse mentalmente - se non altro adesso aveva la conferma di aver
parlato dei demoni al marmocchio - per poi ricominciare da capo:
«Mio
diavoletto, devo scambiare qualche parola con Francis. Ti
dispiace se ti raggiungo più tardi?»
Warlock guardò prima lei, poi lanciò
un'occhiata ad Aziraphale che fece tremare la tata. «Va bene»
disse semplicemente senza perdere l'allegria prima di schizzare via
sventolando una mano.
«Non correre, signorino!»
lo ammonì Aziraphale, ma il ragazzino aveva già lasciato la serra.
L'angelo schioccò le dita e il suo viso tornò glabro come sempre.
Fu da lei in un attimo: «Cara, tutto bene? Ti vedo provata»
Provata era riduttivo. Crowley volse la
testa verso l'altro con l'intento di trafiggerlo con gli occhi.
«Tu che dici, angelo?»
disse, troppo calma perché fosse credibile. Angelo.
Aziraphale batté le palpebre nel
sentire quella parola, ma non si allontanò: si tolse i guanti e il
grembiule scuotendo la testa. «È piccolo, Crowley. Non si è
reso conto di quello che hai detto. Non ha motivo di sospettare
alcunché»
«È pur sempre quello che è.
Come fai a esserne così sicuro?»
Aziraphale sospirò. «Non lo
sono, ma se avesse voluto farci - o farmi - del male l'avrebbe fatto, no?»
A quello Crowley non sapeva rispondere.
Non aveva mai gestito un Anticristo prima, non aveva la più pallida
idea di quando i suoi poteri avrebbero cominciato a manifestarsi
perché per lui fosse possibile manipolare la realtà a suo
piacimento. Sapeva solo che al compimento degli undici anni sarebbe
entrato in pieno possesso delle sue doti, ma il resto era per lei un
completo mistero. Tuttavia, doveva ammettere che l'angelo in un certo
senso aveva ragione: quantomeno, Warlock avrebbe dovuto reagire in
qualche modo, senza continuare a sorridere con gioia e felicità.
«Può darsi» fornì alla
fine, sperando di potersi fidare del giudizio di Aziraphale.
«Ma sì, Crowley».
L'angelo sorrise amaramente e nei suoi occhi non vi era nessuna
traccia di derisione per il timore che la rossa stava mostrando: solo sostegno. «Il
problema si presenterà tra sette anni e a quel punto, se avremo
fallito, sarà del tutto indifferente che abbia capito le nostre vere
nature adesso, non ti pare?»
La tata
allargò le braccia, allibita: «Oh, be', se la metti in
questi termini mi hai proprio tolto
ogni preoccupazione, angelo!». L'occhiataccia di Aziraphale la
fece desistere dall'aggiungere altro in modo sarcastico. Piuttosto,
sospirò stancamente. Rilassò le spalle e, dopo attimi di
disturbato silenzio, annuì. «Lo terrò
d'occhio». Avrebbe
voluto chiedere scusa, ma le parole le rimasero incastrate in gola:
l'angelo lo sapeva, in fondo.
«Ma certo che lo farai»
ribatté il biondo, sicuro. «Come sempre»
Crowley trovò quella scelta di parole
bizzarra, soprattutto se unita alla ricomparsa di quello sguardo
particolare che le era già stato rivolto durante quel pomeriggio. Di
nuovo, la rossa si sentì esposta, fragile e il disagio che provò
non le piacque affatto. Avvertì la necessità di riportare la conversazione su un
terreno più familiare, decisamente. Inoltre, aveva qualcosa da
chiedergli, no?
«Comunque...» iniziò,
stampandosi in faccia uno dei suoi migliori ghigni prima di indicare
l'ortaggio arancione. «Adesso intagliamo le zucche per
Halloween, eh? I tuoi capi lo sanno?»
Aziraphale si
indispettì: irrigidì le
spalle e chiuse la linea delle labbra in un cipiglio di biasimo.
«Suvvia, Crowley: è solo una zucca, non un rito
satanico»
La rossa ridacchiò. «Nondimeno,
mi sorprendi. Il Principato integerrimo che addobba la casa
dell'Anticristo con le zucche per Halloween. Un cambiamento notevole,
mi pare»
L'angelo la guardò con una punta di
astio nelle iridi blu. «E che cosa mi dici di te, allora?»
«Di me? Diamine, hai visto cos'è
diventata questa festa o i mostri li vedo solo io?»
L'angelo sorrise e senza quel furetto
morto in faccia che si ostinava a definire barba Crowley riconobbe la
sagacia. Ebbe appena il tempo di preoccuparsene prima che Aziraphale
tornasse a parlare: «Permettimi di riformulare, vuoi?
Intendevo dire: che cosa mi dici di te con Warlock? Una
creatura demoniaca che protegge un bambino dai coltelli? Notevole»
Touché.
«Che vorresti insinuare,
scusa?» berciò la tata, che per la seconda volta quel giorno
sembrò assumere tutta la sgraziata arroganza del demone.
«Sei stata molto premurosa,
cara»
Crowley sentì l'onta della vergogna
insinuarsi dentro di sé: non era possibile! Aveva cambiato argomento
per non sentirsi scoperta sotto lo sguardo di Aziraphale e adesso
l'angelo le giocava brutti tiri anche lì?
«Non dirlo nemmeno per
scherzo!» ribatté, livida. «Stavo solo facendo il mio
lavoro. Se succede qualcosa all'Anticristo la colpa ricade su di me,
vorrei ricordartelo»
Aziraphale annuì senza rinunciare a
quel suo stupido sorriso. «Ovviamente»
Bastardo. «Come ti pare»
chiuse la faccenda in tono brusco. Tentò un'altra via: «In
ogni caso, questo disegno che significa? Non è strano?»
L'angelo guardò la zucca e vi passò
sopra la mandritta: una patina lucida si formò sull'ortaggio perché
potesse conservarsi intatto fino al grande giorno. «A me
sembra perfettamente bilanciato»
«Bene e Male?»
Aziraphale annuì.
«A me sembra inquietante»
rimarcò la rossa. «Non che me ne lamenti: a me piacciono le
cose inquietanti»
«E allora è un'ottima zucca di
Halloween e una testimonianza del nostro lavoro»
Crowley sporse il labbro inferiore e
annuì: non ne era soddisfatta, ma almeno era qualcosa. «Non
sapevo fossi bravo in queste cose. Dove hai imparato?»
Vide un leggero rossore farsi strada
sulle gote di Aziraphale. «Credo che si chiami... tutorial»
La
tata impiegò qualche secondo per capire veramente quello che aveva
sentito. Poi sgranò gli occhi e spalancò la bocca. «T-Tu... Tu
sei andato su Internet per sapere come fare una zucca di
Halloween?!»
Non
poteva credere che Aziraphale, l'angelo che in libreria aveva due
telefoni spaventosamente vecchi, l'amico che mai – mai
– avrebbe comprato un cellulare o rinnovato quel disperato
esemplare veterotestamentario di computer su cui si ostinava a fare i
bilanci, avesse utilizzato Internet – Internet!
– per Halloween.
«Volevo fare
le cose per bene, che male c'è?»
Crowley
rise. «Tutto questo per fare una zucca con Warlock?! Con
l'Anticristo?!»
Aziraphale arrossì
ancora di più e lo guardò con gravità. «Smettila»
«E poi hai
il coraggio di dire a me certe cose!» continuò la tata,
sempre più incredula. «Angelo, hai imparato a usare Internet
per far divertire un bambino di quattro anni!»
Il biondo si voltò
verso di lei, imbarazzato. «Dovevo pareggiare i conti,
Crowley! Non è come sembra»
La rossa scosse il
capo. «Sei incredibile, angelo»
Aziraphale
rilasciò un lungo sospiro. «E comunque non ho imparato
ad usare quello strumento. Non accadrà mai più»
Crowley si appoggiò
al tavolo e incrociò le braccia al petto, divertita. «Hai
fatto tutto da solo, quindi?». Quando l'angelo annuì gli riservò
un'occhiata sinceramente ammirata. «Avresti potuto chiedere
aiuto a me, lo sai? A differenza tua, io vivo in questo secolo»
Se possibile, il
colorito dell'altro divenne ancora più acceso. «Volevo fosse
una sorpresa»
«Andiamo,
angelo! Non l'avrei mai detto a Warlock»
Aziraphale la
guardò. «Oh no, no di certo»
Quello la sorprese:
mosse la testa di lato e aggrottò la fronte, un sorriso incerto
sulle labbra. Se non aveva temuto un'eventualità del genere, allora
perché non coinvolgerla? Il suo amico era davvero così orgoglioso –
o ottuso – da non voler contare su di lei per la buona riuscita di
un piano organizzato insieme? Ma l'angelo non aggiunse altro:
cominciò a recuperare tutti i coltelli utilizzati e a portarli al
lavabo per pulirli prima di rimetterli a posto, lontani dalle manine
curiose di Warlock. Anche quello era strano: uno schiocco di dita e
quei coltelli sarebbero tornati intonsi in un baleno. Perché
Aziraphale stava perdendo tempo? Che diavolo-
Fu quando gli occhi
di Crowley caddero sulla sedia che aveva utilizzato che ebbe l'illuminazione: l'angelo aveva voluto sorprendere anche lei.
Ecco perché aveva insistito per farla rimanere con loro: sarebbe
comunque venuta a conoscenza dell'impresa tramite Warlock, ma
sicuramente Aziraphale aveva ritenuto che darle la possibilità di assistere avrebbe
giocato di più a suo favore, le avrebbe dimostrato apertamente la sua dedizione alla causa.
Crowley
non riuscì a reprimere un
ghigno di fronte all'evidenza: l'angelo si era pavoneggiato per tutto
il giorno e aveva fatto di lei il suo pubblico d'eccellenza, la
destinataria di una rivincita personale. La tata si sentì
inaspettatamente lusingata; si chiese persino se l'idea di farla
scendere fino alla serra non fosse stata innestata in Warlock dallo
stesso angioletto innocente che adesso le dava le spalle pur di far
attecchire la logica del suo comportamento. La risposta le
risultò così ovvia che si ritrovò a scuotere la
testa, profondamente colpita.
A Crowley venne da
ridere: le era bastato definirsi la migliore dei due per scatenare la
reazione immediata dell'altro. Aziraphale aveva fatto ricerche – per Satana,
su Internet! – e le aveva dimostrato senza alcun preavviso che non era la sola a sapere come muoversi in quel gioco.
Il solito
subdolo bastardo, pensò, ma la rossa non poté fare a meno di
sorridere.
Crowley si sfilò
un guanto e schioccò le dita: i coltelli con cui stava armeggiando
Aziraphale si ripulirono istantaneamente e levitarono fino
all'apposito astuccio di stoffa, ognuno nel proprio scomparto. Il
biondo non sembrò sorpreso.
«Competitivo,
eh, angelo?» provocò lei, gonfiando il petto.
Per un attimo gli
occhi dell'altro la guardarono con freddezza, poi si addolcirono
insieme al resto del viso. «Non dire sciocchezze. Ti pare?».
Le iridi blu dell'amico si illuminarono. «Ho solo giocato le
mie carte al meglio, cara, nessuna sfida»
La tata mosse le
labbra dipinte di viola in un muto “Oh” prima di annuire. Indossò
di nuovo il guanto e si staccò elegantemente dal tavolo.
«Davvero
bravo» fornì sincera, fiera. «Complimenti, angelo»
Aziraphale
occhieggiò la sua creazione ancora sul piano di legno ed esibì
un'espressione compiaciuta. «Oh, grazie, Crowley»
La tata storse il
naso, ma per una volta decise di non puntualizzare. «Ah, sì:
anche per la zucca»
Si godé il
sopracciglio alzato e il tenue rossore dell'angelo prima di girare
sui tacchi e abbandonare la serra per tornare da Warlock: aveva
lasciato l'Anticristo solo per troppo tempo.
Note:
[1]: In realtà non era
pensata come una citazione a Death Note, ma rileggendo prima di
pubblicare mi sono resa conto di avere la voce di Flavio Aquilone in
testa che, riferito a L, dice candidamente "Cos'è, scemo?".
Evidentemente ho interiorizzato l'anime a tal punto da citarlo senza
pensarci. Mi è tuttavia sembrato corretto evidenziare il
richiamo.
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