Yolande
aveva percorso il tratto di mare tra Gerusalemme e Cipro più
di una
volta nella sua vita e non pativa particolarmente il mal di mare,
certamente non come molte sue dame che, in balia delle onde,
trascorrevano tutto il tempo sotto coperta, sdraiate e sofferenti
nelle loro cabine.
Ma
fu lo stesso segretamente grata quando avvistarono terra.
Già da
lontano i contorni dell’isola apparvero inconfondibili e
familiari
ai suoi occhi: il porto della grande città di Kyrenia, la
capitale,
su cui primeggiava l’imponente fortezza bizantina affacciata
sul
mare, dalle torri squadrate, puntellate di feritoie per gli arcieri,
e dalla pianta a forma di ferro di cavallo. Il castello era situato
in un punto strategico per respingere gli attacchi dei nemici, e
infatti l'isola non era mai stata conquistata in tutta la sua storia. Cipro
rappresentava un punto strategico per i commerci e gli scambi tra
l’occidente e Outremer e aveva fatto gola a molti. Per questo
ogni
costa dell’isola era costellata di rocche e fortezze che ne
difendevano il perimetro grazie alle loro mura alte, massicce e prive
di appigli, e alle loro posizioni costiere, aiutate da torri che alle
loro spalle svettavano sulla cima delle montagne, affidabili come
sentinelle silenziose. A Yolande piaceva quell’isola, per
certi
aspetti molto diversa dal suo regno, per altri molto simile.
Gerusalemme affacciava sul mare, ma era circondata dal deserto; il
suo clima era perennemente torrido e le brezze che lo battevano aspre
e calde. Cipro possedeva un clima più mite, costiero,
attraversato
da brezze marine, umide e salmastre. La sua vegetazione era ricca di
boschi e l’entroterra quasi interamente montuoso, con le
aspre
rocce macchiate del verde degli alberi e dei cespugli in fiore.
La
piccola Mariam, che non era mai stata sull’isola,
aspirò a pieni
polmoni. “Cos’è questo
profumo?” esclamò eccitata.
“Pino”,
mormorò Yolande, socchiudendo appena gli occhi.
“Pino e cipressi.”
“E’
inconfondibile”, commentò Anais con un sorriso.
La
flotta gettò le ancore al largo, mentre la nave maestra
faceva il
suo ingresso in porto fendendo le acque azzurre puntellate in
lontananza di macchie più scure, laddove le rocce
conferivano al
mare un colore blu cobalto che sfumava nel turchese.
Yolande
scese a terra con il suo seguito composto da nobili, dignitari,
soldati e solo poche dame, tra cui la fedele cugina e Mariam, che non
smetteva di guardarsi intorno rapita e le cui ciocche di capelli
crespi stavano sfuggendo da sotto il velo.
La
fortezza che dall’esterno appariva tanto minacciosa, austera
e
spoglia, all’interno era all’opposto: ampi cortili
con grandi
archi a decorarne le volte, palme che svettavano verso il cielo
muovendosi dolcemente al vento e gelsomini che si arrampicavano sui
muri. La regina Alix aveva portato con sé un pezzo di
Gerusalemme -
un pezzo di casa sua - quando aveva sposato il re ed era divenuta
sovrana di Cipro.
Le
porte della sala del trono si aprirono mentre un araldo annunciava
solennemente: “Sua Grazia Isabella II, regina di
Gerusalemme.”
Yolande
avanzò nella stanza fino a fermarsi proprio ai piedi del
trono, su
cui sedeva la regina circondata dai suoi tre figli, simile a una
chioccia che proteggeva i suoi pulcini. Sul trono più
piccolo,
accanto a lei, sedeva il suo nuovo marito con aria quasi smarrita,
come se non facesse ancora parte di quel quadretto familiare e si
sentisse lievemente a disagio.
La
regina scese dal suo scranno e corse ad abbracciare la nipote con
trasporto.
“Mia
cara”, le disse stringendola a sé. “Come
sei cresciuta! Eri
ancora una bambina l’ultima volta che ti ho vista ed ora sei
sposata e in procinto di raggiungere tuo marito. Mi sento
così
vecchia!”
“Tu
mai, zia Alix. Sei sempre così bella e giovane”,
rispose Yolande
asciugandosi una piccola lacrima di commozione. Alix era quanto di
più simile a una madre avesse mai conosciuto e
l’affetto per lei
era profondo e sincero, ricambiato da quella zia che l’aveva
sempre
trattata come una dei suoi figli.
Minore
di tre anni di sua madre Marie, Alix era figlia di sua nonna Isabella
e del suo terzo marito, il Conte di Champagne. Era andata in sposa al
re di Cipro, che l’aveva lasciata vedova nel 1218.
A trent’anni
era davvero ancora giovane e molto bella, Yolande non lo aveva detto
solo per cortesia.
I
tre giovani cugini le andarono incontro e la salutarono a turno.
Marie, la primogenita, aveva pressappoco la sua età e
assomigliava a
sua madre, con portamento fiero e sguardo attento. La sua omonima
Isabelle aveva nove anni e la salutò con calore e senza
timidezza.
L’ultimogenito, Henri, di otto anni, era schivo e silenzioso,
forse
troppo grande per stare attaccato alle sottane della madre, come in
effetti faceva. Ma era chiaro che Alix era molto protettiva nei
confronti di questo unico figlio maschio, re di Cipro da quando era
in fasce. Sua zia aveva combattuto molto per ottenere la reggenza del
regno alla morte del marito, ma governava con successo e polso fermo
da otto anni, affiancata da sempre dal cancelliere del regno,
Philippe d’Ibelin.
“Ti
presento mio marito, Boemondo”,
aggiunse Alix facendo un gesto verso il giovane che si era appena
alzato e si chinava a baciarle la mano.
“Vostra
Grazia… è un
onore.”
“Vi
conosco di fama naturalmente, messere”, disse Yolande
cortesemente.
“Vostra sorella Marie è una delle mie
più care amiche e una tra
le mie più leali dame. Mi ha parlato tanto di voi e delle
vostre
imprese.”
Boemondo
assomigliava molto alla sua altezzosa sorella minore e ne condivideva
il bell’aspetto, ma Yolande non era sicura che avesse
altrettanto
carattere, nonostante fosse l’erede del principato di
Antiochia e
ora nuovo principe consorte di Cipro. In ogni caso da come sua zia
guardava il suo nuovo marito, di qualche anno più giovane di
lei,
era evidente che ne fosse innamorata. La loro era più che
una mera
unione politica studiata a tavolino: si era trasformata in qualcosa
di più, almeno da parte della regina.
Alix
aveva organizzato un banchetto per dare il benvenuto a sua nipote e
alla delegazione di Gerusalemme e di Sicilia che aveva messo piede
sulle sue sponde, e non aveva badato a spese, invitando molti nobili
del suo regno e ostentando tutta la ricchezza della sua piccola ma
florida isola.
Yolande
aveva avuto lo scranno d’onore accanto a sua zia e al suo
consorte,
affiancata dall’Arcivescovo di Capua e dagli altri suoi
nobili e
dignitari. A fianco di Boemondo sedeva il Cancellierie di Cipro,
Philippe d’Ibelin, un uomo alto e magro dai capelli grigi.
Yolande
lo osservò per qualche momento, mentre sorseggiava una coppa
di
vino. L’uomo sembrava assente, lo sguardo adombrato e la
fronte
corrugata. Si chiese cosa passasse per i suoi pensieri, e
perché in
quell’occasione che tutti sembravano considerare festosa lui
non si
divertisse affatto, nonostante il cibo abbondante, il vino che
scorreva a fiumi, le canzoni dei menestrelli e le buffonate dei
giullari.
“Tutto
bene?”, le chiese Anais poggiandole una mano sul braccio e
facendola trasalire. “Sembri assorta nei tuoi
pensieri.”
“Non
è niente”, rispose lei con un sorriso
rassicurante. Poi accettò
l’invito di un nobile siciliano a ballare e non
pensò più allo
strano sguardo di Ibelin.
Ebbe
la risposta alla sua tacita domanda quella sera, quando nel castello
immerso nel silenzio, Yolande se ne stava in camera sua ed Eufemie la
preparava per la notte. Sua zia Alix venne a trovarla nel bel mezzo
della sua toeletta. Anche se non era ancora abbigliata per la notte,
indossava una veste da camera morbida di colore verde scuro, che si
intonava alla sua carnagione chiara e alla morbida treccia bionda che
le scendeva elegantemente sulla spalla.
“Sei
molto stanca?” le chiese. “Non troppo per una
partita a scacchi
spero…”
Yolande
sorrise. Era stata sua zia ad impratichirla in quel gioco che era la
sua grande passione. In occasione del suo settimo compleanno le aveva
fatto dono di una scacchiera d’ebano, i cui pezzi erano
intagliati
con le sembianze di Riccardo Cuor di Leone e i suoi crociati per i
bianchi, e di Saladino e le sue schiere per i neri. Le
sembrò di
essere ritornata bambina mentre, seduta al tavolino davanti al camino
spento, muoveva le pedine d’alabastro sulla scacchiera,
chiacchierando e confidandosi con Alix come aveva sempre fatto.
“Allora…
sei preoccupata per questo matrimonio?”
Yolande
sorrise nervosamente. “Sì”, ammise senza
tanti giri di parole.
“Mentirei se dicessi il contrario. D’altronde tutti
sanno quali
siano le inclinazioni di mio marito.”
Alix
rimase in silenzio qualche momento, assorta. “Non sei una
sciocca,
nipote mia. Non ti ho mai mentito e non vedo la necessità di
iniziare ora. Hai ragione su Federico, ma io confido che
vedrà in te
ciò che vedono coloro che ti amano. Me per prima.”
Allungò
una mano attraverso la scacchiera e prese quella di Yolande. Lei ci
si aggrappò come avrebbe voluto fare ogni giorno della sua
vita,
come se quella mano fosse l’ancora di salvezza di cui aveva
avuto
sempre bisogno e la bussola che l’avrebbe guidata attraverso
il
mare in tempesta che incombeva all’orizzonte.
“Dimmi
una cosa: cos’era quell’espressione sul volto di
Ibelin stasera?”
“L’hai
notata vero? Immaginavo di non poterti nascondere a lungo le mie
angustie e le nubi che si stanno addensando sul mio regno. Sei troppo
sveglia, hai preso da me.”
“E’
così grave, dunque?” chiese Yolande.
Alix
alzò le spalle. “Spero di no. Ma Ibelin sta
sfidando la mia
autorità. Vuole la reggenza del regno che è mia
fin dalla morte di
mio marito. Vuole sfidarmi e la cosa mi sta facendo impazzire. Ma
devo mantenere la calma, perché se lascio il timone di
questa nave
affonderà e non posso contare su nessun altro per la
sopravvivenza
di Cipro.”
“E
tuo marito?”
Alix
sospirò e si passò le mani sul volto.
“E’ per lui che sto
affrontando il tradimento di Philippe. Per affidare la cancelleria
del regno a Boemondo. Ecco quello che Philippe non mi perdona, ecco
perché vuole prendersi tutto.”
“Lo
ami molto?”
Yolande
si stupì nel vedere sua zia, normalmente misurata e
dignitosa,
arrossire come una ragazzina.
“Il
nostro è stato un matrimonio politico, come lo è
stato quello con
il mio primo marito, Hughes, ma è stato con Boemondo che ho
scoperto
il significato della parola amore. Mi ha chiesto di concedergli la
cancelleria di Cipro e non posso dirgli di no.”
Yolande
si chiese se sua zia non stesse mettendo in gioco troppo per
Boemondo. Rischiava addirittura di perdere la reggenza per lui e per
le sue ambizioni. Che l’amore la stesse spingendo a compiere
mosse
incaute e precipitose? Ed era poi un amore corrisposto o
c’era solo
del calcolo nelle mosse di Boemondo?
“Credi
che potrebbe accadere anche tra me e Federico?”,
azzardò
speranzosa Yolande. “Che possa nascere un sentimento
sincero?”
Alix
sembrò strappata alle sue riflessioni dalla voce della
nipote. “Ma
certo mia cara, come vedi il Signore riserva sorprese anche in
matrimoni puramente dinastici”, la rassicurò
distrattamente.
I
giorni trascorsi a Cipro furono gioiosi e spensierati per Yolande, ma
anche stranamente per le sue dame, in particolare per Anais, che
sembrava improvvisamente meno entusiasta di lei di arrivare in
Puglia. O forse, pensò Yolande, lo era sempre stata e lei
era stata
troppo presa dai suoi personali timori per rendersene conto.
Sua
zia Alix aveva organizzato diversi intrattenimenti per lei e il suo
seguito, e da perfetta sovrana qual’era non aveva mai
manifestato
in pubblico alcun segno della difficile situazione politica che
animava la corte, tra i nobili schierati dalla parte della regina e
di Boemondo, e quelli avversi allo straniero e fedeli a Philippe.
Eppure Yolande era sicura che quello stato di incertezza doveva
pesare molto sul suo cuore, più di quanto lei avesse dato a
vedere
quando avevano toccato l’argomento.
“Chi
dovrà prendere la decisione finale?” chiese
Yolande ad Alix un
giorno in cui, con poco seguito, si erano addentrati nei boschi a est
di Kyrenia per una caccia con il falco.
La
giovane regina di Gerusalemme era stata entusiasta di
quell’occasione
per far volare il suo girifalco, ma anche gli altri suoi falchi che
erano rimasti fin troppo tempo nelle voliere. Il paggio saraceno le
porse il grande falcone bianco, che passò da un guanto a un
altro
affondando gli artigli nel cuoio e sbattendo le grandi ali. Per
evitare di venire inavvertitamente colpita in viso, Yolande si
voltò
e osservò Mariam: quella mattina l'aveva condotta con
sé alla
voliera e le aveva regalato uno dei suoi falchetti dal piumaggio
lucente spruzzato di grigio e marrone, che la ragazzina teneva ora
sul guanto di cuoio con infantile orgoglio. Anais invece sfoggiava un
bellissimo sparviero, simile a quello che anche la regina Alix aveva
con sé. Seguendo i falchi e i loro percorsi di caccia il
gruppo si
era inerpicato lungo il fianco della montagna fino a giungere in cima
e aveva sostato alla torretta di guardia: da lassù la vista
era
splendida ed abbracciava gran parte del versante orientale
dell’isola
e del suo mare blu zaffiro.
“Il
Papa”, le rispose Alix con lo sguardo fisso nel cielo
punteggiato
di morbide nuvole bianche alla ricerca di un segno del ritorno del
suo falcone. “La questione è nelle sue mani
già da un mese. Sarà
lui che dovrà esprimersi in mio favore o a favore di
Philippe.”
“Sei
preoccupata per il suo giudizio? Vorrei tanto poterti aiutare in
qualche modo…”
“Forse
puoi”, disse lei guardandola negli occhi.
“Se
intendi che dovrei rivolgermi a Federico, temo che speri invano. Lui
è l’ultima persona che Onorio ascolterebbe. Non ha
alcuna
influenza sul Papa.”
“Lo
so bene nipote mia, non sono una sciocca. Conosco le posizioni
anticlericali di tuo marito. Era a tuo padre che pensavo, lui
è
tenuto in gran considerazione da Sua Santità. Gli
consegneresti una
lettera da parte mia in cui gli spiego la situazione e chiedo il suo
appoggio? Porta dalle mani della sua adorata figlia potrebbe forse
avere più peso.”
Yolande
sorrise, allungando una mano inguantata e poggiandola su quella di
sua zia, che stringeva nervosamente le redini del cavallo.
“Qualsiasi
cosa posso fare per te, zia, sai che la farò.”
La
regina sorrise di rimando, sospirando come se un po’ della
tensione
presente in lei si fosse allentata.
“Ho
visto che Anais ha scelto di essere al tuo fianco anche in questo
viaggio…”, commentò dopo qualche minuto
di silenzio.
“Non
mi avrebbe lasciata per niente al mondo”, rispose Yolande
prendendo
la preda che il suo falco le offriva e porgendola al suo paggio
perché la riponesse nel carniere, senza dimenticare di dare
all’animale il boccone migliore. “Mi fido di lei
più di chiunque
altro – insieme a te zia, s’intende.”
“Se
ha scelto di trovarsi faccia a faccia con il nemico della sua
famiglia pur di starti vicina, puoi star certa che ti ama
molto.”
“Cosa
intendi dire?”
“Non
ti hanno mai raccontato la storia della famiglia materna di Anais? La
famiglia di Federico, gli Hoenstahufen, ha spodestato dal trono di
Sicilia gli Altavilla. Enrico, il padre di tuo marito,
usurpò il
trono allo zio materno di Anais, Guglielmo, costringendo la sua
famiglia alla prigionia e poi all'esilio in Francia, dove poi Albiria
sposò tuo zio Gautier. E il giovane re Guglielmo fu castrato
ed
accecato per ordine di Enrico, un uomo a dir poco crudele,
così che
non potesse più generare eredi e reclamare quel trono
ingiustamente
sottrattogli.”
Yolande
ascoltò inorrdita l'enumerazione di quel lungo elenco di
atrocità
che Anais doveva conoscere bene, ma che non aveva mai espresso di
fronte a lei, tenendo tutto per sé fin dal momento in cui
aveva
saputo che lei era stata promessa a Federico. Se prima aveva
attribuito grande importanza all’affetto e alla
lealtà che Anais
le dimostrava, ora acquisivano ancora più valore alla luce
di quelle
rivelazioni. Forse ora comprendeva in parte la ragione per cui sua
cugina non aveva fretta di trovarsi faccia a faccia con l'imperatore.
Lasciare
Cipro e sua zia Alix, all’alba di una settimana
più tardi, fu
forse ancora più difficile che lasciare Gerusalemme. Yolande
stava
lasciando l’unica madre che avesse mai conosciuto e non si
vergognò
di piangere a calde lacrime, con Anais che la teneva stretta mentre i
singhiozzi la squassavano.
Nota
dell'autrice: Ciao
a tutti,
spero che il capitolo, anche se di passaggio, vi sia piaciuto. Ci
tenevo a raccontare la tappa, realmente avvenuta, di Yolande da sua
zia Alix, personaggio che ritengo importante nella sua storia
personale, in quanto il fatto che Yolande abbia lasciato l'isola in
lacrime è storicamente vero; per cui ho immaginato che
questa zia
per lei fosse una figura fondamentale, forse una sostituta della
madre mai conosciuta. È anche l'occasione per lei di
scoprire
qualcosa di più sui rapporti che intercorrono tra la
famiglia di
Anais e quella di Federico – un passato non facile (sul fatto
che
Enrico, padre di Federico, fosse un uomo estremamente crudele ne sono
piene le pagine dei cronisti, come dimostra anche il suo trattamento
della famiglia Altavilla – nonostante sua moglie Costanza
fosse
anche lei un'Altavilla). Nel prossimo finalmente i due sposi si
conosceranno di persona... ci saranno sorprese?
Grazie
a tutti coloro che recensiscono/seguono/leggono
Alla
prossima
Eilan
|