Anno
del giudizio 14-41
L’unico
vero errore è quello da cui non impariamo nulla. ( John
Powell )
Apologia
di una guerra
Non
fu facile raggiungere il loro obiettivo: la galleria imboccata, oltre
ad avere una forte pendenza, era invasa dai detriti. Dovettero anche
aggirare un paio di mine anti-uomo, allungando ulteriormente il
percorso. Poi, finalmente davanti a loro, quasi a ridosso dello
strapiombo, con la cascata iridescente a fare da cornice, trovarono
la porta blindata.
«Sebastian,
mettiti subito al lavoro. Ho un bruttissimo presentimento,»
disse
preoccupato Gordon. L’uomo non si fece pregare e, dopo avere
tolto
dallo zaino un visore, alimentato dalle stesse radiazioni che li
circondavano, prese a consultarlo.
Adelhaide
si avvicinò al bordo e, voltando la schiena alla cascata,
strisciò
lungo la lingua di terra a ridosso della parete in cemento. Fatto un
centinaio di metri, la striscia si allargò abbastanza da
permettere
di avere una buona visuale
del
muro.
«Ma
che fine ha fatto l’unità operativa rimasta a
custodia di questa
area?» chiese Robert che, nel frattempo l’aveva
raggiunta.
«Secondo
i dati in nostro possesso erano centoventitré, ma di loro
non rimase
vivo nessuno. Dai rapporti sappiamo che, una volta usciti in
perlustrazione, non fecero più ritorno.» La
ragazza estrasse da una
tasca dello zaino uno scanner e lo passò sulla parete.
«Cosa
stai facendo?» domandò perplesso.
«Riproduco
la mappa. Guarda tu stesso,» rispose spiccia, troppo
impegnata per
aggiungere altro. Robert alzò gli occhi e, parzialmente
illuminata
dalla luce incorporata nella sua visiera, apparve la pianta
dell’intera base.
«Come
è possibile?» chiese.
«Come
sia successo non
saprei
spiegarlo. Posso solo dirti che, come
ben sai, Kippler
riuscì
a tenersi in contatto con il
mondo esterno.
Un
video,
filmato da lui
stesso,
riporta le
immagini sbiadite di questa parete dopo di ché il nulla. Quello
fu l’ultimo
rapporto
che ricevettero
dalla
base. Comunque, detto tra noi, furono
enormemente fortunati a restare
vivi. Guarda il cratere alle tue spalle: a quei tempi era una
costruzione che ospitava
migliaia di unità.»
Staccò in fretta lo scanner dal muro e lo ripose nello
zaino.
«Fatto! Ora che ho finito, è meglio raggiungere
gli altri, e anche
piuttosto in fretta.»
Girando
su se stesso, Robert passò il fascio di luce nel punto in
cui
l’intonaco era sdrucciolato via.
«Caspita!»
esclamò. «Questa sì che è
bella! Aspetta! Devi proprio vedere
questa cosa,» disse a Adelhaide che già si era
persa nell’oscurità.
Il muro gli regalò la visione parziale del planisfero
politico
terrestre suddiviso esattamente come nei tempi attuali, con
l’Africa
che dominava su tutte le restanti nazioni. Ma ciò che lo
lasciò a
bocca aperta fu constatare che, nelle zone in cui la guerra aveva
fatto più danni – per citarne alcune: Stati Uniti,
Italia, Cina e
Russia – l’intonaco era sparito lasciando un vuoto
troppo crudo
per essere vero. Adelhaide rise davanti alla sua espressione
sbigottita.
«Affascinante,
vero? Tenendo conto che è lì appesa da quando la
base è stata
costruita. Anzi, ti dirò di più: fu la
volontà di mantenere celato
il segreto nell’Area 51 che scatenò tutta questa
follia.»
Correva
l’anno 1954 quando lo studioso Angelo Ferretti Torricelli,
dalla
Specola Astronomica Cidnea di Brescia,
osservò uno strano fenomeno avvenuto a pochi chilometri dal
satellite terrestre.
Sul
suo annuario pubblicò: “Curioso
come l’uomo alzi lo
sguardo verso il cielo in cerca
di conforto senza
conoscere i misteri ivi celati. Eppure, quasi per caso, ho appreso
che la magia del nostro satellite può essere offuscata
dall’ignoto,
da qualcosa di così incomprensibile da risultare, suo
malgrado,
affascinante[...]
Un “ombra”
veleggiante nella debole orbita lunare si è frammentata,
colpita a
tradimento da una meteore. L’impatto ha illuminato il
satellite
come un albero di Natale e scagliato lontano i frammenti
incandescenti, alcuni dei quali si stanno dirigendo verso il nostro
pianeta[...]
Questa notte tutti con il
naso verso il cielo: e buon desiderio a tutti.”
I
giornali di tutto il mondo riportarono la sconcertante storia di una
donna, Ann Elizabeth Hodges, che, il 30 novembre del 1954 alle ore
6:46 p.m., veniva colpita da un frammento di una di quelle meteorite
citate nell’articolo di Torricelli.
La
divulgazione di questa notizia servì a insabbiare
velocemente
l’ammaraggio in varie zone del pianeta di materiale di
origine
aliena, dando inizio a una delle più controverse fasi della
Guerra
Fredda tra Russia e Stati Uniti.
A
metà degli anni ‘60, dei contadini Igbo scoprirono
una caverna con
all’interno una capsula aliena perfettamente conservata. Il
tenente
colonnello Chukwuemwka Odumegwu Ojukwu, capita l’importanza
del
ritrovamento, la vendette sottobanco al migliore offerente. Con il
ricavato, armò le sue truppe e, dopo un colpo di stato,
diede
origine alla Repubblica del Biafra.
Il
nuovo governo ebbe vita breve, e il reintegro delle terre alla
Nigeria portò alla nazione inaspettati benefici a lungo
termine.
Alla
fine degli anni ‘60, gli uomini sbarcano sulla Luna.
Ciò che
l’umanità ignorava era cosa ci andarono veramente
a fare, sul
satellite.
Dalle
memorie di un appassionato di ufologia del tempo: “Nonostante
tutto, il mondo vide e si entusiasmò
per lo
sbarco. Il vero motivo
dell’allunaggio però
non aveva nulla a che vedere con la conquista del satellite. Nel
novembre del 1954 un oggetto volante non identificato era esploso a
una distanza
dalla luna
che, in termini terrestri, potremmo
definire di pochi chilometri, spargendo rottami sulla superficie
lunare.
Alcuni di
questi
avevano
raggiunto
la Terra,
permettendo
agli
scienziati di affermare con assoluta certezza che
l’esplosione a
cui avevano assistito attraverso i loro telescopi e sistemi di
rilevazione era stata causata veramente da un’astronave aliena.
Così, usando come paravento la Guerra Fredda, le
più alte cariche
politiche e militari del pianeta crearono una coalizione atta
all’apprendimento della tecnologia aliena. Non ci
è dato sapere di
preciso cosa hanno trovato – fuorviati sapientemente da molte
leggende metropolitane – sta di fatto che ci fu
un’impennata
nella crescita economico-militare
della coalizione.”
L’11
settembre del 2001, i popoli arabi, estromessi dai segreti della
coalizione, diedero il via a una serie di rappresaglie che
inasprirono i rapporti tra gli stati del pianeta.
La
Cina e la Corea approfittarono della situazione e si impossessarono
dei cimeli alieni sepolti nella profondità delle foreste dei
Paesi
che negli anni avevano assoggettato.
Intorno
all’anno 2025, la Cina sganciò, su quella che
tutto il mondo
conosceva come Area 51, il primo ordigno prodotto con la tecnologia
aliena, scatenando la Terza Guerra Mondiale.
«Buffo
come le grandi potenze dell’epoca definirono il “resto
del mondo”:
popoli sottosviluppati,» disse con spregio Adelhaide.
«In realtà,
mentre i
cosiddetti
paesi
civilizzati
intraprendevano una spietata corsa agli armamenti, la Nigeria, in
grande segreto, si specializzò in prodotti di difesa
utilizzando la
tecnologia aliena che Ojukwu non aveva venduto. Ogni oggetto che
utilizziamo oggi viene prodotto e commercializzato dal “disprezzato”
popolo del Biafra. È grazie agli Igbo se
l’umanità non si è
ancora estinta.»
«Ma
allora, cosa ci facciamo qua?» chiese interdetto Robert,
allargando
le braccia. «Tutto quello di cui abbiamo bisogno è
risanare il
pianeta da queste stramaledette radiazioni. Non procurarci altri
guai.» Adelhaide lo guardò con tenerezza, come se
fosse stato un
bimbo a cui bisognava indicare la strada smarrita di casa.
«Perché
nel bunker 14 c’è racchiusa la panacea di tutti i
mali,» rispose
enigmatica. «Forza, torniamo indietro. Sebastian dovrebbe
avere
fatto, ormai.»
Un
secondo prima di sbucare nello spiazzo dove stavano gli altri due
uomini, avvertirono chiaramente i latrati degli Abali Abali.
«Accidenti,
questo non era previsto!» Adelhaide smozzicò le
parole tra i denti
mentre estraeva dallo zaino un pugnale dalla lunga lama sottile.
«Cos’è successo?»
sbraitò, raggiungendo Gordon. «La notte
è
ancora lontana.»
«Non
ne sono certo,» ansimò preoccupato Sebastian,
ancora chino sul
pannello. «Ma credo che siano i guardiani di questo
luogo.»
«Impossibile!
Non sono senzienti,» rispose quasi aggressiva la ragazza.
«Eppure,
ti dico che è così,» insistette
l’uomo. «Ho annullato tutti i
sistemi di difesa, senza eccessiva difficoltà, a essere
sincero. Ma
quando ho iniziato a districare il sistema che tiene sigillata la
porta, abbiamo avvertito come una vibrazione sonora. Non vi ho
prestato molta attenzione, all’inizio, ma poi sono arrivate
le
prima urla amplificate dal tunnel e...» si interruppe
terrorizzato
quando una di quelle bestie con un salto atterrò a due passi
da lui.
Gordon, che era preparato, scattò nella sua direzione
affondando il
suo coltello direttamente nella gola dell’Abali, uccidendolo.
«Andate
alla porta,» balbetto Sebastian, con le mani affondate tra i
fili
colorati. «Non ho tempo di riprogrammare il
sistema,» continuò
sbrigativo. «Uno di noi deve rimanere qui per richiuderla,
altrimenti la Wepu Radieshon
non potrà entrare in funzione.»
«No!
No! No!» urlò Gordon, mentre Robert lo trascinava
via. Dietro di
loro la porta scattò e Adelhaide la spalancò
infilandosi dentro un
secondo prima che altri due esemplari di Abali piombassero dal
tunnel.
«Addio!,»
gridò Sebastian con gli occhi spiritati. Tra le mani teneva
un
cimelio: una bomba a mano usata nella guerra contro i Viet Cong.
«Ka
Chukwu chekwaa ndi Igbo!»
Davanti
agli occhi sgomenti dei tre esploratori la porta si sigillò,
facendoli piombare nel buio.
Note
dell’autrice: questa storia partecipa al
contest ‘My
favourite things’ indetto da fiore di girasole sul forum.
Questa
storia partecipa al contest ‘I miei ultimi undici
libri’ indetto
da Claire roxy sul forum con il pacchetto ‘Io sono
leggenda’:
Genere:
Sovrannaturale (vampiri).
Citazione:
‘Poi un giorno il cane non si presentò’.
Ambientazione:
un America post-apocalittica.
Obbligo:
finale negativo.
La
giudice chiede di scrivere una storia basandoci obbligatoriamente su
due dei prompt elencati nel pacchetto, un punto in più a
ogni prompt
aggiunto.
Ulteriori
note: il numero nel titolo non è
lì a caso. Infatti, il 14
è il mio numero preferito e il 41 è il suo
opposto. Inoltre, un
giorno, ferma in un parcheggio commerciale, ho notato che il posto
auto era, appunto, 1441.
Buona
lettura e i commenti sono graditi.
Disclaimer:
l’immagine non è mia ma appartiene agli aventi
diritto.