Parole Intr 5
Bacio
raffreddato
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Cheiro no cangote
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Julian poggiò le mani sul
bordo della piscina e apparentemente senza sforzo si sollevò,
tirandosi fuori dall'acqua. Per quel giorno si era allenato a
sufficienza, si guardò attorno e come sempre si rese conto di essere
l'ultimo rimasto. Non che il fatto gli dispiacesse, aveva un suo
rituale e odiava avere gente intorno, prese l'asciugamano
frizionandosi il corpo e si diresse verso le docce.
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Solitamente, al termine
dell'allenamento, prendeva del tempo per sé, non preoccupandosi del
suo scorrere: i suoi gesti in quel momento parevano misurati, lenti e
armonici, essenziali quasi la chiusura della sua giornata fosse una
cerimonia del tè giapponese; quel giorno invece le affusolate dite
apparivano nervose, i gesti frementi, il corpo longilineo e modellato
dall'acqua scattava veloce, quasi non avesse tempo, quasi avesse
un'urgenza.
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Il ragazzo si accorse di tutto
ciò e si impose calma, l'ampio petto glabro si alzava e si abbassava
seguendo docile la sua respirazione profonda, si diede dello sciocco:
era proprio messo male se si agitava per un simile pensiero.
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Si rivestì in fretta e si
soffermò più del solito sui suoi biondi capelli: con le dita
cercava di sistemarli in ciocche disordinate sulla fronte e mentre lo
faceva le labbra, solitamente tese con un accenno di spocchia, erano
velate da un timido e morbido sorriso. Si fissò imbambolato allo
specchio: stentava a riconoscersi, il pensiero subito si perse e si
addensò attorno ad un'unica persona, come poteva fare così tanto la
differenza?
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Scrollò il capo e ridacchiò
della sua follia.
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Quando uscì dalla palestra
della scuola prese un'uscita secondaria, lui era lì. Sigaretta fra
le dita magre e nervose, pelle tremendamente pallida, capelli
ossigenati e la bocca ben disegnata leggermente socchiusa nell'atto
di espirare il fumo.
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Come se avesse avvertito la sua
presenza Damien si voltò; Julian non poté che restare, come ogni
santissima volta, colpito da quello sguardo assottigliato ma privo di
giudizio con gli occhi blu che lo guardavano impietosi come se
dovessero sondargli l'anima. Il suo cuore si strinse a tradimento nel
petto e si ritrovò a piegare il capo di lato e sorridergli sghembo.
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Damien abbassò lo sguardo
quasi subito, per evitare di arrossire davanti a quel sorriso
voluttuoso ed obliquo mentre dolci e sottili lineette si increspavano
attorno a quei suoi occhi chiari e cangianti.
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«Mi aspetti da molto?» Julian
si avvicinò a lui talmente tanto che sembrava dovesse abbracciarlo
da un momento all'altro, ma le sue braccia non si mossero e le mani
restarono ficcate nelle tasche del giubbotto.
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«Sembra che tu abbia un
porcospino in testa» ribatté l'altro senza alcun intento derisorio,
anzi lo trovava tenero.
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«Simpatico» replicò lugubre
il nuotatore lanciandogli un'occhiata raggelante, che avrebbe fatto
ritirare impaurito chiunque, ma non Damien che sorridendogli appena
si incamminò al suo fianco.
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Salirono sul vecchio pick up di
Julian e per tutto il tragitto non dissero molto, ma Julian trovava
la sola presenza dell'albino al suo fianco estremamente rilassante; i
silenzi fra loro non erano pesanti, anzi quando erano uno accanto
all'altro era come se fossero avvolti da una tiepida e distesa brezza
primaverile. Il campione lasciò che la sua mano si levasse dal
cambio e accarezzasse impalpabile la mano del compagno, che vide
sorridere felice.
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Giunti alla lussuosa casa di
Damien, vuota come la maggior parte delle volte, Julian lo afferrò
impetuoso per il bavero del cappotto e lo travolse in un bacio che
pareva essere stato in attesa per una vita intera.
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«Oggi dove sei sparito durante
letteratura?» domandò ad un soffio dalle sue labbra. Damien
avvertendo la lieve, quasi nascosta, nota preoccupata del suo tono si
intenerì, stava per rispondere quando...
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«Etciù!» uno starnuto,
seguito da molti altri.
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Julian lo osservò stranito poi
appoggiò la mano sulla fronte e capì.
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«Scotti. Hai la febbre?!»
disse allarmato, Damien si strinse nelle spalle infreddolito e si
appoggiò di colpo contro il corpo dell'altro, che lo avvolse
prontamente fra le braccia, infischiandosene del possibile contagio.
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«Che idiota! Eri in
infermeria, vero? Che cazzo perché non sei andato a casa?» Julian
era infervorato, sopratutto con se stesso: primo per non essersene
accorto, secondo perché probabilmente lo aveva aspettato fuori al
freddo chissà per quanto tempo.
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«Temevo che non saresti
venuto» bofonchiò l'albino talmente piano che l'altro fece fatica a
sentirlo.
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Il biondo sospirò, non gli
disse che quelle parole pronunciate con il suo classico timbro
graffiato ma estremamente fragile in quel momento, gli avevano
provocato dei piccoli brividi lungo la schiena.
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«Scemo» gli sussurrò con
dolcezza «Andiamo ti metto sotto le coperte».
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Andarono di sopra, lo aiutò a
spogliarsi e a mettersi addosso qualcosa di più comodo, lo stesso
fece lui, ma prima di coricarsi al suo fianco gli diede alcune
medicine e gli preparò qualcosa di caldo da mangiare.
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«Resti comunque?» chiese
Damien ostinato ma anche ansioso che lui se ne potesse andare.
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Julian roteò gli occhi;
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«Mia madre e mia sorella sono
partite per il weekend. Rimango Reed. Certo che rimango, altrimenti
chi ti tiene d'occhio conciato così?» rispose burbero.
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Damien lo fissò con gli occhi
liquidi a causa della febbre, Julian lo trovò comunque estremamente
attraente, poi gli si fece più vicino e strofinò dolcemente la
punta arrossata del naso sottile contro il suo collo, in un gesto di
dolce appartenenza.
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Il cuore del nuotatore sembrò
tremare violentemente davanti a quelle calde sensazioni, guardò in
basso e notò che Damien aveva chiuso gli occhi e si era
completamente addossato a lui, arrendendosi docilmente fra le sue
braccia che lo avvolsero ancora di più. Provò il forte impulso di
baciarlo profondamente, ma si limitò a posargli un casto bacio sui
capelli chiarissimi.
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«Indipendentemente da tutto,
avrei sempre e comunque scelto te, Damien».
Parole: 938
Cheiro no cangote: strofinare la punta del naso sul collo della persona amata.
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