Capitolo
XIX
Il punto
Light si alzò automaticamente dal
tavolo della mensa comune, prendendo il proprio piatto per andare a
lavarlo, ma a metà del movimento ricordò di
essere ammanettato allo
scontroso detective che vegetava ancora seduto di fianco a lui,
sorseggiando controvoglia un caffè d'orzo. Da quando
Nathalie se
n'era andata, si era impuntato per interrompere le indagini che lei
aveva messo in moto, ed era ritornato a gestire il secondo Kira come
aveva fatto nei due mesi precedenti: vale a dire non muovendo un
dito.
Light era furioso con
lui, ma si era
ripromesso di non prenderlo più a cazzotti, dal momento che
l'ultima
volta avevano spaventato a morte Misa e avevano rischiato di far
saltare i punti alla spalla di Nathalie; così aveva pensato
di
sfidarlo nuovamente a tennis, come quel giorno
all'università che
ormai sembrava appartenere ad un'altra vita, ad un altro Light.
Ryuzaki sarebbe stato soddisfatto soltanto con un confronto diretto
con lui? Benissimo. Sarebbe stato disposto a fare qualunque cosa,
purché quel capriccioso bambino troppo cresciuto si
rimettesse al
lavoro. Non poteva sopportare che la vita di decine di persone ogni
giorno dovesse dipendere da un individuo tanto egocentrico ed
irresponsabile.
Le loro giornate ormai trascorrevano
lentamente, tutte uguali, tra il monitoraggio delle morti e sempre
più frequenti visite all'appartamento di Misa; Ryuzaki
sembrava
trovare estremamente divertente l'idea di mandare la ragazza su tutte
le furie presenziando ad ogni loro “appuntamento”.
Forse, in quel
momento, quello rappresentava il suo unico svago. A Light interessava
poco, in ogni caso: Misa era sicuramente una ragazza bellissima, ma
lui non provava alcun interesse nei suoi confronti. Nonostante avesse
sempre avuto grande successo con le ragazze, non ne aveva mai
approfittato più di tanto; le trovava tutte... noiose. Anzi,
ora che
ci pensava, aveva sempre trovato la sua intera vita noiosa.
Era sicuramente stato baciato dalla
fortuna alla nascita, Light Yagami; era sempre stato bello, sveglio,
intelligente, atletico. Era sempre il migliore in tutto ciò
che
faceva, e senza chissà quale sforzo, come se la sua intera
vita
fosse stata un gioco con un livello di difficoltà
estremamente
basso. Nulla sembrava in grado di stuzzicare la sua
curiosità. O
almeno, così era stato finché non era comparso
Kira. E poi Ryuzaki.
E probabilmente anche Nathalie. Delle menti così acute erano
state
come una boccata d'aria fresca per la noiosa vita di Light. Erano
stimolanti, intriganti, in grado di spiazzare il ragazzo che credeva
sempre di essere tre passi davanti a tutti. Erano figure che lo
affascinavano. Forse era anche per questo motivo che ce l'aveva
così
tanto con Ryuzaki per essersi lasciato andare in quel modo.
-Hai per lo meno
intenzione di alzarti
dalla sedia?- domandò al suo compagno, senza nascondere una
nota di
irritazione nella voce.
Il detective si
voltò a guardarlo con
occhi sbarrati e inespressivi, col cucchiaino che gli penzolava dalle
labbra.
-Hai fretta, Light?-
fece, sgranchendosi
le dita dei piedi.
-Carne rossa per cena? Di nuovo?-
domandò K alzando un sopracciglio, chiudendo la porta
dell'appartamento di J dietro di sé. -Mi spiace, ma io
stavolta
passo.-
-E dai, non fare la
guastafeste!- esclamò
J andandole incontro e alzando una mano per darle una pacca sulla
schiena, gesto al quale K reagì con uno scatto fulmineo per
uscire
dal raggio d'azione dell'uomo.
-Se mi tocchi sopra il
tatuaggio giuro
che ti spezzo un osso a tua scelta.- ringhiò.
-Finitela voi due.-
sbuffò Q dall'altra
stanza, senza degnarsi di lasciare la propria sedia. -Ho un sacco di
lavoro da fare e non mi pagate abbastanza per farmi assistere ai
vostri battibecchi.-
L'atmosfera in pieno
stile Wammy's House,
che avrebbe fatto affiorare una smorfia nostalgica vagamente simile
ad un sorriso sulle labbra dei tre ex studenti, fu rotta dall'aprirsi
della porta e dall'ingresso di Burton e Medina.
Ora c'erano tutti.
Si sedettero intorno al tavolo della
sala e presero a cenare, discutendo animatamente tra un boccone e
l'altro.
-Dico solo che se non
fosse stato per
noi, a quest'ora saresti già in carcere, bella mia.-
esclamò a gran
voce J, puntando il pezzo di pane che stava sbocconcellando in
direzione di K. -O magari all'obitorio. Non so quale delle due
opzioni mi entusiasmi di più.-
Il suo viso
già naturalmente tendente al
rosso era ormai paonazzo, e dopo appena un bicchiere e mezzo di vino.
-Come se tu avessi
effettivamente fatto
qualcosa di utile.- lo canzonò Q, sistemandosi gli occhiali
sul naso
e tagliandosi con cura il filetto alla Wellington nel proprio piatto.
-Vorrei ricordare a tutti i presenti che io ho dovuto tenere
sotto controllo la corrispondenza di Hayer e di buona parte della
Hogson e dell'FBI dal momento in cui la nostra cara collega
s'è
rifatta viva con Watari.-
Fissò
intensamente K cogli occhi color
nocciola, sempre vispi sotto le pesanti palpebre. -Non mi sono
probabilmente mai annoiato tanto a fare un lavoro. Ho dovuto alterare
ogni rapporto che Grumann ha inviato ad Hayer su tutti i componenti
della squadra di L e sul caso Kira, perché non trapelassero
informazioni sulle indagini. Senza contare la magnifica trovata di
cambiare il cognome di Hayer per impedire che venisse ammazzato.-
Schioccò la
lingua, e poi si portò la
forchetta alla bocca.
-Hai ragione, Q.
Dovrei farti una
statua.- gli sorrise K, posando il calice di vino.
-Bene, se avete
finito, allora...- si
intromise Medina, ripulendosi le labbra carnose col tovagliolo
bianco. -... direi che potremmo discutere del caso Hogson.-
Si sentì il
rumore delle posate che
venivano rimesse sul tavolo, tranne quelle di Q, che stava
continuando a masticare lentamente.
L'avvocato si voltò verso la giovane,
che gli sedeva di fianco, poggiandole una mano sulla spalla.
-La prima udienza si
avvicina. Dobbiamo
preparare la tua testimonianza, ma essere anche pronti al
contro-interrogatorio della difesa.-
-Finirò sul
banco degli imputati, lo
so.- disse lei con un sospiro, incrociando le braccia. -Tenteranno di
portare alla luce tutto il torbido della faccenda per farmi mangiare
viva dalla giuria popolare e minare alla credibilità della
mia
testimonianza.-
-E il fatto che sia
stato io a condurre
l'arresto non farà altro che indebolire le basi
dell'accusa.- disse
allora Roger, col suo solito tono calmo e controllato. -È
una strada
in salita. Ci sono abbastanza prove per sbattere in galera tutti,
anche gli inservienti, ma nessuno di noi ha agito secondo la legge. E
rischiamo di perdere. Rischiamo grosso.-
Si sentì un
pugno battere sul tavolo, e
i calici tremarono emettendo un flebile tintinnio.
-Però, se
al nostro posto ci fosse L,
nessuno oserebbe dirgli nulla!- protestò J, con voce un po'
troppo
alta.
Quasi
contemporaneamente, Q e K rotearono
gli occhi.
-Quel figlio di
puttana se ne frega delle
regole, delle leggi e delle costituzioni, fa di testa sua, infrange
trattati, risolve casi e tutto il mondo è lì
fuori, in ginocchio,
pronto a leccargli il culo.-
Nessuno
parlò, ma Roger, seduto di
fronte alla figlia, le rivolse un eloquente sguardo che pareva dire
“Non è che abbia tutti i torti”.
Per tutta risposta, K
si alzò dal suo
posto e prese con fare deciso la bottiglia di Bordeaux e il calice di
vino di J, e si allontanò verso il cucinino.
-Non hai tutti i
torti.- disse, mentre si
allontanava. -Ma lamentarsene ora non ci aiuterà a risolvere
questo
casino.-
-Te devi solo stare
zitta.- le urlò
dietro l'uomo. Poi si voltò verso gli altri seduti al
tavolo, e
abbassò lo sguardo. -Ci hanno cresciuti come mostri. Delle
bestie,
delle bestie razionali e senz'anima, pronte a fare qualsiasi cosa per
trovare la verità.-
-”Ogni caso
è un enigma”.-
intervenne Q, passandosi una mano sulla barbetta curata. -”E
un
enigma va risolto con ogni mezzo”.-
J scosse la testa con
un sorrisetto
sprezzante. -Siamo arrivati a sacrificare la legge in nome della
giustizia. Siamo poco più che criminali legalizzati.-
-Come i pirati al
servizio della Corona.-
intervenne K, ritornando al tavolo reggendo con un piatto con della
frutta e una pagnotta, che posò davanti a J. Poi prese una
brocca
d'acqua e gli riempì il bicchiere fino all'orlo.
-Dobbiamo lavorare. Ci
servi lucido al
cento percento.- gli ringhiò contro, intimandogli di
mangiare e bere
con uno sguardo di fuoco.
-J non è ubriaco, K, anche se non
sembra avere ben chiaro quale sia attualmente il volume della sua
voce.- Q riprese a parlare, mentre Medina si alzava a sua volta per
prendere i piatti vuoti e portarli via.
-È solo
frustrato, e questo perché... è
che tutti noi abbiamo vissuto il nostro momento di crisi, di
conflitto, quando abbiamo cominciato a lavorare e ci siamo trovati a
dover scegliere se operare entro i limiti della legge, oppure agire
col solo fine di trovare la verità.-
K era tornata al suo
posto, appoggiando
entrambi i gomiti sul tavolo e lasciando cadere il suo volto stanco
sulla mano chiusa a pugno.
-Ma L...- riprese Q,
togliendosi gli
occhiali e strofinandosi gli occhi con la mano aperta. -...
è sempre
stato uno degli studenti più dotati, ma anche più
inquietanti. È
vero che noi compagni non siamo mai stati molto... collaborativi; vi
abbiamo maltrattati per anni, e tu sei stata la sola a volerti
prendere cura di lui.-
-E con che
risultati...- bofonchiò J,
mentre beveva il bicchiere d'acqua a piccoli sorsi.
-Chiudi quella bocca.-
lo zittì Roger.
Q e K si voltarono a
guardarlo con
espressione smarrita, alla quale il poliziotto rispose con uno dei
suoi irresistibili sorrisi.
-Mi interessa sapere
cos'avete da
recriminare a mia figlia. Perciò, prego, continua. Basta che
non la
facciate tanto lunga, perché vi ricordo che siamo qui per
lavorare.-
Q si rimise gli occhiali e si voltò
nuovamente verso la sua vecchia compagna.
-In breve: J ce l'ha
con te perché crede
che sia tu il motivo per cui L conduce le sue indagini in modo
abominevole. Con la diretta conseguenza che qualunque altro ex
studente della Wammy's House che decide di sottostare alle leggi non
ha speranza di poter competere con lui. In pratica, ci hai rovinato
il mercato.-
K rimase immobile,
sbattendo solo le
palpebre in modo ostentato.
-Ragazzi, che cazzo,
ci scopavo solo. E
non
guardarmi così, Roger. Sono adulta e
vaccinata.-
-Lui non lo era.-
-Shh!- lo
zittì K, portandosi il dito
davanti alle labbra serrate e spalancando gli occhi. -L'età
del
consenso in Inghilterra è di sedici anni. Per di
più...- riprese
poi, rivolgendosi di nuovo ai due vecchi compagni, seduti ai due lati
opposti del tavolo. -Sapete perfettamente quanto io fossi la prima ad
odiare i metodi che ci avevano inculcato alla Wammy's House. Magari
avrete indagato su di me e avrete anche capito il motivo per cui mi
sono sempre opposta a quello che ci insegnavano. E ho anche cercato
di farlo entrare in quella testa dura di L, quindi, J, non
prendertela con me se non sei nella top 3 dei migliori detective al
mondo. Sai com'è fatto quello, ha un ego così
smisurato che
addirittura occupa da solo tutto il podio!-
-Se non gli avessi
fatto credere di
esserti buttata da una finestra per colpa sua...- ribatté
allora J,
sbottonandosi i primi bottoni della camicia. -Ammettiamolo: l'hai
rovinato. L'hai rammollito. E poi l'hai fatto diventare più
cattivo
di quanto non fosse. E ora lui pensa di essere al di sopra di
qualsiasi legge, al di sopra della morale.-
-E mi volete dire
tutto ciò cosa c'entra
con caso Hogson?- sbuffò K, reggendo la fronte con le dita e
guardandoli di sbieco.
J si tirò
su le maniche della camicia e
si chiarì la voce.
-Non puoi uscire
pulita da questa
storia.- sentenziò con voce ferma. -Tu e Burton potete
tranquillamente passare dalla parte del torto per aver tenuto la
bocca chiusa per più di sei anni. Tu addirittura lavoravi
per loro.
E poi, guardiamo in faccia la realtà, ci sono pure i
federali
invischiati in questa storia. Credi forse che il governo americano
lascerà che dimostriamo i suoi legami anche solo incidentali
con
un'organizzazione che vende armi in Africa? Andiamo! Sono i campioni
mondiali del lavarsene le mani quando si parla di queste cose.-
Poi alzò di
nuovo leggermente il tono di
voce.
-Senza offesa, eh,
Burton e Medina.-
L'avvocato si era
defilato da un bel po',
dal momento che odiava assistere ai loro battibecchi, mentre Roger
continuava a fissare i giovani con uno sguardo indecifrabile nei
chiarissimi occhi azzurri.
-Nessuna offesa, J.
Basta che arrivi al
punto.-
L'uomo allora si protese verso il
tavolo, appoggiandovi delicatamente i polpastrelli di una mano.
-Dobbiamo prendere
tempo. Dobbiamo
riuscire a far andare avanti il processo finché L non
avrà chiuso
il caso Kira. Da soli non possiamo vincere perché le leggi,
l'opinione pubblica e sicuramente anche parte di un organo
governativo ci sono contro. Ma abbiamo detto che L se ne fotte delle
leggi, delle costituzioni, dei capi di Stato, no? Bene. Vedrete che
rovescerà ogni istituzione esistente, farà a
pezzi il sistema
giudiziario, farà qualsiasi cosa per impedire che la sua
sciacquetta-barra-sorella-barra-madre-barra-mentore finisca in
prigione.-
-Non
funzionerà, J.- disse allora K,
allungando una mano verso un grappolo d'uva nel piatto del compagno,
lasciato da questi intonso. -Se anche la giuria passasse sopra il
fatto che ho mentito sulla mia identità...- e si
tirò un acino
d'uva in bocca. -...Ho collaborato con l'FBI con lo scopo di
sottrarre informazioni... ho partecipato ad autopsie a fianco
dell'NCIS, anche se non ho mai falsificato certificati di morte
né
alterato alcuna prova, tutto ciò mentre lavoravo per
un'organizzazione criminale...-
Rimase a guardare il
secondo acino che
aveva staccato dal grappolo, rigirandoselo tra le dita. -... Resta il
fatto che ho ucciso una persona.-
Poi abbassò
lo sguardo.
-Non importa che abbia
agito per
autodifesa. E non è nemmeno la prima persona che faccio
fuori. Se
devo essere sincera, io spero che mi mettano in prigione.
Anche se non prima di averci fatto finire Hayer e tutti gli altri.-
Sospirò,
tentando di evitare lo sguardo
di Roger.
-Ma poi, a te che te
ne frega? Se Burton
viene escluso dal caso e io finisco in carcere, rimani soltanto tu a
poter chiudere il caso. La gloria sarebbe tutta tua.-
-Ti sbagli, K.-
riprese allora J, con un
sorrisetto sulle labbra sottili. -Tu hai indagato sulla Hogson per
tutta la tua vita. Burton custodiva le prove ed è stato loro
ostaggio per più di sei anni. Se vi toglieste di mezzo e
fossi io a
chiudere il caso, con la strada spianata a questo modo, la mia
vittoria non varrebbe nulla. Sarò soddisfatto solo se
riuscirò a
battere il sistema e a salvarti il culo.-
-Oh, ma fatela finita!- sbottò Medina,
emergendo dai meandri di non si sa quale stanza dell'appartamento.
Si piantò
sulla soglia della porta della
sala, a gambe divaricate e braccia incrociate, nel suo metro e
ottantacinque di fisico asciutto chiuso in una camicia bianca che
contrastava meravigliosamente con la sua pelle olivastra.
Piantò in
faccia a tutti i presenti uno sguardo gelido dei suoi occhi verdi, e
poi alzò il dito indice per aria, con fare decisamente
avvocatesco.
-Detesto sentire la
gente discutere,
visto che già devo farlo per lavoro, perciò
vedete di darci un
taglio e cominciate a dire le cose chiaramente. Stiamo
lavorando insieme, dobbiamo comunicare. K, smettila di credere che al
mondo siano tutti egocentrici e agiscano solo per il proprio
interesse: Burton non è stato ostaggio di Hayer per
più di sei anni
perché sperava di fare il colpaccio mettendolo in prigione e
salire
di grado; l'ha fatto perché ti vuole bene. E J non vuole che
tu
finisca in prigione anche perché forse, in fondo in fondo,
si sente
in colpa per quello che è successo quando eravate bambini.
Forse
forse voi studenti della Wammy's House ci tenete davvero gli uni agli
altri.-
Indicò J
con un cenno della mano mentre
continuava.
-Questa testa calda
s'è sbattuto per
mesi per trovare tutte le prove per scagionarti da ogni accusa
possibile. Dopo che Bjarne è morto e ho cominciato a
lavorare con
lui, praticamente la tua linea difensiva era già tutta
pronta,
perché aveva già preparato tutto. Anche in queste
ultime settimane,
ha smosso mari e monti per trovare l'ultimo tassello del puzzle, e
l'unico motivo per cui ci siamo trovati questa sera era per dirti
che...-
-Non oserai!- lo
interruppe bruscamente
J, alzandosi in piedi e stringendo i pugni.
-Norde è
vivo.- concluse Medina,
ignorandolo. -Il tizio che eri convinta di aver ucciso... l'abbiamo
trovato.-
K spalancò
gli occhi e la bocca
contemporaneamente, dimenticandosi per un attimo come si facesse a
respirare, mentre J imprecava contro Medina lamentandosi di come gli
avesse rovinato la sorpresa, e Burton si alzava dalla sedia
sgranchendosi le gambe e commentando tra sé e sé
il fatto che era
ora che qualcuno si fosse deciso ad arrivare al punto.
Nota
Guarda caso oggi
è lì8 novembre. Dopo quasi un anno e mezzo di
blocco, ho deciso di pubblicare questo capitolo, scritto ormai
più di un anno fa, che non mi aveva mai convinto. Sono
successe molte cose nella mia vita negli ultimi due anni che mi hanno
portato a rivalutare totalmente quello che ho scritto. Non nascondo
che, ormai, mi provoca un misto di ribrezzo e vergogna. Non sono mai
stata un'esperta di fanfiction, non ne avevo mai lette, e sono entrata
in questo mondo dopo aver scritto le mie prime fic (compresa questa,
che sto pubblicando ora ampliata, ma che era già completa
prima che mi iscrivessi a EFP). Non sono più sicura di
quello che scrivo, della legittimità dei miei personaggi e
delle mie scelte di trama.
Tuttavia, ci sono
delle persone che credo avessero piacere di vedere finire questa
storia. Per questo motivo, ho deciso di continuarla. Spero di
concludere in tempi non dico brevi, ma, per lo meno, non biblici.
Grazie per la vostra
pazienza. E grazie a quelle persone che mi hanno dato la motivazione a
lavorare ad altri progetti originali.
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