Narnia's
Spirits
Biscotti
al
sapore di bacio.
I
sibili delle frecce
sferzarono l'aria mattutina per l'ennesima volta, prima che i dardi
andassero a conficcarsi nei bersagli producendo una serie di suoni
attutiti dall'imbottitura di paglia. Sotto lo sguardo attento di Susan,
gli esili bastoncini di legno rifletterono la luce del sole.
-Va bene,
può bastare. Siete stati bravi.-
La Pevensie vide le
espressioni degli arcieri distendersi alle sue parole, rincuorati da
quell'apprezzamento. Sapevano benissimo quanto la Regina e tutti gli
altri si aspettassero da loro e quanto, in quelle settimane, avevano
dovuto imparare sotto i suoi rigidi insegnamenti: alcuni di loro, fino
a qualche tempo prima, nemmeno avevano mai tenuto in mano un arco.
Con
dei brevi cenni del capo il gruppo di Narniani iniziò a
disperdersi, lasciando, nel giro di qualche minuto, Susan da sola
davanti alla file di bersagli. La Pevensie soppesò ancora
per qualche secondo le frecce ancora conficcatevi all'interno,
rimuginando.
La situazione sembrava essersi appianata, i compiti di
ognuno erano ripresi come sempre, lo scettro di Jadis era stato fatto
sparire – ancora si domandava come fosse possibile, ma Lia
aveva detto in un tono fin troppo sicuro che avrebbero potuto chiedere
conferma ad Aslan, e sicuramente l'avrebbe fatto non appena il leone si
fosse palesato –, tra Peter e Caspian andava tutto bene,
ma...
Susan si morse un labbro, frustrata. C'era qualcosa che la
tormentava e non le faceva passare le notti tranquilla – per
quanto tranquilla potesse definirsi quella situazione.
Non capiva se
dipendesse ancora dall'essersi sentita in difetto per non essere
riuscita a prevedere quello che stava accadendo, per aver abbassato la
guardia e permesso al nemico di agire sotto i suoi occhi. Non sapeva se
l'agitazione dipendesse dalla strana richiesta che Lucy aveva fatto il
giorno prima, conoscendo la testardaggine di cui era capace e che
l'aveva costretta ad osservarla con maggiore attenzione. Non capiva da
cosa le nascesse la fastidiosa sensazione che qualcosa, intorno a lei,
non fosse al proprio posto, causandole un nodo allo stomaco...
Caspian.
Susan chiuse gli occhi, intimandosi di respirare lentamente e
ritrovandosi ad ascoltare il suggerimento che le diede una vocina
fastidiosa nella sua mente.
Già, Caspian. Da dopo Jadis
sembrava che tra loro si fosse costruito una sorta di muro, un
silenzioso imbarazzo che non riuscivano a rompere se non con delle
frasi di circostanza che stavano piano piano sgretolando quella strana
confidenza che con non poche difficoltà erano riusciti a
creare.
La Pevensie poteva immaginare la tensione che il Principe
probabilmente provava nei suoi confronti – dopotutto, aveva
messo a rischio l'incolumità di tutti – ma non
sapeva cosa potesse fare. Non era brava ad aiutare persone che non
fossero la sua famiglia o gli amici più stretti,
perché per loro era pronta a dedicare ogni più
piccola fibra della sua attenzione e del suo tempo mettendo da parte la
propria persona. Ma Caspian... cos'era Caspian?
Susan avanzò
pensierosa verso i bersagli, carezzando le piume delle frecce, persa
nei propri pensieri senza rendersi conto che il soggetto dei propri
tormenti la stesse osservando da lontano, indeciso se avvicinarsi.
Cos'era... o chi era, per lei? Perché sembrava avere tutta
quella rilevanza nei suoi ragionamenti?
Come se lo avesse chiamato,
scorse il protagonista dei propri pensieri tormentati poco lontano da
lei, e rimase per qualche attimo interdetta, senza riuscire a camuffare
la sorpresa che le brillò negli occhi nel vederlo e il breve
sfarfallio che le si mosse nel petto. Susan si irritò con se
stessa per quella reazione incontrollata, sperando di non aver assunto
qualche smorfia strana.
-Come vanno? Mi sembrano migliorati
molto.- ruppe il ghiaccio il Principe, soppesando i bersagli ed
iniziando a togliere le frecce ancora conficcatevi all'interno con
gesti decisi. La mira dei Narniani era sicuramente migliorata, rispetto
agli inizi, dove gran parte dei dardi finiva persa nel prato o in
qualche corteccia. La casacca
gli aderiva al petto in un modo che Sue trovò fin troppo
perfetto ed il sole gli illuminava il viso,
facendo brillare gli occhi scuri.
-Mh.-
si limitò a commentare la Pevensie,
ricordando la sensazione di sconfitta che l'aveva accompagnata per gran
parte del tempo le prime settimane. Aveva cercato di non farci caso ma,
riflettendoci a mente fredda, aveva dovuto fare un grande sforzo per
cercare di racimolare quel poco che di positivo la faceva andare
avanti.
Sicuramente la presenza di Caspian e l'impegno dei suoi
fratelli nell'organizzare gli allenamenti erano stati una grande fonte
di sostegno ed ispirazione. Non era stata da sola, a mettere insieme
delle truppe decenti. Non era stata sola.
Quindi ritornava di fronte
alla domanda che le girava nella testa: chi era Caspian, per lei? Solo
un ragazzo che le aveva fatto compagnia? Da cui era riuscita a trarre
un po' di forza e speranza per andare avanti? Un amico?
Solo un amico,
Susan? Ne sei sicura?
La Regina scosse la testa, scocciata per quella
domanda rivolta a se stessa con un tono che assomigliava fin troppo a
quello di Evelyn. Quasi poteva vedersela davanti, mentre si scambiava
delle occhiate palesi con Lucy – cosa che negli ultimi tempi
avevano fatto parecchie volte, quando la vedevano insieme al Principe.
Ma Susan non avrebbe mai parlato apertamente dei propri sentimenti.
Parlare di qualcosa finisce con il renderlo reale e lei... lei non
voleva. Una parte di sé era bloccata, per quanto desiderasse
il confronto con qualcuno che non fosse se stessa.
Caspian viveva
letteralmente in un altro mondo, un mondo che già una volta
li aveva fatti andare via senza provare a fermarli. Un mondo di cui
facevano parte, ma per quanto? Narnia li avrebbe tenuti con
sé, quella volta? No, decisamente non c'era tempo per
abbandonarsi al romanticismo. Troppe cose ben più importanti
erano in sospeso.
-Susan, stai ascoltando? C'è qualche
problema?- La ragazza riportò lo sguardo su Caspian, notando
l'espressione interrogativa che gli si era formata in viso. Il ragazzo
non si era avvicinato molto da quando l'aveva raggiunta, ma gli occhi
penetranti ed il modo apprensivo con cui la stavano scrutando gli
davano un'aria quasi ansiosa.
La Pevensie si sentì un po' in
colpa per essersi persa nuovamente nei propri pensieri e per non
riuscire più ad abbandonare la rigidità che
l'accompagnava. Caspian non se lo meritava, e a lei dispiaceva avere
perso la spontaneità che aveva fatto si che il loro rapporto
crescesse.
-Si... si, va tutto bene. Stavo solo riflettendo su quello
che hai detto.- provò a giustificarsi, rimuovendo anch'essa
alcune frecce dai bersagli ed andandogli incontro. Il vestito
seguì docilmente i suoi movimenti strisciando leggermente a
terra.
Il Principe non disse niente, limitandosi a lanciarle una lunga
occhiata, ma capì che c'era dell'altro che non voleva
dirgli. Tuttavia, nonostante si sentisse osservata, Susan lo
ringraziò mentalmente per non cercare d'indagare oltre e si
rilassò un poco, sentendosi accettata anche nei propri
silenzi. Il ragazzo era stato in grado di farle abbattere i muri che
aveva attorno semplicemente capendo che facevano parte di lei. E la
Pevensie aveva apprezzato tutto ciò, perché non
aveva bisogno di fingere sorrisi o frasi di circostanza.
Ed era stato
proprio quello che aveva affascinato Caspian, di Susan: oltre
all'eleganza dei suoi gesti e l'intelligenza dei discorsi, agli occhi
determinati, e
tutte le belle qualità che si potevano scorgere all'esterno,
c'era una parte nascosta di sentimenti e pensieri che non mostrava a
nessuno. E che lo intrigava, lo intrigava moltissimo.
-Sono stati dei
giorni... difficili.- provò a continuare il discorso, deciso
a non lasciare che il silenzio che già
troppe volte era calato tra loro prendesse nuovamente il sopravvento.
Doveva parlare con Susan. Ne aveva bisogno. Voleva recuperare quel
rapporto che avevano prima che avesse mandato quasi tutto a rotoli per
colpa di Jadis. Perché Susan era diventata importante.
Perché gli piaceva parlare con lei e stare in sua compagnia.
E gli mancava, molto. Si era stancanto di starla a guardare da lontano
e scambiarsi giusto dei monosillabi di circostanza.
-Si, molto.- gli
rispose la Regina, lanciando un'occhiata alle proprie spalle. Il suo
sguardo si fermò sui Narniani sparsi per la radura.
-Siamo
stati fortunati che non ci siano state... conseguenze.-
continuò, posando gli occhi su Caspian. Non c'era bisogno di
approfondire il discorso, entrambi sapevano bene a cosa si riferisse la
ragazza.
Molte volte nei giorni precedenti se ne era discusso a
riguardo tra i regnanti ed i principali comandanti, cercando di evitare
di farsi sentire da orecchie indiscrete. Gli era andata molto bene,
perché se le cose avessero prego una piega negativa durante
la battaglia nella cripta avrebbero potuto subire delle perdite o delle
rivolte, trovandosi a dover fronteggiare un'altra situazione critica.
Come se la guerra contro Telmar che era ormai alle porte non fosse
sufficiente.
Caspian abbassò leggermente il capo, colpevole.
-Mi dispiace, sono stato uno sciocco. Non era mia intenzione...- ormai
lo aveva ripetuto talmente tante volte quel discorso che gli sembrava
di risuonare sempre più falso alle proprie orecchie. E ogni
volta gli era stato detto di non preoccuparsi, che non avrebbe potuto
prevedere le intenzioni di Nicabrik – come nessun altro di
loro lo aveva fatto.
Ma il senso di colpa e l'umiliazione per essersi
lasciato soggiogare non volevano allentare la presa sul suo animo,
rendendolo inquieto e cercando, per quanto possibile, un contatto umano
con l'unica persona che in quel periodo era riuscita a fargli
dimenticare – o, per lo meno, pesare un pochino meno
– tutte le cose che erano successe da quando era dovuto
fuggire da Telmar.
Susan era diventata forse più importante
di quanto aveva immaginato inizialmente e per quello ne cercava la
presenza appena possibile. Con lei tutto assumeva un tono
più leggero, facendogli vedere le cose meno negativamente.
Così, la loro lontananza, l'indifferenza apparente con cui
parlavano gli lasciava l'amaro in bocca e una fastidiosa sensazione di
sconfitta.
Quella consapevolezza lo colpì così
repentinamente da lasciarlo spaesato per qualche secondo di fronte
all'evidenza dei fatti.
Susan...
Perché era stato tanto
stupido da non averlo capito prima? Alzò gli occhi verso la
ragazza, fissandola intensamente e socchiudendo leggermente le labbra
di sorpresa.
Si era innamorato di
Susan.
-Non è colpa tua.
Jadis è sempre stata capace di infiltrarsi nella mente
umana, riuscendo a tirarne fuori le debolezze per poterle usare a suo
vantaggio.- Caspian ci mise qualche attimo a riprendere il filo di
quello pseudo discorso che stava tenendo con la Pevensie, ma si
mostrò subito interessato a ciò che gli stava
dicendo.
-Ti riferisci a...?- provò, non sapendo se fosse il
caso di continuare. Susan annuì, semplicemente, finendo di
raccogliere le ultime frecce e facendosi più vicina al
ragazzo. Ora gli stava praticamente di fronte e Caspian
cercò di non farsi vedere irrigidito.
-Si, ad Edmund. Ma era
un periodo difficile e particolare. Per lui, come per tutti noi.- La
ragazza sospirò, memore di tutti gli eventi che li avevano
poi portati a scoprire Narnia. Alle litigate di Peter ed Edmund, allo
scappare in campagna, ai piagnistei di Lucy, il mutismo di Eve.
Jadis
si era solo approfittata di una situazione delicata, in passato
così come una decina di giorni prima.
-Nessuno di noi gliene
ha mai fatto una colpa. E nemmeno a te.- lo guardò,
accennando un sorriso e porgendogli i dardi raccolti. Caspian li prese,
indugiando quando con le dita sfiorò la mano della Pevensie,
che, con cui sorpresa, non si spostò come credeva avrebbe
fatto. Prese quel gesto come un segno di rinnovata pace e si
sentì più leggero.
-Grazie.-
***
Lucy
si era svegliata
particolarmente presto quel giorno, elettrizzata e un poco ansiosa per
ciò che quella giornata avrebbe riservato. Aveva passato il
tempo sistemando i giacigli e ciò che poteva essere messo a
posto in giro per la Casa di Aslan, parlando amabilmente con Trumpkin e
lanciando, più e più volte ed appena le era
possibile, delle occhiate impazienti verso la radura.
Il nano aveva
passato qualche giorno più taciturno del solito, ma nessuno
glielo aveva fatto notare ed avevano sopportato pazientemente le sue
frasi brusche e stizzite.
Il tradimento e l'essere stato costretto ad
uccidere Nicabrik bruciavano ancora.
Aveva seppellito il nano vicino ad
una grande quercia, molto simile a quella che condividevano come casa
con Trufflehunter. Ma, da quel giorno, nessuno dei due era
più tornato a fare visita alla tomba. Lucy immaginava che
dovesse costar loro un grande sforzo.
Quando il sole era ormai sorto da
qualche ora illuminando a giorno la valle qualcosa, in Lucy,
iniziò a vibrare d'inquietudine. Si affacciò
all'entrata di pietra, camminando lentamente verso l'esterno, venendo
investita in piena faccia dal sole settembrino.
E se qualcosa era
andato storto? La Pevensie si morse un labbro, occhieggiando la vasta
prateria dall'entrata del rifugio.
Di Edmund ed Evelyn non c'era
l'ombra, Peter era impegnato con le truppe, Susan e Caspian erano
invece presi a parlare accanto ai bersagli. Nonostante quella visione
le facesse molto piacere – per giorni aveva osservato gli
sguardi mogi che il Principe riservava a sua sorella –, Lu si
ritrovò a sorridere tra sé solo per un brevissimo
lasso di tempo, tornando poi a concentrarsi su ciò che la
circondava.
Forse non era stata una buona idea, quella che aveva avuto.
Le sue sorelle l'avevano avvertita che era pericoloso addentrarsi nella
cittadella e probabilmente avevano ragione. Accettare che andasse
Dhemetrya era stata una pessima scelta. E se le fosse accaduto
qualcosa? Se l'avevano catturata? O peggio, uccisa? Lucy non si sarebbe
mai perdonata di avere sulla coscienza la morte di quella ragazza per
colpa di un'idea che aveva avuto lei stessa.
Eppure, Dhem l'aveva
guardata così tranquilla, così disposta e decisa
a farle quel favore, che aveva accettato il suo aiuto. Sicuramente
aveva avuto modo di conoscere Telmar meglio di lei, che era
mancata per più di un secolo, senza contare
l'agilità che possedeva quella ragazza.
La Pevensie si morse
l'interno di una guancia, riflessiva: sarebbe stato più
semplice se si fosse infiltrata a Telmar di giorno, per compare il
necessario. Sarebbe stato forse meno sospetto, perché non ci
aveva pensato?
Qualcosa nella mente di Lucy le ricordò che
non avevano denaro, né i suoi fratelli l'avrebbero fatta
allontanare volutamente per quell'impresa. Per quello aveva deciso di
andare di notte. Senza contare le guardie che sorvegliavano il fiume o
la possibilità che le entrate fossero sorvegliate e qualcuno
la riconoscesse come nemica.
Lucy sospirò pesantemente,
puntando lo sguardo crucciato sul bosco attorno a lei e stringendosi
una mano al petto.
Dhemetrya... torna
presto.
***
-Allora,
mi volete
spiegare? E cosa c'entra Lucy?-
Edmund si voltò a mezzo
busto verso Eve e Dhem, che camminavano poco più dietro di
lui. Si era offerto di liberare la Narniana dal peso di uno dei
borsoni, ma ancora non aveva capito cosa ci fosse al loro interno.
All'inizio aveva ipotizzato delle armi, ma non proveniva nessun
tintinnio mentre si muoveva, quindi aveva scartato quell'ipotesi quasi
subito. Non riusciva proprio a capire cosa avesse a che fare, poi, la
minore delle sorelle.
Evelyn lanciò un'occhiata di
sott'occhio a Dhemetrya, sospirando.
-E' un'idea di Lucy. Appena
arriviamo al rifugio ti spiego tutto.- Più che altro, era
curiosa di sapere come sarebbe stato spiegato il tutto a Peter. Eve
lanciò uno sguardo al cielo che si intravedeva tra le fronde
degli alberi, pregando di non finire in mezzo a discussioni che non
avevano niente a che vedere con lei. Aveva già abbastanza
pensieri.
-E' stata una mia scelta, vostra sorella non c'entra.-
provò a spiegare Dhem, pacatamente, seguendo i due fratelli
nella radura. A differenza dei suoni prodotti dai passi dei due,
sembrava che lei appena sfiorasse il terreno, tanto che un paio di
volte Ed provò a lanciarsi un'occhiata alle spalle per
assicurarsi della sua presenza.
Quasi si stupì di averla
percepita arrivare poco prima mentre stava parlando con Evelyn. Forse
era stata solo questione di fortuna.
La Pevensie liquidò la
Narniana con un gesto della mano, più perché
ormai erano quasi all'entrata della Casa di Aslan che per disinteresse
o perché fosse stizzita.
In realtà, l'interesse
per come Dhemetrya fosse finita coinvolta in quella faccenda era
abbastanza presente... era stata così spavalda Lucy da
andarle a chiedere aiuto, consapevole che loro gli avrebbero detto di
no se lo avesse chiesto? O Dhemetrya si era ficcata volutamente in
quella situazione, come aveva provato a spiegare? E se si,
perché?
Eve scosse la testa, non capendo le ragioni di quel
gesto – probabilmente non le avrebbe mai nemmeno sapute.
Dhem era troppo sfuggente, alle volte, perché le sue
intenzioni fossero chiare. Ancora faticava a capirne l'essenza.
-Dhemetrya!
Ce l'hai fatta!-
Edmund fece appena in tempo a spostarsi prima che un
uragano dai capelli castani gli passasse accanto, alzando una lieve
corrente d'aria e fiondandosi sulla mora che procedeva a poca distanza
da lui.
-Ero così in pensiero, iniziavo a preoccuparmi.- La
Narniana rimase immobile, irrigidendosi quando capì che Lucy
la stava stringendo in un abbraccio piuttosto stretto. Rimase perplessa
per qualche attimo, percependo il lieve tremolio che la Pevensie
cercava di contrastare.
Evidentemente si
aspettava di vederla tornare
molto prima...
Optò
per posarle le mani sulle spalle,
allontanandola gentilmente da sé e sfoggiando un'espressione
serena.
-Ovviamente.- La calma della Narniana riuscì a
strappare a Lucy un sorriso, la quale occhieggiò il borsone
che ancora portava. La Pevensie si morse un labbro, esibendo uno
sguardo apprensivo.
-E'... è andato tutto bene? Non hai
dovuto...?- provò ad indagare, senza terminare la frase. La
ragazza negò con la testa.
-No, è andato tutto
bene.- la rassicurò, provando un moto di tenerezza di fronte
alla ragazzina. Il giorno prima sembrava così fiera e decisa
della propria idea che vederla in quello stato le fece domandare se
fosse la stessa persona. Probabilmente a mente fredda aveva pensato
fosse stata una cattiva idea.
Ma non lo era. Non era una cattiva idea
voler provare a portare un po' di pace e serenità.
Dhemetrya
avrebbe voluto dirglielo apertamente, ma qualcosa la trattenne dal dare
sfogo ai propri pensieri.
-Lucy.-
La Pevensie smise all'istante di
sorridere non appena la voce tagliente di Evelyn s'intromise tra loro.
Cercò di recuperare tutta la sicurezza che sapeva di
possedere, prima di girarsi per fronteggiare la sorella. Sapeva che non
sarebbe stata contenta, lei e Susan erano state abbastanza eloquenti il
giorno prima.
Non si sorprese, quindi, di trovarsi di fronte un'Evelyn
spazientita e con le braccia incrociate al petto. Le occhiate eloquenti
ed il sopracciglio alzato non avevano bisogno di altre parole per farle
capire cosa volesse dirle – ed a Lu ricordò
terribilmente Susan.
-Mi dispiace, ma dovevo farlo, io...-
-Aspettate,
aspettate: fare cosa?- s'intromise Edmund, senza preoccuparsi di celare
l'impazienza e occhieggiando le tre. Non ci stava capendo niente ed
iniziava ad allarmarsi. Evelyn aveva un cipiglio di rimprovero e questo
l'aveva messo sull'attenti, facendolo preoccupare. Temeva fosse
successo qualcosa di grave e non riusciva a capire cosa fosse. Sentirsi
escluso dalla conversazione non lo stava aiutando per niente.
Eve mosse
una mano in aria e scoccò la lingua contro il palato,
spazientita, lanciando un'occhiata eloquente verso Lucy e Dhemetrya,
attenendo che rispondessero alla domanda. Edmund continuava ad avere
un'aria interrogativa in volto e tra i quattro s'intromise un silenzio
pesante.
-Cosa state combinando?-
Fu quando Dhemetrya provò
a rompere il ghiaccio, dopo aver preso un profondo sospiro, che venne
interrotta da una voce esterna al quartetto.
Susan.
La Narniana si
morse un labbro, incerta. Quello che aveva fatto lo aveva fatto per
Lucy ed era sicura non ci fosse nulla di male, ma era ben consapevole
che la Dolce avrebbe avuto da ridire e, onestamente, non aveva voglia
di discutere o rendere conto a qualcuno di ciò che faceva.
-Bella domanda.- esclamò ironico Edmund, ancora all'oscuro
di tutto, scrutando la sorella farsi sempre più vicina con
Caspian affianco. La vide occhieggiare i borsoni che portavano e
corrugare la fronte, perplessa, mentre il Principe si limitò
ad accennare un saluto ai presenti.
Lucy sospirò, quasi
esasperata da quella situazione che sembrava iniziare ad essere troppo
ridicola.
-Dhemetrya ha procurato il necessario per fare i biscotti.-
disse con un filo di voce e tenendo lo sguardo fisso sulla sorella
maggiore. Non vide l'occhiata interrogativa che il fratello fece verso
Evelyn o il sopracciglio alzato di Caspian.
Susan rimase in silenzio,
come assorta nei propri pensieri, tanto da attirare l'attenzione di
tutti su di sé. Lu la guardò con una nota
implorante nello sguardo, ma la Pevensie sembrava decisa a non far
trapelare ciò che stava provando.
-Prima che diciate
qualsiasi cosa, volevo avvisare che l'idea è stata mia. Mi
sono offerta io di andare dopo avervi ascoltato... ieri mattina. Ho
pensato fosse una buona idea.- Susan arricciò il naso,
seria, soppesando le parole della Narniana.
-Avevamo detto che era
pericoloso.- fu la semplice constatazione che fece, rendendosi conto di
aver sottovalutato le intenzioni della sorella e che, nonostante i suoi
propositi, non era stata abbastanza attenta.
Avrebbe dovuto
conoscerla abbastanza bene da intuire che non avrebbe lasciato perdere
facilmente. E Dhemetrya si era offerta di aiutarla perché
sicuramente stava per combinare qualcosa da sola. Qualcosa di stupido e
pericoloso. Dubitava fosse stata Lucy a chiedere a Dhemetrya di
aiutarla, mettendola in una posizione poco piacevole o facendole
rischiare la vita. Non sarebbe stata capace di arrivare a quel punto.
La Pevensie rimproverò se stessa per la poca attenzione che
stava mostrando in quel periodo. Si rese conto, con amarezza, che se
Dhem non fosse intervenuta Lucy avrebbe provato ad infiltrarsi a Telmar
da sola.
Susan
sospirò cercando di scacciare la sensazione di difetto che
le pungeva nel petto, percependo che Caspian le aveva posato una mano
sulla spalla, come per calmarla.
-Biscotti?- domandò Edmund,
spaesato. Era pronto alla peggiore delle ipotesi, ma tutto si era
aspettato meno che quello.
-Si! Non credi che possano aiutare a
riportare il buonumore?- domandò la più piccola
delle Pevensie, come rianimata. I suoi occhioni luccicarono,
immaginando già le facce sorprese dei Narniani nel sentire
il profumo di biscotti spargersi nell'aria.
Edmund ci mise qualche
attimo a rispondere, annuendo semplicemente, ancora confuso per quella
situazione e non sapendo esattamente cosa risponderle. Come aveva fatto
Lucy a pensare ad un'idea simile?
-Peter lo sa?- domandò
semplicemente, ma immaginando già da sé la
risposta. Evelyn si morse il labbro, mentre Dhemetrya e Lucy si
scambiarono un'occhiata.
-No.- fu la semplice risposta che diede la
sorella. Sapeva che avrebbe dovuto raccontarglielo, né era
mai stata sua intenzione mentire ai fratelli.
-Non c'è
bisogno che lo sappia. Non subito, almeno.- in suo soccorso venne la
Narniana, ma si corresse, vedendo l'occhiata fulminante che le
lanciò Susan, ancora intenta ad osservarle.
-Potrà dirglielo Lucy con calma più tardi. Per il
momento faremo finta che ho trovato queste cose in giro.-
provò ad intercedere per la ragazza. La minore delle
Pevensie annuì per quell'idea, sorridendo ampiamente in
direzione di Dhemetrya.
Susan sospirò, non sapendo bene che dire. Era inutile farle
una ramanzina, arrivati a quel punto. Alla fine, Lucy voleva solo fare
del bene per quella che considerava ancora la sua gente, il suo popolo.
Il loro popolo.
Alzò gli occhi al cielo, cercando di accantonare tutto
ciò che avrebbe voluto dirle e quasi stordita dalle sue
stesse emozioni.
-Va bene.- concesse la Dolce, rilassandosi ed
accennando un sorriso. Caspian si allontanò da lei per
prendere il borsone a Dhemetrya, avviandosi verso il rifugio con Edmund
ed Eve. Lucy li precedeva con rinnovato entusiasmo, sollevata che tutto
si fosse risolto per il meglio e sicura che Peter avrebbe capito le sue
ragioni.
-Ehi, Dhemetrya.- La Narniana si sentì toccare un
braccio e si fermò, trovandosi di fronte Susan che la
osservava. Alzò le sopracciglia, in attesa, percependo
l'imbarazzo che la Regina cercava di camuffare dietro i suoi occhi
chiari e l'atteggiamento composto. Quasi le fece tenerezza, capendo
quanto fosse difficile per lei abbassarsi ad aprirsi con una quasi
sconosciuta.
-Ti ringrazio, per... beh, per aver aiutato mia sorella.
So che le sue intenzioni sono buone, ma a volte sembra non capire che
la situazione è davvero grave e non possiamo permetterci
errori.- provò a spiegare le proprie ragioni. Dhem
annuì, capendo il discorso che stava facendo la Pevensie.
-Si, capisco cosa intendi. Ma proprio perché è
grave abbiamo bisogno anche di questi momenti di leggerezza. Per questo
l'ho aiutata. Non avrei mai fatto qualcosa che io stessa ritengo
stupido o sbagliato.- disse, pacata. Susan sembrò
rassicurata da quelle parole, tuttavia alzò il mento, un
poco indispettita dal comportamento nascosto che aveva tenuto.
-Eppure
sapevi che non eravamo d'accordo. Avresti dovuto parlarcene.- la
rimproverò, senza reale cattiveria, ricordando che fosse
presente durante quella conversazione.
-Senza offesa, Vostra Grazia...
sappiamo benissimo dove avrebbe portato parlarvene. Inoltre, non
è nel mio stile fare la spia.- Susan rimase qualche attimo
in silenzio, pensierosa, dopodiché si portò una
mano alla bocca per camuffare un sorriso.
Una spia era proprio
ciò che temeva fosse Dhem all'inizio, anche se non lo aveva
detto a nessuno, ma quella ragazza tutto sembrava meno che avere le
qualità da spia. Certo era discreta, ma parlava troppo
quando non doveva e spesso spariva per degli intervalli di tempo non
indifferenti. Una spia avrebbe dovuto stare attenta a qualunque cosa
che potesse essere importante da riportare.
Tornò composta,
congiungendo le mani in grembo e riprendendo a camminare verso il
rifugio. L'importante, alla fine, era che fosse andato tutto bene.
Si
voltò indietro, rendendosi conto che Dhemetrya era rimasta
ferma.
-Vieni? Ci sono dei biscotti da fare.-
***
La
giornata,
nonostante il risveglio un po' brusco e confuso, era passata in modo
tranquillo. Il caldo torrido dell'estate si stava affievolendo,
lasciando spazio a quella piacevole brezza dal sapore un po' nostalgico
che precede l'arrivo del freddo pungente. Anche stare distesi al sole,
per quel poco di tempo che ce lo si poteva concedere, era piacevole, in
quanto il calore non era così asfissiante da farti mancare
il respiro o bruciare la pelle.
Come per molte delle giornate che
l'avevano preceduta anche quella dava la falsa sensazione che tutto
fosse a posto, se si riusciva a togliersi dalla testa la guerra.
I ragazzi avevano portato i borsoni nello spazio adibito alle cucine e
le
ragazze, dopo averli ringraziati per l'aiuto, li avevano mandati ad
aiutare Peter, impegnato insieme a Glenstom ad organizzare gli
allenamenti e controllare come procedeva la produzione di armi nuove.
Avevano anche pensato di organizzare delle brevi spedizioni per Narnia,
in modo da cercare eventuali superstiti e sperando che questi volessero
unirsi in battaglia: la possibilità che ci fossero altri
Narniani era molto scarsa, specialmente perché il centauro
credeva che chiunque avesse ormai saputo del loro ritorno e tutto
ciò che lo aveva seguito. Se avessero voluto farsi avanti,
si sarebbero già presentati giorni addietro. Tuttavia, non
era mai detta l'ultima parola e qualsiasi aiuto trovato poteva essere
decisivo, così si era ritrovato d'accordo con Peter.
Il
Pevensie era talmente preso dal proprio lavoro da non essersi accorto
di nulla che non lo riguardasse, e Lucy ne fu felice. In quel modo,
sperava, quando i biscotti sarebbero stati pronti per il dopo cena
sarebbe potuta essere una piacevole sorpresa anche per lui.
Susan, con
sorpresa di tutti, si era fatta aiutare da Dhemetrya a sistemare e
mettere insieme gli ingredienti mentre Lucy creava le forme con un
coltellino – Sue le aveva detto di farle abbastanza piccole
in modo da creare più biscotti possibili – mentre
Evelyn, decisamente meno avvezza alla dote della cucina, era sgusciata
via appena possibile, finendo con l'allenarsi nel corpo a corpo insieme
a Caspian per gran parte del pomeriggio.
Fu solo quando il sole si
apprestava ad oltrepassare l'orizzonte, che tutti fecero caso al
piacevole odore che si stava spargendo nell'aria.
Peter si
avvicinò con fare incuriosito alle cucine, sudato e stanco
dalla giornata intensa che aveva passato, attirato come gli altri ed
intenzionato a capirne la provenienza.
-Cos'è questo odore?-
domandò senza troppi giri di parole, affacciandosi sulla
soglia di pietra. Ora poteva sentire bene quel profumo inconfondibile
di cibo. No. Di dolce. Sbatté per un paio di volte le
palpebre, intento a processare ciò che i suoi occhi stavano
vedendo.
Susan e Dhemetrya, insieme, che sistemavano su dei vassoi
qualcosa. Peter ci mise qualche attimo a capire che si trattava di
biscotti. Ma, ciò che lo stava lasciando basito in quel
momento, era proprio la vicinanza delle due ragazze. Avrebbe giurato
settimane addietro che non si sarebbero mai sopportate.
-Ti piacciono?
Ho fatto io le forme.- gli si avvicinò Lucy, festosa,
mostrando due biscotti a forma di cuore. Peter rimase interdetto a
guardarla, rendendosi conto solo in quel momento che per quasi tutto il
giorno non aveva incontrato nessuno dei fratelli. Preso com'era, non ci
aveva fatto troppo caso.
-Quindi è questo che combinate
mentre io lavoro?- domandò retorico, scompigliando i capelli
della sorellina ed avvicinandosi al tavolo. Susan alzò gli
occhi al cielo, mentre Dhem gli sorrise, distogliendo poi lo sguardo e
finendo di sistemare i biscotti. Lucy la guardò divertita
senza che se ne accorgesse.
-Non è stato facile, sai? Non
è come avere a disposizione una vera cucina.- gli
spiegò la Pevensie, passandosi una mano sulla fronte. Con i
fuochi che andavano da tutto il giorno faceva parecchio caldo
all'interno della stanza.
Avevano dovuto mettere più
volte i vassoi sopra i fuochi, aiutandosi con delle assi, e per capire
come poter fare il tutto senza rischiare di bruciarli o farli cadere
c'era voluto del tempo. Non era stato facile come avevano pensato. Se
c'era stata una cosa che aveva rimpianto quel pomeriggio di Londra,
Susan, era stato il forno.
Peter osservò le ragazze, poi il
suo viso assunse un'aria dubbiosa.
-Non sapevo avessimo ingredienti a
sufficienza.- constatò. A Narnia non mancava la selvaggina,
quindi trovare del cibo per tutti non era troppo difficile, ma
raccattare degli ingredienti specifici per fare un impasto... Gli occhi
di Peter si assottigliarono, indagatori, riflettendo i ragionamenti che
stava compiendo la sua mente.
-E' stata una mia idea.- interruppe i
suoi pensieri Lucy. Conosceva abbastanza bene il fratello maggiore da
sapere a cosa stesse pensando e che era inutile mentirgli –
né era mai stata sua intenzione farlo. Il biondo la
guardò, spaesato, lanciando poi un'occhiata verso Susan, la
quale si limitò ad alzare le spalle.
Lucy? Come...?
-Ho
detto ad Eve e Sue che potevamo fare dei biscotti per cercare di fare
contenti i Narniani. Ma alcuni ingredienti andavano rubati dalla
cittadina di Telmar, cosa che volevo fare ieri notte.- Lu vide il
fratello maggiore serrare le labbra ed irrigidirsi a quelle parole. Non
c'era bisogno che le dicesse a cosa stesse pensando, la ragazzina
poteva già sentire i rimproveri di suo fratello,
così si affrettò a continuare.
Cercò
di esibire l'espressione più convincente che possedeva.
-Ma
Dhemetrya si è offerta di andare al posto mio.-
soffiò fuori, semplicemente. Ci furono degli attimi di
silenzio, in cui Peter fece passare lo sguardo tra le tre ragazze ed i
vassoi con i biscotti che si stavano raffreddando. Improvvisamente
faceva troppo caldo, li dentro.
-Siete matte? Hai idea del pericolo che
hai corso, Dhemetrya? E tu, Lucy, come ti è venuto anche
solo in mente di pensare di andare da sola a Telmar?!- le
additò, più sconvolto all'ipotesi di quello che
sarebbe potuto succedere che realmente arrabbiato.
I suoi occhi azzurri
scintillarono, scoccando alle due delle occhiatacce ben assestate. Si
morse un labbro rimproverandosi internamente per essere stato talmente
preso dai suoi doveri da non essersi accorto di ciò che lo
circondava.
-Dovevi ascoltare Susan ed Evelyn.- si rivolse poi alla
più giovane.
-Beh Peter, ormai è fatta. E'
inutile pensarci ancora.- intervenne la Dolce, cercando di calmare il
maggiore. Non era propriamente arrabbiato, ma sapeva che per scatenare
una tempesta nel Pevensie ci voleva davvero poco, quindi poteva
già immaginarsi la sfuriata che ne sarebbe derivata se
nessuno lo avesse fermato dal covare la collera. Anche se capiva
perfettamente i suoi motivi.
Forse fu la pacatezza di Susan, o lo
sguardo colpevole di Lucy, che fece desistere Peter dall'andare avanti
a sgridare le due, consapevole che non avrebbe portato a nulla.
Il
Pevensie rilassò le spalle, cercando di inspirare l'odore
familiare di quei biscotti. Quante volte a Cair Paravel Sue li aveva
cucinati insieme alla Signora Castoro e Tumnus...
-Non fate mai
più una cosa simile. Sono stato chiaro?- inchiodò
sul posto Lucy e Dhemetrya con lo sguardo, strappandosi bruscamente a
quei ricordi. Le due si limitarono ad annuire, accennando a delle
scuse, ma l'espressione di Peter era talmente seria e determinata che
ebbero la sensazione di sentirsi come messe a nudo.
La Narniana si
morse la lingua per evitare di rispondergli male, ritenendo fuori luogo
specificare in quel momento che lei prendeva ordini solo da Aslan o
dalla Grande Magia.
Susan gli si avvicinò, catturando la sua
attenzione e facendogli interrompere il contatto visivo: gli mise tra
le mani un vassoio, ignorando lo sguardo confuso che le
lanciò il fratello.
-Forza, aiutaci a portarli nella sala
comune.-
***
Dhemetrya
cercò di sgusciare fuori dalla sala comune senza dare troppo
nell'occhio. Le presenza all'interno del rifugio erano più
del solito e il calore sprigionato dai fuochi era ancora troppo per
quella stagione – non faceva poi così freddo,
nonostante fosse ormai sera.
Gran parte dei Narniani si era radunata
intorno ai tavoli per cenare e, effettivamente, le previsioni di Lucy
non si erano rivelate del tutto sbagliate.
Quando le creature di Narnia
avevano visto i vassoio ricolmi di biscotti sui loro visi erano
comparse delle espressioni che Dhem avrebbe definito stupore e
felicità di fronte a quella sorpresa. Qualcuno si era anche
scambiato delle occhiate perplesse, come a domandarsi cosa fossero
quelle cose e per chi.
Ci aveva pensato Susan a chiarire le domande di
tutti, prendendo in mano la situazione e spiegando le cose con poche e
semplici parole.
-La Regina Lucy ha pensato fosse una buona idea farvi
questo regalo per ringraziarvi dell'impegno e della fiducia riposte nei
nostri confronti.- Aveva iniziato, ed accanto a lei si erano avvicinati
anche gli altri Pevensie.
-Sappiamo che non è molto, e che
non vi ripaga dalle perdite subite recentemente, ma speriamo vi faccia
capire quanto è importante l'aiuto di ognuno di voi in un
momento cruciale come questo.-
Alcuni visi si erano rattristati,
ricordando la battaglia al castello di Miraz, ma nessuno aveva osato
obiettare alle parole della Regina. Lucy aveva ringraziato la sorella
per quel discorso con un'occhiata.
I dolci erano stati distribuiti da
qualche fauna al termine della cena, cercando di non dimenticare
nessuno e di farli bastare per tutti. Una piacevole atmosfera di
serenità era calata sull'ambiente, rischiarato dalle torce e
riscaldato dai fuochi che, allegri, scoppiettavano alle pareti. I
Narniani parlavano tra loro con pacatezza, talvolta erano perfino
scoppiati a ridere.
Dhemetrya aveva osservato con attenzione come quel
semplice pensierino che aveva aiutato a realizzare avesse potuto creare
quell'effetto, e si sentì felice. Si sentì
pienamente felice di aver reso reale tutto quello che quasi le
salì in nodo in gola per la commozione.
Ma c'era qualcosa,
in tutta quella felicità momentanea, che le stonava. C'era
qualcosa che non andava bene, che non la faceva sentire tranquilla come
avrebbe dovuto.
Si osservò in giro, lanciando un'occhiata
quasi ansiosa ai Narniani che si stava lasciando alle spalle e sentendo
la gola secca. Si stava sentendo quasi una ladra per il modo in cui, di
soppiatto, stava cercando di andarsene. Strinse tra le mani il
fazzolettino di stoffa dove aveva riposto con cura qualche biscotto,
dandosi della stupida per non averci pensato prima.
Dov'erano Lia e
Antares?
-Te ne vai?-
-Edmund! Brutta testa di rapa, se ti prendo vedi
cosa ti faccio!-
-Sei troppo lenta!-
Dhemetrya fece appena in tempo ad
irrigidirsi per essere stata interrotta in quella che assomigliava
tanto ad una fuga – anche se, in realtà, non c'era
niente da cui scappare – prima che due ventate di aria fredda
le passassero accanto con poca grazia. Fece qualche passo di lato per
non essere colpita, rischiando di inciampare su una pietra sporgente e
battere la schiena contro il muro, ma si ritrovò avvolta da
una stretta piuttosto decisa.
-Non correte!-
Ci mise qualche attimo di
troppo a rendersi conto che colui che l'aveva fermata – sia
dall'uscire dal rifugio, che dal farsi male – era stato
Peter, tanto che quando focalizzò la sua attenzione sul
ragazzo questi già l'aveva lasciata andare, allontanandosi
di un passo da lei.
-Stai bene?- le domandò, vedendola che
continuava a non parlare e si limitava a fissarlo senza una reale
espressione. Dhem si umettò le labbra, cercando di
recuperare il controllo del proprio corpo e sforzandosi di sorridere.
-Si, grazie. Ma erano...?- provò a domandare, guardandosi
alle spalle e osservando il corridoio che conduceva all'uscita e da cui
i ragazzi erano appena corsi via.
-Evelyn ed Edmund. Le avrà
fatto qualche scherzo.- le confermò Peter, quasi rassegnato
e ricordando i punzecchiamenti che avevano iniziato a farsi a tavola
poca prima. Probabilmente dopo li avrebbe raggiunti per riprenderli,
non potevano permettersi di comportarsi come se fossero in giro da
soli. Ogni tanto si domandava che cosa passasse nella testa dei suoi
fratelli per comportarsi come bambini.
Dhemetrya sorrise un po' di
più, addolcendo lo sguardo.
-E' bello che qualcuno si
diverta. Lucy voleva proprio questo, sai?- gli disse, stringendosi
nelle spalle. Osservò il viso del Pevensie, gli occhi chiari
che avevano perso la durezza espressa quel pomeriggio e ora la
guardavano, sereni. Le ricordò molto il colore del cielo in
primavera. Abbassò lo sguardo, imbarazzata per quel suo
pensiero, ma la lieve risata di Peter la sorprese tanto da farglielo
rialzare immediatamente.
-Lucy, Lucy... è sempre stata
quella più fantasiosa di tutti. All'inizio pensavamo che
Narnia fosse solo una sua invenzione, sai?- le confessò,
grattandosi la nuca, quasi imbarazzato. Dhemetrya rimase sorpresa da
quell'affermazione, tanto che sbatté le palpebre un paio di
volte.
-Oh...- Gli occhi blu luccicarono di stupore e un poco di
amarezza.
Solo un'invenzione...
Evidentemente il mondo da cui
provenivano era molto diverso da quello, come più volte
Aslan aveva provato a spiegarle, talmente diverso che un luogo come
Narnia, con le sue creature, non era qualcosa di facile da accettare.
Anzi, non era nemmeno concepibile potesse esistere realmente.
E quanto
doveva essere triste il mondo da cui provenivano i Pevensie?
Più volte ci aveva pensato, o aveva ascoltato i discorsi
impregnati dai loro ricordi portatele dal vento, ma mai ci si era
soffermata più del necessario. L''importante era che loro
fossero li, tutto il resto era secondario.
-Beh, immagino che il vostro
mondo sia molto diverso.- provò a dar voce ai propri
pensieri.
Dhemetrya non sapeva bene come immaginarsi un'altra terra,
perché lei era nata da Narnia e mai avrebbe potuto
immaginare di vivere da qualche altra parte. Ed osservando la reazione
di Peter, il quale si limitò a tirare le labbra in un mezzo
sorriso e sospirare, fu ancora più certa che non avrebbe mai
rinunciato alla terra a cui apparteneva.
Gli occhi di Peter
si velarono di frustrazione al ricordo di quegli ultimi anni passati
sempre in compagnia della frustrazione per quel mondo troppo diverso da
quello che aveva imparato ad amare.
-Si, molto. Troppo.-
***
-Edmund!
Edmund!
Fermati!-
Evelyn si fermò quasi di botto, portandosi una
mano allo stomaco ed inspirando pesantemente. Mettersi a correre dietro
a suo fratello appena finito di mangiare non era stata una buona idea.
Le era salita una grande nausea ed aveva seriamente paura che avrebbe
finito con il vomitare.
Cercò di rilassarsi e si accorse,
con una veloce occhiata, di trovarsi nel solito spiazzo dietro la Casa
di Aslan.
-Ti arrendi?- le gridò Edmund, da lontano. Eve lo
vedeva solo grazie alla luna che ne illuminava in parte al profilo e al
cielo, che non aveva ancora assunto le tonalità scure e buie
tipiche delle notti invernali. Aveva anche notato, però, che
le giornate sembravano iniziare a farsi più corte e l'aria
ad essere più fresca.
Da una parte sperava che la resa dei
conti arrivasse in fretta, perché non poteva immaginare
quali sarebbero state le condizioni con cui avrebbero passato l'inverno
se fossero stati costretti a rimanere in quel rifugio d'emergenza.
-Quindi?- la incalzò lui, senza essersi ancora avvicinato.
Eve scorse il suo petto alzarsi velocemente e dedusse si fosse stancato
di cercare di scapparle. Tuttavia, sapeva quanto Eve fosse vendicativa
e per questo, probabilmente, voleva prima sincerarsi che non gli
avrebbe fatto niente.
Si portò una mano al braccio,
accarezzandosi da sopra l'abito il punto in cui Edmund le aveva fatto
un pizzicotto. E, dannazione, le aveva fatto parecchio male quella
volta. Evelyn sorrise amabilmente.
-Si, si. Mi arrendo.- gli disse,
rilassando le spalle e guardandolo negli occhi. Lo vide assottigliare
lo sguardo, studiandola, e cercò con tutto l'autocontrollo
che possedeva di non fare smorfie strane.
Il Pevensie si
umettò le labbra, come indeciso.
-Prometti?-
indagò, attento. Vide la sorella alzare gli occhi al cielo e
sbuffare, spazientita.
-Si Edmund, prometto. Sono stanca.- fu la
lapidaria risposta che gli diede, prima di mettersi a cercare qualcosa
per terra. Ed rimase qualche attimo a studiarla, cercando di capire
cosa stesse facendo, prima di iniziare ad avvicinarsi.
La ragazza si
mosse per qualche minuto nella piccola radura, finendo per ritrovarsi
vicina al tronco caduto: era stanca e voleva sedersi per riprendere
fiato, ma la voglia di farla pagare a suo fratello ancora non l'aveva
abbandonata del tutto.
Si finse interessata al terreno, approfittando
per riflettere mentre Edmund la raggiungeva.
Era stata sollevata di non
aver dovuto dare troppe spiegazioni a Peter e che questo, soprattutto,
non si fosse arrabbiato come pensava. In realtà, l'aveva
visto parecchio rilassato durante la cena e la cosa – a lei
come ai fratelli – aveva fatto piacere. Evelyn non sapeva
nemmeno come la sorella gli avesse spiegato la situazione, ma poco le
importava, in quel momento.
Lucy era stata ringraziata più
volte per il pensiero che aveva avuto dai Narniani, ringraziamenti a
cui aveva risposto con molti dei suoi sorrisi e gli occhioni trepidanti
di felicità e soddisfazione – ed i biscotti,
nonostante mancassero alcuni ingredienti, non erano venuti poi
così male.
A Eve era bastato quello per capire che andava
tutto bene.
Ed era andato tutto bene finché Edmund non aveva
iniziato a punzecchiarla, rubandole i biscotti di mano e facendole
pizzicotti ai fianchi. Aveva provato a rispondergli, ma l'evidente
differenza di forza fisica aveva fatto si che ogni suo tentativo di
attacco fosse parecchio inutile.
La Pevensie cercò di
mantenere la calma, percependo che ormai il ragazzo era alle proprie
spalle. Doveva agire d'astuzia.
-Che cosa fai?- provò a
domandarle lui, incuriosito. Evelyn poteva immaginarsi lo sguardo
perplesso con cui la stava guardando mentre restava li, in piedi, ad
aspettare non si sapeva cosa – a giudicare dal suo tono di
voce.
-Io...- sussurrò, umettandosi le labbra e iniziando a
voltarsi con un lento e studiato movimento verso Edmund. Fece
schioccare la lingua contro il palato e poi fece uno scatto in avanti,
afferrandolo per la casacca.
-Pensavi che avrei lasciato perdere
così?!-
Il moro si sorprese di quel movimento repentino e
provò a tirarsi indietro istintivamente, tuttavia Evelyn era
stata abbastanza agile da riuscire a prenderlo, bloccando in quel modo
il suo tentativo di fuga. Vide distrattamente gli occhi di sua sorella
luccicare di vittoria e sentì la mano tirargli la casacca
verso il basso, prima di capire che stava perdendo l'equilibrio per il
peso improvviso che si era sentito addosso e rischiando di cadere
entrambi.
Fece qualche passo scomposto, ma fu inutile. Si
ritrovò semi seduto a terra, provando un dolore fastidioso
alla schiena per il contraccolpo, con Eve che gli era caduta addosso.
-Ma sei matta? Che diavolo ti è saltato in mente?!-
sbottò, d'istinto. Si portò una mano a
massaggiarsi le cosce doloranti, cercando di ignorare la presenza della
Pevensie così vicina – così tanto
vicina, in così poco tempo. Praticamente gli era caduta tra
le braccia.
Si ritrovò a pensare che decisamente sembrava
che qualcuno ce l'avesse con lui e provasse a metterlo alla prova.
Non
ricevendo nessuna risposta né un'occhiataccia
iniziò a preoccuparsi.
-Ohi, stai
bene?- provò a chiederle, posandole una mano sulla spalla e
scuotendola leggermente. I capelli ondeggiarono nel vuoto per quel
movimento, ma Edmund iniziava ad essere troppo in pensiero per
soffermarcisi. Eve continuava a tenere lo sguardo rivolto in basso,
verso la mano che era restata ancorata alla casacca.
Il Pevensie
deglutì, mordendosi un labbro senza capire la piega che
stava prendendo quella situazione e percependo un formicolio al basso
ventre.
-Edmund... hai un pessimo senso dell'equilibrio.-
Il moro ci
mise qualche attimo a capire che era stata sua sorella, a parlare. La
sua voce aveva un'intonazione strana, forse perché attutita
o forse perché... sembrava quasi che...
-Stai ridendo? Stai
ridendo di me?- Edmund allontanò la mano come scottato,
irrigidendo il busto. Evelyn si stava prendendo gioco di lui! Si
sentì quasi offeso ed arricciò le labbra, come
indignato.
-E' stata colpa tua, sei tu che mi hai fatto cadere. E
comunque senti chi parla.- Il Pevensie incrociò le braccia
al petto, voltando lo sguardo e posandolo sul bosco circostante.
Se
stavano in silenzio quasi si potevano sentire le voce dei Narniani
provenire da poco lontano. Ma, a parte ciò, per il resto
sembrava che ci fossero solo loro due. Era un qualcosa a cui aveva
imparato a fare caso per evitare che ci fosse la possibilità
di venire fraintesi ad occhi esterni.
Fu a quell'ennesima presa in giro
che Evelyn alzò di scatto la testa, gli occhi che
scintillavano per quanto quella frase l'avesse colpita. Tutta la
possibile ilarità che stava provando pochi secondi prima
sembrava scomparsa.
-Non è vero!- provò a
difendersi, spalancando la bocca in un'espressione di sdegno. Edmund
alzò un sopracciglio, scettico, cercando di non fare troppo
caso al viso della ragazza: gli occhi lo stavano fulminando, i capelli
erano vagamente scomposti e ricadevano lungo le spalle, la fronte era
aggrottata.
Anche in quel modo, lui la trovava comunque bellissima. Non
c'era espressione di Eve che non avesse imparato ad amare con il
passare degli anni.
-Si, si.- fu la semplice risposta che la sua mente,
persa in altri pensieri, gli permise di concepire. Esasperata ed offesa
nell'orgoglio, pur sapendo che aveva ragione, Evelyn gli diede un
pizzicotto sul fianco e sul braccio. Edmund si limitò a
toccarsi le parti lese lamentandosi apertamente, mentre la Pevensie,
soddisfatta, incrociò le braccia al petto e si
fermò a fissarlo, in silenzio.
-Dovresti chiedermi scusa.-
la rimproverò il moro, dopo qualche attimo, guardandola di
sbieco.
-Io? Sei tu che hai iniziato!- Edmund si pentì di
quelle parole non appena il tono di voce più alto del
normale di sua sorella gli trapanò le orecchie senza
pietà.
-Va bene, va bene, ho capito!- gridò,
esasperato, mostrando i palmi in segno di resa. Vide Evelyn sorridere
soddisfatta e, nonostante tutto, qualcosa dentro di lui si mosse di
contentezza. Eve continuava a fissarlo, come in attesa.
In attesa di
cosa?
Sentì il cuore rimbombargli nelle orecchie e
avvertì un
improvviso nodo allo stomaco. Percepì la gola
improvvisamente secca e una vampata di calore gli diede quasi i
giramenti di testa.
Tutto ciò che riusciva a focalizzare era
il viso di Eve. Il viso di Eve sempre più vicino.
Vicino?
Sbatté le palpebre un paio di volte, accorgendosi che
involontariamente si stava protendendo verso la sorella. E quella,
ancora una volta, non si stava spostando.
-Beh, io direi che
possiamo and__- iniziò, ma le parole gli morirono in gola.
Tossì per schiarirsi la voce e fece un movimento per
iniziare ad alzarsi.
-Edmund.- quasi sussultò quando
sentì la mano della Pevensie trattenerlo per il polso.
Questa continuava a guardarlo intensamente – iniziava a
chiedersi se non si trattasse tutto di un grande scherzo.
Sospirò, cercando di buttare fuori la tensione e tornando a
rivolgerle la propria attenzione.
-Non devi dirmi qualcosa?- Edmund
socchiuse le labbra, pensieroso. Qualcosa? Cosa poteva mai volersi
sentire? Percepì un brivido gelido corrergli lungo la
colonna vertebrale. Possibile che Eve avesse capito? Aveva sbagliato
qualcosa?
Si morse una guancia quasi a sangue, nervoso, provando a
ragionare nel modo più veloce possibile. Doveva mantenere la
calma.
Ma Evelyn continuava a guardarlo con quegli occhi chiari
così particolari, e la sua mano era ancora attorno al suo
polso e non riusciva a tirarla via, e lei gli era praticamente seduta
quasi addosso tanto che poteva sentirne l'odore...
Fu più
forte di lui.
Il suo corpo si mosse praticamente da solo, come se
conoscesse a memoria ciò che doveva fare. Prima ancora che
se ne rendesse conto. Prima ancora di riuscire a fermarsi. Prima di
trovare una buona scusa per quello che stava per fare.
La
baciò.
La Pevensie
rimase immobile, strabuzzando gli occhi senza tuttavia avere il
coraggio di compiere alcun movimento. Edmund...
Edmund la stava
baciando.
La stava baciando sul serio, non come in uno di quei sogni ad
occhi aperti che era solita fare. Com'era possibile? Perché?
Così tante domande senza risposta le si stavano affollando
nella mente che la paralizzarono sul posto. Aveva desiderato per tanto,
troppo tempo quel momento, che viverlo le stava procurando quasi dolore
fisico.
Era un sogno, un sogno che si avverava... un sogno che poteva
diventare presto un incubo. Qualcosa nella testa di Eve le
gridò era sbagliato, ma era una vocina lontana, a cui decise
di non fare caso.
Ed la stava baciando e non c'era nient'altro che
contasse in quel momento.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi ed
ispirando. Il profumo del Pevensie le stordì la testa tanto
da darle le vertigini.
Il contatto durò giusto una manciata
di secondi prima che Edmund si tirasse indietro, come scottato. Aveva
le guance rosse e gli occhi febbricitanti di imbarazzo. Fissava le sue
mani, in cerca delle parole adatte per... per cosa? Come avrebbe
spiegato quello che aveva appena fatto?
Si portò un mano tra
i capelli e li strinse, nervoso ed a disagio.
Aveva combinato un
disastro. Aveva rovinato tutto.
Non seppe
dove trovò il coraggio di lanciare un'occhiata ad Eve. La
osservò sfiorarsi le labbra con le dita e, quando
guardò
meglio il suo viso, vide che aveva gli occhi lucidi e le guance
arrossate. Tuttavia, la gentilezza con cui ricambiò il suo
sguardo lo lasciò spiazzato.
E capì.
Fu come se
un macigno lo colpisse in pieno.
Evelyn... Evelyn, lei...
possibile?
Tuttavia la
sensazione di sollievo durò poco, perché non
appena fece per dire qualcosa si sentì improvvisamente in
difetto. Edmund ebbe la fastidiosa senzazione di sentirsi trapassare da
parte a parte e
voltò il viso di lato, sentendo qualcosa di sinistro
salirgli lungo la schiena. Deglutì a forza, cercando di
ricordarsi come si facesse a respirare.
Evelyn seguì il suo esempio,
notando l'improvviso cambiamento nel fratello, e si sentì
mancare la terra sotto i piedi. Improvvisamente, fu come se fosse
finita dal paradiso all'inferno.
Anche nella penombra, avrebbero
riconosciuto quella figura ovunque.
Quel viso affilato, quello sguardo
in tempesta. L'espressione di delusione che traspariva dai lineamenti
del volto, le labbra tirate in una smorfia di profonda amarezza.
-Peter.-
Ciao
a tutti cari e
care e bentornati in questa storia!
Probabilmente
non ci speravate più - e nemmeno io, lol. Ma non vi
libererete facilmente di me. Sono stati dei mesi abbastanza difficili,
pensavo sarei mancata per molto meno tempo ma in realtà non
è stato così. Purtroppo ho ancora delle cose in
sospeso nella rl, casa non è totalmente a posto e anche sul
piano lavorativo sono un po' sull'incerto andante. Questo sicuramente
non ha giovato e tutt'ora non giova alla mia ispirazione, che solo
ultimamente ha deciso di tornare.
Ma ho voluto provare a ributtarmi e,
quindi, eccomi qui, con questo capitolo molto sospirato. Era dal 2010
che aspettava di prendere forma, fate voi. ^^''' Alla fine è
venuto pure più lunghetto di quello che credevo ma spero che
la cosa non vi dispiaccia. :)
Piccola nota: tenete conto che sono otto
mesi che non scrivo, quindi qualche frase o passaggio potrebbero
risultare un po' meccanici. Mi scuso in anticipo, posso solo dirvi che
ho in mente appena possibile una revisione totale sul piano stilistico
della storia (un'altra volta, si), quindi anche questo
subirà delle
revisioni. In ogni caso, non volevo farvi aspettare ancora e quindi...
eccolo qui! Allora, che ne pensate?
Edmund ed Evelyn si sono baciati, ve lo aspettavate in questo modo? E
cosa avrà visto Peter? Da qui, come vi anticipavo, ci
saranno dei capitoli abbastanza importanti per la trama... stay tuned!
Spero di tornare presto con un altro aggiornamento, ma non so dirvi le
tempistiche. In ogni caso siete tutti nel mio cuore e vi ringrazio per
la pazienza che state portando, in particolare ringrazio chi, anche a
distanza di tempo, mi lascia una piccola recensione o mette la storia
in una delle tre liste. Per me è sempre una motivazione in
più sapere che i miei sforzi vengono apprezzati.
Grazie
mille a tutti.
Love, D.
PS: Qualche anima pia può dirmi dei siti da cui poter
ricaricare le immagini?
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