Capitolo ottavo
We are forever as one in what remains
You're in my blood from the cradle to the grave
I don't like to think about the pieces
Or the cracks and the breaks that still remain
If I could breathe, I'd ask you
So look in my mercy mirror
I need you more than I have known
So look in my mercy mirror
'Cause I'm not ready to let you go
Now I know, now I know
I'm not ready to let you go…
(“Mercy
mirror” – Within
Temptation)
Il mattino dopo, al
suo risveglio, Giovanni stava già meglio, la febbre era passata e anche il
dottore, quando venne a medicare nuovamente la ferita, trovò che l’infezione si
stava riducendo. Tuttavia non sembrava del tutto sicuro e Rinaldo se ne
accorse.
“Insomma, dottore,
volete spiegarmi che cosa pensate veramente della ferita del giovane Uberti?
Avete parlato di avvelenamento, di infezioni, ma adesso sembra proprio che il
ragazzo stia meglio. Perché non mi dite la verità?” gli disse, prendendolo da
parte.
“Messer Albizzi, non
posso esserne certo e non voglio preoccuparvi inutilmente, se lo desiderate
potete anche richiedere il parere di altri medici” rispose il dottore. “Ciò che
io penso, però, è questo: la freccia che ha colpito il ragazzo era molto
sporca, probabilmente rugginosa e contaminata e temo che ciò abbia potuto
avvelenare il suo sangue.”
Albizzi non era tipo
da accettare simili responsi a cuor leggero. Afferrò per le spalle il dottore e
gli si rivolse con veemenza.
“Volete dire che
morirà? E’ questo che pensate? Ditelo, dunque! Non c’è niente che possiate
fare?”
L’uomo apparve
visibilmente scosso.
“No, Messer Albizzi,
non è questo che volevo dire” replicò. “Se, e notate bene che questa è solo la
mia opinione, veramente il giovane Uberti avesse subito un lieve avvelenamento
del sangue, ciò non lo porterebbe a una morte prematura, lo renderebbe però più
soggetto a cadere preda di febbri e infezioni. Indebolirebbe la sua salute, ma
il ragazzo è molto giovane, forte, può resistere a simili malesseri.”
Albizzi non si era
tranquillizzato proprio per niente, ma che poteva fare? Sentire il parere di
altri medici sarebbe stato inutile, poteva solo fare in modo che Giovanni
venisse curato al meglio, riposasse e si nutrisse bene.
Del resto, a uno come
Giovanni nemmeno le malattie rimanevano vicine troppo a lungo! Il ragazzo
avrebbe già voluto alzarsi dal letto, era di nuovo vivace e attivo come al
solito e, quando Rinaldo tornò in camera da lui, il suo volto era illuminato da
un’idea che gli era appena passata per la testa.
“Messer Albizzi” gli
disse (eh no, non ce la faceva proprio a chiamarlo Rinaldo!), “visto che ieri sera parlavate di matrimonio, mi è
venuta in mente una cosa: Madonna Contessina, un anno fa, mandò a monte il
matrimonio di vostro figlio con Isabella Contarini. Che ne direste di una Uberti
come futura sposa di Ormanno?”
Albizzi, totalmente
spiazzato da quella decisa virata su un argomento a cui non pensava più da
molti mesi, lì per lì non seppe cosa rispondere, poi ritrovò la parola.
“Beh, Ormanno rimase
molto male quando venne rotto il suo fidanzamento con la Contarini, ma con
tutto quello che è successo poi, nessuno di noi ci ha più ripensato. Tu chi
staresti proponendo?” domandò, incuriosito. Era anche sollevato dal fatto che
lo vedeva pieno di iniziativa e sbarazzino come al solito, significava che
stava meglio, no?
“Mia sorella minore,
Beatrice!” replicò trionfante il ragazzo. “Ha sedici anni e adesso vive a
Mantova con mia madre e mio fratello Lapo, ma mi scrive spesso che vorrebbe
venire a Firenze, che a Mantova si annoia, specie adesso che la moglie di Lapo
ha avuto i due gemelli… Insomma, se la facessi
venire, lei e Ormanno potrebbero fare amicizia e poi… non si sa mai, no?”
“Beatrice Uberti”
mormorò Rinaldo tra sé, poi si avvicinò al letto dove giaceva Giovanni per
stringere a sé il ragazzino. “A quanto pare Albizzi e Uberti sono destinati a
unire sempre di più le loro casate, ma la cosa mi piace. Che tipo è questa
Beatrice? Non avrà il tuo caratterino, spero, altrimenti povero Ormanno!”
Giovanni rise.
“No, Beatrice è una
ragazza allegra e simpatica, ma è anche dolce, obbediente… sicuramente molto
più docile di me!” ribatté.
Rinaldo lo avvolse in
un abbraccio e lo baciò a lungo, pensando che a lui, al contrario, Giovanni era
piaciuto proprio per il suo caratterino e per la sua impertinenza e non lo
avrebbe cambiato per niente al mondo: era stato lui la scossa che lo aveva
riportato alla vita, in più di un senso!
Nei giorni seguenti,
mentre Cosimo inviava Marco Bello a scoprire più prove possibili sul conto di
colui che aveva pagato i mercenari affinché uccidessero gli Albizzi, e mentre
Lorenzo indagava per conto suo (e, a tempo perso, aveva fatto conoscenza con
una nobildonna, Ginevra Cavalcanti, con la quale presto si sarebbe fidanzato…
insomma, aveva una vita molto intensa il nostro Lorenzo!), Giovanni prese accordi
con la famiglia che viveva a Mantova perché Beatrice e la madre, Caterina,
potessero giungere al più presto a Firenze, scortate da alcune guardie e
servitori della famiglia Gonzaga. Il fratello Lapo non poteva accompagnarle
visto che sua moglie Lucrezia aveva avuto da poco due gemelli e anche l’altro
fratello, Francesco, era impegnato con i suoi soldati a Verona, dove la casata
dominante, i Della Scala, erano stati cacciati dal Duca di Milano Visconti. Sì,
beh, a quanto pareva gli Uberti avevano il dono di mettersi nelle situazioni
più incasinate, comunque ben presto Verona sarebbe caduta sotto la dominazione
veneziana e avrebbe goduto di un periodo di relativa pace! Eppure anche questo
fatto avrebbe avuto ripercussioni sulle vicende di Giovanni, Rinaldo e Cosimo a
Firenze, ma per adesso non vi spoilero niente! *
Nel frattempo,
Rinaldo aveva mandato Ormanno a vivere nella villa di campagna con sua madre
per un periodo. Il ragazzo era stato scortato da alcune guardie della
Repubblica e il suo unico scopo era stare con la madre, che aveva rischiato di
perderlo per sempre, e attendere lì, in pace e in serenità, lo svolgersi degli
eventi a Firenze, che magari gli avrebbero regalato anche una bella
mogliettina. Tutto molto innocente, dunque, ma Andrea Pazzi non aspettava altro
e, quando le sue spie gli riferirono che Rinaldo Albizzi aveva mandato suo
figlio in campagna… allora apriti cielo e spalancati terra! Pazzi si recò
subito dal Gonfaloniere Guadagni con un ghigno di trionfo stampato sul volto.
“Cosa vi dicevo,
Messer Guadagni? Avete commesso un errore a fidarvi ancora una volta di
Albizzi!” abbaiò. “Suo figlio Ormanno è partito proprio ieri per la villa in
campagna che posseggono ancora… ve l’avevo detto che avreste dovuto confiscare
tutti i beni di quel traditore!”
“Madonna Albizzi vive
là e non si è resa colpevole di alcun tradimento” rispose Guadagni, che
cominciava ad averne abbastanza di ritrovarsi sempre quell’avvoltoio di Andrea
Pazzi appollaiato sulla spalla a sussurrargli cattiverie. “Il giovane Ormanno
avrà semplicemente voluto andare a far visita alla madre e questo mi sembra più
che naturale, visto che, quando la situazione sarà risolta e l’esilio
confermato, non potrà più rivederla.”
“Siete troppo
generoso, Messer Guadagni” in realtà, Pazzi avrebbe voluto dire idiota, ma forse non era il caso… “e non
avete pensato che questa sia una mossa voluta da Rinaldo Albizzi per scappare.
Intanto ha mandato suo figlio e poi…”
Il Gonfaloniere aveva
perso la pazienza e picchiò un pugno sul tavolo.
“Insomma, Messer
Pazzi, adesso state davvero esagerando!” lo interruppe, esasperato. “Mi state
forse accusando di non compiere in modo accurato il mio dovere? Ormanno Albizzi
è stato scortato in campagna dalle guardie della Repubblica e là sarà
sorvegliato, esattamente come suo padre a Firenze. Come osate cercare di
insegnarmi il mio mestiere? Vi ritenete forse superiore a me?”
La reazione indignata
di Guadagni riportò Pazzi a più miti consigli. L’uomo si rese conto che, così
facendo, si sarebbe alienato il favore del Gonfaloniere, acquistato così
faticosamente, e che col cavolo che avrebbe ottenuto il seggio di Albizzi alla
Signoria!
“Perdonatemi,
Messere, avete ragione e vi chiedo perdono se, involontariamente, vi ho offeso.
Non ho dubbi sulla vostra capacità di gestire al meglio questa situazione, il
mio intento era solo quello di aiutarvi” mormorò Andrea Pazzi, recitando pure
lui l’utilissima commediola dell’umile
servitore della Repubblica.
“Sì, certo, Messer
Pazzi, so che vi lasciate trascinare solo perché amate tanto Firenze e volete
proteggere la Signoria con tutte le vostre forze” ribatté Guadagni, “tuttavia
ritengo che stiate sopravvalutando Rinaldo Albizzi. La Signoria tiene d’occhio
lui e suo figlio e, nel frattempo, indaga per scoprire chi ha organizzato l’attentato
contro di loro. Vi ringrazio per il vostro aiuto, ma in questo caso non è stato
necessario.”
Come
se non sapessi che voi sareste stato ben lieto di mettervi dalla parte di
Albizzi se avesse avuto successo nel rovesciare la Signoria, e che adesso,
invece, morite dalla voglia di metterlo fuori gioco per avere il suo seggio, pensava
invece il Gonfaloniere, guardando Pazzi che lasciava il suo studio.
Messer Guadagni non
era lo stupido che Pazzi pensava, anzi, solo che doveva mantenere l’equilibrio
nella Signoria e quindi, spesso, era obbligato a servirsi anche di persone che
disprezzava.
Andrea Pazzi,
infuriato per l’ennesima figura di merda fatta davanti a Guadagni, uscì dal
palazzo sempre più infuriato e deciso a sguinzagliare le sue spie per scoprire
qualcos’altro per poter accusare ancora una volta Albizzi.
E il povero Giovanni
non sapeva che, questa volta, sarebbe stato proprio lui a fornirgli,
involontariamente, il pretesto per riportare Rinaldo Albizzi davanti al
Gonfaloniere!
Ma procediamo per
ordine…
Caterina e Beatrice
degli Uberti giunsero a Firenze dieci giorni dopo e, dopo grandi festeggiamenti
per la riunione della madre e della sorella con Giovanni, che non vedevano da
più di due anni, Rinaldo Albizzi si incaricò di ospitare le due donne per
quella prima notte e organizzare in seguito il viaggio fino alla villa di
campagna, dove Beatrice e Ormanno avrebbero fatto conoscenza e dove, come tutti
speravano, si sarebbe celebrata la festa di fidanzamento.
Rinaldo aveva
imparato a sue spese ad essere un tantino meno impulsivo e così, prima di
organizzare la trasferta in campagna,
si accordò con le guardie della Repubblica che lo sorvegliavano per chiedere il
permesso al Gonfaloniere di lasciare Firenze per la sua villa fuori città,
sempre sotto scorta.
Il Gonfaloniere, che
appunto non era come quel serpente di Andrea Pazzi, non vide nulla di male nel
desiderio di Albizzi di riunirsi alla sua famiglia e di trascorrere qualche
giorno con moglie e figlio, perciò concesse il permesso senza fare storie.
Ciò che Giovanni non
si aspettava, però, era quanto lui stesso avrebbe dovuto soffrire per quella
situazione…
Nella villa di
campagna, infatti, Rinaldo doveva salvare le apparenze con ospiti e vicini e
quindi rimaneva al fianco della moglie, recitava la parte del marito perfetto e
non poteva comportarsi come al solito con Giovanni, che sperimentò la gelosia,
la solitudine e il senso di vuoto nel modo più totale e devastante possibile. Ormai
si era abituato a trascorrere tutto il tempo con Rinaldo, a dormire ogni notte
con lui… e dovergli stare lontano lo lacerava. Oltretutto, nelle sue confuse e
agitate emozioni adolescenziali, non si rendeva conto che anche Albizzi sentiva
la sua mancanza ed era infuriato con lui perché non mandava a quel paese la
moglie e non diceva a tutti la verità, da perfetto diciottenne al primo amore,
egocentrico e convinto di aver ragione!
Alla festa di
fidanzamento di Ormanno e Beatrice erano state invitate tutte le famiglie
nobili di Firenze (ad Andrea Pazzi, chissà come, però, l’invito non era
pervenuto…) e, molto malvolentieri, Albizzi aveva invitato anche la famiglia
Medici che, dopo tutto, aveva contribuito non poco a salvargli la pellaccia e a
rendere possibile quel fidanzamento, intercedendo presso il Gonfaloniere.
Giovanni, perciò, passava tutto il suo tempo con la madre oppure con la
famiglia Medici, cercando di non mostrare, almeno quando era con loro, quanto
soffrisse per quella situazione. Davanti a loro fingeva di essere il Giovanni
di sempre, scanzonato e allegro, ma quando restava solo nella sua stanza, di
notte, non riusciva a dormire. Si agitava nel letto, incapace di addormentarsi
da solo, e piangeva di rabbia soffocando i singhiozzi nel cuscino, convinto che
fosse tutta colpa di Rinaldo, che l’uomo non sentisse la sua mancanza e che,
anzi, si sentisse perfettamente a suo agio adesso che aveva riunito la famiglia
e aveva ottenuto anche un matrimonio vantaggioso per Ormanno.
Sarebbe stato ancora peggio
se Giovanni avesse saputo tutto ciò
che accadeva in quella villa…
Madonna Alessandra
Albizzi, infatti, era sempre stata d’accordo sulla scelta di vivere ognuno per
conto suo e di riunirsi solo per occasioni importanti come quella. Fino a quel
momento aveva vissuto esclusivamente in funzione di Ormanno, l’unico che amasse
veramente, e per mostrarsi in società per il buon nome della famiglia.
Adesso, però, le cose
stavano cambiando: Ormanno si era fidanzato, presto si sarebbe sposato e
avrebbe avuto una sua famiglia con Beatrice degli Uberti. Ovviamente sua madre
era felice per lui, ma non poteva fare a meno di pensare che, a quel punto, lei
sarebbe rimasta completamente sola.
Del marito non gliene
fregava più di tanto, ma della lontananza da Ormanno sì. Insomma, stava
iniziando a soffrire della cosiddetta Sindrome
da nido vuoto! Come poteva fare? Alla fine un’idea le era venuta e le era
parsa molto buona: lei era ancora giovane e avrebbe potuto avere un altro
figlio, un bambino che, prima di allontanarsi da lei, ci avrebbe messo diversi
anni. Ecco, un secondo figlio era la risposta a tutti i suoi desideri! Quello,
almeno, Rinaldo glielo doveva, no? **
Intendiamoci ancora
una volta, i coniugi Albizzi stavano insieme solo per convenienza e, pertanto,
non nutrivano più interesse l’uno per l’altra, se mai lo avessero avuto al
principio del loro matrimonio. La cosa sarebbe stata per entrambi una semplice
formalità, ciò che era necessario per poter avere un altro figlio, e di questo
erano tutti e due ben consapevoli. Madonna Alessandra voleva un figlio per non
rimanere sola, dopo il matrimonio di Ormanno, e Rinaldo, come tutti i signori
dell’epoca, era ben felice di avere una discendenza più numerosa. Insomma, era
una specie di contratto d’affari!
E, rispetto a tanti
altri contratti d’affari, finiva per essere anche piacevole. Rinaldo sentiva la
mancanza di Giovanni, certo, ma alla fine andare a letto con la moglie non era
poi la peggior cosa che gli potesse capitare, no? In fondo lo faceva solo per
farla contenta, a Giovanni non toglieva niente, era lui quello a cui davvero
teneva, il ragazzo avrebbe capito…
Evidentemente Rinaldo
non aveva mai avuto a che fare con un ragazzino di diciotto anni, innamorato,
geloso, irragionevole e convinto che il mondo girasse attorno a lui. Beh,
avrebbe avuto una brutta sorpresa!
Fine capitolo ottavo
* La storia di Verona, dibattuta tra veneziani e
milanesi, è vera e Venezia prenderà realmente possesso della città in questo
periodo, sconfiggendo Visconti e il suo esercito. Il personaggio di Francesco
degli Uberti, ovviamente, è inventato da me…
** In realtà, Rinaldo e la moglie ebbero dieci figli.
Nella serie TV appare solo Ormanno e non si parla di altri figli, perciò ho
pensato che fargli avere un altro bambino, o bambina, non avrebbe creato
problemi a nessuno… se non a Giovanni! XD