Buona
sera a tutti! A voi un capitolo abbastanza sostanzioso che va a
supplire le poche pagine di alcuni capitoli passati che arrivavano a
stento alle dieci pagine! :-P
Anche se penso sia abbastanza superfluo voglio
comunque spiegare l'interno della casa di Haruka. Io, che non
mi fido troppo di ciò che vedo negli anime (spesso troppo
occidentalizzati), ho voluto
documentarmi meglio sugli interni delle case giapponesi moderne e ho
scoperto così che le poche case spaziose spesso riescono a
conciliare stanze molto occidentali e ultramoderne che noi in Italia ci
sognamo, con ritagli di spazi più propriamente tradizionali
nella struttura e nell'arredo. La scelta della
città di Ookayama come zona di Tokyo in cui far
risiedere Haruka è dovuta proprio dal fatto che questa
è una delle poche aree giapponesi in cui gli
edifici non sono stati costruiti uno a ridosso dell'altro,
privilegiando gli spazi grandi e verdi.
L'immagine che troverete alla fine del capitolo è stata
realizzata su commissione gratuita da un mio amico di quando andavo
all'Università. All'epoca non c'erano immagini della mia
Mizuki, ma avevo già fatto pervenire la descrizione della
ragazza, quindi (anche se sarà intuibile dopo aver letto il
capitolo)
la ragazza arrabbiata è Mizuki, mentre la persona di
spalle... è Haruka!! Lo so Mizuki sembra avere tra i 20 e i
25 anni più che averne 43, ma non potevo chiedere di meglio
né nella realizzazione dell'immagine in generale
né dell'espressione di Mizuki. So anche che Haruka sembra
aver appena preso
la scossa, ma in fin dei conti chi l'ha realizzata ricordava
già a stento le guerriere del sistema solare interno,
figurarsi quelle che sono comparse "solo" nelle terza e quinta serie
^_^.
Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo e quelle che
recensiscono, ma anche quelle che hanno inserito la storia tra
le preferite, le seguite e le ricordate ^^
14.
Non
fu facile per Michiru riuscire a convincere Elza a restare in
Giappone senza un vero motivo. L'unica cosa che seppe dire era che
aveva nostalgia di casa, che avrebbe voluto passare più
tempo nella
sua terra d'origine, con le amiche e la figlia. Non le chiese poco
tempo e quello fu il vero motivo di discordia: tre mesi, fino al
quindici Gennaio dell'anno successivo. Elza non capiva e non voleva,
ma Michiru era ferma nel perseguire i suoi scopi. In fin dei conti
quello che aveva detto ad Elza era tutto vero, solo
aveva
omesso di citare Haruka tra le persone che voleva vedere. Il problema
però era che lei aveva tempo più di sei mesi
prima di riprendere
con un nuovo tour, ma Elza aveva preso solo una settimana. Avrebbe
potuto rimandare il suo rientro per un'altra settimana, ma non poteva
lasciare le sue atlete da sole per più di quindici giorni:
non a
ridosso delle Olimpiadi. Michiru si dispiacque molto, ma era
irremovibile sulla decisione presa. In fin dei conti lei stava
lontana dalla sua patria da molti più anni di Elza.
Nonostante la
contrarietà dell'atleta, alla fine Michiru le disse:- Non ti
sto
chiedendo il permesso, Elza. Sono adulta e vaccinata, posso fare
quello che voglio, ti sto solo chiedendo se puoi accettare il fatto
che non torno subito in America con te.
-Se
dici così non mi lasci molta scelta...- rispose l'altra
arrendendosi
all'evidenza. Così la donna non potè che
assecondare la sua scelta,
a patto che si sentissero tutti i giorni. Michiru, seppure con un
velo di tristezza in cuore, non potè non esserne felice. Per
quanto
diverse fossero Elza e Michiru raramente litigavano. Quando accadeva
erano comunque liti abbastanza pacifiche in cui nessuna delle due
alzava la voce e fare pace era molto semplice per loro. Per questo
Michiru era dispiaciuta: non era da lei rispondere in modo scocciato
alla sua compagna, ma era dal raduno con le altre Sailor che non
faceva altro che essere innervosita dall'insistenza di Elza.
Improvvisamente aveva iniziato a sentire la sua presenza pesante e
tanto attaccamento nei suoi confronti non faceva altro che renderla
più indisponente nei suoi confronti. Per questo se da una
parte era
dispiaciuta per aver concluso la discussione in quel modo, dall'altra
era contenta. Avrebbe avuto campo libero con Haruka se il team
principal avesse risposto in modo affermativo alla sua richiesta e
non avrebbe sentito più la quotidiana ed oppressiva presenza
di
Elza.
Haruka,
come previsto da Michiru, non si fece viva per tutta la settimana,
cercando di sfuggire dai due fuochi rappresentati dalla compagna e
dalla ex in cui si sentiva stretta. Non si fece viva con nessuno,
cercando di concentrarsi solo sul Gran Premio, ma anche
al lavoro seguì le gare distrattamente, lasciando
praticamente carta
bianca allo stratega e ai piloti. Non riusciva a concentrarsi e
nemmeno si sforzava molto. Era inutile dissimulare, tanto sapeva che
quando aveva la mente troppo affollata di domande era vano ogni
tentativo di concentrarsi. Non voleva perdere Mizuki, ma al tempo
stesso non riusciva a smettere di pensare a Michiru. Se nove anni
prima le avesse dato ascolto! Se avesse ascoltato le motivazioni che
avevano spinto Michiru a ferirla tanto, sicuramente non l'avrebbe
giustificata, ma avrebbe trovato una motivazione e lasciare Mizuki
sarebbe stato più semplice. Ora però la
giornalista faceva parte
del suo quotidiano, come poteva rinunciare a lei dopo dieci anni
vissuti insieme? A parte quando litigarono per il figlio non aveva
mai pensato al fatto che potessero lasciarsi. Figurarsi poi se
avrebbe pensato che stavolta avrebbe potuto essere lei la causa della
fine della sua relazione!
Nonostante
la sua quasi totale assenza, che lasciò disorientati un po'
tutti,
il pilota della sua scuderia si classificò terzo. -Doppietta
Ferrari
e dimmi che non ti viene nostalgia dei tempi in cui c'eravamo noi
dentro a quegli abitacoli!- la stuzzicò Minako.
-Ahahah, ai nostri
tempi le macchine erano più competitive, ma apprezzo le
abilità di
un quattro volte campione del mondo e di un talentuoso giovane che
dà
del filo da torcere al mio pilota, anche se ormai la vittoria non
andrà ne' a noi ne' a loro!- e così dicendo le
diede qualche
leggera pacca sulla spalla prima di dileguarsi. Spesso nei post gara
Mina raggiungeva Haruka nei box e si scambiavano pareri,
punzecchiandosi a vicenda, a seconda di chi aveva avuto la meglio in
gara,
invece quella volta Haruka lasciò la sua amica con
l'asciutto in
bocca. Parlò con il suo team e rilasciò alcune
brevi interviste
proprio perchè doveva in qualità di team
principal del terzo classificato, ma non aveva voglia di parlare con
nessuno,
nemmeno con i suoi migliori amici. E Minako che entrava a far parte di
quello stretto cerchio, lo capì e capì anche che
doveva essere
stata la cena dell'altra sera a renderla così cupa. Avrebbe
tanto
voluto tempestarla di domande e aiutarla a superare quel momento non
positivo, ma proprio perchè erano così unite ed
affiatate, sapeva
che le domande a raffica avrebbero solo sortito l'effetto opposto a
quello sperato: Haruka si sarebbe chiusa ancor più a riccio
e del
suo fare scherzoso non si sarebbe più vista traccia, almeno
finchè
non le sarebbe passato da solo il nervoso per aver rivisto la ex alla
riunone voluta da Usagi.
Sull'aereo
di ritorno Haruka pensò a quanto aveva amato Michiru, a
quello che
aveva passato dopo essere stata tradita e lasciata e al fatto che non
avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico di stare male quanto
lei. Non poteva ora comportarsi alla stregua della violinista ed
essere così ipocrita da non augurare del male ai suoi
nemici, ma poi
di ferire la persona che l'aveva amata per dieci anni con tutti i suoi
pregi e i suoi
difetti.
Per
non avere problemi anche con Elza, Haruka diede appuntamento a
Michiru per il venerdì della settimana successiva a quella
della
partenza dell'atleta, quando anche lei sarebbe stata di ritorno in
Giappone dalla Russia.
Haruka
era fuori in auto quel giorno e non riusciva a trovare un posto dove
parcheggiarla. Diversamente dal solito non stava imprecando contro
tutti e tutto. Era in ritardo di dieci minuti, come era suo solito,
ma quasi non se ne accorse con la mente a passare in rassegna
i ricordi. Non erano i ricordi di un passato remoto ad
occuparle la mente, ma quelli acquisiti una sola settimana prima,
quella che
le aveva fatto cambiare tutte le carte in tavola. Il destino le era
avverso o si stava prendendo gioco di lei? Aveva fatto una cosa
sciocca ed insensata che non avrebbe mai potuto scordare. Erano
passati tre giorni da quando era tornata da Singapore, erano tre
giorni che aveva deciso fermamente di non volerla più
rivedere.
Mizuki non era stata il suo primo amore, ma lei aveva imparato ad
amarla in passato e dieci anni dopo si sentiva ancora totalmente
al sicuro al suo fianco e molto legata
affettivamente a lei. Senza dubbio restava che ormai era lei
la
donna più importante della sua vita. Mizuki c'era sempre
stata per
lei; le era sempre stata a fianco anche nei primi momenti di
difficoltà che non dovevano essere stati facili nemmeno per
lei (una
donna normale sarebbe scappata quando alternava la gioia a momenti di
indifferenza a cui seguivano dei lenti sbottonamenti sui ricordi
legati alla fine della sua relazione con la violinista);
così onesta
ed estremamente comprensiva. Sì, era davvero una buona donna
e non
l'avrebbe scambiata per nessuna Michiru del mondo. "Calma,
forse adesso sto esagerando-
si
disse -Beh,
certo. Con la
Michiru buona dei nostri quattordici anni insieme, la cambierei.
Peccato che quella che ho visto è una Michiru cambiata, di
certo non
più sincera come lo era prima".
Indiscutibilmente però
restava bella e garbata oltremodo... "Piantala!!"
si
rimproverò, dandosi con la mano destra un leggero colpetto
al mento
per riprendersi. "Invece
che a queste sciocchezze dovrei
pensare ad andare a prendere dello champagne per i miei ospiti!".
Quella sera aveva invitato a cena Minako, Toshiro Maeda e rispettive
famiglie. Poi, mentre si infilò le scarpe e
prese l'ascensore per raggiungere il piano terra,
pensò
a Mina e Toshiro. Aveva voglia di
distrarsi, di stare un po' tra amici intimi. Loro due, appunto.
Mancava solo Setsuna per completare la sua serata ideale, ma lei
lavorava a Mitaka e vedersi durante la settimana era sempre una
rarità sebbene vi fossero solo ventiquattro chilometri o
poco più
a separare Mitaka da Ookayama, la città dove viveva
Haruka.
Ormai però il mondiale stava per finire e avrebbero avuto
tempo nei
successivi mesi di riposo per lei per vedersi nei fine settimana.
Arrivata al piano terra, voltò a destra, aprì la
porta che dava
accesso allo scantinato del condominio in cui viveva e scese le scale
per dirigersi nella sua cantina e prendere dello champagne. La
stanzetta era un po'stretta, ma molto lunga. Proprio perchè
era
molto lunga, ripose le cose più ricorrenti nel suo
"ripescaggio"
degli oggetti lì presenti all'inizio della cantina; man mano
che si
procedeva si trovava tutto ciò che era di minore importanza.
Difficilmente si dirigeva in fondo, solo in casi di emergenza, in
genere quando aveva ospiti in casa e si dimenticava di prendere da
bere, il che per fortuna capitava raramente. Aveva appena finito di
selezionare le bottiglie da portare di sopra, quando la piccola
lampadina saltò. "Accidenti!"
le
venne da pensare.
Al buio si diresse verso l'uscita, dove avrebbe almeno acceso la
luce generale del corridoio. Ma trovandosi in una parte del
piccolo locale
che non conosceva andò a sbattere contro un armadietto dal
quale una
scatola abbastanza grande e piena a giudicare dalla dimensione e dal
peso le cadde in testa colpendola con lo spigolo: -Ahia!- le
sfuggì
a bassa voce. Non aveva nemmeno il cellulare per farsi luce, per
questo motivo dovette proseguire il suo tragitto al buio. Poco
distante prese ancora contro uno scatola con un piede: -Ma cazzo!!-
imprecò a quel punto. Andando avanti, nella parte che meglio
conosceva, proseguì il suo cammino senza problemi. Arrivata
all'esterno, accese la luce del corridoio principale, salì
poi in
casa e prendere una torcia elettrica e una lampadina di scorta e
scese nuovamente. Sostituì la vecchia lampadina con quella
nuova,
poi accese la luce e così si accorse che lo scatolone a
terra che aveva urtato con il piede era quello con i giochi a cui
Hotaru era più
affezionata e che non era riuscita a dare via una volta cresciuta.
Guardò verso la scatola che le era caduta in testa e
spalancò gli
occhi alla vista del suo contenuto. La prima reazione fu quella di
girarsi di scatto per andarsene subito via. "Ma
che
idiozia
infantile!".
Non si
sarebbe risolto nulla scappando. Anzi,
peggiorava solo la situazione perchè ogni volta che sarebbe
entrata
avrebbe visto sempre ciò che l'aveva fatta reagire in quel
modo
irrazionale. "Va
bene, va bene. Metto tutto dentro e poi lo
metto via di nuovo".
Entrò ferma nel suo intento, ma forse
il suo intento non era davvero così fermo come credeva lei,
visto
che dopo cinque minuti stava rientrando in casa con quella scatola
azzurra in mano. "Basta
fuggire dal passato. Finchè scapperò
non riuscirò mai a liberarmene davvero e il comportamento
che
continuo ad avere nei suoi confronti è segno che
c'è ancora
qualcosa di irrisolto in me”.
Si
sedette sul suo comodo divano
e con mani incerte aprì la confezione e vide il volto del
suo
passato, il suono del suo passato. Erano trascorsi otto anni
più o
meno da quando quel giorno aveva deciso di troncare di netto con la
sua vita di prima e l'aveva messa nel posto più remoto della
cantina. Tanto remoto che dopo molti anni se l'era fin scordato. Il
passato era lì. Era ora sorridente, ora triste, ora sensuale
pur
nella sua innocenza. Era uno sguardo magnetico. Era chiaro di
carnagione. Era... Quel passato faceva riecheggiare le malinconiche
note di un violino. Riviste, foto, cd e addirittura qualche piccolo
poster della sua condanna a vita erano ancora lì. Non doveva
guardarle, non doveva fissarle e cercare di ricordare quello che
sentiva a quell'epoca. Ma Michiru l'aveva soggiogata. C'era riuscita
alla fine, l'aveva stregata in qualche modo la settimana prima e lei,
memore del suo racconto, stava facendo tutto ciò che la sua
testa a
il suo orgoglio disperatamente le stavano urlando di non fare.
Aprì
anche alcune lettere, la prima e l'ultima del piccolo mazzo
concidevano perfettamente, per contenuto, a quelle che le aveva letto
Michiru al bar. Si era scordata, dopo tanti anni, della curata
calligrafia di Michiru. Era passata un'ora quando, reclinando la
testa all'indietro, con gli occhi chiusi e una foto di loro due insieme
ad Hotaru ancora in mano, capì l'unica cosa che si stava
ostinando
a non voler capire da anni. Michiru. Era quello il nome inciso nel
suo cuore. Un cuore che aveva cambiato proprietaria dopo essere stato
dato alla ragazza dai bei capelli mossi e che le era stato restituito
piuttosto mal ridotto. Un cuore che non aveva più dato a
nessuno,
poichè era ancora Michiru che da anni si portava dentro,
nonostante
avesse fatto di tutto per negarlo. -Quanto ti ho amata!-
mormorò
ridendo nervosamente e passandosi una mano sul ciuffo. Infine quel
gesto, sciocco ed insensato, quello che, in qualsiasi modo si
sarebbero risolte le cose, non avrebbe mai potuto dimenticare,
perchè
era il giorno della sconfitta del suo orgoglio e autocontrollo ferreo.
Si diresse
rapidamente al telefono e compose il numero di Michiru per chiederle
di Elza, di lei e per darle un appuntamento due giorni dopo.
-Era
ora!- disse trovando una macchina che lasciava libero un posto.
Parcheggiò, spense il motore, si passò una mano
fra i capelli
ribelli e si guardò allo specchietto. "Non fare la
codarda... Ormai ho avviato la cazzata più grande della mia
vita e
ora la porto a termine". Scese, guardò l'orologio:
venti
minuti di ritardo. "Maledetta donna, mi conosci
così bene
che, non so come, sei riuscita ad abbindolarmi e ad incastrarmi!"
Così
alle quattro di quel venerdì soleggiato, si
ritrovò a lottare per
ragionare con la testa e non a sragionare completamente con il cuore.
In pratica non le disse nulla su cosa l'avesse convinta a volerla
rivedere, ne' tanto meno le disse apertamente che si sarebbero
riviste altre volte. Da parte sua Michiru non insistette molto, era
già tanto il poter vedere Haruka per la seconda volta.
Però ogni
minuto in cui non parlavano, la preoccupazione che Haruka l'avesse
voluta vedere solo per dirle a voce a fine giornata che non voleva
vederla le affollava la testa. D'altronde Haruka era una persona
schietta che amava dire sempre le cose alle persone faccia a faccia,
quindi sentiva che il suo ragionamento poteva essere giusto. Tuttavia
ciò non accadde e sorvolando l'argomento amore e dintorni i
battibecchi si ridussero solo a tre, il che era un vero record da
quando si lasciarono. Si rividero ancora e il tutto si
ripetè anche
nelle tre settimane successive. Si vedevano sempre una volta alla
settimana. Il giorno e l'ora li stabiliva Haruka visto che lei era
ancora vincolata dal lavoro e dalla compagna. Per quest'ultimo motivo
e forse anche per precauzione Haruka preferiva sempre non stare fuori
per più di tre ore. Ciò nonostante per quanto
breve il tempo fosse
a Michiru pareva di sognare. Certo, era quello che aveva sperato per
tanto tempo, ma non riusciva ancora a credere che stavolta fosse
stato così semplice convincere Haruka a rivederla.
Soprattutto si
rendeva benissimo conto di quanto tutta la situazione fosse bizzarra.
Aveva lasciato Haruka vent'anni prima quasi; si era rifatta viva dopo
poco meno di dieci anni ed era stata respinta; ora nove anni dopo
invece aveva avuto ciò che desiderava tanto. Certo, la
scelta del
bar era stata molto più sensata ed intelligente che apparire
davanti
al suo appartamento mentre Haruka era impegnata con la compagna.
Almeno restando loro due sole, senza nessuno che aspettava il suo
rientro in casa, per il team principal era stato più facile
ascoltarla e ragionare e per lei avere l'opportunità di
parlare
ampiamente di tutto quello che voleva e di se'stessa. Che scelta
azzardata e sbagliata piombarle a casa all'improvviso! Peccato che lo
capì solo con il senno di poi. Parlarne con calma, senza la
fretta
messa dal dover rientrare in casa dove rendere conto di ciò
che era
appena accaduto alla persona che ti stava aspettando al suo interno
si era rivelata una mossa molto più saggia. Così,
ora a distanza di
tanti anni era di nuovo con Haruka che si interessava che si trovasse
bene con lei. In un solo mese era tutto cambiato così in
fretta che
stentava a crederci anche lei. Forse aveva finito di scontare i suoi
errori iniziali e quell'orgoglio che le impedì di insistere
prima,
per ben quattordici anni.
Haruka
si sedette sua una delle poltrone del suo soggiorno con un sorriso
beato. Le gare erano finite da una settimana e di certo fino al mese
prima non avrebbe immaginato che avrebbe iniziato le sue ferie
così:
vedendosi una volta alla settimana con la persona che da compagna di
battaglia e di vita si era trasformata in rivale e che eppure la
sapeva infondere una sensazione
di pace che sfiorava la felicità. Aspettò il
rientro di Mizuki
pensando a Michiru. Era incredibile come tutta la rabbia che aveva
provato fino al mese prima pensando alla violinista, fosse svanita
nel nulla nel giro di quattro incontri soltanto. L'idea di parlarne
con Mizuki non la sfiorò nemmeno in quella mezz'ora,
poichè sopraffatta
dall'altra idea invece di aumentare il numero di incontri con Michiru.
Cosa
pensava di fare infatti vedendola una volta alla settimana in tre
mesi? Di lasciarla partire in America con Elza che, matta come era,
continuava ad allenare le sue ragazze in America pur essendo tutte di
nazionalità giapponese e pur essendo stata scelta proprio
Tokyo come
città delle Olimpiadi 2020? E quanto poteva reggere in una
situazione in cui, pur uscendo solo per parlare con la ex, si trovava
con due piedi in una scarpa? I suoi pensieri volavano dalle domande,
ai dettagli della donna e a ricordi che piano piano stavano
ricominciando a costruire insieme. Così sulle domande ebbe
il
sopravvento il bellissimo taglio di occhi del blu profondo di Michiru
e il bellissimo sorriso della violinista. Ripensò alle loro
passeggiate insieme, ai dialoghi avuti e ai thè o
caffè bevuti in
compagnia. Ripensò a quanto si erano dette e a quante cose
ancora
avevano da raccontarsi. Lei era quella meno propensa a parlare di
se', non era del tutto convinta di rendere nuovamente partecipe
Michiru della sua nuova vita; Michiru invece le aveva parlato molto
di sè. Il lavoro per la violinista era rimasto piuttosto
invariato.
Finito
il contratto con Bertrand Hube, era diventata così
importante nel mondo della musica classica da poter assumere un
manager e poter così decidere insieme a lui con chi
stipulare
contratti di lavoro e in quali città esibirsi. Ormai era
diventata
la regina del violino, le offerte di lavoro non le mancavano e da
anni non aveva che l'imbarazzo della scelta. Continuava a viaggiare
in giro per il mondo, rendendo la sua vita non frenetica come quella
del team principal, ma lo stesso molto impegnativa. Aveva visitato
molte città e nazioni, aveva allargato il suo cerchio di
amicizie a New York e di conoscenze in giro per il mondo.
La vita professionale era l'unica cosa che si era salvata di quel
periodo travagliato che seguì gli anni del contratto di
lavoro con
Hube. Le aveva detto come aveva cercato di mantenere i rapporti con
tutte le altre ragazze nonostante la distanza e di come ogni volta
che aveva del tempo libero e tornava in Giappone non mancasse mai di
ritagliarsi del tempo per vedere Hotaru, Setsuna e i suoi figli
che spesso per gioco la chiamavano “zia
Michi”, Minako e ovviamente
la famiglia di Usagi e Mamoru. Poi le spiegò in quale modo
le era
risultato difficile essere madre di una figlia che viveva dall'altra
parte dell'oceano e di quanto fosse grata alla tecnologia che con
i cellulari e Skype era riuscita a far colmare parte della distanza tra
loro. Haruka le domandò in più di un'occasione
perchè una volta
finiti il contratto con il maestro tedesco e la relazione con
l'americana non fosse mai tornata in Giappone, ma Michiru una volta
glissò la risposta e un'altra fece spallucce senza darle
risposta.
Giusto per farle vedere di quanto ormai fosse superiore a quanto
accaduto in passato le domandò anche delle due donne che
succeddettero l'americana (non riusciva proprio a pronunciare il suo
nome) e Michiru le rispose in modo stringato.Aveva
così appreso
che Fuka l'aveva conosciuta ad una trasmissione televisiva in cui si
sarebbe fatto un confronto tra musica classica e musica pop. Michiru
infatti aveva accettato di partecipare ad un concerto di beneficenza
ripetendo l'esperienza fatta con i Three Lights anni addietro. Tra
alcuni dei cantanti che si sarebbero esibiti sul palco cantando le loro
canzoni accompagnate dalla violinista di fama mondiale, vi era anche la
star del momento, ultima scoperta di Fuka Fukui. Le
registrazioni per il programma erano durate due ore e quando
terminarono le riprese si salutarono tutti. Fu Fuka ad andare a
trovarla il mese dopo quando inaugurò il nuovo tour con una
tappa a
New York, la aspettò fuori dal camerino e le disse di essere
rimasta
molto colpita dalla sua grazia e dalla sua bellezza. Michiru invece
rimase colpita dal suo lato estroverso e dal suo senso dell'humor.
Al di là però di ciò che era piaciuto
in un primo momento le due donne nel privato conducevano due stili di
vita troppo
differenti perchè la cosa potesse durare a lungo e alla
fine pur piacendosi molto, non si erano mai innamorate
veramente.
Per contro Haruka le disse che ad un certo punto della sua vita il suo team
principal le disse che non poteva più fare parte della loro
scuderia. Erano
iniziati gli anni duri della Ferrari. La macchina non
funzionava, le strategie di squadra spesso erano fallimentari e per
quanto la gente amasse Tenoh e Aino loro pensarono di rinnovare il
team a partire da Minako che però accettò la
scelta del team senza
troppi problemi: aveva avuto una vita professionale che l'aveva
portata alle stelle e a trentotto anni aveva iniziato a sentir la
voglia di dedicarsi esclusivamente alla famiglia... Salvo poi
tornare nel
mondo delle auto sportive per commentare le gare degli altri piloti. Haruka
invece
non la prese bene. Alla fine si era ritrovata a dirigere lei un team,
ma era stata una scelta forzata e per questo preferì non
parlare di
come aveva finito per cambiare mestiere pur restando ancorata nel
mondo dei motori a quattro ruote. Le raccontò
quanto la sua vita,
ancora a distanza di tempo, a volte le paresse stressante. Non aveva
molto tempo da dedicare alla famiglia e alle amicizie fuori dai
circuiti. Quando si disputavano due Gran Premi di fila non faceva
nemmeno in tempo a passare da casa. Aveva imparato a vestirsi in modo
pratico per non partire con le valigie stracolme di vestiti e appena
finiva una Domenica, il martedì mattina era già
sul volo per
raggiungere il nuovo circuito dove le sue monoposto avrebbero
iniziato a sfrecciare a partire da giovedì. Si reputava
fortunata di
avere tante energie: raramente quando tornava in Giappone se ne stava
a casa, ma organizzava dei giri con la figlia o con la compagna. Le
parlò
dello stretto rapporto che aveva con la Hotaru e di come
riuscì a
gestire la sua vita genitoriale con lei. Ringraziò la
vita anche
di averle dato un'amica stretta come Setsuna e di non aver privato
Hotaru di un padre: almeno loro riuscivano a darle una mano quando da
pilota (vita assai più travagliata di quella del team
principal) non riusciva
a tornare a casa dalla figlia ancora minorenne. Nonostante
ciò Hotaru stravedeva per lei e Haruka era convinta che
se erano così
affiatate lo dovevano a Michiru e al periodo in cui si dovettero
sostenere a vicenda. Una volta riuscì anche ad uscirsene con
un “non
tutti i mali vengono per nuocere”. Non parlò invece
molto del suo
rapporto con Mizuki, le raccontò semplicemente come si erano
conosciute e di come Mizuki fosse diversa da Michiru non solo nel
modo di porsi sicuramente più maschile, ma anche per tanti
altri
lati del carattere. Michiru capì ben presto che non
avrebbe potuto sapere altro.
Ancora
seduta sulla sedia ripensò che per quanto in modo generico
si
fossero aggiornate e per molte piccole cose si riscoprirono ancora un
po' in sintonia, c'erano ancora tante cose da dirsi. Molte domande da
fare e molte che non sarebbero mai state fatte e che sarebbero
rimaste senza risposta. Ad esempio, cosa poteva piacere a Michiru
così
tanto di Elza da tornare alla fine da lei? Era veloce a correre,
questo glielo riconosceva, ma per tutto il resto non capiva cosa
potesse piacerle. Era antipatica, arrogante e impulsiva... ogni volta
che la vedeva le veniva il nervoso! Non ce la vedeva proprio con
Michiru nemmeno a distanza di anni. Michiru era bella, era elegante,
era composta e di grande cultura. Elza cosa aveva di tutto
ciò?? Ovviamente però non le avrebbe mai fatto
una domanda di quel genere. Però le avrebbe sicuramente
chiesto come era arrivata a parlare con l'atleta della sua vera
identità. Chissà se ne parlò anche con
l'americana visto che era tanto presa da lei! Conoscendo Michiru sapeva
che probabilmente anche lei prima o poi le avrebbe domandato del
perchè invece lei non disse nulla a Mizuki, nonostante tanti
anni alle spalle insieme.
I
pensieri fluttuarono fino a farla ripensare a quel giorno stesso in cui
si offrì di riaccompagnarla sotto casa
con la sua moto.
-Grazie,
ma non ho il casco.
-Credi
davvero che io non abbia qui dentro un altro casco?- così
dicendo
alzò la sella della moto e ne estrasse uno prima di
richiuderla. -E'
quello di Mizuki, al di là dei teschi che non sono il tuo
genere
credo che ti vada bene.
La
ragazza dai capelli acqua marina la guardò prima un attimo
di sbieco
e poi riprese: -Non importa, una passeggiata non mi fa male.
-Ma
casa tua è a venti minuti da qua e abbiamo passeggiato quasi
tutto
il giorno!
-Essere
magri non rende mai brutto nessuno.
-Ma
essere schelettrici sì. Dai, alla fine questi teschietti
sono anche
carini...- disse rigirandosi fra le mani il casco nero con i teschi
rossi, tutti sopra a due ossa incrociate dello stesso colore, per
vederlo
meglio sotto tutti i punti di vista. Pensare che a Mizuki due anni
prima era
piaciuto tanto come regalo di San Valentino! -Comunque se proprio ti
danno fastidio fai i conti che non li vedi se lo indossi.
Michiru
decise quindi di puntualizzare meglio la situazione: -Ascolta Haruka,
non è la fantasia del casco a darmi fastidio, ma la sua
proprietaria.
-Allora
ti do il mio!
Il
cuore ebbe un battito in più del previsto al ricordo di
quella
scintilla che apparì negli occhi di Michiru; al ricordo
della
proposta e dello strano pensiero che la colse nel vedere Michiru
indossare il suo
casco
come era accaduto altre volte da giovani quando
usavano la moto d'improvviso e lei le cedeva sempre il suo casco; al
ricordo della stretta delle braccia della violinista intorno alla sua
vita. Uno strano senso di eccitazione la pervase. "Accidenti
se è vero, il calore del suo corpo dietro me, mi ha
eccitato..."
pensò riaccendendosi al ricordo. Con Mizuki non provava
più la
stessa sensazione da tempo. "No, non
va bene!"
cercò
di essere razionale, tuttavia la sua mente non aveva la minima
intenzione di ascoltarla, anzi, per dispetto tirò fuori
dall'area
della memoria i ricordi più intimi di quando stavano
insieme.
Facendole così ripensare ancora a Michiru. Ad una Michiru
che
credeva persa e che invece si accorgeva che forse davvero era tornata
da lei la Michiru dal cuore puro dei loro quattordici anni di vita
insieme.
-Ciao!-
disse Mizuki appena rientrata appoggiando il capotto sull'appendi
abiti. Guardò l'orologio: mezz'ora. Era insospettabile come
sempre.
-Ciao-
la salutò calorosa e cordiale Haruka, accantonando i suoi
film mentali
e uscendo dall'ampio soggiorno per raggiungerla all'ingresso dove
Mizuki si stava già sfilando le scarpe.
-Come
va?- mentre si infilava le ciabatte.
-Mica
male. Dove sei stata?
-Fuori...
Ti sei divertita con Maeda?
-Sì,
certo. Cioè- si corresse e con voce più consona
ad una situazione
che non includeva Michiru nel suo fantomatico incontro con uno dei
suoi pochi amici delle medie -nella norma, come sempre.- Si
girò per
percorrere il corridoio che divideva il piano terra in una parte sinistra e in una destra. A sinistra si trovava l'ampio soggiorno moderno diviso da una parete,
in parte in muro in parte in shoji*,
dall'angolo sala tradizionale
composta da tatami**,
zataku e zabuton***. Sulla destra del
corridoio invece si affacciavano un bagno e uno sgabuzzino. Al termine
del corridoio una cucina che comunicava con il soggiorno.
-Di
cosa avete parlato?- le chiese l'altra seguendola.
-Del
più e del meno... Perchè mi fai queste domande? -
Le domande
l'avevano sempre infastidita non importava da chi erano fatte se non
ne afferrava il senso.
-Da
quando non posso più sapere cosa fai quando esci con gli
amici?
-N-non
è questo, figurati...- farfugliò l'altra
imbarazzata. Odiava essere
così
evasiva, lei che non lo era mai stata con Mizuki e di colpo si era trovata ad
esserlo. Per chi poi? Per una sorta di fantasma che si era messo ad
ammiccare con lei e con il quale non riusciva proprio a tagliare
i ponti? Che assurdità!
-Allora,
di cosa avete parlato?- Continuò con le sue domande Mizuki
imperterrita.
Quando
Mizuki era irremovibile lo faceva capire senza troppi giri di parola
e opporre resistenza era impossibile, così Haruka si arrese:
-Della
famiglia, del lavoro, di attualità... Solite cose, Mizuki.-
mentre
apriva il frigorifero per estrarvi dell'aranciata in un contenitore
di cartone.- Vuoi?- chiese girando leggermente la testa verso l'altra
e guardandola con la coda dell'occhio.
L'altra
negò con un cenno della testa mentre parlava: -Certo, solite
cose...- Improvvisamente cambiò argomento: -Mi ami Haruka?
Sul
volto della bionda che non capiva comparve un'espressione seria,
posò
il bicchiere che aveva appena preso dalla credenza e lo
appoggiò sul
tavolo. Poi la guardò e disse: -Tu sei l'unico punto fermo
della mia
vita, lo sai.- Mizuki a quella risposta si avvicinò a lei
con due
falcate e senza alcun preavviso la baciò inizialmente con
dolcezza,
poi con più impeto e Haruka non potè non notarlo.
-Ehi! Che hai?-
le chiese poi stupita, cingendola nel suo abbraccio.
-Gliel'hai
detto al tuo amico che mi ami?
-Sai
che non parlo facilmente dei miei sentimenti già con te,
figurarsi
con gli altri!- rispose Haruka senza capire lo strano comportamento
della donna.
-O
forse gli hai solo detto che stiamo insieme da dieci anni e per
questo io sono importante per te?- Proseguì Mizuki senza
prestare
ascolto alle sue parole. Haruka continuava ad essere confusa e non
seppe cosa rispondere. -Ovvio, di sicuro hai detto che non potresti
lasciarmi perchè stiamo insieme da tanto tempo e magari
anche che io
non ho mai insistito molto per avere dei figli con te, così
come per
convivere insieme!
-No...
Ma che dici? Lo so bene che le cose non stanno così...-
Provò
a rispondere Haruka nell'assurdità dei discorsi della
compagna, ma
la giornalista la interruppe nuovamente.
-Scommetto
per altro che il tuo caro amico Toshiro tu lo veda già da un
po' e
che la prima volta che vi siete visti è stato al "Bar Fumio
Niwa" un mesetto scorso... - Haruka finalmente capì,
spalancò
gli occhi per lo stupore e quasi senza accorgersene sciolse
l'abbraccio con cui stava ancora cingendo la vita della donna. -Dimmi
un po': per caso è diventato un travestito che quando non
è in
famiglia ama mettersi una parrucca dai verdi capelli lunghi e
atteggiarsi da donna con tanto di nome femminile del tipo, che so...
Michiru?? - Per la prima volta Mizuki si comportò come il
giorno in
cui s'incontrarono: senza darle tempo per replicare la
inondò di
accuse, stavolta fondate.
Haruka
indiettreggiò, in cerca di un appoggio. -Mizuki... Come...
Come
fai...
-Come
faccio a saperlo?- Completò la domanda mentre l'altra,
sentendosi scoperta, si
appoggiò al tavolo. -Tanto per iniziare non sai raccontare
bugie, o
non sei capace di improvvisare. La scusa del messaggio erotico del
mese scorso non reggeva, tanto più che non me l'hai nemmeno
fatto
leggere. Immaginavo che fosse un messaggio da parte della tua ex, ma
non avevo certezze...
-Non
ti fidavi di me...- disse stupita. Era sempre stata sincera con
tutti, possibile che l'unica volta che ometteva dettagli della
propria vita alla sua compagna, quest'ultima l'avesse beccata
così
facilmente?
-E
a quanto pare ho fatto bene. In ogni caso, mi ero già fidata
nove
anni fa, quando qualche giorno dopo il matrimonio della tua figlia
adottiva...
-Hotaru
è mia figlia, punto.- Le venne spontaneo puntualizzare come
sempre,
ma l'altra aveva altro di cui parlare e proseguì nel suo
monologo: -
Quello che è! Ricordo bene che avevi ricevuto quella visita
improvvisa. Sono certa che se non era lei, era comunque qualcuno che
aveva cercato di convincerti a parlare con Kaioh, correggimi se
sbaglio.- Il suo tono era di sfida.
Haruka
a quel punto arrossì lievemente: -No, non sbagli...
-Lo
sapevo. Anche lì avevi accampato una qualche misera scusa
veramente
pessima. Senza contare che dopo quella visita per un paio di mesi ti
sei incupita tantissimo e non mi consideravi più nel modo
assoluto,
telefonate fatte nel modo più assente possibile a parte. Per
tutto
quel tempo ho continuato a rodermi per la gelosia, ma stavolta non ho
voluto correre il rischio e così ti ho seguita tutte le
volte che
uscivi per conto tuo, senza dirmi di preciso dove andavi o quando
non volevi assolutamente che ti accompagnassi. Un atteggiamento un
po' insolito da parte tua che mi hai sempre raccontato tutto e non mi hai
mai detto di no quando mi proponevo per accompagnarti da qualche parte.
-Oh,
cavolo...- le uscì detto a bassa voce.
-E'
un mese che ti rechi sempre da lei al parco o in qualche bar del
centro e poi state insieme circa tre ore.
-Come
facevi a sapere di cosa parlavamo? - Riuscì poi a reagire in
qualche
modo Haruka, incapace di immaginarsi Mizuki che quando si salutavano
aspettava pochi minuti e poi indossava un cappotto e usciva
seguendola senza mai farsi notare.
-Non
lo sapevo. Questo me lo devi dire tu. Io so solo di cosa avete
parlato il primo giorno che vi siete viste da sole perchè io
ero nel
tavolino a fianco del vostro e il sipario in legno serve per
nascondere le persone, ma non gli argomenti, Haruka.
-L'ho
sempre detto che servono per farsi discretamente gli affari degli
altri! Ma si può sapere perchè diamine mi hai
pedinato fin'oggi
senza fare nulla?
-Forse
per vedere fino a che punto non sei la persona che ho sempre creduto
che tu fossi? Poi carissima donna ho tentato in tutti i modi di
attirare la tua attenzione su di me, ma come vedi nemmeno te ne sei
accorta. Eri così presa da quella che nemmeno hai fatto caso a
tutte le gentilezze e i pensieri carini che ho avuto per te!- In
effetti Haruka si rese conto di aver vissuto quel mese senza prestare
particolare attenzione a ciò che non riguardasse le sue
turbe
mentali e a Michiru. Si era solamente stupita del comportamento
insolito di Mizuki: a volte morboso, altre quasi freddo e distaccato.
Quasi come se i pensieri di Mizuki stessero viaggiando sulla stessa
frequenza d'onda dei suoi, la voce della giornalista che le elencava
tutti i tentativi fatti per tenerla al suo fianco arrivarono insieme ai
recenti ricordi.
-Ricordi
quando tornata a casa dalla Russia ti ho fatto trovare tutto pronto a
casa per mangiare sedute sul zabuton? E mi avevi
chiesto
scherzando se per caso avevo qualcosa da farmi perdonare?- Certo che
se lo ricordava. Era
rimasta molto stupita di quel gesto. Mizuki proveniva da
una famiglia occidentalizzata quasi quanto la sua che viveva in
America. Lei invece quando si era trasferita per motivo di studio
alle medie aveva ritrovato le sue radici nelle tradizioni del
Giappone più autentico. Negli anni aveva provato a far
avvicinare
Mizuki ai suoi gusti, ma la donna trovava tutto ciò un
simpatico
folklore da cui però non si sentiva attratta allo stesso
modo del
pilota. Per questo fu una sorpresa quando invece di trovare la sua casa
vuota, si ritrovò una tavolino imbandito nell'angolo sala
che
richiamava le sale delle case giapponesi tradizionali. Non era da
Mizuki la preparazione di una tavola dall'impronta tanto orientale,
ma quella sorpresa le mise il buon umore e la distrasse dai suoi
pensieri... Fino a quando, mentre iniziò ad aiutare la
compagna a
sparecchiare non constatò che, pur vivendo in modo molto
moderno,
con Michiru cene di quel tipo, come ogni altro genere di usanze
più
tradizionali avvenivano con molta più frequenza. Ed ecco
come un
gesto tanto carino della compagna finì per passare in
secondo piano.
-Per
non parlare di quando ti ho proposto di andare a vedere le cascate! A
te piacciono tanto, ma tu hai detto di no perchè eri stanca,
era
tutto l'anno che viaggiavi e volevi startene tranquilla in
città.- Era vero.
Aveva
chiamato Michiru per fissare un
appuntamento con lei e qualche ora dopo a casa di Mizuki la donna se
ne saltò fuori con la proposta delle cascate per il giorno
stesso in
cui lei doveva vedersi con la violinista. L'idea di un imprevisto in
un primo momento l'aveva quasi rallegrata, ma il pensiero di
ritrovarsi attorniata dall'elemento della guerriera del mare le aveva
fatto capire che tra vedere l'elemento della guerriera di Nettuno e
vedere Michiru stessa era preferibile la seconda opzione.
Così disse
che dopo aver viaggiato lontano aveva voglia di tranquillità,
incolpando
l'età che avanzava.
-E
che dire della settimana scorsa quando ti ho regalato i biglietti per
passare tre giorni al Nagashima Resort?- Anche l'aver trascorso
il fine settimana al Nagashima Resort era vero.
Quando
era andata a Suzuka per
l'ultima gara di Formula 1, si era portata dietro anche Mizuki, che
da quando stava con lei aveva iniziato ad apprezzare le corse d'auto
di Formula Uno. La Domenica sera, la giornalista le fece trovare sul
cuscino del letto della camera in cui avevano pernottato in quei giorni
due biglietti per
prolungare il loro soggiorno a Suzuka. Ma nel migliore resort della
prefettura che, pur trovandosi a due passi dal circuito, era
considerato da tutti come un Paradiso Terrrestre in miniatura: oltre
alle attrazioni turistiche più frivole, vi era
il giardino botanico, lo stagno, l'isola artificiale Fuji e le
terme****.
Ad entrambe piaceva molto la natura e tutte e due adoravano
le terme!
Perciò quello fu forse l'unico momento che visse pensando
solo a
quello che stava vedendo e a Mizuki. E il giorno dopo essere tornata
a casa cosa fece? Scrisse a Michiru per vedersi il giorno successivo.
Quell'infausto
venerdì in cui tutte le sue omertà erano saltate
fuori facendo
andare Mizuki fuori dai gangheri come raramente l'aveva vista e mai per
colpa sua.
-Ho
cercato di metterti al centro dell'attenzione e di farti capire
quanto tenessi a te in tutti modi e tu te ne esci chiedendomi
perchè
non ho fatto nulla?? Cosa dovevo dirti: So che ti vedi con la tua ex,
ma tu continua pure a vederla e noi facciamo finta che io non lo
sappia?
-E'
tanto diverso da ciò che hai fatto, sapere e fingere di non
sapere?-
chiese leggermente infastidita Haruka.
-Non
provare a dare la colpa a me: non ero io a far l'amore con te
pensando a come ricucire i rapporti con la mia ex storica!- disse
l'altra con tutta la rabbia che aveva e facendo arrossire
visibilmente l'altra quand'ebbe udito le sue parole. -Ma come hai
potuto?- Mizuki dopo il furore iniziale, stava trattenendo le lacrime
- Hai detto a Kaioh che non ci tenevo ad avere un figlio con te o a
vivere insieme?? Con tutte le volte che ti ho pregato e abbiamo
discusso a riguardo. Nonostante tutto tu le hai detto che te l'ho
chiesto quando non sapevo di cosa parlare!
-Ma
non è vero, non gliel'ho detto proprio così.-
cercò di difendersi
nell'imbarazzo più totale. -Ho detto che... Io avevo
già Hotaru
come figlia e che le corse mi impegnavano troppo per convinvere con
qualcuno. Per non parlare dei continui spostamenti! Un po' i motivi
che dissi a te.
-Non
è vero! Non erano questi i veri motivi per cui mi hai detto
di no e
non le hai detto questo! Smettila di prendermi in giro!!! Quanto sei
ipocrita... Prima le dici "Mizuki è la mia salvezza" e poi
continui a vederti con lei per capire se potresti accettare la sua
proposta di tornare insieme.- Un sentimento misto tra rabbia e odio
la pervase pensando a Kaioh che voleva portarle via Haruka alle sue
spalle: la disonestà di quella donna non aveva davvero fine!
-Senza
contare tutto il resto della conversazione. Non le hai detto una che
sia una volta che mi ami e poi se te lo chiedo io mi rispondi
sì.
Ah, già, perchè c'è anche questo da
tener presente: non mi hai mai
detto una sola volta di amarmi di tua spontanea
volontà, mai!
Devo sempre essere io a chiedertelo per sentirmi dire un misero
"Sì".
Se mi dici “Certo anch'io” devo ritenerlo un giorno
fortunato!
-Tu
sai che io non me la cavo con le parole e che sono i fatti a contare
davvero... E comunque... non gliel'ho detto perchè non
volevo
ferirla- tentò di salvarsi in estremo.
-Haruka
piantala!
Il team
principal pagò cara la disonestà nei
confronti di Mizuki
che non fu certo remissiva come lei quando Michiru le disse di averla
tradita per un'altra. Il cuore le si stringeva ad ogni lacrima di
Mizuki, ma non pianse mai. Aveva gli occhi lucidi e un gran dolore in
cuore, ma non si lasciò mai andare in pianti e in urla.
D'altronde
come poteva? Era lei stavolta ad essere dalla parte del torto! A
metà
del funesto dialogo saltò poi fuori l'ultimo punto di
discordia che
potesse venirle in mente nel replay di un fidanzamento di oltre dieci
anni che nel giro di qualche ora stava arrivando bruscamente al
capolinea: la fondazione del nuovo regno sulla Terra di Usagi e Mamoru. -Allora,
cos'è poi questa storia che dovete seguire la
volontà di Usagi e
Mamoru? La volontà di fare che cosa? Com'è
possibile che
loro possano decidere dove farvi andare a vivere tutte quante? E poi
quando pensavi di dirmelo? Pensavi che te ne saresti andata e io ti
avrei seguita senza fare domande? Cosa sono lei e suo marito per voi
e soprattutto per te?- la riempì di domande. Non capiva se
aveva
smesso perchè aveva esaurito tutte le domande che aveva in
mente al
momento, o se si era fermata per soffiarsi il naso.
-Mizuki...
Ne possiamo riparlare? Non mi sembra un argomento pertinente a
tutto ciò.
-Secondo
te scoprire che la propria compagna è stata plagiata per
riverire
due persone che non vede di frequente non mi dovrebbe allarmare? Ma
come ho fatto a non capire??- iniziò poi con l'incolparsi da
sola
-Avrei dovuto intuire fin da subito che c'era qualcosa che non
andava... Te l'avevo anche chiesto perchè al centro di tutte
le foto
c'è quella della famiglia Chiba! Per non parlare delle
altre! Anche
a casa di Setsuna, Hotaru e Minako ci sono esposte le foto di loro tre!
Suppongo che ce ne sia una anche in casa di tutte le
altre! Quanto sono stata stupida! E io che mi fidavo e ho trascurato
dettagli importanti come questi! Ma chi va a pensare che Usagi e
Mamoru... Sembravano persone così normali...- Si perse
l'altra con
i suoi ragionamenti mentre andava avanti e indietro per la stanza dando
finalmente voce a tante domande, ad ancor più pensieri e
alle poche
ipotesi che le venivano in mente.
-Ma
che cosa c'è di male nell'essere molto legati ad una
famiglia
speciale come la loro?- Haruka si sentì in dovere di
difendere la famiglia
Chiba e anche sé stessa.
-Speciale!
Ma ti senti come parli?- sbottò l'altra fermandosi di colpo
guardandola in viso con uno sguardo quasi sconvolto prima di tornare
all'espressione arrabbiata di poco prima. -E poi mi chiedi anche se
ne possiamo riparlare. Dimmi, ti sembra che la tua sudditanza e
frequentare gente anch'essa plagiata per amare Usagi e Mamoru sopra
ogni cosa allo stesso tuo modo sia una cosa normale? No, dimmelo
perchè a me invece sia un più che valido motivo
per prendere le
distanze da tutti loro e per lasciare te!- concluse la sua gran
parlantina.
"Che assurdità
le sta facendo dire il suo non essere a conoscenza che Usagi
è la
nostra regina e noi le sue guardiane!" pensò
l'altra prima di rispondere con tono innervosito: -Ma non è
affatto amore! Io... Non ne voglio parlare... Specie... Se hai
intenzione di lasciarmi.- Nei suoi occhi c'era un misto di rabbia,
sfida
e minaccia. Ma Mizuki non si lasciò intimorire
più di tanto e
continuò nel suo sentenziare. Haruka aveva perso la
cognizione del
tempo, quindi non sapeva dopo quanto Mizuki se ne andò
dichiarando
che tra loro due era finita e che non voleva più saperne di
lei e di
tutte le sue amiche malate. "Ma perchè?
Perchè le mie
storie devono sempre finire così? Sembra sempre che tutto
vada bene
e poi all'improvviso senza poter porre un freno
all'impetuosità dei
fatti tutto crolla! Perchè non se ne parla piano e con calma
nel
tempo? Perchè fino ad un'ora prima loro sono ancora con me e
l'ora
dopo non ci sono più?". Sfinita e svuotata dentro
si
addormentò sul divano senza cenare e senza cambiarsi.
- - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
* shoji:
muri scorrevoli in carta di riso innestata su un'intelaiatura di legno.
La mobilità dei muri (simili alle nostre porte scorrevoli)
serve per non togliere il senso di spazio qualora non si vogliano
dividere le stanze e la carta di riso è pensata per privare
alla casa meno luce possibile.
** tatami:
le famose stuoie di paglia che ricoprono generalmente i pavimenti delle
camere da letto e del soggiorno.
*** zataku
e zabuton:
rispettivamente il tradizionale basso tavolino dove si consumano i
pasti e i cuscini su cui sedersi.
**** Nagashima Resort: per ulteriori
informazioni su questo splendido resort costruito in funzione delle
gare di Suzuka, ma non solo vi lascio il link,
https://www.japan.travel/it/destinations/tokai/mie/nagashima-and-suzuka/
|