Roberta fissava il
soffitto di camera di Chiara, stretta com’era accanto a lei, con Benedetta
qualche metro più in là, nella stanza di fronte al corridoio. Non si capacitava
ancora della sfiga immensa che avevano avuto, ma cercava di respirare
piano per non attirare l’attenzione: erano le due del mattino. Quanto era
strana quella situazione? Solo qualche ora prima, la rossa accanto a lei- sì,
proprio lei, la candida piccola della famiglia- era devotamente intenta a
provocarle brividi con vent’otto gradi, mentre ora se ne stava con la schiena
voltata dall’altra parte- facendo finta di dormire o che, Roberta questo non lo
sapeva.
Come poteva descrivere
quello che provava in quel momento? Frustrazione, ma anche sorpresa,
elettricità, voglia che fosse subito mattina e Benedetta se ne andasse alla
stramaledetta biblioteca di paese a ripassare qualche nozione di diritto
pubblico, lasciandole sole in pace. Ricordava, dalle poche parole che suo
fratello sporadicamente le rivolgeva, che era stata la geniale compagna di
classe di Amedeo e che lui stesso ne era rimasto alquanto impressionato quanto
a carisma, gentilezza e simpatia. Di sicuro, non aveva niente a che fare con la
scorbutica fretta mattutina di Chiara, ma neanche- a suo parere- con il suo
meraviglioso fascino da “scrigno chiuso”. Chiara, che probabilmente si era davvero
addormentata, era proprio uno scrigno per Roberta: quanto più era chiusa, tanto
più per lei era di una bellezza mortale vederla aprirsi, parlare a cuore
aperto, senza timidezza né fronzoli, lasciar fluire fuori di sé, via dalla
morsa dei pensieri, parole, gesti e occhiate che di solito non si sarebbe mai
permessa. Le girava la testa al pensiero che fosse per lei, per Roberta, che
questi sprazzi di colore fuoriuscissero senza preavviso, per la sorpresa di
entrambe.
Per Roberta, che amava i
colori- l’essenza
dei suoi disegni un po’ impressionisti- Chiara era il rosso amaranto con cui
disegnava i contorni delle foglie in autunno, il verde brillante degli steli
dei campi, il giallo ocra delle pagliuzze nei suoi occhi. Era una serie di
colori esplosivi chiusi dentro un tubetto di metallo arrugginito. Un tocco, e
il tappo saltava sotto la pressione delle sue dita, macchiandole le mani. Accarezzandole
lievemente la pelle, quella sera, ne aveva avuto la prova. Chiara nascondeva
dentro di sé una forza contagiosa: lei stessa se n’era sentita avvolta, come un
colpo che l’aveva stesa a terra, facendole infilare le mani fra l’erba, nei
passanti dei suoi pantaloncini, per aggrapparsi e non sprofondare.
Chiuse gli occhi,
rassegnandosi, sentendo il respiro morbido di Chiara alla sua sinistra. Era un
lettino singolo, ci stavano strette, ma nessuna delle sue sembrava volersi
nemmeno sfiorare.
Chiara, qualche ora
prima, aveva fatto frettolosamente le presentazioni e Benedetta (che,
probabilmente, la conosceva già attraverso i racconti) stanca per il viaggio si
era intrattenuta un po’ in salotto, per poi discutere sulla disposizione dei
letti per quella notte.
-
Mi dispiace aver interrotto il vostro
pigiama party- aveva detto.
Pigiama party!
Roberta aveva cercato di reprimere il rossore e un ringhio un po’ feroce. Tua
sorella dieci minuti fa era intenta a macchiarmi la camicetta di terra e di
certo non era un gioco! Ma era stata zitta, perché voleva fare una buona
impressione su di lei. Il pensiero che un giorno Chiara le avrebbe potuto
rivelare la natura della loro relazione la teneva a bada.
-
Dunque, io potrei dormire nel letto di
mamma e papà visto che non ci sono.
Chiara aveva dovuto
probabilmente reprimere una risata alla vista della sua faccia di nuovo illuminata,
come a gridare al miracolo. Ebbene, avrebbero comunque potuto dormire insieme!
Eppure, con Benedetta a letto, Chiara si era infilata il pigiama e, schioccandole
un bacio frettoloso e pieno di vergogna, tutt’e due si erano messe a dormire. O
almeno, ci avevano provato.
Io non capisco, perché non possiamo
riprendere? Magari… Non aveva avuto il coraggio di replicare, anche perché
non sapeva quanto fosse auspicabile continuare a galleggiare nell’atmosfera di
prima, con una sorella a portata d’orecchio e a meno di tre metri di distanza.
Allo scoccare delle due e
un quarto, però, Roberta si alzò agitata. Al diavolo, vado a prendermi
dell’acqua, impazzisco. L’idea di Chiara vicino, delle sue gambe bianche
fra le lenzuola, il modo in cui il cotone della sua maglietta le sfiorava
leggermente il braccio, tutto la faceva letteralmente soffocare. Non pensava
che potesse essere così bello e così dannatamente fastidioso allo stesso tempo.
Dio, è come un prurito che non se ne va. Il sangue le solleticava la
punta delle dita non appena chiudeva gli occhi, o si passava la lingua sulle
labbra. Chiara, Chiara, Chiara.
-
Sei sveglia?
Proprio mentre stava per
sgattaiolare via dalla stanza, le mancò un battito. Si sentì risucchiare, come
se qualcuno avesse tolto il tappo della vasca che in quel momento era il suo
stomaco. Gorgogliava, si ritirava dentro se stessa,
sempre più giù.
-
Sì, avevo sete.
-
Va bene, prendi dell’acqua anche a me.
Saltellò fino al letto,
prese il viso assonnato di Chiara fra le mani e, con un tono di voce acuto che
sembrò ridicolo anche a se stessa- da quanto era
felice, euforico e spontaneo- la minacciò: - Non ti azzardare a
riaddormentarti.
Camminando verso la porta
la sentì ridacchiare sul cuscino e corse a rotta di collo giù per le scale, per
non perdere nemmeno un minuto.
**
Vedendosi davanti
Benedetta, qualche ora prima, ignara nel bel mezzo del loro giardino, Chiara
aveva dovuto reprimere più di qualche parolaccia. Non aveva idea di come avesse
fatto a modulare il suo tono di voce in modo che ne trasparisse solo la sincera
sorpresa, e non il profondo disappunto. Sì, Ben! Sono qui, c’è Roberta con me! Che idiota che si era sentita!
Tutti i suoi sforzi si erano concentrati nel rendere il meno possibile
sospettosa la presenza di Roberta in casa, a partire dal loro aspetto
decisamente sconvolto, i capelli all’aria e i fili d’erba sulla
schiena, la musica, i dischi per terra. Roberta era rimasta zitta finché non le
aveva presentate lei, e avrebbe giurato che la sua mano- nello stringere quella
di Benedetta- tremasse letteralmente dall’imbarazzo. La situazione era
decisamente tragicomica. La prima cosa che le era venuta in mente, camminando verso
la cucina per versare un po’ d’acqua a sua sorella, fu che avrebbe fatto
divertire Carmen e Ivan per almeno una settimana.
-
Quanto rimani
qui, Ben?- le aveva chiesto, che tradotto sarebbe
stato quando mi lasci casa libera per fare cose che di sicuro non vorresti
sapere?
Si era seduta accanto a lei al bancone della cucina, e poggiando con
nonchalance il braccio in modo da coprirsi la macchia che aveva sul collo.
Roberta, a quel gesto, le sembrò stesse per soffocarsi con succo d’arancia.
-
Tutto okay,
Roberta? Ti serve qualcosa?-
Benedetta le si era avvicinata come per paura che si stesse strozzando
davvero, e Chiara tirò un sospiro di sollievo quando vide che sembrò non
accorgersi che alla base della gola aveva una macchia simile alla sua.
Che Cicerone mi fulmini! Non posso sopportare quest’imbarazzo.
Poi tutto si era risolto quando sua sorella- stanca e con l’unico desiderio
di riposarsi- aveva pacificamente optato per dormire nel lettone dei suoi
genitori e, notando il ghigno di Roberta, Chiara si era morsa il labbro per non
ridere, soprattutto quando l’aveva sentita replicare:
-
Sì, e io
dormirò con Chiara, dobbiamo pur farlo questo pigiama party!
Si sentiva fuori di testa, come annebbiata, ubriaca. Ma ciò nonostante,
entrando nella sua stanza e indicando a Roberta il letto, il pensiero che
Benedetta- sua sorella!- fosse dall’altra parte del
corridoio, le mise così tanto panico che si rintanò in bagno a lavarsi i denti
e, al ritorno, spense la luce e senza troppe cerimonie bisbigliò: Buonanotte!
Decisamente, Carmen e Ivan avrebbero avuto di che ridere.
**
Ora, vedendo la testa di Roberta sporgere dallo stipite della porta, e
poi camminare in punta di piedi verso il letto- con in mano due grossi
bicchieri d’acqua- a Chiara venne in mente che i suoi stupidi sforzi di
addormentarsi sarebbero andati bellamente alla malora.
-
Chiudi la
porta dietro di te- disse. Roberta le sorrise come una bambina felice davanti
ad un gelato e non contò fino a tre che la porta era già chiusa a chiave (per
sicurezza, avrebbe sempre potuto giustificarsi dicendo che Roberta era sonnambula,
quella sì che era un’idea geniale!) ed era già accanto a lei, invadendo il suo
spazio vitale.
-
E ora?
-
Beh, non lo
so.
Roberta rise e Chiara pensò di non averla mai vista così spensierata.
-
Perché ridi?- e rise anche lei, di riflesso.
-
Perché sei bella
e mi fai ridere.
-
Vuoi dire che
sono ridicola?- aggrottò teatralmente le sopracciglia.
Roberta le passò un dito sulla fronte, scendendo fino alla punta del naso.
-
No, voglio
dire che sei bella.
-
Sei di poche
parole stasera.
Chiara la vide mordersi le guance, per non scoppiare di nuovo in una
risata, e poi aggiungere: - Tu me le hai tolte tutte.
-
Ugh! Che schifo, quanto sei
melensa!
-
L’ho fatto a
posta, scema!
Cercò di darle un colpetto alla testa, ma prima che riuscisse anche solo
ad allungare il braccio- stretta com’era fra il cuscino e il corpo di Roberta-
si sentì prendere il viso dalle sue mani e chiudere la bocca senza grandi preamboli.
Oh bene, questo va molto bene.
-
Sei sicura di
continuare con mia sorella accanto?- si concesse il
lusso di domandare, ma ormai la risposta non importava neanche a lei.
Prima o poi avrebbe parlato con Benedetta, era sicura che sua sorella sarebbe
stata comprensiva e l’avrebbe appoggiata in qualunque caso, forse si sarebbe
solo sentita un po’ in imbarazzo ripensando all’episodio di quella sera. Ma per
il resto, forse per la notte ormai profonda e irreale, forse per la porta
chiusa, o forse perché la pelle di Roberta era così calda e rassicurante,
Chiara si sentì solo una normale adolescente innamorata della sua ragazza,
senza grosse questioni come il coming out, il segreto e l’ansia di essere
scoperta. Sarebbe andato tutto bene, in qualche modo ne era sicura.
-
Solo se tu
sei sicura.
Roberta sembrò aspettare che lei annuisse, per poi abbracciarla e
aggiungere: - Sei proprio stupenda.
-
Anche tu.
-
Sono felice di
averti trovato, non condividerei questo con nessun altro al mondo. Grazie.
**
Il giorno dopo, a colazione, Chiara e Roberta sorseggiavano in silenzio
ognuna il proprio tè. I tentativi di Benedetta di fare conversazione erano
stati da lei subito abbandonati quando aveva visto che entrambe, decisamente
assonnate, non avevano la benché minima voglia di aprire bocca. Seduta sul suo
sgabello, le osservava incuriosita. Si era chiesta più volte, da quando Chiara
gliene aveva parlato, come mai fosse nato quell’improvviso e stretto legame fra
le due. Non conosceva bene Roberta- l’impressione che ne aveva ricavato la sera
precedente era breve, seppure positiva- ma conosceva abbastanza sua sorella per
trovarla una cosa curiosa, quel suo modo improvviso di attaccarsi, l’interesse,
il segreto. Non ricordava di averla mai vista comportarsi in questo modo, e se
a questo aggiungeva i sospetti riguardo i suoi ultimi malumori sentimentali, ne
ricavava un quadro piuttosto confuso e del tutto improbabile. Vedendole lì, sedute
l’una accanto all’altra, pacificamente sorseggiando dalla propria tazza, Benedetta
fu pervasa da un improvviso e inaspettato senso di tranquillità, di casa. Finendo
il suo espresso, chiuse gli occhi per un istante e pensò: che bello essere
tornata.
Dall’altro lato del tavolo, Roberta faceva di tutto per tenere gli occhi
aperti. Doveva ammettere che l’idea di non dormire tutta la notte ora le si
presentava in tutte le sue conseguenze, ma l’avrebbe rifatto dieci e cento
volte. Si sentiva la testa leggera, come in un calo di zuccheri, e addentò una
brioche per non stramazzare completamente a terra. Sbirciò Chiara, che teneva gli
occhi sul tavolo e di tanto in tanto mormorava risposte sconnesse a sua
sorella, e non poté fare a meno di soffermarsi brevemente sul suo viso, sulle
sue labbra, sulla pelle d’oca che le si era formata sulle braccia, nell’aria
fresca del mattino. Era in assoluta adorazione. Si impose, però, di non
chiudere gli occhi: si sentiva ancora attraversare dai brevi flash della notte
precedente, come se fosse ancora lì, nel letto in cui Chiara aveva dormito per
tutta la sua vita fino a quel momento, fra le sue lenzuola, il suo odore, la
sua storia che le si svelava piano piano sempre di più. Avrebbe voluto immergersi
dentro di lei, sondarla, conoscere ogni spazio che le fosse stato concesso. Questa
sua fame di informazioni, di contatto, era una cosa più forte di lei. Più conosceva
Chiara, più stava con lei, e più se ne sentiva completamente inondata. È la
stessa curiosa sensazione che viviamo tutti, quando ci innamoriamo. Il mondo si
riduce ad una piccolissima finestra attraverso cui vogliamo vedere solo l’altro.
Le sue labbra rosse, i suoi sospiri, le sue risatine prontamente soffocate per
non destare sospetti, la pelle del suo collo, delle sue orecchie. Roberta avrebbe
voluto dipingere tutto, ma quello che ne sarebbe uscito sarebbe stata solo una
grossa nube bianca, densa, penetrante come la nebbia. Come il primo orgasmo che
aveva mai davvero provato in vita sua.
Chiara, pochi centimetri più in là, non andava troppo per il sottile nei
suoi pensieri. Ora che abbiamo aperto il vaso di Pandora- e rise dentro
di sé a questa curiosa metafora- non ho idea di come riusciremo a gestirlo. Per
fortuna, la scuola è finita e abbiamo tempo. Aveva l’impressione di aver
scoperto qualcosa di molto importante, quella notte, qualcosa che andava al di
là di ciò che era successo: si era scoperta sicura, forte, in grado di affrontare
una situazione completamente nuova con coraggio e dedizione. Era felice oltre
ogni misura che Roberta la stesse aiutando a conoscersi tanto, e sapeva che lei
stava facendo lo stesso per la sua ragazza. Non aveva nessuna idea di come ci
era riuscita, ma qualcosa aveva fatto click nella sua testa e l’ultima cosa
che ricordava di aver pensato era se Roberta stesse reprimendo dolore o
piacere. Quanto a lei, non aveva alcun dubbio, era stato come esplodere.
-
Chiara, ci
sei?
Benedetta le schioccò le dita davanti agli occhi e lei tornò in sé.
-
Sì, sono solo
stanca.
-
Ah, i pigiama
party liceali, sapeste quante volte mi sono ritrovata così. Sappiate solo che
all’università va sempre peggio…
Chiara alzò un sopracciglio e Roberta rise e tutt’e tre si alzarono per
sistemare la cucina. Quando Benedetta effettivamente uscì con le sue vecchie
amiche per un caffè, né Chiara né Roberta ebbero alcun dubbio. Si guardarono e,
ridendo, dissero all’unisono:
-
Letto.