Una
grigia nebbia aleggiava sull’intera pianura e attenuava le
linee delle rovine del vecchio monastero, circondato da decine di
querce scheletrite, simili a demoni pietrificati.
Un
gelido vento soffiava tra le pietre delle rovine e tra i rami delle
querce, facendo risuonare l’aria di cupi sibili, scricchiolii e
fruscii.
Una
alta figura umana, avvolta in un mantello nero, attendeva, appoggiata
al muro portante del portale e girava la testa ora a destra, ora a
sinistra.
Dove
sei?, si chiedeva. Il suo cuore, in quel momento, era stretto da
una morsa d’angoscia.
Cosa
ne era stato di lei?
Era
riuscita a eludere la sorveglianza dei suoi parenti?
Strinse
le mani sugli avambracci, in un moto di irritazione. Perché
dovevano incontrarsi in quel luogo così affascinante, ma
sussurrante disgrazie?
Quei
resti risuonavano di grida amare ed erano bagnati di sangue e dolore.
Qualche
istante dopo, lo stridio delle ruote di una carrozza interruppe i
suoi pensieri.
– Forse
sta arrivando. – mormorò con voce roca, maschile.
Desiderava vederla.
E
se fosse stato qualcun altro?
Non
gli importava, lo avrebbe affrontato.
Qualche
istante dopo, come una balena emerge dalle immensità
dell’oceano, apparve una carrozza nera, trainata da due
cavalli, guidati dalla mano e dalla frusta di un giovane cocchiere di
media statura, dai corti capelli rossi e dai piccoli occhi verdi.
All’interno
della vettura, la testa china, era seduta una sola persona, la testa
china, coperta da un cappuccio.
Costui
scese, aprì le porte e, premuroso, aiutò l’occupante
della carrozza a scendere.
–
Signora,
tornerò a prendervi tra venti minuti. Non uno di più. –
dichiarò il cocchiere.
– Non
preoccupatevi, Antonio. So quali sono i miei doveri. – replicò
una calma voce femminile.
Il
cocchiere fece per salire, ma una robusta mano maschile si posò
sulla sua spalla.
L’uomo
si fermò, si girò e cercò di scrutare oltre la
cappa indossata dall’uomo.
– Che
c’è? – chiese.
–
Grazie.
Se desiderate, posso pagarvi. – mormorò.
Questi
alzò le spalle in un gesto di noncuranza.
– Non
preoccupatevi. E’ bastato quanto mi avete dato in questi mesi.
E poi non lo faccio per avidità. – spiegò l’uomo.
Saltò
alla guida del cocchio, frustò i cavalli e si allontanò.
L’uomo,
con un gesto deciso, si privò del cappuccio e rivelò un
viso dai lineamenti virili, ma armonici, circondato da una riccioluta
chioma bionda, simile a quella di un cherubino.
Gli
occhi, dal taglio allungato, d’un intenso colore blu cobalto,
erano ombreggiati da lunghe ciglia dorate, che conferivano al suo
sguardo una fissità felina.
La
donna lo imitò e, sulle sue spalle sottili, caddero lunghi
capelli neri, raccolti in una treccia, tenuta ferma da un nastro di
seta.
Il
suo viso ovale era illuminato dagli occhi, dal taglio rotondo, d’un
vivo colore d’ambra, e le labbra, sottili, vermiglie,
spiccavano nel biancore della sua pelle.
–
Stella,
finalmente sei qui. – mormorò l’uomo, un sorriso
sulle labbra sottili. Finalmente, potevano stare insieme.
Quei
pochi minuti erano preziosi per entrambi.
Allungò
le braccia e la strinse contro il suo petto. Perché lei era la
figlia del nobile Amadei?
Da
tanto, troppo tempo tra gli Amadei e i Bianchi si consumavano faide
crudeli.
E
questo aveva condannato il loro sentimento ad una sorte crudele.
I
loro parenti non avrebbero mai acconsentito al loro matrimonio.
– Sì,
Marcello. Io sono qui per te. – rispose lei, la voce flebile.
Appoggiò
le mani e chiuse gli occhi, aspirando il debole profumo di lui.
Doveva rivelare la verità.
La
sorte, nella sua crudeltà, aveva condannato il loro amore.
Ma
un rimedio era presente.
Alzò
lo sguardo e i suoi occhi ambrati, lucidi di lacrime, fissarono
quelli blu del giovane.
Questi
tremò. Cosa era successo a Stella?
Qualche
sventura aleggiava su di loro, ne era certo!
E
lui non voleva pensare.
Le
mani di Stella, leggere come ali di farfalle, sfiorarono il viso di
lui, poi le sue labbra si posarono su quelle del giovane.
Marcello,
per alcuni istanti, rimase immobile, sorpreso. Perché lo stava
baciando?
Perché
il tocco delle sue labbra recava l’amaro fiele di un addio?
Poi,
con una mano, le cinse la vita e la strinse ancora di più
contro di sé. Se il loro amore era condannato ad una tale,
tenebrosa fine, doveva godere di quegli estremi attimi di gioia.
Qualche
istante dopo, lei, gentile, si separò da lui e gli prese le
mani.
–
Marcello,
dobbiamo prendere una decisione. – mormorò lei, il tono
calmo e serio. Doveva mantenere un contegno dignitoso, per comunicare
il suo desiderio all’uomo da lei amato.
Il
giovane sussultò. Quelle nebulose parole davano forma a dei
sospetti lugubri, che voleva respingere.
Un
sospiro risuonò sulle labbra di lei. Comprendeva l’ansietà
di Marcello…
– Cosa
intendi dire? – domandò.
– Mio
padre e mia madre desiderano che io sposi Domenico Gaetani, figlio di
un amico di famiglia. Ma io non voglio questo. – rispose lei.
Il
giovane tacque. Il suo sospetto si era concretizzato e il suo cuore
era stato distrutto.
Certo,
non ignorava quanto sarebbe accaduto, ma la ferrea certezza aveva
spazzato ogni sua impossibile speranza.
Cosa
doveva fare?
Il
loro volere nulla contava davanti alle volontà dei loro
parenti.
Quale
era il rimedio ad un simile problema?
–
Marcello…
Io ho riflettuto a lungo e una soluzione non c’è…
Anche se tentassimo la fuga, le nostre famiglie ci troverebbero. No,
non possiamo vivere così. Almeno io, non ci riesco. –
dichiarò lei, la voce triste. Con quelle poche parole,
desiderava dargli la possibilità di scegliere.
Se
Marcello avesse rifiutato, non avrebbe esitato a porre termine da
sola ad una esistenza sempre più amara e buia.
Il
giovane uomo, d’istinto, annuì. Amava la vita, ma, senza
di lei, si sarebbe tramutata in un lungo cammino di giorni privi di
gioia.
E
una vita priva di colori, per lui, amante del bello, non aveva alcun
senso.
Le
voluttà più squisite sarebbero state amare per lui,
senza di lei.
No,
senza di lei, la vita era un’eterna agonia.
Ed
era presente un limite invalicabile alle disgrazie che poteva
sopportare.
Stella,
pur implicitamente, gli aveva offerto due strade, ma lui non
l’avrebbe abbandonata.
– Ti
seguirò. – dichiarò, risoluto.
Lei,
commossa, lo abbracciò. Finalmente, una speranza rinasceva nel
suo cuore, malgrado la sua prossima fine…
Erano
i loro ultimi momenti di triste serenità.
–
Entriamo
nelle rovine. Nessuno ci disturberà – suggerì
lui.
La
ragazza annuì e attraversarono l’ampio portale,
scomparendo nella nebbia.
P.S.:
ok, non so perché, guardando il quadro “Abbazia nel
querceto” di Caspar David Friedrich mi è uscita questa
originale.
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