Sarai la luce più bella, la mia melodia

di Mari Lace
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La mia melodia


Guarda fuori dalla finestra della sua stanza, ma le lacrime rendono scorgere le stelle più difficile ogni istante che passa; gli astri divengono macchie confuse ai suoi occhi. Quante volte le ha cercate, negli ultimi mesi? Si fermava a osservarle praticamente ogni notte, domandandosi se Leslie – ovunque fosse – facesse lo stesso, volendo credere che, sebbene momentaneamente lontani, potessero ammirare entrambi la stessa stella, garantendosi un’unione che la distanza avrebbe altrimenti impedito. Si era aggrappata a quella convinzione.

Cercare Leslie è ciò che si era prefissa di fare non appena avesse lasciato l’orfanotrofio. Se i suoi genitori adottivi non avessero voluto permetterlo, avrebbe aspettato di rendersi indipendente. Non importava quanto ci sarebbe voluto, lei l'avrebbe trovato: così si è ripetuta come un mantra, negli attimi in cui ha avvertito più acutamente la sua assenza.

È salita sul muro per dare uno sguardo al mondo in cui doveva vivere Leslie – non immaginava che quel semplice gesto le avrebbe spezzato il cuore.

La Mamma le ha rivelato tutto, subito dopo. La verità sulla casa – fattoria –, sull’impossibilità di vivere all’esterno, sulla reale destinazione dei bambini “adottati”.

Le è crollato il mondo addosso. Non solo tutta la sua vita fino a quel momento si è dimostrata essere un’enorme, pietosa bugia – il suo primo pensiero è andato a Leslie. Se il racconto della Mamma è vero, Leslie non c’è più.

Si è ripromessa di ritrovarlo, ma se è stato ucciso – mangiato, realizza con un brivido – non è semplicemente possibile. Non può fare niente, è troppo tardi. Odia sentirsi così.

È corsa alla finestra, gesto istintivo in cui ha trovato rifugio nei momenti di malinconia degli ultimi mesi, ma è stato inutile – no, peggio. Adesso lo sa: Leslie non guarda la sua stessa stella, non può – non l’ha mai fatto, perché è morto il giorno in cui le ha detto addio. Il giorno in cui doveva iniziare la sua nuova vita è solo finita quella vecchia.

Prova rabbia, Isabella, moltissima. Rabbia e frustrazione che riversa solo parzialmente nel suo pianto disperato. Ha perso tutti i suoi sogni – vuole vendetta.

Le hanno preso ogni cosa, ma non avranno mai lei, giura a sé stessa. Si sfrega gli occhi, cerca di asciugarli – le gocce non vogliono fermarsi, continuano a scorrere imperterrite. Il suo sguardo si indurisce, mentre prende una decisione terribile.

La notte seguente non c’è più tempo per piangere. È un atto che non si permetterà nuovamente, mai. Nella vita che l’attende non c’è spazio per uno sfogo così genuino. Torna di nuovo alla finestra, Isabella, e trova la stella che le ha fatto compagnia in tutti quei mesi.

È con lo sguardo fisso su di essa che pronuncia il suo triste, furioso giuramento. Lo promette a Leslie, oltre che a sé: i mostri non l’avranno, non potranno mai gustare la sua carne. Anche se questo vuol dire piegarsi, diventare ciò che ora più odia al mondo. Imparerà.

Vivrò, Leslie – per me e per te.

Dalle sue labbra sfugge un canto, sale alle stelle – una melodia che ha segnato la sua vita e continuerà a farlo, fino alla fine.





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