Capitolo 4 - Come un Haiku
L'allodola
canta per tutto il
giorno,
ed il giorno non
è lungo abbastanza.
Il tempo agisce in maniera curiosa. L'essere umano osserva gli anni
passare senza poter fare alcunché per fermarli, il corpo
decade gradualmente fino a diventare un cumulo di ossa che si regge in
piedi solo grazie a quel misero, flebile, quasi impercettibile soffio
di vita che, prima o poi, la morte porterà via. Un demone,
invece, è tutta un'altra storia. Gli youkai, anche i
più deboli e inetti, vivono per lungo tempo, le decadi che
si alternano in un battito di ciglia senza che alcun cambiamento si
manifesti sui loro corpi dalle forme mutevoli. Bizzarro, questo
scorrere del tempo. Quasi fastidioso.
La schiena appoggiata contro il tronco duro di un albero dalle fronde
ombrose e le orecchie appuntite in allerta per captare eventuali
pericoli in avvicinamento, Sesshomaru osserva la fanciulla a qualche
metro di distanza da lui con la solita aria distaccata. I capelli
d'argento, lisci e privi di imperfezioni o nodi di sorta, accarezzano
il suo petto fasciato dall'armatura puntuta che indossa sopra il
vestiario ricercato, le larghe maniche dai ricami preziosi che
ondeggiano lievi quando un filo di vento si insinua nella radura in cui
la sua piccola compagnia sosta da poco più di un'ora. Rin
è cresciuta. Quella piccola umana, trovata in un bosco
ricoperta di morsi sanguinanti e riportata alla vita per un banale
esperimento, ha raggiunto l'età di dodici anni. L'ingresso
nella prima fase dell'adolescenza, che prima o poi muta gli esseri
umani fino a prepararli all'ingresso nel mondo degli adulti, non sembra
aver ancora attecchito nella personalità della fanciulla,
attualmente intenta a intrecciare dei fiori bianchi e viola in una
corona. Quella stessa attività alla quale ha sempre dedicato
il proprio tempo libero, a dispetto dei costanti rimproveri di Jaken
sull'insistenza della ragazzina nel far perdere tempo prezioso al
venerabile Sesshomaru.
"Signor Sesshomaru, qual è il tuo fiore preferito?"
La domanda giunge improvvisa alle orecchie attente del demone, che
scruta impassibile il viso della ragazzina con la sua vista acuta. Da
quella distanza riesce a vedere in maniera perfetta le lentiggini
chiare che macchiano il naso dalle proporzioni corrette rispetto al suo
volto, il quale, in questi ultimi mesi, sembra stia iniziando a perdere
la rotondità tipica della fanciullezza per acquisire tratti
più raffinati.
"Smettila di assillare il padrone con queste domande sciocche!"
La replica di Jaken appare pungente, ma l'udito dello youkai, fine
quanto basta per captare quelle mutazioni nelle melodie della voce, non
percepisce alcun moto realmente irrispettoso nel tono dell'esserino
dalla pelle verde. Jaken tiene a Rin. Ha imparato a sopportare la sua
presenza e, successivamente, ad accettarla nel corso di questi anni,
spaventato all'idea di perderla. Nuovamente, s'intende.
"Piuttosto, dovresti smetterla con questi fiori e cominciare a
comportarti da ragazzina della tua età. Non troverai mai un
marito pensando a stupidaggini come queste."
Sesshomaru distoglie lo sguardo per scrutare un punto indefinito fra
gli alberi, distante e pensieroso come sempre. La voce di Rin, nel
frattempo, risuona nella radura, meno squillante e più
profonda rispetto a qualche tempo fa. Un suono che, quel dì
all'interno del Meidou Zangetsuha, credeva non sarebbe stato
più capace di sentire. Inspira il profumo del legno e del
vento secco, in cui può percepire nettamente una traccia di
Rin, Jaken e Ah-Un, il destriero a due teste che, al momento, sta
brucando l'erba accanto a Rin.
"Un marito?"
Sesshomaru, intento a guardare da un'altra parte, non ha bisogno di
scostare lo sguardo per percepire un mutamento nella postura di Rin. Il
tono di voce della ragazza, oltretutto, tradisce lo sgomento
sopraggiunto con l'osservazione di Jaken, intento ad arrostire un pesce
e un paio di lucertole infilzati su spiedi di legno scaldati da un
fuoco improvvisato. Dovranno pur mangiare, loro. Un'umana e un piccolo
demone non posseggono la medesima resistenza del loro protettore alla
fame e hanno bisogno di nutrirsi quotidianamente, anche più
volte al giorno.
"Non potrai viaggiare per sempre con noi. Prima o poi dovrai
avvicinarti a un villaggio umano e integrarti nella società,
fra i tuoi simili."
Osserva il più fedele e impacciato servitore, ruotando gli
spiedi per consentire agli animali di arrostirsi per bene prima di
essere divorati in un battibaleno. La voce gracchiante di Jaken
rimbomba squillante nella radura, catturando in toto l'attenzione della
fanciulla, che ha ora smesso di intrecciare i fiori fra di loro.
"E si dà il caso che le fanciulle come te, raggiunta
l'età fertile, debbano trovare un marito e produrre degli
eredi. Questo è ciò che fanno gli esseri umani."
Le sopracciglia argentate di Sesshomaru, di una tonalità
più scure rispetto ai suoi capelli sottili e lisci come
seta, s'inarcano di un millimetro nell'udire le parole pronunciate dal
suo servitore. Sì, questo è il costume degli
esseri umani, i quali, nella loro mortalità ineluttabile,
sfruttano il proprio tempo sulla terra per produrre un lascito: una
sequela di pargoli. E per imbarcarsi in sciocche sottigliezze come
l'amore, un sentimento che, agli occhi di Sesshomaru, è
inutile, effimero e controproducente nella vita di qualsiasi essere
vivente. L'angolo destro della bocca si muove in un impercettibile tic,
il cervello che rielabora l'informazione fornita da Jaken. Rin, dal
canto suo, riporta lo sguardo sulla corona di fiori lasciata a
metà, le sopracciglia aggrottate e le labbra strette in un
lieve broncio.
"Allora non voglio essere umana..."
La voce di Rin si abbassa di qualche ottava, le dita ora più
affusolate che accarezzano i petali bianchi di una margherita. Quei
lembi morbidi e chiari si piegano sotto il tocco dei suoi polpastrelli
e, presto, l'odore della ragazza si fonde con quello del fiore, creando
una mescolanza di aromi percepibile soltanto dal fiuto notevole di
Sesshomaru. Jaken, per quanto sia un demone a tutti gli effetti, non
possiede un olfatto sviluppato quanto quello del suo padrone.
Lo sguardo della ragazza incombe cupo sui fiori, poi le sue labbra
rosee si piegano in un sorriso triste nell'incrociare lo sguardo del
suo protettore. No, una vita senza Sesshomaru non varrebbe la pena di
essere vissuta. Non per lei, almeno.
Il demone scruta con apparentemente blanda attenzione la fanciulla. I
suoi occhi freddi si soffermano sul viso della ragazzina, poi un odore
che non credeva avrebbe sentito così presto giunge alle sue
narici, spingendolo ad alzarsi con un movimento fluido. Il tempo gioca
scherzi particolari con gli esseri mortali, in fondo.
"Stai sanguinando."
Le parole fuoriescono piatte dalle sue labbra sottili, di un colore
così chiaro da sembrare simile a quello dei suoi capelli.
Jaken annusa l'aria e annuisce, segretamente preoccupato di fronte a
quell'evento così inaspettato, mentre Rin si alza in piedi
troppo in fretta. Un giramento di testa la fa ondeggiare leggermente
sul posto, un liquido tiepido cola fra le sue cosce e alza lo sguardo
verso Sesshomaru, che si è voltato fino a darle le spalle.
"Andiamo."
Non attende oltre e avanza verso il folto del bosco. Jaken raccoglie in
fretta il cibo ormai cotto e, senza curarsi di spegnere il fuoco usato
per cucinare, afferra le redini di Ah-Un.
"Forza, Rin."
Incita la ragazzina, ferma sul posto e intenta a fissare il punto in
cui è appena scomparso Sesshomaru. Non vuole accettarlo,
eppure parte di lei sa perfettamente ciò che
accadrà fra poco. Avanza di un passo, il sorriso triste
ormai un lontano ricordo.
Il tempo è un nemico ostile.
Saprà Sesshomaru ricordarsi di lei, quando saranno lontani?
Senza morire...
dopo molte notti di
viaggio
in un tramonto d'autunno.
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Lo so, sono sparita. Gli studi, il lavoro e la vita mi hanno assorbita,
impedendomi di trovare l'ispirazione giusta per continuare a
scrivere.
Che questa pubblicazione voglia dire qualcosa? Non saprei. So soltanto
che spero, prima o poi, di terminare questa raccolta. Almeno questa.
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