domi
The Wicked
Dominatrix
Perché le forze dell'oscurità
dovrebbero attaccare un convento?
Forse perché sono sensibili al
biasimo. O forse perché suor Agatha tiene in custodia un non morto
in quel convento e ha omesso di riferirlo alla Madre Superiora.
Chi può dirlo con certezza?
Ad Agatha, comunque, non interessa
dirimere la questione più di così. Non ha senso, immagina,
domandarselo ora che un lupo partorisce un uomo al di là del
cancello di ferro. Se la sua Fede fosse più salda, la suora
definirebbe quello come un miracolo o, meglio, come una
manifestazione del Maligno in persona. In effetti cedere alla
tentazione di chiamare quell'essere Satana sarebbe la soluzione più
semplice per tutti ed è bene che le sue colleghe se ne convincano,
ma l'angelo caduto non la attrae né più né meno di quelli ancora
in grazia di Dio. Il conte Dracula è molte cose, ma non è così
importante. È solo un vampiro che avanza pretese di proprietà su un
essere umano. E che fa battute di spirito.
«Non so voi, ragazze, ma io non
disdegno di certo un tocco di pelliccia»
Dracula è lì, insozzato di sangue e
nudo, viscido nell'aspetto e nei modi, ma a suor Agatha non
suggerisce debolezza. Il resoconto del signor Harker ha fatto
emergere i limiti del vampiro, ma nonostante questo la suora non può
fare a meno di temerlo.
«Lasciate che vengano a me!» esclama
il conte sicuro di sé.
Agatha non sa dove sia la sua Fede, ma
quello ha comunque il potere di metterla in azione: non permetterà
al mostro di farsi beffe di Cristo e del luogo sacro in cui è giunto
senza che ne subisca le dovute conseguenze.
«Non so che leggende abbiate studiato,
ma devo informarvi che le campane non hanno alcun effetto su di me»
«Questa sì», e Agatha lo spera
davvero. Spera che le sue ricerche e che i suoi oscuri progetti che
la Madre Superiora tanto odia siano serviti a qualcosa di concreto e
non solo a riempire pagine e pagine di inchiostro nero.
Cerca di tenere a bada l'impressione
che Dracula stia deridendo lei e tutte le altre giunte a raccolta e
ordina: «Sorelle, presentat'arm!»
Per un lungo momento il frastuono del
legno le riempie le orecchie, confortandola.
«Uh! Dunque avevate previsto il mio
arrivo» dice il vampiro, canzonatorio.
«Ero a conoscenza della possibilità»
risponde comunque la donna, più per mantenere una facciata di
austera tranquillità che per il reale bisogno di comunicarglielo.
«Suor Agatha, che cosa avete evocato
su di noi?» chiede la Madre Superiora, concitata, ma il clangore del
ferro e il richiamo di Dracula sovrastano tutto, parole e pensieri.
Persino Agatha è costretta a trasalire.
«Non vorrei farvi preoccupare, ma
l'esercito delle fedeli non sembra in grado di guardarmi negli occhi»
«Siete nudo e loro sono suore» spiega
Agatha, il tono paziente e le mani giunte in grembo in una calma che,
almeno in apparenza, non la abbandona. Se lo tratta come un bambino
incapace di comprendere un ragionamento logico, forse, può
ridimensionarne l'orgoglio smisurato. «Non sono i vostri occhi
quello che stanno evitando di guardare»
La donna sa che le altre sono
spaventate, anche più di lei, ma finché rimarranno con i paletti
sguainati ha la speranza di poter sopravvivere tanto a lungo da
vedere la prossima alba.
«Ebbene, nessuna ha intenzione di
invitarmi ad entrare? Ho fatto tanta strada per venire a trovarvi»
Agatha non presta attenzione alla Madre
Superiora che gli risponde. Scartabella nella sua mente tutte le
leggende che conosce sui vampiri, tutto quello che sa e che nel
racconto dettagliato di Jonathan non figura, e trova una
corrispondenza: l'invito è l'unica possibilità che quelle creature
hanno per entrare in qualsiasi luogo che non appartenga loro.
Non sa come sentirsi a riguardo:
potrebbe essere vero, potrebbe essere falso. Si chiede se Dracula non
stia cercando di attirare tutte loro in una trappola. È sicura che
la bestia che ha davanti troverebbe molto umoristico ingannarle:
sarebbe probabilmente più divertente per lui prosciugarle più
tardi, dopo aver goduto della rappresentazione della loro paura più
profonda. È un incivile, d'altronde. È un assassino spietato: il
rischio che possa sottoporle a una tale tortura è alto, Agatha ne è
consapevole. Dovrebbe rinunciare e attendere che faccia un passo
falso, che si tradisca da solo.
Ma come può ignorare la curiosità che
le annebbia la mente? Come può fuggire al desiderio di saziarsi di
conoscenza, di fare una scoperta entusiasmante, preziosa nella lotta
all'occulto?
E se fosse tutto vero? Se le storie
non fossero solo questo ma avessero ragione? Potrebbe mai perdonarsi
di non aver colto l'occasione di verificare in prima persona le
dicerie popolari e le parole del conte?
«Suor Rosa, la chiave»
L'imposizione esce fuori prima ancora
che la suora possa formularla nella propria mente.
«Non potete essere seria» implora la
Madre Superiora. Agatha deve ammettere di condividere la sua stessa
preoccupazione, ma deve sapere, deve capire.
«Sono più che
seria: sono assolutamente fiduciosa» afferma, sapendosi bugiarda, ma
nessuno dei presenti deve accorgersene, soprattutto Dracula: deve
crederla sicura di sé, deve sentirsi minacciato in tutti i modi
possibili.
«Come facevate a
sapere che sarei venuto?» le chiede e Agatha avverte la certezza di
essere stata in vantaggio su di lui sin dall'inizio. Ne va fiera.
«C'è un uomo qui
che considerate vostra proprietà»
«La mia sposa»
«È lui che vi ha
spinto fin qui, credo», e Agatha ha davvero bisogno di credere di
essere riuscita a comprendere almeno una mossa del conte, di aver
attirato l'ape in una trappola fatta del suo miele preferito. Ora
deve solo provare a sé stessa e alle altre sorelle di non aver
condannato a morte l'intero convento nel processo.
«Grazie, sorella»
dice, sforzandosi di elargire un sorriso a Rosa quando le porge la
chiave.
Si avvicina al
cancello con passi calmi e fermi. La parte più difficile, forse, è
ignorare il ringhio basso e gutturale che esce dalle fauci della
bestia: più riduce la distanza tra sé e il vampiro, più Agatha ha
la sensazione che, non appena avrà girato la chiave nella serratura,
Dracula le salterà alla gola come un animale, come il lupo da cui è
sgorgato e di cui veste ancora il sangue.
«Conte Dracula,»
comincia, cercando di scacciare l'immagine del predatore feroce
avvinghiato al proprio collo con il titolo nobiliare, «vi prego di
ascoltare le mie parole con attenzione». Apre il cancello e la sua
voce cigola insieme a lui, ma solo per un attimo. «Questo è il
convento di Santa Maria di Budapest e voi non siete il benvenuto».
Dracula è furibondo, Agatha lo comprende dallo sguardo, dai denti
digrignati, dalla frenesia con cui i muscoli del corpo si
contraggono. Se le sue intuizioni sono false, la suora sa bene di
essere la prima a morire. Prende un respiro profondo. «Più
specificamente, non siete invitato ad entrare»
Il vampiro ringhia,
rantola, sibila. È un animale pronto ad attaccare per uccidere,
pronto a svuotarla e a bere il sangue di tutte loro.
Agatha sente le
proprie membra vibrare al ritmo del terrore che la scuote, ma,
nonostante pensi ora di aver commesso un grosso errore e di aver
fatto troppo affidamento sulle stupide leggende che ha letto, non
indietreggia né abbassa lo sguardo: si concede di sobbalzare prima
di ritrovare subito la sua rigida compostezza. Comunque vada, si
dice, avrà dimostrato qualcosa, almeno a sé stessa, anche a costo
della vita delle sue sorelle. In un momento di estrema lucidità,
Agatha si rende conto di poter sopportare questo fardello.
Dracula
la fissa, scopre i denti ancora una volta, ma proprio nel momento in
cui la suora si aspetta di vederlo balzare in avanti per morderla, il
conte si allontana, affamato e insoddisfatto.
«Oh!»
La suora è
talmente stupita che saluta la vita che ha saputo tenersi stretta per
miracolo con un sorriso. Se la sua posizione non fosse già
abbastanza incerta, si metterebbe persino a ridere. «È vero,
allora. Interessante». Torna al centro del chiostro dalla Madre
Superiora e le è profondamente grata per lo sconcerto che legge nei
suoi occhi: non vede l'ora di spiegare, di metterla al corrente di
tutto. «Un vampiro non può entrare in nessuna dimora a meno che non
sia invitato. Non ero sicura di questa leggenda qui»
Euforia.
Suor Agatha è euforica.
«Avete aperto il
cancello e non eravate sicura?». Dracula, invece, è incredulo. L'ha
colto di sorpresa e in lei sente crescere la consapevolezza della
vittoria.
«Oh, il ferro non
vi stava confinando fuori, avreste potuto spezzarlo come un
fiammifero» spiega, come se fosse ovvio, come se non avesse nutrito
alcun dubbio. Ora che sa, ora che vede il quadro completo della
situazione, tutto sembra semplice oltre l'inverosimile.
«Potrei fare a
pezzi voi»
Agatha si sente
così forte che la minaccia le giunge come se fosse uno scherzo. «No,
non potreste, non da lì» sottolinea, crudele, prima che le
sembianze del detective abbiano di nuovo la meglio su di lei e
facciano fluire un fiume di domande dalle sue labbra. «Ma cosa vi
ferma? Un sentimento? Una forza? È un limite fisico o mentale?
Perché avete bisogno di un invito?»
«Vi aspettate che
ve lo dica?»
«Oh, non mi
aspetto nemmeno che voi lo sappiate!» lo schernisce. «Una
bestia può seguire le regole, ma non mi aspetto che le capisca»
Dracula si slancia
in avanti, furioso, facendola scattare sul posto e costringendola a
gettare uno sguardo al limite segnato dal cancello.
«Io sono più di
una bestia» dice il vampiro.
«In che modo?» lo
incalza Agatha, come se non fosse accaduto niente. «Camminate su
questa terra da centinaia di anni, eppure non potete entrare in un
convento?». Tutto ciò non ha senso, la suora continua a crederlo
fermamente. «Un bue potrebbe farlo. In che cosa siete più di
una bestia?»
«Volete che ve lo
dimostri?»
Dracula che parla
di dimostrazioni le suona quasi ridicolo alle sue orecchie. Non c'è
alcuna spiegazione razionale che provi quello che gli succede di
fronte alla croce, di fronte alla luce del sole e di fronte al solco
di un confine: Agatha l'ha cercata senza mai trovarla. Non crede che
il vampiro possa aver fatto di meglio durante la sua esistenza, ma la
suora non ha intenzione di tirarsi indietro.
«Certo» lo sfida.
«Sto aspettando»
«Venite qui» la
chiama Dracula, attirandola con un dito. Lo ripete, ossessivo: è
come una nenia a cui Agatha non riesce a dire di no. Non c'è alcuna
magia oscura in atto, lo sa: è la sua curiosità che le muove i
piedi fino al cancello, ad un passo da lui.
«Venite più
vicino»
L'odore acre del
lupo e delle sue interiora le fa trattenere il respiro per un attimo,
ma non si perde d'animo, non distoglie lo sguardo, non cerca il conforto
delle sue compagne: sono lì, sono armate e pronte, ferme nella loro
Fede e nella loro Giustizia.
«Una di loro»
mormora Dracula. «Una di loro è tutto quello che mi serve. Se una
sola del vostro grazioso esercito mi invita ad entrare, ridurrò in
pezzi il vostro mondo e ne berrò a sazietà»
Nemmeno di fronte a
quell'immagine vivida e raccapricciante suor Agatha sente montare la
paura: come può avere paura di un essere che è vincolato a
soffiarle minacce sul viso perché non può andare oltre, non può
superare la porta di un convento e ucciderla come vorrebbe? Le
piacerebbe ridergli in faccia, mostrarsi sfacciata e sprezzante, ma
la sicurezza con cui il vampiro le parla la spinge a contenere
l'eccitazione e a volerne sapere di più.
«Perché
dovrebbero invitarvi? Che cosa avete da offrire?» chiede.
«La vita eterna»
Agatha è
incredula. Si chiede se Dracula non si sia accorto di aver raggiunto
un convento.
«Be', ce l'hanno
già. Grazie»
Torna sui propri
passi mentre il conte alza la voce per farsi ascoltare da tutte, per
ripetere la propria proposta condita di minacce.
«Le vostre parole
non sono benvenute qui» ribatte lei quando finalmente Dracula
riprende fiato.
«Ebbene, se voi
credete di non essere tentata dalla mia offerta, chiedetevi questo:
chi lo è? Chi è la più debole? Chi è la più spaventata? Chi
cederà per prima?». Il conte fa una piccola pausa prima di
continuare, più suadente: «C'è ancora una possibilità che
possiate essere voi?»
In tutta risposta,
Agatha estrae il proprio coltello dalle pieghe della veste. Su una
cosa Dracula ha ragione: non può parlare per tutte. Non è certa che
nessuna di loro risponderà alla tentazione del vampiro. Deve agire
prima che questo accada e che la paura prenda il sopravvento sulle
sue colleghe.
«Che cos'è
quello? Che state facendo?»
Dracula ride, ma
Agatha stavolta è sicura di sé e di quello che ha in mente:
Jonathan l'ha già verificato a sue spese.
«Volevate sapere
chi fosse il più debole? Sto per mostrarvelo»
Sente il cuore
battere forte mentre preme la lama affilata sul palmo. Sente di nuovo
l'orgoglio invaderla e darle la forza di continuare a ferirsi come se
non ne ricavasse dolore. È così emozionata che nemmeno avverte il
bruciore della lacerazione: vuole andare fino in fondo. Tutto ciò
che le importa è il ringhio famelico del conte: lo ha in pugno.
Letteralmente, in effetti.
«Oh andiamo,
servitevi!» dice, spruzzando sangue oltre l'entrata. «C'è un cane
che passa di qui. Spesso gli diamo gli avanzi»
Quella
che prova quando innaffia la terra del proprio sangue è una
sensazione che le suore dovrebbero dimenticare una volta indossato
l'abito. Vedere Dracula tentare inutilmente di resistere – di
resisterle – la
appaga, la soddisfa, la stimola, la eccita. È la prova che cercava:
il conte è dipendente dalla sua droga e soprattutto è alla sua
mercé. Agatha sa che potrebbe costringerlo a fare qualsiasi cosa
finché sono in quello stato, un palmo sanguinante e un rantolo
rabbioso separati dal confine di un convento. Potrebbe indurlo ad
eseguire ogni suo comando e tutto per una goccia di sangue.
«Forza»
continua, divertita e ardente. «Siete venuto da così lontano. Sono
sicura che vogliate servirvi da bere»
È Agatha, ora, la
tentatrice: muove l'indice insanguinato a pochi soffi dalla bocca di
Dracula, lo guida, lo ipnotizza, lo spinge ad andarle più vicino, al
limite delle sue possibilità. Vuole che tutte lo vedano, che
assistano al suo spettacolo, che si rendano conto di quanto un uomo
possa rinunciare al proprio arbitrio pur di soddisfare un bisogno
animale e che riconoscano di non aver nulla da invidiare alla
condizione a cui il vampiro ha promesso di ridurre la prima di loro
che vorrà farsi avanti.
Proprio quando
Dracula è così vicino da riuscire quasi ad assaggiarle la mano,
Agatha lo precede e lecca il proprio dito, golosa. Il gusto ferrigno
del sangue non le piace, ma in quel momento crede che sia il sapore
più buono che il suo palato abbia mai provato.
«Mmm. Sapete, non
sono sicura di capirne il fascino» osa commentare, godendo del
ruggito frustrato che esce dalla labbra di Dracula. Ha il respiro
affannato: questo la diverte più di ogni altra cosa. Lo prende alla
sprovvista quando lo bagna del proprio sangue. «A ognuno il suo,
suppongo»
Concede al vampiro
un momento di riposo.
«Pensate che
provocarmi sia saggio?» le domanda Dracula, il tono pericoloso ed
esausto allo stesso tempo.
«Sì». Non c'è
esitazione nella voce di Agatha. «Voglio imparare tutto su di voi.
Voglio vedere i limiti delle vostre capacità. È il punto di questo
esperimento»
«Voi non ne avete
idea. Non ne avete la minima idea»
Le basta
avvicinargli al viso il coltello farcito di sangue per farlo tacere,
per vederlo di nuovo dilaniato dal desiderio di mantenere una
facciata di credibilità di fronte alle sue prede e dal bisogno di
cedere all'istinto.
È quando Dracula
lecca finalmente la lama e geme di piacere che Agatha sente di poter
reclamare per sé la vittoria.
«Qui,
bello, da bravo» lo irretisce mentre lascia cadere l'arma. Subito il
vampiro si china per raccoglierla e saziarsi, ma Agatha non lo guarda
più: gli basta notarlo con la coda dell'occhio mentre si nutre con
avidità per essere ancora più orgogliosa di sé. Il conte non è
altro che un animale senza ragione, schiavo del suo cibo e della sua
condizione.
«Questo è
spregevole. Non avete alcuna vergogna» dice la Madre Superiora nel
vederlo accucciato sul pavimento a lappare il sangue della suora.
«State attenta...
a quello che dite», ma il tono intimidatorio è mascherato dalla
fame appagata.
«Non si parla con
la bocca piena» interviene Agatha. «Ella si è guadagnata il diritto
di esprimere il proprio disprezzo, sapete. Tutte noi l'abbiamo».
Guarda le compagne. «Ognuna di queste donne davanti a voi si è
lasciata alle spalle i piaceri terreni, resistendo a qualsiasi forma
di tentazione. Ci siamo liberate dagli appetiti, dunque dalla paura.
È per questo che non potete sopportare la vista di questo». Si
inginocchia davanti a Dracula con il crocifisso proteso verso di lui.
«Parla di quella santa virtù che voi non possedete: è la bontà
incarnata»
Contro ogni
previsione, il vampiro ride. Ride di lei, della sua teoria.
«Per un momento ho
pensato che foste intelligente» dichiara, lasciandola perplessa e
senza parole. Non è una stupida, Dracula si sbaglia. «Ma no. No,
non è per questo che temo la croce. La bontà non ha niente a che
vedere con questo»
Si sbaglia.
«Così dite, ma
come può una mera bestia capire le proprie paure?» lo offende,
ripetitiva, mentre si alza: guardarlo dall'alto le dà più
sicurezza. «Nessuno vi inviterà ad entrare, conte Dracula. Vi
compatiranno lì dove siete»
«Chi siete voi?»
«Finite i vostri
avanzi. Non avrete altro stasera»
Il conte lecca una
goccia di sangue dalle proprie dita. «Agatha... È il vostro nome,
giusto?»
La suora avverte
appena una leggera sensazione di freddo alla nuca, ma decide ancora
di utilizzare la logica. «La Madre Superiora mi ha chiamata per
nome, l'avete sentita. Dovrete fare meglio di così»
«Voi non siete di
queste parti, credo» continua Dracula, assaggiando dell'altro
sangue. «Olanda, vero?»
Di nuovo, la suora si mostra imperturbabile. «Credo che possiate dirlo anche dal mio accento»
raziocina. «Vi auguro la buonanotte»
Si allontana, fa
per tornare in convento, ma la voce del conte la fa arrestare sul
posto.
«Helsing!»
Il brivido che
stavolta la attraversa non ha niente a che fare con la vanità. È
freddo e spiacevole, ha il sapore di un passo falso.
«Van Helsing!»
Si maledice per
aver dimenticato. Come ha potuto? Come ha potuto dimenticare quella
parte del racconto di Jonathan Harker?
«Perché siete
così interessata a me, Agatha Van Helsing?»
L'ha sottovalutato.
Ha sottovalutato quello che le leggende non dicono, quello che solo
un testimone diretto come Harker poteva sapere.
Agatha non ha idea
di quanto potere gli abbia dato su di sé, né può dire con certezza
di avergliele conferito alcuno.
«Chi siete voi?»
ripete Dracula quando si volta.
Non importa. Agatha
ha sbagliato, ma non importa. Sembra che il vampiro non possa sapere
di più, che abbia bisogno di lei per riempire le lacune.
«Tutti i vostri
incubi in una volta sola» risponde, battagliera, decisa. «Una donna
istruita che indossa un crocifisso»
Si volta e se ne
va: Dracula ha solo un nome, lei il sangue che brama. Nonostante
tutto, Agatha sente di essere ancora al comando.
Angolino di
Menade Danzante:
Buonasera!
Ho deciso di
scrivere questa raccolta subito dopo la visione delle tre puntate di
Dracula. Trovo che i due protagonisti siano fonte di grandi
riflessioni e, da amante dell'introspezione, non potevo proprio
rinunciare alla possibilità di scoprirli meglio attraverso
un'analisi più approfondita dei momenti salienti che hanno
contribuito a costruire il loro rapporto. Spero, a tal proposito, di
aver delineato un profilo credibile e coerente di Agatha!
Sfrutto questo
spazio per fare anche un paio di precisazioni riguardo a questo
piccolo progettino. Per prima cosa, il rating arancione e gli
avvertimenti Tematiche delicate e Contenuti forti fanno riferimento
al legame malsano che si instaura tra Agatha e Dracula sin dal loro
primo incontro: è una relazione di potere in cui l'uno degrada
l'altro e viceversa, perciò mi sembrava d'obbligo segnalare quanto
mi inquietino entrambi nella gestione del loro rapporto!
Un'altra cosa che
mi preme dire è che ho visto la serie solo in lingua originale: i
dialoghi sono dunque un mio adattamento.
Ringrazio di cuore
chiunque sia giunto fin qui e che vorrà seguirmi in questo piccolo
viaggio introspettivo nella mente di Agatha Van Helsing.
Un abbraccio!
Menade Danzante
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