III
Sei tu e il
tuo mondo ed io sono intrappolato nel mezzo
Gli
faceva
male la testa, come se Sakura avesse passato tutta la notte a prenderlo
a
pugni. Il fatto che Kurama gli bestemmiasse contro per aver ridotto
entrambi in
quello stato non aiutava la situazione. Senza contare il senso di
nausea nello
stomaco vuoto, la gola secca, la
lingua
impastata nel palato e il saporaccio orribile che aveva in bocca.
C’era
un
solo lato positivo: il buonissimo odore di pane tostato che veniva
dalla
cucina. Qualcuno gli stava preparando la colazione e, forse, aveva
anche
qualcosa che potesse fargli passare l’emicrania.
“Obito?”
biascicò tentando di alzarsi con gli occhi chiusi.
Era il
primo nome che gli veniva in mente, visto che da quanto ricordava era
stato l’uomo
a trascinarlo semi-incosciente nel suo appartamento e lo aveva messo a
letto. A
quel pensiero il suo cervello gli ricordò un’altra
cosa e quasi si strozzò con
la propria saliva.
Aveva…
baciato Obito?
Seppellì
il
volto tra le mani e gemette, certo di essersi confuso – del
resto la sua
memoria non era poi così affidabile dopo una certa
quantità di alcool in corpo.
Ma ricordava chiaramente di avergli preso il volto tra le mani,
cercando di
capire perché in quel momento lo trovasse così
attraente, e aver di conseguenza
spinto a incontrare i loro volti. Ricordava che aveva fatto male alla
testa – da quando baciare fa male,
dattebayo? –
e più importante che l’altro si era ritratto
subito guardandolo sconvolto.
“Perché
lo hai fatto?” era
sicurissimo avesse chiesto, una reazione che evidenziava abbastanza
chiaramente
che quel suo gesto non era stato apprezzato.
Desiderò
venire inghiottito dal letto, forse poteva chiedere asilo al Monte dei
Rospi e
sparire per sempre dalla faccia della terra raggiungibile.
Perché
l’ho fatto?
Non
c’era
nessun motivo razionale per fare qualcosa del genere, senza contare
quanto gli
risultava strano aver baciato Obito. Obito! Uchiha Obito! Era
così assurdo che
non riusciva proprio a capacitarsene.
Ma quel
che
era peggio era che Obito si trovava nell’altra stanza e gli
aveva preparato la
colazione. No, non poteva uscire da lì! Doveva continuare a
fingersi morto per
l’alcool e sperare che se ne andasse. Non poteva affrontarlo,
sicuramente
voleva spiegazioni e lui non ne aveva, dannazione!
“Naruto?”
si sentì chiamare interrogativo dall’altra stanza
e lui squittì terrorizzato,
troppo per rendersi conto che effettivamente quella non era la voce di
Obito.
Se ne
rese
conto solo quando vide Iruka fare capolino nella stanza.
“Oh,
bene,
ti sei svegliato” commentò.
Il senso
di
sollievo fu così dirompente che, ignorando la nausea e le
fitta alla testa
della sbornia, Naruto si scaraventò ad abbracciarlo con
affetto.
“Maestro!”
lo salutò con le lacrime agli occhi, così
sollevato che fosse lui e non qualcun
altro. “Mi hai fatto la colazione?”
Iruka
era
il suo angelo custode, non c’era altra soluzione, sapeva
sempre quando aveva
bisogno di lui.
L’uomo
più
grande ridacchiò a quell’esuberanza.
“Come
va
con la testa?” chiese arruffandogli i capelli.
“C’è
una
piccola Sakura-chan che sta cercando di romperla”
sbiascicò.
“Vediamo
di
calmarla, allora” lo rassicurò e lo
guidò quindi verso la cucina. Come aveva
testimoniato l’odore, Iruka gli aveva preparato la colazione
e Naruto sentì lo
stomaco aprirsi dalla fame davanti alla tavola imbandita di pane
tostato e
biscotti.
“Bevi
acqua
e mangia solo cose secche,” ordinò Iruka,
“appena ti sarai riempito lo stomaco
ti darò una pastiglia”.
Lo
guardò
riconoscente mentre si sedeva al suo posto e prese una fetta di pane
con la
marmellata già spalmata. Certo, preferiva fare colazione con
il ramen, ma si
rendeva conto che non era il caso di mettere alla prova il suo stomaco
dopo
quanto aveva bevuto.
“Che
ci fai
qui?” chiese comunque. “Non dovresti essere da
Kakashi a fargli da
baby-sitter?” aggiunse ricordando l’effettivo ruolo
che aveva accanto al pigro
maestro, che tentava in ogni modo di sfuggire alla burocrazia
più noiosa.
“Mi
ha dato
il giorno libero dopo avermi avvertito che ieri notte non ti sei dato
un
freno,” e nel dirlo lo guardò con rimprovero,
“perciò sono venuto a vedere come
stavi”.
“Oh,
che
caro Kakashi-sensei!” cinguettò. “Si
preoccupa per me”.
Stava
tentando in ogni modo di mostrarsi di buon’umore nonostante
la testa spaccata a
metà e la coscienza che sghignazzava a sue spese ripetendo
in una cantilena: hai baciato Obito e ti ha
rifiutato, hai
baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha
rifiutato…
“Iruka-sensei,”
chiamò cercando di dissimulare nonchalance, si finse in
particolare più
concentrato a spalmare la marmellata, “i baci da ubriaco non
contano, vero?”
Sperava
che
la domanda non risultasse strana, quasi scambiabile come futile
conversazione,
ma catturò un po’ troppo l’attenzione di
Iruka.
“Chi
hai
importunato?” indagò.
Al che
lo
guardò offeso. “Perché devo essere
stato io? Magari sto parlando di qualcun
altro!”
Lo
guardò
eloquente, ricordandogli che era sempre lui quello che combinava il
guaio.
Purtroppo aveva ragione.
“Obito”
sospirò vinto, lo sguardo basso come se la marmellata sul
pane fosse l’unica
cosa degna di interesse.
Ci fu un
lungo silenzio in cui Naruto ebbe il forte impulso di gettare il pane
addosso a
Iruka come diversivo e scappare dalla finestra, ma l’uomo
parlò prima che
potesse mettere in atto il suo ingegnoso piano.
“Obito
ti
ha baciato?”
Arrossì,
imbarazzato a doverlo contraddire. “Io
ho baciato Obito” borbottò.
“…Oh”
commentò preso in contro piede. “E… e
lui ha, ehm, apprezzato?” domandò allargandosi
il coletto della maglia. Del resto non doveva essere facile tenere una
conversazione del genere con quello che consideravi il tuo figlioccio.
Il
rossore
si accentuò sulle guance di no. “No, direi di
no” ammise colpevole.
Ancora
una
volta Iruka lo guardò di stucco.
“No?
Obito non ha apprezzato?”
Fece uno
sguardo davvero confuso. “Ma ne sei sicuro?”
Sentì
un
moto di stizza. “Direi di sì visto che si
è staccato subito e mi ha guardato
come se gli avessi lanciato addosso un topo morto”
sbottò infastidito da quella
realizzazione.
Okay, si
pentiva di averlo fatto e sperava di trovare un modo per viaggiare nel
tempo a
impedire che succedesse, ma – dattebayo! – la
reazione era stata troppo
esagerata, manco lo avesse colpito con una testata, nessuno poteva
rifiutare in
quel modo un bacio di Uzumaki Naruto! Ne andava del suo onore. Poteva
rifiutarlo in modo più gentile, magari ringraziandolo ma
declinando in quanto
non era il suo tipo, anche se Naruto era sicuro di essere il tipo di
chiunque.
Si
riscosse
dai suoi pensieri per notare che Iruka continuava a guardarlo dubbioso,
quasi
incredulo.
“Questo
è
strano…” disse infatti. “Avevi mai
pensato a Obito… in quel senso?” chiese
arrossendo un poco a sua volta.
“Be’,
no”
rispose senza nemmeno pensarci da quanto era ovvio. “Non ho
mai pensato una
cosa del genere. Non so che mi
sia preso”.
“Uhm…”
borbottò il suo confidente. “Che
cos’è allora per te?”
“Cos’è…
per
me?” ripeté confuso, poi si strinse nella spalle.
“È Obito, un amico e un
compagno con il quale mi trovo particolarmente bene”.
Anche se
a
quell’ultimo pensiero si oscurò, non aveva mentito
nel dire che gli piaceva
passare del tempo con lui, ma… c’erano delle cose
che un po’ lo facevano
tentennare. Non
erano tanto in momenti
in cui la sua mente lo tradiva, ricordandogli che chi aveva davanti era
l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva
tentato di distruggerlo in ogni
modo, perché Obito aveva dimostrato di essere cambiato, di
non essere più
quella persona e lui lo aveva perdonato già molto tempo
prima. Era altro.
“Che
cosa
c’è?” chiese Iruka intercettando la sua
espressione inquieta.
“A
volte
stare con lui è frustrante” ammise, deciso a
vuotare il sacco. Non ne aveva mai
parlato con nessuno ed era arrivato il momento di sfogarsi, Iruka era
la
persona perfetta con cui farlo.
“Frustrante?”
ripeté per invogliarlo a spiegarsi meglio, al che
annuì con convinzione.
“Non
litighiamo mai!” quasi sbraitò.
Invece
di
spiegarsi come avrebbe dovuto, lo lasciò ancora
più confuso.
“E
non è un
bene?”
“No!
Cioè!”
ritrasse rendendosi conto di quanto dovesse suonare male e si
imbronciò. “Il
problema è che non osa mai contraddirmi, mi dà
costantemente ragione quando è
evidente che è contrariato. Cerca in ogni modo di evitare le
discussioni con me
ed è… frustrante!” ripeté,
strinse le labbra in una smorfia. “Mi sembra non mi
prenda sul serio, che mi tratti come un bambino da accontentare, che
non mi
consideri al suo livello e mi sembra stia ancora evitando la
realtà, che si
nasconda ancora dietro una maschera, che…”
“Okay,
ho
afferrato” lo interruppe Iruka prima che potesse stilare una
lista
chilometrica. A Naruto però non piacque essere bloccato e
incrociò le braccia
al busto, i capelli spettinati gli davano un’aria ancora
più arruffata.
“È
come se
avesse messo un vetro tra noi. Anzi, è come se abbia paura
di rompermi!”
riassunse ispirato.
Iruka
sospirò. “Non credi che lo faccia
perché si sente in colpa nei tuoi confronti?”
Sgranò
gli
occhi perplesso. “In colpa? Si sente in colpa?”
“Per
quello
che… sai…” distolse lo sguardo
imbarazzato di ricordargli quelle cose, “per
quello che ti ha fatto…”
Naruto
strinse le mani a pugno. “Sì, avevo
capito” borbottò. Sapeva di non brillare di
intelligenza, ma non era nemmeno così ottuso da non aver
capito a che cosa
facesse riferimento!
“Be’,
non
dovrebbe lasciarsi influenzare dai sensi di colpa. È acqua
passata” decretò
massaggiandosi la fronte. La testa gli pulsava troppo dolorosamente per
sostenere quel genere di conversazione, aveva proprio scelto il momento
sbagliato per sfogarsi, e quello che sentiva sotto i polpastrelli era
davvero
un bernoccolo? Adesso l’alcool faceva anche spuntare i
bernoccoli?
Iruka
addolcì lo sguardo. “Ha tentato di ucciderti, non
è una cosa facile con cui
fare i conti”.
“Ma
se per
me non è più un problema, perché
dovrebbe esserlo per lui?!” sbottò.
“Per
certe
persone è davvero difficile perdonare se stessi. Obito non
sembra una persona
in grado di farlo”.
Naruto
non
sembrava convinto.
“Anche
Sasuke ha tentato di uccidermi e sono sicurissimo che si senta una
merda per
questo”, ignorò l’inarcarsi delle
sopracciglia dell’uomo al suo francesismo,
“ma continua a trattarmi come ha sempre fatto, non con le
pinze!”
Effettivamente,
Iruka si stava chiedendo quanto ci volesse ancora perché
nominasse l’altro
Uchiha. Per questo motivo aveva già preparato la risposta.
“Le
cose
tra te e Sasuke sono diverse, siete amici d’infanzia, eravate
migliori amici
già prima che lui lasciasse il villaggio” gli fece
notare.
“Ma
cosa
c’entra?”
“Naruto,
hai sempre detto che qualsiasi cosa avesse fatto non avresti smesso di
volergli
bene, perché era il tuo primo legame, il tuo migliore amico.
C’è una base su
cui Sasuke sa di poter fare affidamento” spiegò
meglio. “Obito questa sicurezza
non ce l’ha. Non hai mai conosciuto la persona che era prima,
non hai nessun
motivo per perdonarlo davvero. Non c’è nulla di
positivo che vi leghi”.
“Questo
non
è vero” protestò con gli occhi
spalancati. “Condividevamo lo stesso sogno, mio
padre era il suo maestro!”
“Sogno
che
ha distrutto e rinnegato” ribatté pacato senza
aggiungere altro, non serviva
ricordare invece cosa aveva fatto al suo maestro, a suo padre.
Infatti
Naruto contrasse lo sguardo, visibilmente ferito.
“Anche
se
ha sbagliato, si è pentito di quello che fatto e ha cercato
di rimediare, ha
rimediato” tenne il punto. “Mi sembra un ottimo
motivo per perdonarlo e andare
avanti”.
Iruka
non
rispose subito, si prese qualche secondo per pensare a quanto fosse
fiero del
ragazzo che aveva davanti. I suoi occhi azzurri erano limpidi e onesti,
pensava
davvero quello che diceva e, soprattutto, ci credeva. Non molte persone
avrebbero sostenuto quella linea con la stessa fermezza, la fiducia che
riponeva nelle persone era solo che ammirevole.
“Devi
dare
del tempo a Obito perché possa farlo anche lui”
risolse alla fine e sorrise.
“Tu puoi aiutarlo in questo”.
Naruto
sbuffò e si accasciò sullo schienale.
“Certo, come no. Soprattutto dopo ieri
sera” gemette e si coprì il volto con le mani.
“Non avrò più il coraggio di
guardarlo in faccia” piagnucolò.
Iruka lo
guardò con divertito affetto. “Non esagerare.
Basta parlarne e si risolverà
tutto”.
“Magari
non
vuole più parlarmi. Magari ora mi odia”.
Fu
difficile trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo.
“O magari spera proprio
che tu chiarisca con lui il perché lo hai fatto”.
“Non
lo
so!” sbottò. “Non so che mi sia preso,
mi era sembrata solo la cosa migliore da
fare e non so perché io lo abbia pensato, voglio dire ero
ubriaco, nessuno
dovrebbe pretendere che un ubriaco sappia quello che fa
dattebayo” terminò.
“Diglielo
allora” obiettò ragionevolmente.
“Come
se
fosse così semplice” borbottò di nuovo
depresso.
Iruka
scossa la testa e non disse altro mentre portava un antidolorifico per
i
postumi della sbornia. Dubitava fortemente che Obito fosse arrabbiato
per quel
bacio, anzi tutt’altro. Non era stupido e come molte altre
persone aveva notato
che genere di interesse provasse l’Uchiha nei confronti del
suo allievo
preferito. Non era qualcosa che lo faceva saltare di gioia, ovviamente,
ma
sapere che non aveva approfittato di lui mentre era ubriaco –
nemmeno dopo che
lo aveva baciato – glielo fece rivalutare.
Naruto
aveva ragione del resto: Obito aveva rimediato e aveva dimostrato di
essere un
bravo ragazzo.
Obito
era
in ritardo, una piccola costante che non era cambiata in tutti quegli
anni. Ma
considerando che doveva incontrarsi con Kakashi non era poi
così preoccupato,
gli dava fastidio solo sapere che Sasuke era già
lì e che gli avrebbe
rinfacciato l’orario.
Be’,
non
era colpa sua se aveva un lavoro ingrato da sbrigare da solo visto che
non
aveva nemmeno pensato di chiedergli se avesse bisogno di aiuto nel
decifrare
quelle dannate pergamene. L’unica consolazione era che
ritardando di oltre due
ore era riuscito a diminuire di molto il mucchio che Naruto aveva
scovato.
Appena
pensò al ragazzo, il suo volto divenne impassibile. In
realtà c’era un altro, e
più vero, motivo per cui aveva tardato così tanto
prima di uscire di casa verso
il palazzo dell’Hokage. Il giorno prima Naruto aveva promesso
che sarebbe
passato ad aiutarlo ancora, ma aveva continuato ad aspettarlo senza che
si
presentasse. Forse doveva ancora recuperare la notte brava, o forse la
sera
prima aveva fatto qualcosa che lo aveva infastidito. Fu piuttosto
facile
ignorare la prima e più probabile ipotesi per commiserarsi
nella seconda.
In
realtà
era meglio così. Se fosse venuto poi avrebbe dovuto spiegare
perché Kakashi
aveva convocato lui e Sasuke e perché lui non poteva venire.
Non gli piaceva
tenergli nascosto qualcosa, ma in quel caso era meglio che Naruto non
si
mettesse in mezzo, sicuramente avrebbe protestato e sapeva che se lo
avesse
fatto non sarebbe riuscito a contraddirlo. Naruto aveva quella brutta
capacità
di convincerlo a cui lui si abbandonava senza combattere.
Volevano
demolire il
quartiere Uchiha per poter creare
un nuovo complesso residenziale. La popolazione di Konoha era in
aumento e
cominciavano a stare stretti tra le mura, cosa ridicola considerando
che
esisteva un intero quartiere non utilizzato. Ovviamente le case erano
già state
messe in vendita, ma nessuno aveva osato andare a vivere in quelle
abitazioni
maledette. Il Consiglio aveva quindi proposto di buttare giù
tutto e
ricominciare da zero, nella speranza che quello avrebbe fermato le
superstizioni.
Per far ciò ovviamente c’era bisogno del permesso
degli unici due residenti ed
eredi del quartiere.
Per
Obito
accettare una proposta simile era stato fin troppo semplice. Per quanto
da
piccolo ripetesse fiero di essere un Uchiha e quindi erede di grandi
tecniche,
non aveva mai provato vera fierezza per il proprio clan. Del resto era
cresciuto senza genitori, senza qualcuno che potesse insegnargli vero
orgoglio
per il suo retaggio. Considerando poi che non era mai stato visto di
buon
occhio tra gli Uchiha e che l’unico parente che gli aveva
fatto da mentore lo
aveva in realtà manipolato per i propri scopi, non si
stupiva di non provare un
minimo di affetto per il suo Clan.
Senza
contare che se era riuscito a sterminarlo al fianco di Itachi senza
provare
rimorso, non si sarebbe disperato per qualche casa vuota demolita.
Ma era
certo che lo stesso non sarebbe valso per Naruto. Poteva sentirlo
distintamente
sbraitare nella sua testa mentre protestava che stava abbandonando il
suo
passato – ancora una volta – e che quel luogo era
comunque la sua casa ed era
ingiusto che rinunciasse in quel modo rassegnato.
Si
fermò
rendendosi conto che la figura bionda non era solo nella sua testa, ma
anche a
qualche passo da lui.
“Naruto?”
lo chiamò vedendolo bighellonare alle porte del quartiere.
Quello
sussultò,
come se fosse stato beccato a compiere qualche infrazione.
“Oh,
Obito!” quasi urlò cercando di sembrare
disinvolto, ma il modo in cui portò la
mano tra i capelli tradì il suo nervosismo. “Stavo
venendo da te, ma tu stai
andando da qualche parte?”
“Da
Kakashi” spiegò osservandolo attento.
“Oh,
pazienza! Allora ti lascio andare, sarà per
un’altra…”
“Facciamo
la strada insieme” lo interruppe. Avrebbe fatto qualsiasi
cosa per approfittare
anche solo di alcuni minuti con lui.
Naruto
sorrise forzato. “Certo, sicuro! Ti accompagno, nessun
problema…”
Decisamente
c’era qualcosa che non andava. Forse aveva indugiato un
po’ troppo la notte
prima quando lo aveva spogliato e se ne ricordava, perciò si
sentiva in
imbarazzo in sua presenza.
Iniziarono
a camminare in quel silenzio nervoso, a cui riuscì a
resistere solo per un
manciata di minuti.
“Va
tutto
bene?” si assicurò.
Naruto
scattò come se lo avesse punto con uno spillo.
“Sì,
benissimo, dattebayo!” strepitò agitandosi con le
braccia, poi però gli rivolse
uno sguardo colpevole. “No, in realtà ecco volevo
scusarmi per ieri sera, per
quello che ho fatto”.
Lo
guardò
sempre più confuso. “Non occorre, eri
ubriaco…”
“Sì,
ma mi
dispiace, okay? Non volevo offenderti o disgustarti, non so
perché io lo abbia
fatto, mi era sembrato sensato farlo ma non è che le cose
degli ubriachi
abbiano davvero senso, è stato stupido e impulsivo, quindi
mi dispiace davvero
per favore non essere arrabbiato con me” terminò
quasi senza respirare, come un
testo senza virgole.
Obito
era
sicuro di non aver affatto seguito correttamente il ragionamento.
Pensò quindi
di frenarlo prima che ricominciasse a parlare.
“Non…
non
sono arrabbiato con te” gli fece presente, era ridicolo anche
solo lo pensasse!
“No?”
spiò
incerto Naruto in un’espressione adorabile a cui fece davvero
fatica a
resistere.
“No”
ripeté, poi fece un sorriso per provare ad alleggerire
l’aria. “Certo, la
testata potevi risparmiarla. Ha fatto male”
scherzò.
Ma
Naruto
lo guardò con tanto di occhi. “La…
testata?”
“Sì”
annuì
accigliandosi. Non si stava scusando per quella?
Molto
probabilmente no visto l’espressione che aveva Naruto, come
se una
realizzazione gli fosse piovuta dal cielo.
“Ti
ho dato
solo una testata?” chiese quasi speranzoso.
La
situazione era sempre più strana, confermò ancora
mentre il bernoccolo che
aveva sulla fronte pulsava come un memento.
“Una
testata fortissima” specificò.
Ma
Naruto
non sembrava davvero dispiaciuto, lo guardava piuttosto come se fosse
una
rivelazione mistica e, confondendolo ancora di più, sorrise.
“Una
testata,” sospirò con sollievo, “non ti
ho baciato. Era solo una testata”.
Si
fermò in
mezzo alla strada, così all’improvviso che Naruto
fece ancora qualche passo
prima di rendersene conto. Si voltò a guardarlo ed era rosso
sulle guance,
doveva essersi conto di quello che aveva detto e
quell’imbarazzo confermò a
Obito che aveva sentito bene.
Naruto
si
stava scusando per un bacio? Credeva di averlo baciato?
Ricordò
il
modo in cui aveva appoggiato le mani sulle sua guance, la pressione che
aveva
fatto sulla pelle prima di spingere i loro visi e capì che
quello che aveva
cercato di fare era baciarlo. Non
dargli una testata, quella doveva essere stato un incidente
dall’alcool. Per
questo Naruto credeva di averlo baciato, perché
l’intenzione era stata quella.
Ci mise
più
di qualche secondo a raccogliere i propri pensieri e riuscire a
formulare
qualcosa, secondi in cui Naruto si guardò disperatamente
intorno in cerca di un
appiglio per cambiare conversazione.
“Perché
volevi baciarmi?” chiese stupito.
Era la
domanda
più ovvia e razionale da fare, anche se era difficile
ignorare il battito
accelerato del proprio cuore. Aveva passato così tanto tempo
ad anestetizzarlo,
insieme a ogni possibile sentimento, che non sapeva più
gestirne uno nuovamente
funzionante. Si poteva sentire il rumore sordo dei battiti contro le
cassa
toracica?
“Ero
ubriaco!” strepitò Naruto come se lo avesse
accusato. “Te l’ho detto, non
c’è
un perché. E poi non è successo, non è
più importante” concluse dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla. “Lasciamo
stare”.
Lo
guardò,
chiedendosi se fosse così tanto masochista o meno da
alimentare la fiammella di
speranza che si era accesa nel suo petto. Forse aveva ragione, del
resto era
comune fare cose assurdi da ubriachi che da sobri non si avrebbero mai
fatto,
ma c’era anche il detto che nell’alcool ci fosse la
verità…
Voleva
chiedergli qualcosa in più, voleva sapere se dietro
quell’azione impulsiva che
Naruto diceva essere senza un perché ci fosse in
realtà un significato. Se,
forse, una minuscola parte di lui aveva dei sentimenti che potevano
sbocciare…
Però
era
evidente che Naruto non volesse parlarne, sicuramente il motivo per cui
non si
era presentato fino a quel momento da lui era perché aveva
tentato di rimandare
l’argomento. Non voleva parlare di quella cosa, era ovvio che
ne fosse
imbarazzato e il sollievo nel sapere che non era successo era
così trasparente
da rispondere da solo alla domanda di Obito. Non c’erano
potenziali sentimenti.
“Va
bene”
acconsentì mesto riprendendo a camminare.
Non
avrebbe
mai forzato Naruto a fare o dire qualcosa che non voleva solo per
bisogno
personale. Non sarebbe stato così egoista, avrebbe tenuto la
fiammella di
speranza a bada senza costringerlo in qualcosa che lo metteva a disagio.
Ma
Naruto
lo guardò corrucciato mentre lo affiancava di nuovo.
“Davvero?”
indagò con tono sconcertato. “Lasci davvero stare?
Non ti interessa?”
Obito
distolse lo sguardo mentre rispondeva, temendo che potesse leggergli
negli
occhi quanto invece morisse dal desiderio di sapere di più.
“Non
è
importante” mentì con disinvoltura.
E con
altrettanta disinvoltura sentì un pugno schiantarsi contro
la sua mascella.
Impreparato
a quell’azione aggressiva da parte del compagno — e
dall’incredibile forza che
ci aveva messo nel colpirlo – perse l’equilibrio
cadendo per terra, sul piccolo
prato che fiancheggiava la strada. I suoi riflessi ninja gli permisero
di
attutire la caduta, ma non di diminuire il dolore alla guancia. Ci
appoggiò una
mano, accorgendosi del gusto ferroso in bocca: il colpo era stato
così forte
che l’interno della guancia si era lacerata scontrandosi con
i denti. Non ebbe
nemmeno il tempo di realizzarlo pienamente che Naruto si
scagliò ancora contro
di lui, un altro pugno teso per colpirlo. Abbandonò la
confusione per attivare
lo sharingan e rispondere allo scontro che a quanto pare era appena
iniziato.
Smaterializzò ogni parte di sé che Naruto tentava
di colpirlo, sfuggendo ai
suoi tentativi di bloccarlo in una posizione di svantaggio.
Riuscì a vendicarsi
del suo primo pugno colpendolo con un calcio allo stomaco, dovette
essere molto
doloroso, ma Naruto non si lasciò minimamente indietreggiare.
“Sei
un
cazzone!” sbottò invece tornando
all’attacco.
“Che
diavolo ti è preso?” riuscì a gridare a
sua volta prima di dover trasferire un
lato del volto sulla sua dimensione. Naruto non sapeva proprio
controllarsi, né
in battaglia né in allenamento, se non avesse avuto il kamui
ad aiutarlo tutti
quei colpi avrebbero fatto davvero male.
“Che
prende
a te?!” girò la
domanda Naruto
riuscendo finalmente a bloccarlo al suolo. Ma Obito rimase in quella
posizione
di svantaggio solo un secondo prima di teletrasportarsi in un punto
più
lontano.
“Sei
tu
quello che mi colpito!” sbottò incredulo che gli
girasse la frittata. La sera
prima lo aveva preso a testate, adesso a pugni, che diavolo gli
prendeva tutto
d’un colpo?
“Ti
avevo
promesso che ti avrei distrutto quella maschera”,
berciò in risposta, “e io
mantengo sempre le promesse, ‘tebayo!”
Quello
risposta lo confuse e lo inchiodò a terra, pietrificato dal
ricordo, e per
questo non riuscì a reagire prontamente quando Naruto si
scagliò ancora una
volta verso di lui.
Il colpo
non andò a segno.
Una
gigantesca mano scheletrica e fiammeggiante di viola aveva intercettato
il
balzo di Naruto afferrandolo in aria. Quella tecnica non poteva che
essere una
formazione parziale di Susanoo e infatti Obito individuò
subito Sasuke a
qualche passo da loro. Aveva un’espressione infastidita.
“Che
cazzo
state facendo?” sibilò infatti.
“Non
metterti in mezzo, teme!” sbraitò Naruto tentando
di liberarsi da quella presa.
Sasuke
lo
guardò con sufficienza e volse gli occhi inespressivi
sull’altro Uchiha.
“Allora?”
chiese acido. “Perché invece di essere
dall’Hokage dove ti stiamo aspettando da
due ore sei qui a fare il bambino con questo idiota?”
“Stavo
venendo,” si difese, “ma sono stato
aggredito”.
Al che
si
voltò verso l’idiota che sapeva essere
l’unico vero colpevole della situazione.
Per quanto Obito avesse dimostrato una certa propensione
all’idiozia e un
temperamento simile a quello del dobe, i geni Uchiha che possedeva
dovevano pur
significare qualcosa.
Allo
sguardo accusatorio Naruto si imbronciò e ripeté:
“Non metterti in mezzo”. Poi
aggiunse: “Fammi scendere”.
Sollevando
gli occhi al cielo, lo accontentò ma si premurò
di appoggiarlo il più lontano
possibile da Obito. Fortunatamente, l’usuratonkachi non
sembrava più propenso a
menare i pugni e si limitò a incrociare le braccia al petto
con sdegno. Sasuke
decise che non si sarebbe messo in mezzo, non nutriva nessun interesse
sul
perché Naruto avesse preso a pugni Obito quando gli era
sembrato di capire che
andassero d’amore
e d’accordo.
“Vogliamo
andare?” chiese quindi sbrigativo al parente.
“Posso
venire con voi?” domandò Naruto.
“No”
lo
freddò senza possibilità di appello.
“Non è qualcosa che ti riguarda, non
metterti in mezzo” calcò le sue stesse parole.
Colpito
e
affondato, Naruto non replicò nulla e poté
solamente chiudersi in un broncio
offeso. Be’, se voleva fare a gara a chi era più
cocciuto non si sarebbe tirato
indietro.
Sasuke
accennò un sorriso di superiorità, certo della
vittoria schiacciante, e si
voltò senza controllare che Obito lo seguisse.
Sentì i suoi passi dietro di sé
poco dopo e a giudicare dal ritmo Naruto era davvero rimasto indietro,
lasciandoli soli.
Corrucciò
la fronte pensoso rendendosi anche conto che Obito stava pestando il
marciapiede in modo fin troppo aggressivo. Voltò la testa al
suo fianco per
accorgersi che lo stava guardando nello stesso modo bellicoso in cui
camminava.
Inarcò un sopracciglio per invogliarlo a spiegarsi.
Obito
non
dovette farsi pregare.
“Perché
devi essere sempre così freddo con lui?”
sbottò.
“Non
so di
che parli”.
“Tratti
continuamente Naruto di merda”.
Quel
commento lo infastidì ulteriormente, non gli piaceva che la
gente si mettesse
in mezzo fra loro due e soprattutto sindacasse sul suo comportamento.
“Naruto
non
lo pensa allo stesso modo,” gli fece notare,
“quindi puoi immaginare da solo
quanto mi interessa la tua opinione in merito”.
Lo vide
contrarre la mascella.
“Sei
arrogante” replicò.
“L’unico
arrogante qui sei tu, che parli senza sapere niente, quindi: taci” perse definitivamente la
pazienza.
In quei
pochi giorni a Konoha non si era solo reso conto
dell’infatuazione di Obito per
Naruto, ma anche quanto fosse geloso e, soprattutto, quanto fosse
geloso di
lui. Il fatto che ora lo stesse accusando che non gli importava
abbastanza di
Naruto era la goccia di troppo, soprattutto contando che in tutto il
mondo solo
due erano le persone di cui gli importava qualcosa: una era Sakura,
l’altra
Naruto.
Quindi
poteva evitare di riversargli contro la sua frustrazione solo
perché a
differenza sua non riusciva ad avvicinarsi a Naruto come voleva.
Obito
però
non sembrava aver perso la voglia di litigare.
“Posso
assicurarti che il tuo comportamento lo fa soffrire”
masticò rabbioso.
Se non
fosse stato incazzato, avrebbe riso.
“Cos’è?
Sei
il suo speciale confidente del cuore?” commentò
con ampio sarcasmo.
“No”
ammise
Obito. “Ma ieri sera da ubriaco ha detto qualcosa. Si
è chiesto perché tu te ne
andassi sempre, lasciandolo ogni volta solo”.
Sasuke
si
bloccò, questa volta le parole avevano raggiunto il loro
segno. Alzò di nuovo
gli occhi su Obito.
“Ha
parlato
proprio di me?” si assicurò. “Ha detto
il mio nome?”
La
smorfia
sul volto del più grande gli fece capire che non era
così.
“Sei
l’unica persona che lascia il villaggio regolarmente che gli
sia così vicina.
Non serviva facesse il nome per capirlo” obiettò.
Rimase
zitto, meditando su quelle parole. In realtà, era certo che
avesse capito male
o frainteso quello che il dobe aveva detto. Lo sapeva perché
ne aveva parlato
con Naruto, ancora quando era partito la prima volta, riguardo il suo
non
restare al villaggio. Poco prima di partire gli aveva chiesto
scherzosamente,
anche se con una certa ansia, se lo avrebbe seguito ancora. Il fatto
che aveva
risposto “no” con serenità lo aveva
stupito, ma aveva dimostrato ancora una
volta quanto sotto quell’apparenza da dobe lui riuscisse a
capirlo. Non avrebbe
seguito per riportarlo al villaggio, perché sapeva che non
stava correndo
contro a qualcosa di autodistruttivo, che non si stava allontanando da
lui e
che sarebbe tornato. Naruto aveva già tolto quel peso dalle
spalle di Sasuke,
se n’era fatto carico come promesso, e ora Sasuke doveva solo
imparare a essere
felice. Sapeva che per far questo doveva in primo luogo imparare a
conoscere
meglio se stesso e il mondo che lo circondava, quel mondo che Naruto
voleva
proteggere a ogni costo. Per questo viaggiava e, per lo stesso motivo,
tornava.
“Tu
lo
lasci solo” lo accusò Obito interrompendo il filo
dei suoi pensieri.
Questa
volta alzare il tono della voce risultò più
difficile, come detto odiava il suo
giudizio da esterno che non sapeva nulla.
“Non
è
vero, ma se anche fosse ti assicuro che Naruto me lo farebbe presente
invece di
venire a piagnucolarlo a te”. Fece una smorfia,
l’occhio nero brillò di
cattiveria. “A differenza tua è onesto nei propri
sentimenti e non è un
codardo”.
Sapeva
di
aver colto il segno con quelle parole, lo confermò il modo
in cui Obito
contrasse lo sguardo e come la sua espressione si fece più
diffidente. Sasuke
aveva scoperto le sue carte, facendogli presente che conosceva i suoi
sentimenti.
“Parli
di
una cosa che non capisci” disse alla fine a bassa voce.
Quel suo
tentativo di rendere il tutto più privato dopo che aveva
praticamente sbraitato
in mezzo alla strada gli fece alzare gli occhi al cielo.
“Nemmeno
tu” replicò deciso a chiudere quella
conversazione, del resto erano ormai
arrivati al Palazzo del suo Hokage e al suo interno non avrebbero
potuto
continuare il discorso.
C’era
però
ancora qualcosa che voleva dire a Obito, forse perché era
parenti, forse perché
era comunque una persona alla quale Naruto teneva o forse si era
semplicemente
rammollito, contagiato dai sentimentalismi dei suoi compagni di
squadra. Perciò
sospirò.
“Può
sembrare assurdo, ma io e Naruto comunichiamo. Forse in passato lo
abbiamo
fatto nel modo sbagliato,” mentre lo diceva gli vennero in
mente tutti i pugni
che si erano scambiati, “ma ora stiamo migliorando,
perciò posso assicurarti
che se lo facessi stare male, me lo verrebbe a dire”. Fece
una pausa in cui lo
guardò eloquente. “Forse quelle parole non erano
per me. E forse dovresti
iniziare a essere un po’ più diretto con lui,
magari prendere sul serio l’idea
di parlare apertamente di quello che provi”.
Obito
non
rispose, perciò Sasuke considerò chiuso
l’argomento. La sue esperienza come
consulente poteva anche terminare lì, aveva fatto anche
troppo.
Buon 2020!
Tranquilli,
non mi sono dimenticata di questa storia xD Ho solo avuto le feste in
mezzo e
varie cose, ma la pubblicazione continua! Ed ecco qui il terzo capitolo
della
storia, dove Naruto dimostra chiaramente di essere un dobe e Sasuke
è già
stanco di questi drama da romanzo rosa.
Spero vi
sia piaciuto, una recensione è sempre graditissima <3
Nel
prossimo capitolo Obito e Naruto chiariranno alcune cosette e Sasuke
prendere a
calci Naruto.
Hatta.
|