Another
Day (not off,
Jumanji-like) To Repent
«Potresti essere più specifico, Kaon?
“Un trip assurdo” non
mi è molto di aiuto nel comprendere cosa ci troveremo
davanti».
Tarn non riusciva a capire né immaginare cosa potesse
esserci al di là di quell’arco, ma di una cosa era
sicuro: se fossero riusciti
ad andarsene dalla costellazione dello Scorpionokor -anzi, quando. Rifiutava l’idea del
contrario- avrebbe acconsentito a
rimettervi piede solo nel caso in cui Lord Megatron in persona
gliel’avesse
ordinato direttamente.
«Hai ragione, è solo che… è
solo che è…» Kaon sembrava
incapace di trovare le parole adatte, nonostante si stesse visibilmente
impegnando «Dall’altra parte
c’è…»
Vedendolo preda di tic nervosi che lo spingevano ad aprire e
chiudere le mani a ripetizione, oltre a farlo impappinare in ogni
tentativo di
spiegazione, Tarn iniziò a pensare che per venirne a capo
sarebbe stato
costretto a dare un’occhiata personalmente.
«Dubito che quel che c’è di
là sia tanto spaventoso» disse
Tesarus rivolto al tecnico «Non è che sei
diventato un po’troppo delicatino?»
«N-no, non è “spaventoso”, non
è come invece sarebbe
trovarsi davanti a, che ne so, un Lord Megatron infuriato che trasuda
antimateria e vuole farci secchi tutti quanti, è solo
che… ve l’ho detto che è
un trip assurdo!» tornò a guardare
l’arco, con un’espressione tale da far quasi
pensare che avesse voglia di infilare nuovamente la testa lì
dentro «In un
certo senso è anche interessante, ma…»
Vos, borbottando qualche improperio riguardo la gente
impressionabile nel suo vernacolo arcaico, si fece avanti. In quanto ex
scienziato, dunque di mentalità più cinica e
razionale di altri, riteneva di
poter essere il più adatto a osservare e dare una
definizione a quel che c’era
oltre l’arco. Dopo aver detto ciò a Tarn, chiese e
ottenne il permesso di fare
un tentativo, chiedendo di essere tirato indietro dopo cinque secondi
esatti.
Imitando Kaon, attraversò l’arco con la parte
superiore del
corpo.
«Pronti a tirarlo fuori in quattro, tre-»
Tarn non riuscì neanche a finire il conto alla rovescia: Vos
tornò fuori da solo e iniziò a sbattere
ripetutamente la testa contro l’arco
come un invasato.
«Ehi! Vacci piano! Se ti spacchi la faccia poi non potrai
più infilarla alle altre persone!» lo trattenne
Helex «Si può sapere che c’è
là
dentro?!»
«Nulla che abbia un
cazzo di senso! NULLA!»
«Momento- momento- momento: Vos ha appena parlato in
neocybex?!» si stupì Nickel.
«Probabilmente il suo processore da scienziato è
stato tanto
sconvolto da fargli dimenticare di essere un purista del vernacolo
arcaico e non conoscere la nuova lingua» le
disse Kaon, cercando di reprimere una risata.
«Mi sono scocciato» annunciò Tesarus e,
prima che chiunque
potesse fermarlo, la sua testa scomparve oltre l’arco.
Ci fu un attimo di silenzio dovuto all’idea di avere a che
fare con un simile bestione -il più grosso
all’interno del gruppo dal momento
che superava di poco Helex- in versione pazza furiosa.
Tarn da solo avrebbe potuto facilmente occuparsene, era
vero, e non essendo da solo avrebbe faticato ancor meno, vero anche
quello,
però potendo avrebbero tutti evitato volentieri, specie
perché Vos si stava ancora
agitando urlando che quel che aveva visto “Non aveva
senso”.
Tesarus tirò fuori la testa.
«Concordo con Vos, quel che c’è
lì dentro non ha senso, però
nessuno ha la faccia da venditore di colla di valvola. Sempre che
quelle che ho
visto siano facce, non sono sicuro».
«Lieto di vedere che il tuo processore è a posto,
Tesarus»
disse Tarn, completamente onesto.
Il Decepticon, dopo aver grattato via un piccolo cumulo di
sporcizia dal grosso foro pieno di lame all’altezza del
petto,
fece spallucce.
A volte avere una mente semplice era una benedizione,
sebbene nel suo caso “semplice” non fosse
sinonimo di “stupido”, già
solo perché aveva buona memoria e la tendenza
a non sottovalutare i suoi avversari in alcun caso.
Helex intanto teneva ancora fermo Vos. «Nickel, non puoi
prendere a schiaffi anche lui?»
«No, il suo è più un caso da miscela
calmante» diagnosticò
la minicon «O semplice attesa, ma così potrebbe
impiegare anche un’ora intera».
«Da quando abbiamo la miscela calmante nella Peaceful
Tiranny?» domandò Kaon.
«Da… mai» sospirò Nickel.
«Io però non posso restare qui a tenerlo fermo per
un’or-
Tess, che fai?» si interruppe Helex, vedendo il compagno di
squadra tirare
fuori una lunga e robusta catena color ruggine da uno scomparto.
«Risolvo il problema» replicò il
Decepticon, iniziando a
legare Vos come un salame.
«Ma quella non è una delle catene che Hallow ha
usat…» avviò
a dire Helex, salvo decidere di non terminare la frase dopo aver dato
un’occhiata a Tarn.
Era dell’idea che il suo capo fosse già venuto a
conoscenza
di troppi dettagli quando aveva trovato lui e Tesarus in ricarica e col
bacino
mezzo rotto, dunque pensandoci bene si era reso conto di non essere
particolarmente desideroso di aggiungere altro; Tarn, dal canto suo, la
pensava
allo stesso modo sul non voler sapere di più.
«Eh! Se ne avete qualcun’altra possiamo usare le
catene per
legarci uno all’altro quando saremo lì
dentro!» esclamò Kaon.
«A tal proposito, credo sia tempo che io dia
un’occhiata
oltre quell’arco» disse Tarn, rassicurato dalla
(non) reazione di Tesarus.
Nickel gli diede una breve occhiata. «Cerca di non andare
fuori di cervello, per favore, altrimenti l’astronave rotta
sarà l’ultimo dei
nostri problemi».
Tarn, sapendo che Nickel aveva ragione, non ribatté.
“Togliamoci il pensiero”.
Aggrappato saldamente a una colonna, infilò la testa oltre
l’arco.
Non ci furono accecanti luci bianche nel passaggio, non ci
furono attimi di buio né altre cose del genere: un attimo
prima era in un luogo
rurale ma sensato, mentre quel che aveva davanti ai sensori ottici in
quel
momento non era sensato agli occhi qualsivoglia legge della fisica, non
era
sensato agli occhi di niente.
Quando aveva un altro nome e un’altra identità,
Tarn aveva
frequentato la Jhiaxian Academy of Advanced Technology, un istituto il cui nome
derivava da quello di
un famoso scienziato e che aveva sfornato buone menti, in certi casi
perfino
eccellenti.
Era passato del tempo, ma non abbastanza perché Tarn potesse
dimenticare le nozioni apprese ed essere graziato
dall’ignoranza ora che si
trovava di fronte a un cumulo di paradossi caotico e disturbante come
mai
avrebbe potuto immaginare.
Capiva la reazione di Vos, eccome se la capiva.
Era come annegare in un incubo -magari derivato da un trip
di chissà quali sostanze blasfeme provenienti da quella
bolgia che era
Pettinathia- di un gruppo di studiosi specializzati in architettura e
discipline geometriche, anzi, era come se il cervello di suddetti
studiosi
avesse fatto indigestione d’informazioni per poi vomitarle
tutte quante in una
brodaglia di caos primordiale.
Strade, edifici, cielo e terra si intrecciavano tra loro
come se qualcuno avesse svuotato centinaia di cybertroniani di tutte le
loro
componenti interne e ne avesse fatto un gigantesco gomitolo.
Rampe di scale provenienti dal nulla portavano ovunque e in
nessun posto, a
volte fondendosi tra di
loro in un saliscendi inconcepibile, e gli abitanti -sempre se davvero
si
trattava di loro- correvano su di esse mutando nell’aspetto
gradualmente fino a
diventare decorazioni di forma incomprensibile, senza che queste
aumentassero
di numero né la processione di corridori avesse mai fine;
piccole piazze che
sembravano cambiare a ogni occhiata in forma e dimensione erano
circondate di
edifici dalla geometria inspiegabile e contorta; acquedotti
aggrovigliati tra
di loro trasportavano acqua di lago che non tendeva a scendere,
bensì a
fluttuare in aria ribollendo fino a unirsi
all’acquedotto
stesso, pietrificandosi e divenendone parte.
I sensori ottici di Tarn e il suo processore non
comprendevano dove tutto avesse inizio e avesse fine, né di
quali colori fosse
tutta quella follia, così come il Decepticon non comprendeva
se ai suoi
recettori uditivi stesse giungendo una cacofonia insopportabile o un
silenzio
come mai ne aveva uditi.
Sotto il peso del tutto e del suo contrario, di tutto ciò
che non avrebbe potuto e dovuto esistere
e invece era lì davanti a lui, il suo processore cedette per
qualche attimo.
Non vide più nulla se non una miriade di luci, per un tempo
indefinibile gli parve quasi di volare tra galassie infinite di
infiniti multiversi,
poi iniziarono a giungere scene più o meno chiare che
avevano come protagonista
lui stesso -o forse certe sue versioni alternative.
In una si vide annientato, assieme alla sua squadra, da una
versione di Lord Megatron diversa nell'aspetto da quella che lui
conosceva; in
un’altra vide
un se stesso vivo e vegeto, nervoso per colpa delle mani di una seeker
sconosciuta del
colore del fuoco -sentì quel se stesso lì
sbottare un “KORNELIA!”-
incollate in senso letterale al suo posteriore; in
un’altra ancora stava facendo dei movimenti inconsulti, forse
una sottospecie
di danza, di fronte a un’altra femme sconosciuta, allibita,
con l’occhio destro
coperto da una benda. A un certo punto sentì quel se stesso
chiamarla “Bloody”.
Dell’ultima scena non vide le immagini, sentì solo
l’audio,
ma sembrava intento a rimproverare l’undicesimo dei propri
dodici figli. Tra
tutte era l’alternativa più assurda dato che non
aveva mai pensato di averne,
tantomeno di averne dodici, né
aveva una
donna con cui farne.
All’improvviso ci fu un forte impatto e tutto
finì.
Tarn rotolò di lato, aprì lentamente i sensori
ottici e comprese
tre cose…
“La prima è che mi sono ripreso, e questo
è un bene. La seconda
è che sono precipitato con tutto il corpo
all’interno di
quest’assurdità” pensò
“E la terza è che…”
«Ho la nausea. Questo posto mi disturba, mi disturba e mi disturba» affermò
Nickel, per poi
zittirsi e portarsi una mano davanti alla bocca nel tentativo di non
rimettere.
«Come siete finiti qui?!»
«Quando hai infilato la testa qui dentro abbiamo messo in
pratica l’idea di Kaon, quella di legarci uno
all’altro con le catene» spiegò
Helex a Tarn «Pessima scelta. Caduto tu, siamo caduti tutti!
O forse siamo
stati risucchiati, la stazza mia e di Tesarus difficilmente avrebbe
consentito
che “cadessimo” giù» si
guardò attorno «Perlomeno gli edifici di
Pettinathia
avevano un capo e una coda… e ho qualche dubbio sul fatto
che qui troveremo il
componente che serve».
Nickel si guardò attorno. «Io voglio solo uscire
da qui,
anzi lo pretendo, e subito! Da dov’è che siamo
entrati?!»
Kaon si guardò attorno a sua volta. «Io non vedo
né entrate
né uscite. Non vorrei dirvelo ma mi sa che siamo in
trappola, anche se- un
momento! Vos non è qui! Quando si riprenderà
magari troverà il modo di tirarci
fuori, se riuscirà a slegarsi!»
«Troppi “se” e
“magari”» fu l’unico commento
di Tesarus.
Un rumore distinto rispetto agli altri, per
la precisione rumore
di batter d’ali, li spinse tutti a
voltarsi verso destra.
Scoprirono che
si
trattava di una henn come quelle che avevano visto prima, vestita
però come un “postino”
della cybertron dei tempi che furono, e proprio come uno di essi stava
porgendo
a Tarn un messaggio ripiegato su se stesso.
Kaon avrebbe voluto esclamare “henn postina”,
però non
riusciva ad andare oltre un “henn post-IHIHIH”.
La henn volò via appena Tarn prese il messaggio.
Notò che
era stato vergato a mano -scelta molto bizzarra e anacronistica secondo
lui- su
un materiale nero, setoso e flessibile di fibre tecnorganiche. Le frasi
impresse su di esso rilucevano dello stesso chiarore verde brillante
che
illuminava anche il palazzo delle sorelle di Stiria, lasciandogli
dunque pochi
dubbi sulle mittenti.
«“Stranieri, siate i benvenuti a Berg des
Sees”» lesse Tarn
«“La vostra perspicacia nel non venire a romperci
le scatole a casa durante l’ora
di cena-”»
«L’hanno scritto seriamente?»
sbuffò Nickel.
Tarn annuì, poi si schiarì la voce.
«“La vostra perspicacia
nel non venire a romperci le scatole a casa durante l’ora di
cena ci ha
dissuase dal seguire la nostra idea iniziale, che qui non esponiamo, in
favore
di un’altra più divertente. Un
gioco”».
«Quale gioco?!» allibì Helex.
«“Entrare a Berg des Sees è semplice,
uscire lo è un po’meno.
Il paesino è diventato bizzarro da quando il campanile non
può più far suonare la
propria campana, caduta in fondo al lago e trattenuta in un palazzo
subacqueo da
creature poco intenzionate a restituirla. Il vostro scopo nel gioco
sarà trovare
le tre chiavi che servono ad entrare nel palazzo, recuperare la campana
e
rimetterla al suo posto”».
«Io rifiuto di fare da fattorino per delle streghe»
dichiarò
Tesarus.
«“Se riuscirete nell’impresa potrete
uscire da Berg des Sees
e andare dove vi pare. Nel caso in cui rifiutiate di giocare, cerchiate
di
distruggere il paese o non riusciate a vincere, diventerete abitanti di
Berg
des Sees perdendo progressivamente la memoria e le vostre
caratteristiche
fisiche. Molti ci ringrazierebbero per un simile epilogo ma, visto che
a noi
dei ‘molti’ non frega una mazza, non è
una partita persa in partenza. Questa lettera
si trasformerà in una mappa appena finirete di leggere. In
bocca al luponoide
per la nostra primissima edizione di Shaulmanji!”. Pare
che
questo gioco sia stato organizzato appositamente per noi,
signori» fu il
commento atono di Tarn mentre la lettera si ingrandiva e si trasformava
in una
mappa.
Odiava la magia.
Non gli era mai piaciuta neppure quando si chiamava ancora
“Damus”
o “Glitch” ma adesso che lui e la sua squadra erano
in balia dei capricci di
una strega e della sua gemella, oltretutto sorelle maggiori della
piccola stronza
che aveva detto loro di recarsi lì, la odiava con ogni fibra
del
proprio essere in maniera
onesta e profonda.
«E questa mappa è vuota per la maggior
parte» aggiunse poi «Al
momento non saprei neppure dire come arrivare fino al lago, e dire che
prima di
entrare eravamo praticamente sulla costa!»
«Spesso in questo tipo di giochi funziona così,
capo, la
mappa si rivela un po’per volta» disse Kaon,
avvicinandosi per dare un’occhiata
«Man mano che uno avanza di livello. Ci sono vari giochi
online simili ma
solitamente sono meno, eeeh, immersivi».
«Sembri più divertito di quanto dovresti,
Kaon».
«No, no! Assolutamente» negò
spudoratamente il tecnico, per
poi notare un particolare che lo indusse a distanziare la mappa
«Visto, Nickel?
Tu hai sempre da ridire sul fatto che i giochi come questo sono per le
protoforme, ma avrei voluto vedere se tu al posto mio avresti notato
l’indizio!»
«Non so di che parli» ribatté Nickel,
avvicinatasi a Kaon e
Tarn assieme ai due colossi.
«Mappare questo disastro sarebbe impossibile» disse
Kaon,
indicando con un cenno l’ambiente circostante
«Quindi è rappresentato come il
groviglio che è. Ma nel groviglio sono stati inseriti dei
“punti fermi”,
probabilmente in modo approssimativo, che secondo me ricordano un
po’troppo la
costellazione in cui ci troviamo, posizionata al
contrario...»
«Come nel murale che ho visto a Pettinathia. Forse non hai
torto» riconobbe Tarn, costretto ad ammettere a se stesso che
lui, in quella
situazione, non sapeva come muoversi. Non ritenendo i giochi online un
passatempo “serio” non li aveva mai provati.
«Io sono dell’idea che dovremmo andare
quaggiù» disse Kaon, indicando
un punto sulla mappa che ne precedeva altri tre, distanziati tra loro
in senso
orizzontale «Alias dove ci troviamo noi. Il pianeta su cui
siamo atterrati si
trova nei dintorni della stella A’ntares e, guarda caso, dopo
A’ntares ci sono
questi punti» rispettivamente le stelle che per un terrestre
si sarebbero
chiamate “Graffias”, “Dschubba”,
e “Vrischika” «Che
sono tre, come
le chiavi che dobbiamo trovare! Sono un cazzo di genio!»
«Non montarti la testa, non sappiamo nemmeno se sia
l’interpretazione
giusta!» lo rimproverò Nickel.
«È anche la sola che abbiamo»
sospirò Helex.
«A me basta uscire di qui, mi sono già
stufato» disse
Tesarus «Cosa si fa, Tarn?»
«Faremo come ha detto Kaon, tra noi è quello che
capisce di
più certe cose» decise, anche perché
come Helex aveva giustamente osservato non
avevano altre piste «Stringiamo meglio le catene e viaggiamo
in formazione
compatta, niente distrazioni. Destinazione
“A’ntares”».
Fecero come Tarn aveva detto, cercando di orientarsi in quel
guazzabuglio di paradossi senza lasciare che lo sguardo vi indugiasse
ossessivamente. Tarn e Nickel in particolar non avevano voglia di trovarsi di
nuovo ad
avere le visioni o la nausea.
Nel corso del viaggio notarono che effettivamente, in quel
paese, degli abitanti c’erano sul serio.
Alcuni erano proprio quelli che Tarn aveva visto correre e
diventare decori, altri sembravano un miscuglio tra robot e creature
organiche
acquatiche, altri ancora avevano un aspetto quasi normale e, incuranti
di
tutto, leggevano libri poco euclidei seduti su pavimenti e panchine
dallo schema
prospettico indefinibile.
A un certo punto ebbero l’impressione di aver incrociato un
bug, perché svoltando in un vicolo si erano ritrovati in un
incubo frattale nel
quale c’erano infinite femme -sempre la stessa- che,
trattenute da altre
infinite femme, urlavano contro infiniti cybergatti di colore bianco
intenti a
guardare del cibo con aria confusa.
Nickel, nuovamente vittima di un principio di nausea, fu
costretta a chiudere gli occhi. Per fortuna Tesarus la stava facendo
stare nel
grosso foro che aveva sul petto, quindi poteva permetterselo senza
rischiare di
fare qualche passo falso. La sola cosa buona era che in teoria ormai
non
mancava molto ad “A’ntares”.
«Questo è solo un incubo, sì? Mi
risveglierò tranquilla
nella mia cuccetta, sì?»
«No» disse Tesarus.
«Lo so» sospirò Nickel «Lo
so».
Helex le diede un’occhiata. «Questo posto fa venire
qualche
giramento di testa, è vero, però nonostante
l’assurdità e la sensazione di star
salendo e scendendo scale a vuoto poteva essere molto peg-»
«NON DIRLO!»
gridò
Kaon, interrompendolo «Non si dicono mai certe cose in questi
giochi! Se lo fai
poi succede sempre che-»
Un rullo di tamburi ritmico, lungo una manciata di secondi,
coprì qualsiasi cosa Kaon avesse cercato di dire; tuttavia,
quando la danza
svelta e ubriaca di strade, scale, edifici e cielo divenne il moto di
una folla
spaventata e arrabbiata -arrabbiata proprio con loro, per la
precisione- Tarn
intuì cos’avrebbe voluto intendere.
“Succede sempre che il tutto si complica per colpa di
qualche ostacolo improvviso”.
Fatta sparire la mappa in uno scomparto, Tarn e il resto del
gruppo iniziarono a correre come dei forsennati, saltando da un punto
all’altro
di quel groviglio peggiore delle budella di Mortilus, gridando
imprecazioni e
maledizioni -Nickel in particolare- e cercando sia di non perdersi, sia
di non
intralciare gli altri ai quali erano legati con le catene.
«Il ponte!» gridò Tarn indicando un
ponte ricurvo a poca
distanza da loro «Vedo qualcosa di fermo
oltre il ponte!»
«Hai ragione!» esclamò Kaon,
raggiungendo il suddetto come tutti
gli altri e correndo sopra di esso «Cerchiamo di-»
Ancora una volta non gli fu concesso finire la frase: una
serie di colonne lo colpì con tanta violenza da rompere la
catena e farlo
precipitare in una spirale di scale che si attorcigliavano tra loro
come amanti
focosi.
«KAON!»
urlò Helex
«È precipitato!»
«Faremo una fine analoga se non ci muoviamo» disse
Tarn,
duro, sebbene avesse un po’la morte nel cuore -ergo,
Scintilla- e stesse
maledicendo con ancor più vigore tutta la famiglia di Stiria
«Non possiamo fare
niente per lui».
«I Decepticon non abbandonano i loro
compagni…» ribatté
Tesarus.
«Non dire mai, mai a ME»
a lui, che dopo Megatron si riteneva il più Decepticon tra i
Decepticon, senza
eccezione «Cosa i Decepticon fanno e non fanno. Hai compreso?
E ora muoviamoci».
Il tono di Tarn fu tale che nessuno proferì altro verbo.
A lui per primo non era piaciuto essere stato costretto a
una scena simile, ma se la scelta era perdere un membro della squadra o
rischiare di perderne di più nel tentativo di salvare
qualcuno che era caduto
in un groviglio di scale semoventi, o per la troppa lentezza, la scelta
diventava difficile quanto ovvia. Essere leader significava anche
questo.
Il ponte iniziò a rompersi sotto i loro piedi ma ormai erano
quasi arrivati e, adesso che erano vicini, poteva vedere un arco simile
a
quello che avevano attraversato quando erano entrati in
quell’inferno.
«Saltate… ORA!»
Sì, ho visto Jumanji l'altro ieri.
No, non mi pento di niente.
Nel caso ve lo siate chiesti, sì: nelle visioni di
Tarn vengono citati personaggi non miei (Kornelia e "Bloody")
appartenenti rispettivamente a MilesRedwing e Neferikare :D
Volevo dire altro ma non mi ricordo, quindi vi saluto!
_Cthylla_
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