Capitolo 6
Sigyn
incassò il colpo con grazia. Non era stupita che
l’Ase l’avesse raggiunta.
Sapeva che quel momento sarebbe arrivato anche mentre ragionava con
Odino della
sua necessaria partenza – lo sentiva nella parte
più profonda del cuore, che
lasciare Asgard senza affrontarlo era impossibile, ingiusto. E Loki,
del resto,
era come quei lupi astuti che fiutano le trappole e ci girano attorno
tanto da
sembrare che siano pronti a cadervi, per poi sfidare con uno sguardo
beffardo
il cacciatore. Lo amava anche per questo, così come aveva
imparato ad apprezzare
ogni cosa di lui – dalle battute pungenti alla piega
divertita delle labbra
sottili, passando per il modo elegante e forte con cui le belle dita di
mago sottolineavano
un pensiero o un concetto. Aveva finito per innamorarsi anche della
risata che
concedeva a Thor o agli altri commilitoni e del modo in cui aggrottava
la
fronte quando era concentrato su un incantesimo o un trattato,
dell’attenzione
con cui chiudeva la corazza di pelle intrecciata sul suo corpo asciutto
e
scattante – quand’era successo? Si era persa, ma
non ricordava dove né come.
“Lasciami
andare, stavolta,” mormorò
muovendo un passo nella sua direzione.
Il
principe cadetto le regalò uno sguardo offeso e
aprì le braccia. “È quello che
vuoi? Assecondare le patetiche richieste di un uomo che ti ha
sacrificata?” inquisì
con voce cattiva.
La
ragazza s’impose di non ribattere. Da ogni sua risposta, Loki
avrebbe carpito
informazioni e dettagli che era importante rimanessero celati il
più a lungo
possibile. Mentire non era nella sua natura e una parte di lei
continuava a
premere affinché si confidasse con l’ingannatore,
rivelandogli la maledizione.
Amore
mio, non riuscirò più a vederti. Verrò
inghiottita dalle ombre e questo sarà
solo l’inizio – quello che toccherà a me
direttamente. Amore mio, lo faccio
solo per proteggerci. Non possiamo stare insieme, non dobbiamo
– ma tu questo
lo sai, lo hai sempre saputo e me lo hai tenuto nascosto. Le frasi le
rimasero incastrate in
gola, sulle labbra.
“Deve
pagare fino alla fine per quello che ti ha fatto,” insistette
Loki
avvicinandosi al letto che aveva accolto i loro sospiri e su cui ora
erano
piegati pochi abiti da viaggio.
Sigyn
scosse la testa. “Asgard non è la mia
casa,” spiegò decisa. “Sono
un’ancella.
Tu puoi continuare a pensare che stia solo obbedendo al volere dei miei
genitori, ma non è così. Io ho la vocazione.
Devi accettarlo.” Pagheremo
tutti. Pagheremo noi.
Loki
sorrise e inclinò la testa di lato, come per osservarla
meglio. “Bugiarda. Sei
un’adorabile bugiarda. E tenti di mentire a me,”
sentenziò con un pizzico di
compiaciuto divertimento.
Diceva
la cruda verità, nient’altro che questo
– la sincerità di Lingua d’Argento era
aspra
quanto le sue menzogne dolci. La ragazza non si scompose.
“Credi ciò che vuoi.”
L’ingannatore
incrociò le braccia al petto e annuì senza
smettere di guardarla – di ammirarla
con qualcosa di simile alla nostalgia. Gli aveva parlato di vocazioni,
doveri, sentimenti
pii e devoti, tirando fuori un argomento noto a entrambi, buono solo a
replicare conversazioni già fatte, ribadendo punti di vista
osservati mille
volte sotto ogni angolazione possibile. Loki non credeva in niente che
non
fossero i meri fatti, e non era disposto ad accettare l’idea
che qualcuno, uomo
o donna, dovesse immolarsi per placare creature antiche e affamate come
l’Yggdrasill. Per lui, le ancelle erano il retaggio di
un’usanza antica e
terribile, la cui fortuna era legata prevalentemente al fatto che,
consegnando
le loro figlie femmine ai templi degli antenati, le famiglie nobili
evitavano
di vendere i loro beni fondiari per pagare le ingenti doti altrimenti
necessarie
per un matrimonio. Certo, entrare nell’ordine era considerato
un privilegio e
un onore perché non tutte ne erano degne, ma Loki era un
politico troppo sagace
e smaliziato per non vedere il marcio nascosto dietro
quell’istituzione
millenaria. Sigyn non aveva mai condiviso una visione tanto cinica:
forse, come
le diceva il principe, la questione la riguardava troppo da vicino
perché
potesse darne una lettura oggettiva.
Una
sera osò domandargli se lui, una volta divenuto re
di Asgard, intendesse
abolire l’ordine delle ancelle. A sorpresa,
l’ingannatore si mise a spiegarle
che non ne aveva le benché minima intenzione. La cura degli
Antenati faceva
parte dell’ordine costituito ed era sancita da una serie di
leggi sacre e
antichissime. La riforma fatta da Bor non andava toccata, aggiunse
seguendo con
le dita la forma rotonda dei suoi fianchi coperti solo da un lenzuolo.
La
penombra che avvolgeva la stanza, rischiarata soltanto dalle fiamme che
crepitavano
lente nel camino, non riuscì a nascondere il brillio
soddisfatto che illuminava
lo sguardo del dio dell’inganno: Sigyn gli aveva fatto
intendere che lo
considerava degno del trono.
“Leggi
che tu stai violando,” lo punzecchiò con una voce
bassa, la testa poggiata sul
cuscino.
La
risposta di Loki era stata perfida, la mano si era fatta più
audace, ghermendo
le rotondità. “Quello che vale per te non vale per
gli altri.”
Si
era già persa, allora. Per certi versi, lo odiava
più di quando l’aveva conosciuto,
per altri meno. Si era già infilata nel suo letto perdendo
ciò che l’avrebbe
resa un’ancella degna, senza opporsi, anzi, volendo, cercando
e sognando lui.
Quando era cambiato tutto? E come poteva, ora, alzare di nuovo lo scudo
della vocazione?
Era una bugiarda, Loki aveva perfettamente ragione. Spaventata, messa
alle
strette, ogni giorno più legata al mondo di tenebra che la
reclamava.
Schiuse
le labbra, ma non fece in tempo ad aggiungere nulla, perché
lui l’anticipò.
“Stavolta
non ti fermerò. Non verrò a salvarti, non
correrò in tuo aiuto,” le promise con
voce roca e calma a un tempo, scandendo ogni parola con decisione.
“E, dopo che
oltrepasserai il cerchio, non potrò farlo nemmeno volendo.”
Sigyn
strinse tra le dita un lembo della gonna. La sicurezza sfoggiata fino a
qualche
istante prima era venuta definitivamente meno di fronte alle ultime
parole
taglienti ed esatte dell’Ase. Le sole e le uniche che poteva
concederle senza
tradire la sua natura orgogliosissima e fiera.
Negli
occhi verdi dell’altro lesse il rancore, il desiderio e il
biasimo – non era
cambiato niente, non sarebbe mai cambiato niente, tra loro. Avrebbe
continuato
a volerla per sé in quella sua maniera sfacciata,
infischiandosene di ogni
legge, divieto o morale. Di nuovo, lottò contro
l’impulso di rivelargli della
maledizione incipiente e della vista che calava ogni giorno di
più; di come
provasse già una nostalgia feroce di lui
e del mondo intero, della paura
che provava per le ombre che, presto, l’avrebbero inghiottita
precipitandola in
un mondo di tenebra. Cosa sarebbe successo se avesse osato raccontargli
la
verità, ignorando i suggerimenti di Padre Tutto? Loki
avrebbe lottato per lei,
all’inizio. Poi, l’avrebbe associata a una cocente
sconfitta finendo per
detestarla e si sarebbe dedicato a nuove imprese, perché era
nato per essere
re, non per porgere la mano a una donna cieca sussurrandole la via.
L’amore,
anche il più forte, spesso non regge ai colpi inflitti dalle
Norne: se non
nutrito in maniera adeguata si sfalda e sbiadisce fino a spegnersi. E
poi,
Sigyn non poteva permettere che anche lui pagasse, no. L’idea
l’atterriva più
di ogni altra cosa.
“Lo
so. Non è stata una scelta facile, la mia,” ammise.
“La
vita è piena di scelte difficili,” fu la replica
secca, carica di molto altro.
“Ma questa è la peggiore che potevi prendere. Per
chi, poi? Sigurdr ti ha
venduta prima che ti reclamassi e tu ora torni per lui, per loro
– una banda di
vigliacchi a cui avremmo dovuto tagliare la testa per ciò
che hanno osato
promettere senza che ne avessero l’autorità. Hanno
ciò che meritano, ma saranno
soli, stavolta. Sarete soli.”
Per
noi. Per te. Torno per te.
La
sua voce roca vibrò d’ira, perché Loki
aveva un animo che s’infiammava molto
velocemente, lei lo sapeva bene. Era uno stratega sagacissimo e
spavaldo che
sapeva controllare le proprie emozioni mescolandole abilmente grazie al
suo
temperamento riflessivo, ma, dentro, bruciava. Era per quel motivo che
non
l’avrebbe fermata. Considerava uno smacco il fatto che lei se
ne andasse ed era
troppo orgoglioso per darle una ragione inappellabile per restare. Ma
se anche
fosse rimasta, se la maledizione non si fosse abbattuta su di lei
togliendole
lentamente e ineluttabilmente la vista, che destino avrebbero avuto,
insieme? Nella
migliore delle ipotesi, sarebbe diventata la strana, deliziosa strega
che il
principe si era preso come amante e a cui erano legati una serie di
aneddoti
succosi che parlavano di oscure avventure, nulla più.
Un’ancella che si era
corrotta non poteva desiderare altro che vivere ai margini, in attesa
che la
gente ne dimenticasse il volto o la storia:
un’eventualità che, oltretutto, la
presenza carismatica di Loki rendeva improbabile.
L’aveva
chiamata bugiarda e a ragione: la vocazione di Sigyn si era persa
quando aveva
fissato negli occhi una maledizione, quando Loki si era messo a giocare
con
certi misteri che erano più grandi di lui, su cui nemmeno
l’immensa sapienza di
Padre Tutto poteva nulla. Aveva smesso di essere un’ancella
finendo tra le sue
braccia – così era diventata una donna. Scoprendo
di desiderare e amare un
uomo, facendo scorrere le proprie labbra sui muscoli tonici e scolpiti
del principe
che l’aveva perduta, ammettendo con se stessa di
aver soffocato per troppo
tempo l’istinto che la spingeva a cercarlo anche solo per
contraddirlo.
Smarrendosi si era ritrovata, ma a un prezzo troppo alto. Conoscere il
mondo
era doloroso. Rinunciarci, lo era ancora di più.
“Cos’è
cambiato?” inquisì l’Ase, incapace di
fidarsi, dolorosamente astuto. Mosse un
passo verso di lei e le concesse una lenta carezza sulla guancia. Un
gesto che
le fece male più di quanto avrebbe fatto uno schiaffo,
perché Loki raramente si
esponeva tanto e quell’attenzione aveva il sapore dolceamaro
di un addio.
“Non
è mai cambiato niente,” sospirò Sigyn.
“Sapevamo da sempre sarebbe arrivato
questo momento. Abbiamo commesso un sacrilegio tremendo e non ne siamo
pentiti.”
Le
labbra dell’Ase si stirarono in un ghigno furbo e breve.
“Dici davvero? È cambiato
tutto, invece. Tu non sei più l’intoccabile
ancella presa in ostaggio da un
popolo di pirati, ma sei l’amante di uno di loro. Non puoi
accostarti agli
altari degli Antenati né servire come sei stata educata a
fare. Hai perso
questo presunto privilegio in cambio della tua vita.”
L’aveva detto tra i
denti, sfoggiando una tranquillità solo apparente. Era una
questione
d’orgoglio, d’attrazione e di molte altre cose.
“Ora
sei tu il bugiardo,” l’accusò Sigyn.
“Dici che ho avuto in cambio la mia vita,
ma non è così,” proseguì
senza riuscire a nascondere un brivido tale da farle
tendere la schiena. “Gli apparterò
per sempre e lo sai. Non sarò mai
libera,” sussurrò abbassando talmente tanto la
voce da dubitare che Loki
l’avesse sentita. “È un inganno in cui
ci siamo adagiati abbastanza.”
Il sorriso
laterale del principe si congelò in una smorfia ferina.
L’ultima frase era una pugnalata
al cuore, a una ferita ancora aperta e dolorante che sanguinava
copiosa. La
ragazza aveva spalancato la porta sbarrata di un compromesso che sapeva
di
ferro e di sangue. Uno capace di ricordare a Loki che Sigyn non era mai
stata
sua, nemmeno quando aveva disobbedito apertamente agli ordini di Odino,
neanche
nelle notti in cui i loro corpi si erano intrecciati nella frenesia
dell’amore.
“Quella
notte ho visto la Voluspa. Tutta la profezia,”
proseguì muovendo un passo verso
di lui nel tentativo, vano, di cancellare l’impatto della
frase precedente.
L’Ase
scacciò la rivelazione con un gesto secco del braccio.
“Frammenti che non
comprendi. Ne abbiamo parlato già.”
“Se,”
azzardò Sigyn abbassando di un tono la voce, “se quella
cosa dovesse
tornare, un giorno?”
Loki
dilatò le pupille verdi e strinse la mascella. Tutto il suo
corpo si tese
istintivamente all’idea, tanto che qualcuno, osservandolo,
avrebbe potuto dire
che lo scaltro e spavaldo figlio cadetto del grande Odino pareva
spaventato.
“Non
lo farà. Non esiste più,”
ribatté deciso, come se la forza racchiusa in
quell’affermazione
potesse decidere il destino filato dalle Norne o scacciare il terrore
che il
solo pensiero faceva nascere nel suo petto fiero. Anche i guerrieri
più
valorosi avevano paura. Il dio dell’inganno lo aveva scoperto
a sue spese,
quando, poco più che un ragazzo e con un’arma
troppo pesante in mano, aveva
partecipato alla sua prima battaglia. Gli eroi, quelli di cui i bardi
cantavano
ai banchetti, inghiottivano il timore e affrontavano la morte e il
dolore lanciandosi
contro i loro avversari, consci che ogni colpo inferto o subito poteva
essere l’ultimo.
“Ma
io resterò sempre sua, non è vero?”
insistette Sigyn.
“Se
è
quello che mi stavi chiedendo,” replicò
l’Ase gelido, “tu possiederai per
sempre la scintilla.”
La ragazza
sorrise debolmente. “Sai che è per questo che me
ne devo andare,” aggiunse aggrottando
la fronte e riprendendo a piegare i pochi effetti che avrebbe portato
con sé. “Lo
hai sempre saputo.”
Un’ancella
avrebbe potuto essere dispensata dal prendere i voti o scegliere, nel
biasimo
collettivo, di tornare alla vita secolare,
ma la scintilla cambiava ogni cosa: rendeva pericoloso o impossibile, a
seconda
dei casi, sciogliere certi vincoli.
La
replica dell’ingannatore giunse immediata e sarcastica.
“Puoi farmene una
colpa, se vuoi.”
Sigyn
pensò al modo in cui era venuta a conoscenza di
ciò che suo padre le aveva
fatto. A quel pensiero il ventre le si contrasse in una morsa dolorosa,
perché era
certa che tutti i tradimenti e gli inganni del principe degli
Æsir non potevano
eguagliare quello fattole da colui che l’aveva messa al mondo
e usata,
nient’altro. Loki aveva violato ogni possibile regola,
nascondendole per più
tempo possibile sia della scintilla che della promessa, ma
l’aveva fatto per
lei, solo per lei. Le sue menzogne non
gli avevano impedito di sfoderare
i suoi lunghi pugnali e di combattere una battaglia spaventosa e persa
in
partenza, ma che pure era stato tanto spregiudicato e folle da
intraprendere.
“No,”
decise. “Ci sono segreti che non possono essere
rivelati.”
L’ingannatore
non poté fare a meno di replicare nel più
affilato dei modi. “Gli stessi che
nascondi tu?” disse, avvicinandosi fino a sfiorarle con le
dita il collo, il
mento, le labbra appena schiuse. Sigyn non gli rispose per non rivelare
il
tremore della sua voce, ma sostenne il suo sguardo con fierezza. Si era
ripromessa di non mostrargli alcuna crepa e ci stava riuscendo, ma il
suo tocco,
per le Norne, come sempre la fece tremare. Lui continuò a
carezzarle la pelle fissandola
con una punta di ferocia e rimpianto, finché non
incontrò la sottile stola di
seta che Sigyn portava al collo, sfilandogliela di dosso con un
movimento secco
e leggero. Un pegno, voleva un pegno che sapesse di lei, che
trattenesse una
traccia del suo profumo per ricordare d’averla avuta
– amata, forse. Se
l’avesse stretta tra le sue braccia e baciata, se le avesse
gridato contro il
suo dolore o ammesso ciò che il suo sguardo bruciante come
il ghiaccio e il
fuoco talvolta tradiva, allora, forse, la ragazza sarebbe crollata,
confessandogli della maledizione, ma Loki era troppo orgoglioso per
lasciar
trapelare altro. Strinse tra le dita la sciarpa di seta e si
congedò da lei non
prima di averle ridato il sottile pezzo di stoffa – non era
più importante e
tutto ciò che aveva fatto per salvarla si era rivelato vano.
La stola rimase
nella stanza anche dopo che lei se ne era andata, poggiata su una
panca. Diverse
sere dopo, il dio dell’inganno ne avrebbe saggiato nuovamente
la consistenza
con le dita. Se
l’orgoglio che gli
infiammava il petto non avesse offuscato la sua perspicacia, forse Loki
avrebbe
potuto cogliere alcuni degli indizi sparsi che Sigyn non era riuscita a
celare.
Per farlo, però, sarebbe dovuto prima venire a patti con gli
incubi che ancora
lo tormentavano e con una consapevolezza spaventosa e amara
più del fiele. Lo
avrebbe capito più avanti – troppo tardi, forse.
♥
Sigyn
aveva letto innumerevoli descrizioni di Asgard, la splendida capitale
di
Ásaheimr, ma decise che nessuna pagina scritta poteva
spiegare a fondo la
meraviglia e la grandezza di un palazzo fatto interamente
d’oro, che pareva
essere stato costruito unicamente per far morire d’invidia i
giganti di
ghiaccio e quelli di fuoco. Le volte a sesto acuto degli immensi
corridoi erano
altissime, molto più del necessario, e ovunque
c’erano arazzi, affreschi e
opere d’arte. Uno in particolare decorava la volta della sala
del trono di
Odino e raffigurava la sua famiglia al completo, Loki compreso. Sigyn,
col naso
all’insù e ancora la pesante pelliccia del dio
degli inganni addosso, chiese ad
alta voce le ragioni di quello sfarzo eccessivo. Dicevano addirittura
che Padre
Tutto avesse una sala immensa, giù nei sotterranei del
castello, dove custodiva
un numero incalcolabile di reliquie, tutte sottratte ai popoli che lui
e suo
padre Bor avevano sottomesso nel corso delle loro conquiste e razzie. A
far
storcere il naso a Sigyn non era solamente l’educazione
propria delle ancelle,
incentrata su una sobrietà che sfociava in uno stile di vita
estremamente parco,
ma anche la differenza tra il palazzo di Odino e quello, immensamente
più
modesto, di Sigurdr. Era nata in un castello grande e spazioso, immerso
nel
verde di uno tra i più ricchi feudi in cui era divisa
Vanheim, ma i bei mosaici
che decoravano le sale principali della sontuosa abitazione e la vita
semplice
e frugale che la sua famiglia conduceva differiva totalmente
dall’eleganza e
dalla grandezza della dimora reale di Asgard.
Loki,
che la seguiva a pochi passi di distanza, non si era certo lasciato
sfuggire
l’occasione di risponderle.
“È
quello che siamo. Un popolo di potenti conquistatori, di grandi
guerrieri.
Proteggiamo tutti i Nove Regni e con questo sfarzo che a te pare
sprecato,
assurdo, lo ricordiamo a chiunque venga qui. È una strategia
– è sempre tutta
una strategia.” Si era accorto che lei stava fissando uno
degli affreschi che
lo ritraeva. “Trovi che l’artista abbia fatto un
buon lavoro?”
Sigyn
si era voltata verso di lui scrutando attentamente le labbra ironiche e
sottili, il naso diritto, la mascella squadrata, gli zigomi alti e
affilati
come gli uomini del Nord, soffermandosi sugli occhi mobili ed
espressivi, d’un
verde chiarissimo.
“Non
so decidermi. È difficile catturare il tuo
sguardo,” ammise, riconoscendo
dentro di sé che era bello e stringendosi ancora di
più nel mantello di pelo;
la terra degli Æsir era stupenda, ma il clima rigido la
rendeva inospitale – e
fissare a lungo il figlio cadetto di Odino le lasciava sempre addosso
una
strana sensazione di disagio.
“Così
tutto quest’oro è qui per dimostrare – ostentare
– la vostra potenza.”
“La
ostentiamo, sì,” concordò Loki
lentamente, divertito dalla sua irriverenza. “Ma
sono abbastanza certo che anche nella sobria dimora di tuo padre e con
i nostri
severi abiti da viaggio vi abbiamo messo in soggezione.”
“Il
modo in cui mi guardavi era sfacciato e irriverente. Sono
un’ancella, Loki. Siete
un popolo di pirati, ma persino voi Æsir conoscerete il
significato della parola
sacrilegio, immagino.”
L’angolo
di Shilyss
Care Lettrici
e Lettori,
Mi spiace per
la lunga attesa. Il capitolo era pronto, ma la real life, si sa,
s’infila
sempre dove non dovrebbe (datemi una settimana di tempo e arriveranno i
nuovi
aggiornamenti).
Ancora
prosegue l’alternanza tra passato e presente che spero non vi
risulti troppo
ostica (dalle recensioni pare di no, ma sapete
com’è).
Andando
avanti nella storia spiegherò meglio
com’è quest’ordine delle Ancelle,
perché
Loki negli scorsi capitoli ha detto che forse Odino avrebbe dato Sigyn
a un
Ase, ma fino ad adesso si è parlato della
sacralità del corpo delle ancelle e
via dicendo. Ecco, ne sono consapevole e fa parte del grande disegno
della mia
mente bacata♥.
Vi
ringrazio dal più profondo del mio cuore per aver listato/recensito
la
storia. Per voi un clic può non essere nulla, ma per
un’Autrice significa
tantissimo. Bastano undici parole o un clic nelle liste per restituire
un po’
della magia che la lettura dovrebbe ispirare a chi scrive.
Parafrasando l’infinita Melania
G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce
la gioia di sapere che la
freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri
piedi, ma ha colpito il
cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto
di Loki, di Sigyn e di
Tom e un po’ di divertimento…
c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/. Ah,
mi trovate pure su Twitter ;)
Ricordo che Vanheim e il
personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce
“Sigyn” su
Wikipedia, è una mia personale
interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.
A presto e grazie per tutto
l’affetto/sostegno/cose,
Shilyss
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