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Autore: shilyss    21/01/2020    27 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 6

 

Sigyn incassò il colpo con grazia. Non era stupita che l’Ase l’avesse raggiunta. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato anche mentre ragionava con Odino della sua necessaria partenza – lo sentiva nella parte più profonda del cuore, che lasciare Asgard senza affrontarlo era impossibile, ingiusto. E Loki, del resto, era come quei lupi astuti che fiutano le trappole e ci girano attorno tanto da sembrare che siano pronti a cadervi, per poi sfidare con uno sguardo beffardo il cacciatore. Lo amava anche per questo, così come aveva imparato ad apprezzare ogni cosa di lui – dalle battute pungenti alla piega divertita delle labbra sottili, passando per il modo elegante e forte con cui le belle dita di mago sottolineavano un pensiero o un concetto. Aveva finito per innamorarsi anche della risata che concedeva a Thor o agli altri commilitoni e del modo in cui aggrottava la fronte quando era concentrato su un incantesimo o un trattato, dell’attenzione con cui chiudeva la corazza di pelle intrecciata sul suo corpo asciutto e scattante – quand’era successo? Si era persa, ma non ricordava dove né come.

“Lasciami andare, stavolta,” mormorò muovendo un passo nella sua direzione.

Il principe cadetto le regalò uno sguardo offeso e aprì le braccia. “È quello che vuoi? Assecondare le patetiche richieste di un uomo che ti ha sacrificata?” inquisì con voce cattiva.

La ragazza s’impose di non ribattere. Da ogni sua risposta, Loki avrebbe carpito informazioni e dettagli che era importante rimanessero celati il più a lungo possibile. Mentire non era nella sua natura e una parte di lei continuava a premere affinché si confidasse con l’ingannatore, rivelandogli la maledizione.

Amore mio, non riuscirò più a vederti. Verrò inghiottita dalle ombre e questo sarà solo l’inizio – quello che toccherà a me direttamente. Amore mio, lo faccio solo per proteggerci. Non possiamo stare insieme, non dobbiamo – ma tu questo lo sai, lo hai sempre saputo e me lo hai tenuto nascosto. Le frasi le rimasero incastrate in gola, sulle labbra.

“Deve pagare fino alla fine per quello che ti ha fatto,” insistette Loki avvicinandosi al letto che aveva accolto i loro sospiri e su cui ora erano piegati pochi abiti da viaggio.

Sigyn scosse la testa. “Asgard non è la mia casa,” spiegò decisa. “Sono un’ancella. Tu puoi continuare a pensare che stia solo obbedendo al volere dei miei genitori, ma non è così. Io ho la vocazione. Devi accettarlo.” Pagheremo tutti. Pagheremo noi.

Loki sorrise e inclinò la testa di lato, come per osservarla meglio. “Bugiarda. Sei un’adorabile bugiarda. E tenti di mentire a me,” sentenziò con un pizzico di compiaciuto divertimento.

Diceva la cruda verità, nient’altro che questo – la sincerità di Lingua d’Argento era aspra quanto le sue menzogne dolci. La ragazza non si scompose. “Credi ciò che vuoi.”

L’ingannatore incrociò le braccia al petto e annuì senza smettere di guardarla – di ammirarla con qualcosa di simile alla nostalgia. Gli aveva parlato di vocazioni, doveri, sentimenti pii e devoti, tirando fuori un argomento noto a entrambi, buono solo a replicare conversazioni già fatte, ribadendo punti di vista osservati mille volte sotto ogni angolazione possibile. Loki non credeva in niente che non fossero i meri fatti, e non era disposto ad accettare l’idea che qualcuno, uomo o donna, dovesse immolarsi per placare creature antiche e affamate come l’Yggdrasill. Per lui, le ancelle erano il retaggio di un’usanza antica e terribile, la cui fortuna era legata prevalentemente al fatto che, consegnando le loro figlie femmine ai templi degli antenati, le famiglie nobili evitavano di vendere i loro beni fondiari per pagare le ingenti doti altrimenti necessarie per un matrimonio. Certo, entrare nell’ordine era considerato un privilegio e un onore perché non tutte ne erano degne, ma Loki era un politico troppo sagace e smaliziato per non vedere il marcio nascosto dietro quell’istituzione millenaria. Sigyn non aveva mai condiviso una visione tanto cinica: forse, come le diceva il principe, la questione la riguardava troppo da vicino perché potesse darne una lettura oggettiva.

Una sera osò domandargli se lui, una volta divenuto re di Asgard, intendesse abolire l’ordine delle ancelle. A sorpresa, l’ingannatore si mise a spiegarle che non ne aveva le benché minima intenzione. La cura degli Antenati faceva parte dell’ordine costituito ed era sancita da una serie di leggi sacre e antichissime. La riforma fatta da Bor non andava toccata, aggiunse seguendo con le dita la forma rotonda dei suoi fianchi coperti solo da un lenzuolo. La penombra che avvolgeva la stanza, rischiarata soltanto dalle fiamme che crepitavano lente nel camino, non riuscì a nascondere il brillio soddisfatto che illuminava lo sguardo del dio dell’inganno: Sigyn gli aveva fatto intendere che lo considerava degno del trono.

“Leggi che tu stai violando,” lo punzecchiò con una voce bassa, la testa poggiata sul cuscino.

La risposta di Loki era stata perfida, la mano si era fatta più audace, ghermendo le rotondità. “Quello che vale per te non vale per gli altri.”

Si era già persa, allora. Per certi versi, lo odiava più di quando l’aveva conosciuto, per altri meno. Si era già infilata nel suo letto perdendo ciò che l’avrebbe resa un’ancella degna, senza opporsi, anzi, volendo, cercando e sognando lui. Quando era cambiato tutto? E come poteva, ora, alzare di nuovo lo scudo della vocazione? Era una bugiarda, Loki aveva perfettamente ragione. Spaventata, messa alle strette, ogni giorno più legata al mondo di tenebra che la reclamava.

Schiuse le labbra, ma non fece in tempo ad aggiungere nulla, perché lui l’anticipò.

“Stavolta non ti fermerò. Non verrò a salvarti, non correrò in tuo aiuto,” le promise con voce roca e calma a un tempo, scandendo ogni parola con decisione. “E, dopo che oltrepasserai il cerchio, non potrò farlo nemmeno volendo.[1]

Sigyn strinse tra le dita un lembo della gonna. La sicurezza sfoggiata fino a qualche istante prima era venuta definitivamente meno di fronte alle ultime parole taglienti ed esatte dell’Ase. Le sole e le uniche che poteva concederle senza tradire la sua natura orgogliosissima e fiera.

Negli occhi verdi dell’altro lesse il rancore, il desiderio e il biasimo – non era cambiato niente, non sarebbe mai cambiato niente, tra loro. Avrebbe continuato a volerla per sé in quella sua maniera sfacciata, infischiandosene di ogni legge, divieto o morale. Di nuovo, lottò contro l’impulso di rivelargli della maledizione incipiente e della vista che calava ogni giorno di più; di come provasse già una nostalgia feroce di lui e del mondo intero, della paura che provava per le ombre che, presto, l’avrebbero inghiottita precipitandola in un mondo di tenebra. Cosa sarebbe successo se avesse osato raccontargli la verità, ignorando i suggerimenti di Padre Tutto? Loki avrebbe lottato per lei, all’inizio. Poi, l’avrebbe associata a una cocente sconfitta finendo per detestarla e si sarebbe dedicato a nuove imprese, perché era nato per essere re, non per porgere la mano a una donna cieca sussurrandole la via. L’amore, anche il più forte, spesso non regge ai colpi inflitti dalle Norne: se non nutrito in maniera adeguata si sfalda e sbiadisce fino a spegnersi. E poi, Sigyn non poteva permettere che anche lui pagasse, no. L’idea l’atterriva più di ogni altra cosa.

“Lo so. Non è stata una scelta facile, la mia,” ammise.

“La vita è piena di scelte difficili,” fu la replica secca, carica di molto altro. “Ma questa è la peggiore che potevi prendere. Per chi, poi? Sigurdr ti ha venduta prima che ti reclamassi e tu ora torni per lui, per loro – una banda di vigliacchi a cui avremmo dovuto tagliare la testa per ciò che hanno osato promettere senza che ne avessero l’autorità. Hanno ciò che meritano, ma saranno soli, stavolta. Sarete soli.”

Per noi. Per te. Torno per te.

La sua voce roca vibrò d’ira, perché Loki aveva un animo che s’infiammava molto velocemente, lei lo sapeva bene. Era uno stratega sagacissimo e spavaldo che sapeva controllare le proprie emozioni mescolandole abilmente grazie al suo temperamento riflessivo, ma, dentro, bruciava. Era per quel motivo che non l’avrebbe fermata. Considerava uno smacco il fatto che lei se ne andasse ed era troppo orgoglioso per darle una ragione inappellabile per restare. Ma se anche fosse rimasta, se la maledizione non si fosse abbattuta su di lei togliendole lentamente e ineluttabilmente la vista, che destino avrebbero avuto, insieme? Nella migliore delle ipotesi, sarebbe diventata la strana, deliziosa strega che il principe si era preso come amante e a cui erano legati una serie di aneddoti succosi che parlavano di oscure avventure, nulla più. Un’ancella che si era corrotta non poteva desiderare altro che vivere ai margini, in attesa che la gente ne dimenticasse il volto o la storia: un’eventualità che, oltretutto, la presenza carismatica di Loki rendeva improbabile.

L’aveva chiamata bugiarda e a ragione: la vocazione di Sigyn si era persa quando aveva fissato negli occhi una maledizione, quando Loki si era messo a giocare con certi misteri che erano più grandi di lui, su cui nemmeno l’immensa sapienza di Padre Tutto poteva nulla. Aveva smesso di essere un’ancella finendo tra le sue braccia – così era diventata una donna. Scoprendo di desiderare e amare un uomo, facendo scorrere le proprie labbra sui muscoli tonici e scolpiti del principe che l’aveva perduta, ammettendo con se stessa di aver soffocato per troppo tempo l’istinto che la spingeva a cercarlo anche solo per contraddirlo. Smarrendosi si era ritrovata, ma a un prezzo troppo alto. Conoscere il mondo era doloroso. Rinunciarci, lo era ancora di più.

“Cos’è cambiato?” inquisì l’Ase, incapace di fidarsi, dolorosamente astuto. Mosse un passo verso di lei e le concesse una lenta carezza sulla guancia. Un gesto che le fece male più di quanto avrebbe fatto uno schiaffo, perché Loki raramente si esponeva tanto e quell’attenzione aveva il sapore dolceamaro di un addio.

“Non è mai cambiato niente,” sospirò Sigyn. “Sapevamo da sempre sarebbe arrivato questo momento. Abbiamo commesso un sacrilegio tremendo e non ne siamo pentiti.”

Le labbra dell’Ase si stirarono in un ghigno furbo e breve. “Dici davvero? È cambiato tutto, invece. Tu non sei più l’intoccabile ancella presa in ostaggio da un popolo di pirati, ma sei l’amante di uno di loro. Non puoi accostarti agli altari degli Antenati né servire come sei stata educata a fare. Hai perso questo presunto privilegio in cambio della tua vita.” L’aveva detto tra i denti, sfoggiando una tranquillità solo apparente. Era una questione d’orgoglio, d’attrazione e di molte altre cose.

“Ora sei tu il bugiardo,” l’accusò Sigyn. “Dici che ho avuto in cambio la mia vita, ma non è così,” proseguì senza riuscire a nascondere un brivido tale da farle tendere la schiena. “Gli apparterò per sempre e lo sai. Non sarò mai libera,” sussurrò abbassando talmente tanto la voce da dubitare che Loki l’avesse sentita. “È un inganno in cui ci siamo adagiati abbastanza.”

Il sorriso laterale del principe si congelò in una smorfia ferina. L’ultima frase era una pugnalata al cuore, a una ferita ancora aperta e dolorante che sanguinava copiosa. La ragazza aveva spalancato la porta sbarrata di un compromesso che sapeva di ferro e di sangue. Uno capace di ricordare a Loki che Sigyn non era mai stata sua, nemmeno quando aveva disobbedito apertamente agli ordini di Odino, neanche nelle notti in cui i loro corpi si erano intrecciati nella frenesia dell’amore.

“Quella notte ho visto la Voluspa. Tutta la profezia,” proseguì muovendo un passo verso di lui nel tentativo, vano, di cancellare l’impatto della frase precedente.

L’Ase scacciò la rivelazione con un gesto secco del braccio. “Frammenti che non comprendi. Ne abbiamo parlato già.”

“Se,” azzardò Sigyn abbassando di un tono la voce, “se quella cosa dovesse tornare, un giorno?”

Loki dilatò le pupille verdi e strinse la mascella. Tutto il suo corpo si tese istintivamente all’idea, tanto che qualcuno, osservandolo, avrebbe potuto dire che lo scaltro e spavaldo figlio cadetto del grande Odino pareva spaventato.

“Non lo farà. Non esiste più,” ribatté deciso, come se la forza racchiusa in quell’affermazione potesse decidere il destino filato dalle Norne o scacciare il terrore che il solo pensiero faceva nascere nel suo petto fiero. Anche i guerrieri più valorosi avevano paura. Il dio dell’inganno lo aveva scoperto a sue spese, quando, poco più che un ragazzo e con un’arma troppo pesante in mano, aveva partecipato alla sua prima battaglia. Gli eroi, quelli di cui i bardi cantavano ai banchetti, inghiottivano il timore e affrontavano la morte e il dolore lanciandosi contro i loro avversari, consci che ogni colpo inferto o subito poteva essere l’ultimo.

“Ma io resterò sempre sua, non è vero?” insistette Sigyn.

“Se è quello che mi stavi chiedendo,” replicò l’Ase gelido, “tu possiederai per sempre la scintilla.”

La ragazza sorrise debolmente. “Sai che è per questo che me ne devo andare,” aggiunse aggrottando la fronte e riprendendo a piegare i pochi effetti che avrebbe portato con sé. “Lo hai sempre saputo.”

Un’ancella avrebbe potuto essere dispensata dal prendere i voti o scegliere, nel biasimo collettivo, di tornare alla vita secolare[2], ma la scintilla cambiava ogni cosa: rendeva pericoloso o impossibile, a seconda dei casi, sciogliere certi vincoli.

La replica dell’ingannatore giunse immediata e sarcastica. “Puoi farmene una colpa, se vuoi.”

Sigyn pensò al modo in cui era venuta a conoscenza di ciò che suo padre le aveva fatto. A quel pensiero il ventre le si contrasse in una morsa dolorosa, perché era certa che tutti i tradimenti e gli inganni del principe degli Æsir non potevano eguagliare quello fattole da colui che l’aveva messa al mondo e usata, nient’altro. Loki aveva violato ogni possibile regola, nascondendole per più tempo possibile sia della scintilla che della promessa, ma l’aveva fatto per lei, solo per lei. Le sue menzogne non gli avevano impedito di sfoderare i suoi lunghi pugnali e di combattere una battaglia spaventosa e persa in partenza, ma che pure era stato tanto spregiudicato e folle da intraprendere.

“No,” decise. “Ci sono segreti che non possono essere rivelati.”

L’ingannatore non poté fare a meno di replicare nel più affilato dei modi. “Gli stessi che nascondi tu?” disse, avvicinandosi fino a sfiorarle con le dita il collo, il mento, le labbra appena schiuse. Sigyn non gli rispose per non rivelare il tremore della sua voce, ma sostenne il suo sguardo con fierezza. Si era ripromessa di non mostrargli alcuna crepa e ci stava riuscendo, ma il suo tocco, per le Norne, come sempre la fece tremare. Lui continuò a carezzarle la pelle fissandola con una punta di ferocia e rimpianto, finché non incontrò la sottile stola di seta che Sigyn portava al collo, sfilandogliela di dosso con un movimento secco e leggero. Un pegno, voleva un pegno che sapesse di lei, che trattenesse una traccia del suo profumo per ricordare d’averla avuta – amata, forse. Se l’avesse stretta tra le sue braccia e baciata, se le avesse gridato contro il suo dolore o ammesso ciò che il suo sguardo bruciante come il ghiaccio e il fuoco talvolta tradiva, allora, forse, la ragazza sarebbe crollata, confessandogli della maledizione, ma Loki era troppo orgoglioso per lasciar trapelare altro. Strinse tra le dita la sciarpa di seta e si congedò da lei non prima di averle ridato il sottile pezzo di stoffa – non era più importante e tutto ciò che aveva fatto per salvarla si era rivelato vano. La stola rimase nella stanza anche dopo che lei se ne era andata, poggiata su una panca. Diverse sere dopo, il dio dell’inganno ne avrebbe saggiato nuovamente la consistenza con le dita.  Se l’orgoglio che gli infiammava il petto non avesse offuscato la sua perspicacia, forse Loki avrebbe potuto cogliere alcuni degli indizi sparsi che Sigyn non era riuscita a celare. Per farlo, però, sarebbe dovuto prima venire a patti con gli incubi che ancora lo tormentavano e con una consapevolezza spaventosa e amara più del fiele. Lo avrebbe capito più avanti – troppo tardi, forse.

 

 

Sigyn aveva letto innumerevoli descrizioni di Asgard, la splendida capitale di Ásaheimr, ma decise che nessuna pagina scritta poteva spiegare a fondo la meraviglia e la grandezza di un palazzo fatto interamente d’oro, che pareva essere stato costruito unicamente per far morire d’invidia i giganti di ghiaccio e quelli di fuoco. Le volte a sesto acuto degli immensi corridoi erano altissime, molto più del necessario, e ovunque c’erano arazzi, affreschi e opere d’arte. Uno in particolare decorava la volta della sala del trono di Odino e raffigurava la sua famiglia al completo, Loki compreso. Sigyn, col naso all’insù e ancora la pesante pelliccia del dio degli inganni addosso, chiese ad alta voce le ragioni di quello sfarzo eccessivo. Dicevano addirittura che Padre Tutto avesse una sala immensa, giù nei sotterranei del castello, dove custodiva un numero incalcolabile di reliquie, tutte sottratte ai popoli che lui e suo padre Bor avevano sottomesso nel corso delle loro conquiste e razzie. A far storcere il naso a Sigyn non era solamente l’educazione propria delle ancelle, incentrata su una sobrietà che sfociava in uno stile di vita estremamente parco, ma anche la differenza tra il palazzo di Odino e quello, immensamente più modesto, di Sigurdr. Era nata in un castello grande e spazioso, immerso nel verde di uno tra i più ricchi feudi in cui era divisa Vanheim, ma i bei mosaici che decoravano le sale principali della sontuosa abitazione e la vita semplice e frugale che la sua famiglia conduceva differiva totalmente dall’eleganza e dalla grandezza della dimora reale di Asgard.

Loki, che la seguiva a pochi passi di distanza, non si era certo lasciato sfuggire l’occasione di risponderle.

“È quello che siamo. Un popolo di potenti conquistatori, di grandi guerrieri. Proteggiamo tutti i Nove Regni e con questo sfarzo che a te pare sprecato, assurdo, lo ricordiamo a chiunque venga qui. È una strategia – è sempre tutta una strategia.” Si era accorto che lei stava fissando uno degli affreschi che lo ritraeva. “Trovi che l’artista abbia fatto un buon lavoro?”

Sigyn si era voltata verso di lui scrutando attentamente le labbra ironiche e sottili, il naso diritto, la mascella squadrata, gli zigomi alti e affilati come gli uomini del Nord, soffermandosi sugli occhi mobili ed espressivi, d’un verde chiarissimo.

“Non so decidermi. È difficile catturare il tuo sguardo,” ammise, riconoscendo dentro di sé che era bello e stringendosi ancora di più nel mantello di pelo; la terra degli Æsir era stupenda, ma il clima rigido la rendeva inospitale – e fissare a lungo il figlio cadetto di Odino le lasciava sempre addosso una strana sensazione di disagio.

“Così tutto quest’oro è qui per dimostrare – ostentare – la vostra potenza.”

“La ostentiamo, sì,” concordò Loki lentamente, divertito dalla sua irriverenza. “Ma sono abbastanza certo che anche nella sobria dimora di tuo padre e con i nostri severi abiti da viaggio vi abbiamo messo in soggezione.”

“Il modo in cui mi guardavi era sfacciato e irriverente. Sono un’ancella, Loki. Siete un popolo di pirati, ma persino voi Æsir conoscerete il significato della parola sacrilegio, immagino.”

 

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e Lettori,

Mi spiace per la lunga attesa. Il capitolo era pronto, ma la real life, si sa, s’infila sempre dove non dovrebbe (datemi una settimana di tempo e arriveranno i nuovi aggiornamenti).

Ancora prosegue l’alternanza tra passato e presente che spero non vi risulti troppo ostica (dalle recensioni pare di no, ma sapete com’è).

Andando avanti nella storia spiegherò meglio com’è quest’ordine delle Ancelle, perché Loki negli scorsi capitoli ha detto che forse Odino avrebbe dato Sigyn a un Ase, ma fino ad adesso si è parlato della sacralità del corpo delle ancelle e via dicendo. Ecco, ne sono consapevole e fa parte del grande disegno della mia mente bacata♥.

 

Vi ringrazio dal più profondo del mio cuore per aver listato/recensito la storia. Per voi un clic può non essere nulla, ma per un’Autrice significa tantissimo. Bastano undici parole o un clic nelle liste per restituire un po’ della magia che la lettura dovrebbe ispirare a chi scrive.

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  Ah, mi trovate pure su Twitter ;)

Ricordo che Vanheim e il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

 

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Shilyss



[1] Questa frase vi ricorda qualcosa? Sì. Il capitolo 12 della mia long “Solo un accordo.”

[2] Il termine secolare si usa per indicare la vita laica (del secolo) rispetto a quella spirituale.

   
 
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