17 inevitabile follia
17 inevitabile follia
Giugno
1789, Parigi
La
guardo rivestirsi, dandomi le spalle, lenta. Ostenta sicurezza come
sempre, ma da sempre la sua nudità ed ancor di
più il dover essere sincera con me , la imbarazzano.
Esile.
Troppo esile.
Pallida.
Troppo pallida.
Guardo
la sua pelle diafana e vedo la morte che la sta divorando.
Guardo
il suo corpo ossuto e vedo la fine vicina.
Tisi.
Silenzio.
Solo
lo strusciare del tessuto sulla pelle e poi della giacca sulla camicia;
lo schiocco del cuoio della cinta che viene serrata; il lieve rumore
del metallo della lama che si aggiusta nella guaina
-
Bene, dottore… Sono pronta ad ascoltare la
verità. So che la diagnosi che state per emettere
è terribile, ma io già la conosco.
Diretta
e tagliente come sempre e vorrei crederle.
Vorrei davvero che fosse pronta per ciò che l'aspetta, per
la dolorosa agonia, per il consumarsi oltre l'immaginabile, tutto il
contrario di ciò per cui viene forgiato un soldato.
Ma nessuno è mai pronto. La morte ti sorprende sempre con la
sua bruttura ed arriva troppo presto. Sempre troppo presto.
-
Le vostre condizioni generali non sono affatto buone - mormoro a capo
chino, incapace di conciliare la verità con il suo
sguardo - … e quella tosse mi fa pensare
…
-
… alla tisi. Lo so, lo so bene. - mi interrompe col tono
inizialmente tonante e più debole, incerto, ansioso in
quella nota finale. - È già da alcuni mesi che
alcuni sintomi mi hanno fatto pensare a questo terribile male. Vorrei
soltanto sapere quanto mi resta da vivere . - mormora infilando i
guanti candidi sulle lunghe dita, con lenta ed irritante
precisione.
"Morirà?
Sì."
-
La tubercolosi non è incurabile, - mento, ma solo in parte.
Infatti ho utilizzato il termine curare, non guarire. Tutto
può essere curato, anche solo portando attenzioni e
gentilezza, guarito invece…
-
A volte si è giunti a completa guarigione con riposo e dieta
appropriata
“…
e lo chiamiamo miracolo”, commenta acidamente la mia
coscienza.
-
Dottore non voglio certo morire. Ho ancora molte cose da fare. -
replica sgarbata.
-
Non voglio dire che sia tardi. Dovete abbandonare la
carriera… altrimenti non vivrete più di sei mesi,
Oscar. - rispondo quasi altrettanto sgarbatamente.
Un
attimo di silenzio tra noi a quietarci.
-
Vi ringrazio per essere stato sincero con me, dottore.
Annuisco.
Comincio a scriverle le prescrizioni.
-
Raccomando una dieta variata ed equilibrata, uno stile di vita sano.
Dovete riposare ed aver cura di voi. - Esordisco, chino sul mio
scrittoio - E poi… Valeriana, biancospino, melissa per ben
riposare… Angelica, agnocasto… per l'amenorrea
…- mi blocco di colpo, non ho valutato quella
possibilità.
-
Perdonate la domanda, colonnello, ma…
-
Se state per chiedermi se conosco un uomo intimamente, no dottore. Mai.
Non ho tempo per queste cose.
Annuisco,
ma tra me penso che non sia il tempo a mancarle.
Ricordo bene la donna vestita di bianco, che mi urtava fuggendo dal
ballo.
Lei aveva trovato il tempo di invaghirsi per Fersen, un uomo
innegabilmente affascinante, ma non adatto a lei.
E
non lo era perché ella era pronta a dare tutto, ma lui non
aveva nulla da dare, avendo a sua volta già dato tutto.
"
I peccatori restano…"
Scuoto
il capo: non posso pensare alla mia rosa in questo momento.
Al
suo respiro lento, al suo pallore, ai giorni interminabili della sua
agonia; quando la osservavo respirare piano, a fatica, piangere e
respingere l'aiuto delle domestiche ed anche il mio. E poi io che
allontanavo malamente la cameriera chiedendo di lasciarci soli
… Il suo rimpianto sussurrato al mio orecchio con la forza
dell'ultimo respiro… E niente più respiri. Il suo
volto che scivolava di lato, come per dormire, in quel sonno dal quale
mai più si sarebbe risvegliata.
Porto
la mano alla fronte per celare le lacrime prepotenti ed inopportune.
Ma
rammento anche l'avvertimento di Alexandra nei primi tempi della nostra
frequentazione, quando mi disse "ricordi di guardare negli occhi i suoi
pazienti, dottore".
Non
sono bravo quanto lei, né a leggere l'iride, cosa cui credo
solo a momenti alterni, né tantomeno l'animo delle persone,
eppure nel momento in cui per poco incrocio lo sguardo con Oscar, nella
profondità di quel turchese intravedo il dolore, il peso
delle cose non fatte, delle cose che vorrebbe fare e l'incombente
realtà di ciò che non farà mai. E
capisco che più della tisi, è il suo cuore in
gabbia a condurla alla tomba.
Preso
dalla commozione, non so perché, ma mi illudo che la sua
situazione migliorerà, un leggero ottimismo mi invade.
Ed alla mente si affaccia lui.
-
Come sta il vostro André? È da un po' che non
viene a farsi visitare…
-
Perché André dovrebbe venire a trovarla? -
domanda volgendosi di scatto verso di me, mentre il suo volto si tinge
di vero terrore.
Ed
io sprofondo nella sua paura, mi sento cadere, come se con quella
domanda abbia aperto un pozzo sotto i nostri piedi.
-
È mai possibile che...
Sciocco
testardo!… La verità rende liberi, penso, e
sarebbe davvero il momento di spezzare le catene e parlarle chiaramente.
Vada
come vada.
Costi quel che costi.
Palazzo Jarjayes, 17
luglio 1789
- Sandrine? - mormoro
schiudendo gli occhi, chiamato al risveglio da quella sensazione di
sentirmi osservato.
Nessuno risponde
eppure un'ombra è qui, di fianco al mio letto nella stanza
delle rose, e mi guarda silenzios; le lacrime scendono sulle sue guance
vive seppur pallide.
Sbatto le palpebre, cerco di mettere a fuoco: non è un
ricordo, non è un fantasma.
- Rosalie…
ma… - balbetto, ancora intontito, riconoscendola.
Mi sollevo sul
copriletto e lascio scivolare le gambe fino a posare i piedi nudi sul
pavimento fresco, piacevolmente reale.
- Che succede?
- La vecchia balia
è spirata. - riesce a sussurrare in un singhiozzo prima di
celarsi il volto con le mani ed abbandonarsi al pianto.
Mi alzo ed accolgo tra
le braccia l'orfana che conobbi, mai tanto orfana come oggi. In
silenzio, perché non c'è più forza per
la disperazione.
Quanto dolore
potrà ancora colpire questa casa?
E così,
rassegnato a ciò che il fato ha deciso, mi sono ricomposto,
rinfrescato, perfino sbarbato.
A lei, a Marron, avrebbe fatto piacere vedermi così. La
guardo nella penombra dell'alba che filtra appena, composta nel suo
letto di morte dai domestici: il suo abito migliore, la sua immancabile
cuffietta di pizzo… Pare pronta a prendere servizio,
un'altra giornata di lavoro, lavoro che era la sua vita.
Immagini di lei, così uguale negli anni, scorrono nei miei
ricordi, e non resta che tenerezza per questa donna, così
piccola, così grande. Lei destinata a stare a guardare,
senza mai intervenire, sempre combattuta, sempre in bilico tra l'amore
per il suo André, quello per la sua Oscar, quello per la
famiglia che serviva, che amava.
Spero sia ora finalmente libera dai suoi acciacchi e dalle sue
responsabilità.
Spero sia serena e in un posto migliore.
Mi chino a sfiorarle
con un bacio la fronte ancora calda.
- Buon viaggio,
Madame… - auguro in un sussurro.
Esco quindi
nel corridoio già luminoso del primo mattino, richiudendomi
la porta alle spalle con la stessa sensazione di quando si chiude un
romanzo appena concluso, che ci ha accompagnato nei giorni con tante
pagine, ci ha rincuorato ed esaltato, fatto piangere e sorridere; ed
ora ci lascia la sua assenza, le domande sul domani, i dubbi, le
riflessioni.
Da fuori giunge il
rumore di carrozze sulla ghiaia del viale: altri parenti in arrivo.
É il giorno
dell'addio.
Il salone dei
ricevimenti non è poi così gremito come ci
sarebbe potuti aspettare dalla prematura dipartita di Oscar Francois
des Jarjayes.
Personaggio di rilievo, più discusso che
discutibile, certamente non inosservato e difficilmente dimenticabile.
Nobile, ufficiale; volto noto, animo schivo; leale alla Corona, ma
fedele alla propria coscienza … Uomo? Donna? Certamente
c'è ancora chi se lo domanda.
Era una persona ombrosa, a volte prepotente, ma onesta e scevra di
opportunismo.
E per tutto ciò, personaggio impegnativo e fastidioso.
Ci sono parenti,
alcuni amici del generale, nessuna autorità di rilievo.
Le sorelle di Oscar con i rispettivi consorti sono presenti.
Scorgo il generale da un lato della stanza, madame dall'altro e,
frapposti tra loro, un certo numero di anziani consanguinei, le colonne
di famiglia; quelli che intervengono ad ogni funerale borbottando "io
sarò il prossimo", come fosse una scommessa che mai si
vorrebbe vincere.
Tutte persone che
Oscar avrà visto poche volte nella vita, che non la
conoscevano e che ora probabilmente vorrebbero disconoscerla.
Tanti preti e suore, il ramo clericale, tipico di ogni famiglia
aristocratica di buon livello; presenti più per dovere
richiesto dalla loro posizione che per reale sentimento verso la
defunta.
Riconosco anche il
vecchio conte Girodelle, intervenuto da solo perché il
figlio è stato imprigionato dopo aver disobbedito agli
ordini di Sua Maestà.
Il generale si
avvicina per ringraziarlo della sua partecipazione.
- Sono qui solo
perché l'ho promesso a Victor. Solo per questo, Jarjayes. -
sottolinea sprezzante.
- Io…
comunque Vi sono grato. A voi ed a vostro figlio. Ad Oscar avrebbe
fatto piacere …
- Lasciate perdere,
Jarjayes! Non tiriamo in causa i piaceri di vostra figlia!
Si allontana
poggiandosi al bastone, probabilmente, l’unico sostegno che
avrà nella sua vecchiaia se Victor non verrà
graziato; evidentemente ritiene responsabile Oscar per la rovina del
figlio e, sebbene non si possa certamente parlare di colpe,
poiché ciò che il cuore decide, anche quando fa
del male, non è considerabile alla stregua di un delitto,
deve costargli davvero molto trovarsi qui.
Il generale resta
immobile, senza parole.
Distrutto, umiliato. Infinitamente triste.
Dal gruppo dei generi
si leva un brusio.
- Adesso basta! -
esclama al consorte una delle figlie attirando l'attenzione del
generale.
- Che succede ora? -
domanda egli spazientito, avvicinandosi.
La secondogenita cerca
ancora di zittire il marito, inutilmente.
- Non possiamo! Non
possiamo seppellirli nella cappella come nulla fosse accaduto! Non
possiamo seppellirli insieme! Avete sentito il conte Girodelle? Nel
migliore dei casi, saremo lo zimbello di Versailles!
- Abbassa la
voce… - ringhia la moglie.
- No! Passi come sono
morti, possiamo negarlo e mettere tutto a tacere, ma loro …
insieme!… Magari riportando il suo nome su una lapide
accanto ai nostri? Ad ammorbare il lignaggio, a rubarci ...
- Non vogliamo rubare
niente a nessuno, - si intromette mestamente Rosalie, da un angolo -
sarà temporaneo…
- Non c'è
nulla di temporaneo nel disonore! Quanta vergogna devono ancora
causarci, quanto…
- Ad Arras! - grido
improvvisamente. E tutti tacciono. - Ad Arras, vogliamo solo portarli
ad Arras… - aggiungo guardando il generale negli occhi con
tono di supplica. - Non possiamo affrontare il viaggio con questo caldo
e con i tumulti in corso. Tra qualche mese… tra qualche
mese, quando tutto si sarà calmato, col freddo,
verrò a prenderli e li accompagnerò personalmente
ad Arras. Là dove avrebbero voluto stare. Stiamo solo
chiedendo asilo per i loro corpi, nulla di definitivo.
Nella sala cala il
silenzio, tutti a guardare me, a guardare il generale.
Un movimento dal
gruppo dei generi viene stroncato preventivamente da un dito alzato del
generale.
Solo un dito ad avvertire che la misura è colma e che non un
fiato verrà tollerato.
- Resteranno qui per
tutto il tempo necessario. Per tutto il tempo che io vorrò.
- rincara, autoritario - E nessuno, chiunque esso sia, dovrà
osare un fiato in opposizione. E resteranno insieme. Indipendentemente
dalle loro ultime scelte che non posso condividere, le loro spoglie
meritano rispetto che in queste ore potrebbe venire a mancare. Quindi
resteranno qui. Insieme, sì. L'ultima volta che parlai ad
André, gli dissi che se fosse stato nobile, avrei
caldeggiato la loro unione perché sapevo che l'avrebbe resa
felice. Alla fine così è stato, nonostante me,
nonostante tutti, nonostante il mondo. Quello che non avevo ancora
capito, a differenza di Oscar, è quanto lui fosse
già nobile. Nell'animo. La nobiltà
più vera. L'origine di ogni nobiltà. Non avrei
potuto avere figli migliori - confessa ancora una volta, ma
pubblicamente, posando lo sguardo minaccioso su ogni presente - Ed
è quindi giusto che egli riposi accanto alla donna che amava
e che lo ricambiava.
Nel silenzio totale,
madame Marguerite si scioglie dall'abbraccio delle figlie e cammina
piano, ma decisa verso il marito, a testa alta .
Esita un istante di fronte a lui, guardandolo in volto, guardandolo
negli occhi, scivolando sui lineamenti ben conosciuti come se li stesse
improvvisamente riscoprendo.
Poi, inaspettatamente, la mano si leva ed uno schiaffo, un
unico colpo violento come mai mi sarei aspettato dalla signorile e
delicata Marguerite che conosco, lo colpisce sulla guancia.
Tra la sorpresa generale, Jarjayes non risponde e fissa la consorte
senza fiatare.
- Per averlo ammesso
solo ora. - Sentenzia Marguerite tra le lacrime, posando una carezza
laddove aveva appena colpito, prima di rifugiarsi nell' abbraccio del
marito che non aveva mai smesso di amare e che mai, nel profondo, aveva
smesso di amare lei.
- Ed ora, portami a
dar l'addio a mia figlia - mormora stringendolo forte.
Preceduti dall'anziano
cugino incaricato della benedizione alle salme ed al sepolcro,
intontiti dalle litanie e dalla stanchezza di una notte per lo
più insonne, i coniugi Jarjayes stretti tra loro, si avviano
attraverso il cortile e tutti noi li seguiamo.
Rosalie accanto a me
è esageratamente pallida e temo possa svenire da un momento
all'altro.
L’iniziale rabbia con la quale ha cominciato questo viaggio,
ha lasciato il posto al sentimento vero che l’aveva ispirata,
ovvero il dolore, forte, devastante, irrimediabile per la perdita
subita.
La cappella
già ci attende a porte spalancate, come dantesco ingresso al
purgatorio.
Dentro hanno
cominciato i lavori di preparazione dei sepolcri per cui le panche e le
bare sono state spostate per consentire a quattro uomini di muoversi e,
nel pavimento a ridosso dell'altare, già si apre una
voragine laddove le lastre di marmo sono state sollevate.
I corpi verranno deposti sotto il piano di calpestio, nei
posti originariamente destinati a madame ed al generale.
Un posto d'onore. Così ha deciso Jarjayes.
Marguerite stretta al
marito fissa il buio a pochi passi oltre i suoi piedi.
- Ho saputo che Oscar
si è messa in prima fila… - mormora mentre
tremori incontrollabili la agitano - Perché? - domanda ad
Auguste che si limita a scuotere il capo - Perché? - ripete
ansiosa volgendosi a me, come se da questa risposta dipendessero la sua
vita e la sua sanità mentale - Voleva morire?
- No… -
sussurro prendendole il braccio per aiutare il generale a sostenerla,
perché so cosa aspettarmi.
"Negare… "
Negare per sopravvivere, o trovare una ragione dove la ragione non ha
senso.
- Non voleva morire,
ma solo smettere di soffrire. - mormoro a Marguerite - Non credo lei
cercasse la morte davanti alla Bastiglia, ma solo sollievo. Nessuno
vuole realmente morire, ma solo smettere di soffrire. E lei soffriva
enormemente. Semplicemente, è morta come è
vissuta. Senza tirarsi indietro.
- Non sono riuscito a
dirle addio, ero convinto che sarebbe tornata. - aggiunge
Jarjayes con voce spezzata.
Con la coda
dell'occhio, scorgo Rosalie sedersi pesantemente su una panca, ma non
posso soccorrerla.
Dolore di madre, di
padre, dolore di figlia.
I
domestici levano le spade ed i drappi che coprono le casse, liberando
il puzzo accumulatosi al di sotto durante la notte che va a mescolarsi
con quello delle candele e dell'incenso; gli uomini di fatica spostano
le bare sul pavimento, sopra delle funi con le quali verranno
calate sottoterra.
Marguerite ha uno
slancio in avanti, piange, rifiuta l'addio e dobbiamo trattenerla in
due.
-... Oscar…
bambina… la mia Oscar… sottoterra…
no…- singhiozza.
Cominciano a calare la
cassa di André, poi Oscar.
Negli spostamenti, le due bare si urtano, come in un'ultima stretta di
mani, un ultimo contatto, un ultimo sfiorarsi prima del riposo eterno.
Durante tutto questo,
il prete non ha interrotto un istante le preghiere; parole in latino,
vecchie di secoli quanto il dolore degli uomini in terra, parole che
ascolto solo a tratti perché il mio cuore fa troppo rumore.
"Il
Signore è il mio pastore…"
"Ad
acque tranquille mi conduce…"
"Non
temerei alcun male…"
"Lavali
da ogni colpa…"
"Là
dove ogni lacrima verrà asciugata…"
"Concedi
loro il riposo eterno…"
"Amen"
E così sia.
***
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