Sono
tornata dopo una discreta assenza, dovuta a beghe ma soprattutto a una
tendinite bastarda che rende lo scrivere alla tastiera un supplizio: a
breve
dovrei iniziare la cura e quindi essere in grado di pubblicare, io
spero, con
più regolarità.
Intanto
aggiorno questa storia, spero con domenica di aggiornare anche
l’altra.
Vi
ringrazio per i vostri commenti, sia qui che là: mi sto
rimettendo in pari
anche su quel versante, rispondendo a commenti e messaggi
privati… Ancora
grazie!
La
canzone che fa da sfondo al capitolo è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=VnL3NfhOsBM
Questo
capitolo sarà croce e delizia, vi avverto…
Dopo
averlo scritto ho deciso di alzare il rating ad arancione.
I
miei commenti in fondo, as usual.
Buona
lettura, Puffole Pigmee!
Appena
fuori dal salone, Harry non era riuscito ad aspettare un secondo di
più per
trovarsi solo con l’altro e li aveva Smaterializzati entrambi
in camera, dove
la luce della luna entrava tenue, appena un passo dietro la porta:
Draco aveva
barcollato, colto di sorpresa, divaricando le gambe per tenersi in
piedi e
finendo con la schiena contro il battente in pesante legno bianco, in
una
postura senza baricentro che non avrebbe potuto mantenere se non fosse
stato
appoggiato contro qualcosa. Aveva già gli occhi chiusi
quando Harry invase il
suo spazio vitale, posizionandosi tra le sue gambe, abbastanza vicino
da
sentirne il calore ma non il contatto; poté percepire il
movimento del braccio con
cui Harry si tese per chiudere a chiave la porta: ritirando la mano la
portò a
stringere quella di Draco in una presa calda e delicata.
Ogni
gesto era lento e dilatato, e sembrò che i loro visi
rimanessero vicini perché
si potessero respirare e annusare per un tempo indefinito, chiedendosi
come mai
tutto fosse così normale e leggero e spontaneo.
Una
parte di loro ancora attaccata alla realtà forse
registrò la stranezza del
frangente e Draco tentò un movimento in avanti, con tutta
probabilità un
tentativo di sottrarsi alla situazione: invece ottenne solo di finire
contro il
petto di Harry, che strinse di rimando la mano nella sua e si
lasciò sfuggire
un breve singulto a labbra serrate, tra l’esasperato e
l’appagato.
Quello
fu il segnale che la mente di Draco stava aspettando: si fece da parte,
rassicurata sul fatto che le cose stavano andando esattamente come
dovevano
andare.
C’era
ardore, ma non fretta; anticipazione ma non urgenza; desiderio ma non
smania.
Harry
si sporse verso la bocca di Draco, ma all’ultimo momento
cambiò un poco la
propria traiettoria e baciò quell’angolo dove le
labbra si incontravano e che
tanto bene sapeva piegarsi in una smorfia deridente: rimase appoggiato
lì in un
tocco lieve soffiando aria calda sulla pelle di Draco con tremula
soddisfazione
e spostò la presa della mano per far aderire i loro palmi e
intrecciare le loro
dita.
Draco
gli accarezzò l’interno del polso con il pollice
in un movimento ripetuto e
ipnotico.
I
loro cuori, dopo un attimo di frenetico martellare contro la cassa
toracica,
battevano calmi e regolari come l’atmosfera al centro
dell’occhio del ciclone.
Draco
alzò le dita della mano libera per farle scorrere negli
indomiti capelli
corvini e ne tastò la consistenza tra i polpastrelli, come
se fossero filati di
pregio: solo in quel momento Harry abbassò le palpebre;
Draco si chiese che
sensazione gli avrebbero dato quelle ciglia sulla pelle e di
conseguenza gli
sfilò gli occhiali, girandoseli tra le dita come se fossero
una bacchetta. Li
appoggiò con un movimento alla moviola su un qualcosa che
stava a portata di
braccio.
E
ancora rimanevano prossimi, quasi del tutto immoti, nel godimento
dell’attesa,
dilatandola e dipanandola.
Harry
inclinò il viso e accarezzò la guancia di Draco
con la propria, esalando il suo
sospiro lentamente, Draco piegò la propria testa sul collo
come un fiore che
riposa per prolungare quella carezza e fece un verso molto simile alle
fusa.
Era
tutto così sospeso, così rarefatto.
I
loro volti si strofinarono uno sull’altro e fu quasi solo per
caso che le
labbra si incontrarono in uno sfioramento delicato. Lo ripeterono
ancora e
ancora, dondolando le teste quasi seguissero una melodia sottintesa.
Le
ciglia di Harry erano davvero carezzevoli come era sembrato.
I
reciproci aneliti appena accennati erano gli unici rumori che contavano
e che
li irretivano.
All’ennesimo
sfioramento Harry lambì con la punta della lingua il
contorno del labbro
superiore di Draco, là dove la carne creava un piccolo
avvallamento e trovò
meraviglioso che le due parti sembrassero fatte per essere
complementari. Draco
di rimando assaggiò la fessura tra le labbra
dell’altro, con l’accortezza che
si possa avere per un cibo squisito ma ancora troppo caldo per essere
degustato;
poi la sua attenzione venne calamitata dal lieve tremore che il corpo
di Harry
ebbe un attimo prima che il ragazzo percorresse la breve distanza che
si
trovava dalla bocca di Draco al suo mento, dove posò un
bacio leggero, il primo
di una lunga e flemmatica sequenza che si protrasse per tutta la linea
della
mandibola fino al lobo dell’orecchio: lo prese tra i denti
con tale accortezza
che la sensazione di piacere fu come le increspature a pelo
d’acqua dopo il
lancio di un sasso, superficiali e continue ed espanse.
La
mano di Draco, che aveva ripreso a filare i capelli di Harry, scese a
percorrere la giugulare con il suo battito da tamburo tribale e le
lunghe dita
di Draco si avvolsero intorno alla spalla: non per trattenerlo o per
attrarlo, quanto
per saggiare la consistenza della sua carne.
Harry
espirò alito caldo vicino all’orecchio di Draco e
ritornò sui suoi passi,
ripercorrendo all’indietro la scia di baci.
Tornarono
uno di fronte all’altro, talmente tanto vicini che, quando
aprirono gli occhi,
Harry non ebbe nessuna difficoltà a mettere a fuoco le iridi
grigie e quelle
pupille dilatate come se dovessero ingoiare il mondo intero.
Fu
Draco a muoversi per primo, lento e indolente come una tigre al sole:
reclinò
il capo all’indietro, senza perdere nonostante tutto il
contatto visivo, unendo
i piedi per recuperare un po’ di altezza, offrendo, adesso
davanti alla bocca
di Harry, la gola: arresa, candida, vulnerabile e desiderabile.
Harry
vi si piegò sopra come se fosse un’ape e Draco il
nettare di un fiore.
Appena
ne lappò la pelle, Draco si fece scivolare lentamente a
terra, seduto contro la
porta, con Harry che lo seguì in quel movimento aggraziato e
quasi pigro e quasi
casuale per ritrovarsi accoccolato vicino alle sue gambe lievemente
flesse, un
po’ a sovrastare il biondo.
Poteva
essere un segno di conquista, di dominanza. O magari di protezione e
deferenza.
Le
loro mani erano ancora intrecciate saldamente, il loro mondo sospeso
nel tempo
e nella delicata reciproca scoperta.
Mentre
Harry lo assaggiava, Draco mosse impercettibilmente il viso per godere
della
carezza che la capigliatura scomposta di Harry gli faceva.
Poi
Harry fu di nuovo davanti a lui e gli prese il viso tra le mani: pareva
fosse
una coppa a cui dissetarsi.
E
le loro bocche combaciarono con naturalezza, risultando combacianti
come due
pezzi di puzzle.
Si
presero tutto il tempo di pregustarsi e assaporarsi con dedizione in
una
reciproca offerta di sé: soavi baci a fior di pelle, quasi
neghittosi nella
loro lentezza e nel loro, in un certo senso, candore; senza fretta,
totalmente
immersi nell’emozione del momento, che scorreva al
rallentatore.
Ognuno
dei due emetteva piccoli suoni di apprezzamento, lievi controllati
singhiozzi
appena accennati, sospiri appena più carichi di suono
ovattato.
Harry
spostò una mano di lato alla testa di Draco, la carta da
parati contro il
palmo, per sostenere la propria posizione e gli fece scivolare
l’altra dietro
il collo con un tocco delicato. Draco reagì a quel movimento
con rilassatezza,
cambiando angolazione del proprio volto per accogliere quella mano
contro la
propria pelle; così facendo aprì le labbra e
inaspettatamente un gemito
gutturale e roco ne fluttuò fuori, qualcosa di primordiale e
animalesco,
strappato dal centro del suo stesso essere, che riverberò
contro Harry come un
incantesimo potente, come una scudisciata di sensualità che
neanche avrebbe
pensato potesse esistere.
La
delicatezza si infranse, come un sottile strato di ghiaccio sotto il
peso di un
macigno di passione.
Harry
strinse entrambe le mani, quella sul muro grattò con le
unghie la carta da
parati, l’altra artigliò il collo di Draco
tirandoselo contro.
Dove
c’era stata lenta scoperta ci fu divampante bramosia; se
prima era stata
anticipazione ora prevaleva lo slancio.
Draco
spinse avanti il petto puntellandosi sulle mani per fare forza e
approfondire
il bacio, facendo saettare la lingua in profondità nella
bocca di Harry, che si
aprì per accoglierlo come se in vita sua non avesse fatto
altro e
contemporaneamente torreggiando per poter ricambiare con altrettanta
veemenza.
Ma
non era una posizione soddisfacente e allora Harry lo tirò
lontano dalla porta
piazzandogli una mano alla base della schiena e facendolo slittare sul
tappeto
per spingerlo contemporaneamente sdraiato con il solo impeto del bacio:
l’unica
accortezza che ebbe fu quella di riparare la testa di Draco con la
seconda mano
perché non si facesse male; gli si mise cavalcioni, ma
ancora non bastava e la
distanza era davvero troppa per non essere gelosi dell’aria
che li divideva.
Così
Draco interruppe il bacio per far scorrere i denti sulla gola di Harry
e ne
approfittò per dare un colpo di reni che lo portò
sopra al moro e ora andava di
sicuro meglio, con le gambe intrecciate e molte parti dei loro corpi a
contatto
e la lingua di velluto di Draco che leccava Harry per strappargli la
sanità
mentale attraverso i pori della pelle, facendolo inarcare sotto di
sé per avere
ancora più contatto, ancora più Draco addosso.
Draco
si fece spazio scansando il colletto del serafino di Harry e ne
sganciò i
bottoncini per avere maggior pelle a disposizione: parve soddisfatto di
poter
suggere la clavicola che affiorava una volta slabbrato il cotone.
Harry
uggiolò di piacere e alzò la maglia di Draco per
affondare i polpastrelli nei
muscoli dorsali in quello che sarebbe potuto sembrare un massaggio se
non fosse
stato troppo spasmodico per essere definito tale.
Pareva
che non riuscissero a trovare requie, che niente fosse abbastanza, e
quindi
finirono per aggrovigliare le magliette in alto senza avere il
raziocinio di
sfilarsele, perché in tal caso avrebbero dovuto separarsi
troppo e troppo a
lungo.
Harry,
probabilmente perché trovava inaccettabile non assaggiare
Draco in posti che
prima gli erano stati irraggiungibili, ribaltò le loro
posizioni e si dedicò a
leccare lo sterno e l’addome del biondo, che in cambio ne
graffiò la schiena
mugolando la sua approvazione a quanto gli veniva fatto.
Fu
quando Harry risalì per baciare nuovamente Draco sulla bocca
che entrambi
presero coscienza, con uno strusciamento che inviò scariche
elettriche ai loro
nervi, delle rispettive parti basse.
La
presa di coscienza si tradusse per Harry in un verso a metà
tra un singhiozzo e
un muggito, accompagnato da un movimento ampio, deciso e oscillatorio
del
bacino; Draco invece lasciò totalmente perdere la schiena
dell’altro e gli
infilò di prepotenza entrambe le mani dentro i jeans, sotto
i boxer: se le
riempì delle natiche di Harry per aumentare la frizione di
quell’oscillazione,
premendosi contro il corpo del moro.
Questa
mossa soddisfò entrambi e cominciarono a ripeterla con
l’unica variante di
Harry che si puntellò con le mani ai lati della faccia di
Draco per poterlo
baciare a fondo: fu ancora meglio, perché
l’inclinazione dei due corpi fece
aderire meglio le loro erezioni e impresse più violenza agli
affondi di Harry.
La
luna era tramontata, nella stanza regnava il buio ma i due ragazzi non
avevano
bisogno della vista, guidati come erano dalle sensazioni e dai loro
respiri
affannati, soprattutto quando le spinte non furono abbastanza e Harry
si decise
a staccarsi rotolando su un fianco: fu come strapparsi una maglietta
bagnata di
dosso, ma ora poteva arrivare alla patta dei pantaloni di Draco,
perché il
ragazzo lo aveva seguito nel movimento e giacevano sdraiati uno di
fronte
all’altro, le mani che lottavano contro cerniere e bottoni e
stoffa, quel tanto
che bastava per arrivare ad afferrare, a carezzare, a palpare.
Si
dovettero aggiustare dimenandosi un po’ per raggiungere il
vicendevole miglior
contatto, ma trovarono ben presto il giusto compromesso tra distanza
fra i loro
corpi e capacità di movimento delle mani.
Le
loro magliette in quella manovra erano ridiscese a coprire gli addomi,
ma poco
importava dal momento che avevano entrambi conquistato un premio
più ambito,
più sensibile e più soddisfacente.
Avrebbero
dovuto prendersi il tempo per studiarsi e conoscersi, ma non ne avevano
la
capacità; rallentare non era più
un’opzione, moderarsi non più concepibile,
trattenersi neanche a parlarne.
Erano
quasi speculari: una mano nei capelli dell’altro stretta con
inconsapevolezza
quasi a impedirne la lontananza e una mano avvolta intorno alla parte
dei loro
corpi in cui tutto sembrava raccogliersi e concentrarsi: il calore, le
sensazioni, il movimento.
I
loro cuori sarebbero esplosi, i loro cervelli erano mesmerizzati,
poteva anche
essere che non avessero più confini fisici, a parte quei due
fulcri bollenti
che li ancoravano alla realtà con gesti sempre meno misurati
e più frenetici.
Non
finirono esattamente insieme, ma poco ci mancò: e
l’apice del godimento fu
talmente forte che non si accorsero di quel piccolo slittamento tra i
due
orgasmi mentre si inarcavano uno verso l’altro per ottenere
di più, quando più
di così non si poteva ottenere.
Draco
sporcò sé stesso e la mano di Harry, e
rotolò supino gemendo forte e tentando
di recuperare fiato.
Harry
macchiò il tappeto finendo prono proprio un secondo dopo che
il biondo aveva
liberato le proprie dita dall’intrico dei suoi vestiti, anche
lui boccheggiando
di piacere e dispnea: trascorse pochissimo prima che un pesante torpore
lo
avvolgesse: la rilassatezza dei muscoli e dei nervi lo cullò
trasportandolo
rapidamente tra le braccia di Morfeo.
Draco
senza guardarsi intorno si alzò e andò in bagno.
Draco
aprì gli occhi trasalendo, perché durante il
sonno aveva avuto la sensazione di
star precipitando, e scoprendosi a mollo nella vasca: l’acqua
era oramai poco
più che tiepida e trasmetteva un senso di fastidio alla sua
pelle, nonostante
fosse estate.
Si
afferrò la radice del naso tra indice e pollice con forza,
tentando di far
mente locale.
Ma
quanto aveva bevuto per essersi dimenticato della sera precedente? E
che ore
erano? E che ci facevano i suoi vestiti galleggianti a pelo
d’acqua?
Era
buio pesto e se era lì da solo significava che Potter doveva
al massimo
trovarsi nella stanza accanto.
Riprese
a far scorrere l’acqua calda; l’unica spiegazione
era che fosse entrato in
vasca vestito e si fosse spogliato solo dopo. Per le palle di Zeus,
doveva aver
bevuto come una spugna: sperava solo di non aver fatto qualcosa che
potesse
averlo messo in imbarazzo. Comunque, si sentiva stranamente
rilassato… E molto
insonnolito.
Si
sciacquò, più per riscaldarsi che per lavarsi,
visto che era rimasto immerso
per un tempo indefinito.
La
sbronza sembrava passata, almeno per quanto riguardava la coordinazione
motoria
e la lucidità, ma rimanevano quel senso di ovattata
distensione e la necessità
di dormire.
Lasciò
gli abiti bagnati in bagno e si asciugò pelle e capelli.
Quando
tornò in camera per recuperare un pigiama e mettersi a letto
vide
distrattamente il corpo di Potter riverso sul tappeto, la testa girata
dalla
parte opposta rispetto a dove si trovava lui, una mano vicino al viso e
l’altra
incastrata sotto lo sterno. Anche lui doveva aver bevuto parecchio per
essere
crollato addormentato in quel modo sul pavimento. Ma Draco sentiva il
bisogno
di dormire e non si perse dietro ad altre considerazioni: si
infilò il pigiama,
strisciò tra le lenzuola e sprofondò in un sonno
pesantissimo.
Harry
si destò di soprassalto con la sensazione che ci fosse
qualcosa di sbagliato.
Pur nella nebbia del risveglio capì abbastanza velocemente
cosa fosse: qualcosa
che si era seccato e rappreso nei suoi boxer.
Si
alzò carponi guardandosi intorno perché, se lui
si trovava lì, Malfoy non
poteva essere lontano; infatti lo vide nel suo letto, girato su un
fianco a
volgergli la schiena: aveva il respiro lento e pesante di chi sta
dormendo
profondamente.
Fu
istantaneamente orripilato dalla situazione: non ricordava niente, ma
era
abbastanza sicuro di essersi masturbato e poi di essersi addormentato
proprio
lì sul tappeto, sul luogo del misfatto.
Con
Malfoy nella stanza!!!
Chiuse
gli occhi, ondeggiando brevemente sotto la consapevolezza crescente di
quello
che aveva fatto.
E
dove diavolo erano i suoi occhiali? Tastò intorno, ma non li
trovò; recuperò
invece la propria bacchetta e con un flebile “Lumos
Minor” ne fece debolmente
illuminare la punta.
Appellò
gli occhiali, che afferrò come fossero un Boccino
d’Oro appena arrivarono alla
sua portata.
Subito
dopo provvide a lanciare incantesimi per pulire sé stesso, i
propri vestiti e
poi… Oddiomioavevasporcatoiltappeto!
Gettò
più “Evanesco” e “Gratta e
Netta” che in tutto il resto della sua vita e alla
fine la superficie risultò linda.
Gli
fu impossibile ricostruire l’accaduto, non ricordava niente;
ma cosa gli
avevano dato da bere? E, soprattutto, quanto?
L’unica
cosa che riuscì a capire fu che Malfoy non aveva colto cosa
fosse successo,
altrimenti Harry si sarebbe ritrovato morto. O, peggio, preso in giro
per il
resto della sua vita. Se Malfoy ronfava beato nel suo letto, allora
la… Ehm,
distrazione che Harry si era preso doveva essere accaduta dopo che
l’altro si
era addormentato.
“Harry,
ogni tanto qualche botta di fortuna capita anche a te”, si
disse, a metà strada
tra la mestizia e il divertimento.
In
ogni caso, avvertiva ancora la necessità di dormire:
seguendo l’esempio del suo
compagno di stanza si cambiò infilandosi il pigiama e si
accomodò tra le
lenzuola, sprofondando in un sonno profondissimo subito dopo aver
posato gli
occhiali sul comodino.
-Ma
Hermione-, si lamentò Ron. -Potrebbero essere morti!-
Hermione
si tenne la testa tra le mani, premendo con forza gli indici e i medi
sulle
tempie.
-Ronald,
abbassa la voce se non vuoi che ti silenzi con un incantesimo-, lo
ammonì. -Se
sei così preoccupato vai a controllare-.
Il
rosso indietreggiò negando che avrebbe fatto una cosa del
genere con il rischio
di trovarsi davanti a scene che non sarebbe più riuscito a
cancellare dalla
propria mente. Girò speranzoso gli occhi su Blaise, che
però scosse la testa.
-Non
entrerei in quella camera neanche in catene: che stiano succedendo cose
belle o
cose brutte, non voglio finirci in mezzo. Uh, arriva Pansy con i
biscotti!-
Ron
sussultò e diventò rosso come un peperone fino
alla radice dei capelli,
assomigliando a una grossa e impacciata Salamandra di Fuoco.
Hermione
lo studiò assottigliando gli occhi: tutti si erano
risvegliati con un motivo di
imbarazzo riferito alla sera prima e un gran mal di testa, ma oramai
era
pomeriggio inoltrato ed erano scesi a patti con quello che era
successo. Solo
Ron persisteva in quel suo atteggiamento di disagio appena Pansy
compariva
nella sua sfera personale; ma dal modo in cui la guardava sembrava che
sotto il
disagio covasse la gioia.
Avevano
trascorso una giornata in un ozio indolente a smaltire gli effetti
della sera e
notte precedente, aspettando che Draco e Harry facessero la loro
apparizione;
tuttavia all’ora del tè ancora di loro non vi era
traccia.
Pansy
entrando lanciò un’occhiata nella stanza,
individuò Hermione, posò i biscotti
sul tavolino e le fece cenno di seguirla: aveva impiegato un certo
lasso di
tempo a rovistare nella dispensa per recuperare i dolcetti, tempo che
le era
servito per racimolare il coraggio della confessione; del resto, era
convinta
di non poter scantonare oltre, di sicuro Hermione aveva intuito
qualcosa, era
troppo intelligente per non aver riconosciuto i sintomi e gli effetti
collaterali della pozione che lei a cena aveva versato nel succo di
zucca.
E
come si era aspettata, Hermione non la prese bene.
Pansy
tentò comunque di minimizzare.
-Andiamo,
Hermione, ne avevamo tutti bisogno! Ron era teso come una corda di
violino,
Ginny aveva l’atteggiamento di chi aspettasse un attacco alle
spalle e Blaise…-
-Discuteremo
un’altra volta dell’etica di drogare i tuoi amici a
loro insaputa-, sentenziò
l’altra di rimando, con una smorfia rigida.
Pansy
stava per dirle che in realtà, a vari livelli, questo
accadeva abbastanza
spesso tra i Serpeverde senza grandi conseguenze e senza che nessuno ne
facesse
una tragedia, però si rimangiò la frase sul
nascere: Hermione assomigliava
pericolosamente alla McGranitt e a Pansy la severa professoressa aveva
sempre
istillato un certo timore.
Era
evidente lo sforzo che Hermione stava compiendo per andare avanti nella
discussione.
-D’altronde,
non posso biasimarti, perché… Perché
anche io ho fatto lo stesso: ho corretto
le bevande di Harry e Draco con del Distillato Sviante-, sbotto tutto
d’un
fiato: via il dente, via il dolore.
Tralasciando
il resto, si guardarono spaesate, senza il coraggio di dar voce ai loro
pensieri: cosa sarebbe sortito fuori da quella combinazione?
“Niente
di buono, sospetto”, si risposero entrambe.
Forse
era meglio se qualcuno fosse salito a controllare.
Era
toccato a Luna, alla fine: era montata a cavallo di una scopa e aveva
spiato la
situazione da fuori della finestra, riferendo che i due dormivano
tranquillamente,
ognuno nel proprio letto, come due bambini. Li aveva definiti
“teneri”.
Hermione
e Pansy strinsero le labbra in un’espressione scontenta e
delusa: non era
servito a niente.
Harry
stava sognando: era a cavallo della sua amata scopa e stava andando a
salvare
Malfoy legato al pinnacolo; ma quando arrivava alla giusta altezza,
Malfoy era
vestito con uno smoking ed era per niente incazzato: anzi, gli stava
sorridendo
mentre gli diceva: “tu lo sai cosa succederà,
è come se fosse già successo”;
poi Malfoy si tirava la maschera da Mangiamorte sul viso e gli sfilava
la scopa
da sotto; mentre Harry precipitava sentiva Malfoy che parlava:
“il problema non
è la caduta, ma l’atterraggio”; a quel
punto Harry si schiantava sul tappeto,
che però era morbido, e non si faceva male: si trovava nella
camera della villa
di Blaise e accanto a lui c’era la maschera da Mangiamorte;
Harry la prendeva e
mentre la indossava entrava Hermione che tirava fuori una sciarpa con i
colori
di Serpeverde e gli raccomandava di imparare cosa si provasse a stare
dietro le
maschere degli altri; a quel punto il tappeto prendeva vita e si
avvolgeva
intorno a Harry che iniziava a dibattersi nel tentativo di liberarsi
e…
Una
mano lo scosse con fermezza.
-Se
continui ad arrotolarti così nelle lenzuola finirai per
strangolarti. E i tuoi
amici daranno la colpa a me per la tua morte. E anche Voldemort
darà a me la
colpa della tua morte. Un sacco di gente si incazzerà.
Questo mi renderà
piuttosto difficile continuare a vivere. Dato che vivere mi piace,
potresti per
favore stare fermo in modo che io possa liberarti?-, disse Malfoy in
tono
piatto.
Harry
aprì un occhio nella luce che entrava obliqua e bassa in
stanza e guardò verso
il Serpeverde tentando di metterlo a fuoco con scarsi risultati,
riuscendo a
realizzare solo di trovarsi dalla parte sbagliata di una bacchetta
puntata
contro di lui.
Tuttavia,
prima che potesse reagire, Malfoy bisbigliò un incantesimo e
le lenzuola si
ricomposero sul corpo di Harry come se il letto fosse appena stato
rifatto da
mano invisibili. Il moro allungò una mano verso i propri
occhiali senza
profferir verbo e, solo dopo averli inforcati, riportò la
sua attenzione sul
viso dell’altro: Malfoy, vestito di tutto punto e in ordine,
lo osservava con
un’aria a metà strada tra il puerilmente divertito
e il canzonatorio. Harry
pensò che fosse bello come una statua marmorea, ma si tenne
quel pensiero per
sé e si limitò a dargli un buon giorno che
suonò alle sue stesse orecchie più
cordiale di quanto si aspettasse: per un attimo il ragazzo sdraiato
guardò
quello in piedi e percepì una sorta di appagamento, come se
qualcosa fosse
andato al proprio posto senza sapere cosa e quando.
Si
sorrisero, complici, e si stupirono di quella complicità:
per cui, entrambi la
ritirarono indietro e tentarono di intavolare una conversazione
spicciola.
-Sembra
tardi-, buttò lì Harry alzandosi.
-In
effetti è tardi, abbiamo dormito per
gran parte della giornata: ieri
sera dobbiamo aver bevuto molto-.
Rimase
un qualcosa di sospeso nell’aria, come se Malfoy si
aspettasse una conferma da
Potter, il quale lo accontentò.
-Immagino
di sì-, disse, recuperando il sorriso di poco prima, anche
se incerto. Si passò
una mano tra i capelli, riavviandoli all’indietro e gonfiando
il torace mentre
si stiracchiava. Lo sguardò di Draco vagò per una
frazione di secondo e si
assottigliò impercettibilmente.
-Preparati-,
lo esortò senza animosità. -Ho fame e voglio
scendere dagli altri-.
Lo
seguì quindi in bagno e si accomodò su uno
sgabello vicino alla porta,
appoggiandosi con la schiena al muro: sembrava stranamente rilassato.
-Ehm-,
tentò Harry.
-Sì?-
-Non
c’è bisogno che stai qui mentre mi lavo.
Puoi… Sai, puoi aspettarmi di là-,
concluse Harry con un’increspatura di imbarazzo. Non era la
vicinanza di Draco
a metterlo a disagio: era il fatto che il biondo sembrasse, cazzo, mansueto.
Forse stava architettando qualcosa di maligno.
Malfoy
sorrise.
-Ve
bene così. Intanto possiamo fare due chiacchiere-.
Dentro
di sé, Draco sobbalzò, pur riuscendo a mantenere
all’esterno un’aria
compassata: che gli succedeva? Sembrava che Potty lo avesse di nuovo
trascinato
in quel gorgo di bontà sentimentale come quando erano usciti
insieme; solo che
adesso Draco ci si sentiva… A proprio agio. Tentò
di ignorare il tutto e
cominciò a parlare a caso, anche per eliminare dalla faccia
di Potter quel
sentore di sospetto: lo infastidiva, ecco, gli sembrava un passo
indietro
rispetto a… A che cosa? Ma che gli era successo durante la
notte?
-Quindi…
Uhm… Combatti il male?-
Forse
non era stato un esordio impeccabile.
Harry
lo guardò perplesso, l’acqua che gli gocciolava
dal viso appena lavato: Malfoy
tentava di fare della conversazione?
Draco
però fraintese la sua espressione, pensò che
forse non era il caso di
affrontare quell’argomento, con la storia di suo padre che
aveva tentato di
ucciderlo e sua zia che gli aveva ammazzato il padrino.
Fu
in quel momento che gli cadde lo sguardo sugli occhiali
dell’altro.
-Hai
mai pensato di eliminare quei cosi? Non ti da fastidio essere mezzo
cieco
quando non li indossi?-
Harry
abbandonò la perplessità e gli rispose: da quando
si era risvegliato si
sentiva, sorprendentemente, molto a suo agio con l’altro;
qualunque cosa stesse
spingendo Draco a interagire, era una piacevole novità.
-Certo
che mi da fastidio, ma al San Mungo mi hanno detto che bisogna essere
maggiorenni per potersi sottoporre all’incantesimo di
guarigione che mi fa
recuperare la vista del tutto; l’anno scorso mi spiegarono
che devo apporre
delle firme: lo potrebbero fare i miei tutori, ma visto che i miei zii
sono
Babbani non possono assumersi questo incarico; non che lo farebbero,
eh. In
ogni caso, fra poco compirò diciassette anni, me ne
andrò da quella stupida
casa, butterò i miei stupidi occhiali e andrò
incontro al mio stupido destino-.
C’erano
così tanti punti dolenti in quella breve spiegazione,
entrambi lo sapevano: il
suo tutore mago morto, i suoi orribili zii e l’orribile vita
che aveva fatto,
lo spettro della morte per mano dell’Oscuro Signore.
Proseguire quella
chiacchierata poteva diventare complicato: dovevano letteralmente fare
lo
slalom tra le questioni spinose, sia esplicite che implicite.
Harry
se ne rese improvvisamente conto e volse le spalle a Draco con il
pretesto di
asciugarsi il viso e preparandosi mentalmente a incassare la frase
successiva.
Draco
rimase a guardare la schiena nuda e stranamente graffiata di Harry, si
accigliò
pensieroso e domandò di getto quello che gli stava passando
per la testa.
-Hai
paura per quello che accadrà?-
Neanche
finsero di non sapere a cosa si stesse riferendo.
-Sì-,
confessò Harry con il viso contro il tessuto di spugna. -E
vorrei che tutto
fosse diverso: vorrei poter girare le spalle a questa cosa e forse lo
farei, se
non sapessi con assoluta certezza che non risolverei sicuramente
niente:
Voldemort non mi lascerebbe comunque in pace, neanche se giurassi di
non
volerlo combattere. A volte mi pare di essere sopravvissuto solo per
questo:
per mettere fine alla sua follia-. Si voltò verso Draco e lo
fissò con improvvisa
aria di sfida. -E puoi avere tutte le idee da Purosangue che vuoi, ma
non dirmi
che non è folle-.
Vibrava,
Harry.
Vibrava
di tale furioso convincimento che Malfoy si ritrovò senza
possibilità di
replica: quando suo padre parlava dell’Oscuro Signore aveva
negli occhi una
sorta di calcolato invasamento; ma gli occhi verdi di Harry
sfolgoravano di
giusta ira, di giusta certezza.
Draco
si ritrovò privo di una risposta adatta, ma
archiviò quel momento dentro di sé
per rifletterci in seguito: per la prima volta tentennò sul
proprio ipotetico
schieramento, ma non lo volle ammettere neanche a sé stesso.
-Ho
lo stomaco troppo vuoto per parlare di cose tanto serie-,
Replicò invece con
tranquillità. -Che ne dici se scendiamo e ne riparliamo in
un altro momento?-
Harry
rimase in silenzio qualche momento, poi spianò le rughe
della propria fronte e,
un po’ incerto, acconsentì; dopo essersi vestito
si avviarono al piano di
sotto.
Hermione
li stava osservando di sottecchi: quei due erano arrivati poco prima di
cena;
le sembravano… Strani. La ragazza si disse che avrebbe
dovuto trovare un
termine più adatto, non era da lei essere tanto vaga e
generica, ma davvero non
riusciva a inquadrarli, soprattutto non con Blaise che le accarezzava
il palmo
della mano con il pollice, in un tocco tanto leggero quanto
coinvolgente.
Gli
rivolse un sorriso mesto.
-Hanno
perso quasi tutto il sabato, e la situazione non sembra essersi smossa
in
maniera significativa-, commentò.
Ma
lui le rivolse un sorriso che, di contro, era rassicurante.
-Per
questo dopo aver mangiato andremo tutti fuori nel parco a vedere le
stelle: è
una cosa molto romantica e rilassante, sortirà qualche
effetto. Anzi, meglio:
mangeremo direttamente lì, come un pic-nic-.
Lei
arrossì: la sera precedente l’osservazione delle
costellazioni da parte di loro
due era presto stato abbandonato e la volta celeste era solo stata
spettatrice
di uno spettacolo ben molto meno contemplativo e ingenuo.
-Come
le abbiamo viste noi?-, domandò sottovoce guardandolo da
sotto le ciglia
abbassate.
Lei
voleva apparire imbarazzata, lui la trovò splendida e
seducente.
-Ammetto
che la frase “farti vedere le stelle” non sia il
massimo della galanteria, in
una sua accezione; ma i miei intenti di ieri sera erano innocenti. O
almeno lo
credevo; ritrovarsi al buio con te è stato un po’
più travolgente di quanto mi
aspettassi-.
Hermione
si disse che si sarebbe dannata prima di dirgli della pozione nel succo
di
zucca: lei e Pansy avevano giurato di portarsi quel segreto nella tomba.
Le
era piaciuta come era finita la serata. Però come sarebbe
andata senza a
pozione?
Blaise
interruppe le sue insicure considerazioni.
Le
stava rivolgendo un sorriso di quelli da far tremare le ginocchia.
-Questa
sera ho intenzione di portarvi tutti fuori, e osserveremo davvero il
cielo: ho
dei telescopi incantati che possiamo usare. Ma non ho niente in
contrario se
poi noi due decideremo di allontanarci; o, meglio ancora, di tornare in
camera-, concluse infondendo al sorriso tanta malizia da colmare la
mente di
Hermione espellendo ogni reticenza, e si chinò a baciarla.
Draco
gettò uno sguardo alla sala, adocchiando il suo amico che
baciava la Granger e
Pansy che, molto meno morigerata, era letteralmente seppellita con il
viso nel
collo di Lenticchia.
-Potter,
devono essere successe un sacco di cose ieri notte, mentre io e te
dormivamo.
Ci siamo persi il fulcro dell’azione, a quanto pare.
Cos’hai da sorridere?-,
chiese girandosi a guardarlo.
-Niente.
Sono solo felice per i miei amici. Tu no?-
-Mhmmm-,
fu la sibillina risposta di Draco. -Vieni, andiamo a sentire cosa
c’è per
cena-.
Ghisten
aveva, su richiesta di Blaise, preparato una cena al sacco che aveva
provveduto
a caricare su una specie di grande carretto, posto appena oltre la
soglia di
casa e ricolmo di coperte e tovaglie, torce dal lunghissimo manico,
cestini,
bottiglie, frutta, telescopi, cuscini.
Non
appena Harry e Draco avevano raggiunto gli altri, era stato loro
spiegato che
avrebbero mangiato in una particolare radura nel parco, invece che a
tavola.
Harry
a quel punto aveva appellato da camera sua la scatola deluxe di Fuochi
Forsennati Weasley e l’aveva aggiunta alle cose
già presenti sul carretto.
Ron
si era avvicinato tutto contento: adorava i fuochi
d’artificio dei suoi
fratelli.
-Miseriaccia,
Harry, che bella idea portarli!-, si era complimentato incuneandosi fra
il suo
amico e Malfoy, che si era scansato infastidito da quella presenza: il
biondo
dal suo risveglio si sentiva stranamente restio ad allontanarsi da
Potter.
Sfortunatamente per lui, Weasley non sembrava averlo notato. Draco era
ancora
più infastidito nel notare come Potter si fosse visibilmente
rilassato quando
Lenticchia gli si era appeso a una spalla per poter sbirciare la
confezione
colorata.
-Ma
sono quelli deluxe!-, aveva aggiunto il rosso pieno di entusiasmo
infantile,
rimanendo appoggiato a Harry e senza che quest’ultimo desse
segno di volerselo
levare di dosso.
Draco
stava già aprendo la bocca per insultare il responsabile di
quell’intrusione,
quando Pansy si era avvicinata.
Draco
le aveva sorriso: la cavalleria stava arrivando: certo ora la sua amica
avrebbe
rimesso al suo posto Weasley.
Pansy
invece si era avvicinata all’altro lato di Harry, prendendolo
a braccetto ed
esclamando deliziata che aveva sempre voluto provare ad accenderne uno:
Harry
non aveva fatto una piega per quel comportamento inusuale.
Anzi,
i due Grifondoro avevano iniziato a spiegarle nel dettaglio il
funzionamento
dei fuochi d’artificio e il trio si erano messo in marcia
dietro al carretto
che aveva cominciato a muoversi da solo. Draco invece era rimasto
impalato,
lasciandosi superare dal resto della compagnia, per lo meno fino a che
Blaise
non gli si era affiancato per un momento: teneva un braccio intorno
alla vita
di Hermione, la quale guardava verso il gruppo di persone che si
spostava pigramente
facendo del suo meglio per passare inosservata e disinteressata a
quanto Blaise
stava dicendo.
La
voce del suo amico era carica di affetto e comprensione mentre parlava
a Draco,
ripetendogli quello che gli aveva già detto durante la
scuola, intanto che
tutti e tre si accodavano agli altri, perché Draco non
poteva restare più di
tanto indietro per rispettare la regola dei tre metri.
-Noi
siamo andati oltre le apparenze e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo
pensato di
dover ereditare il pensiero dei nostri genitori: non voglio discutere
ora se le
loro posizioni siano giuste o sbagliate. Dico solo che forse dovremmo
crearci
un pensiero nostro e decidere noi stessi a cosa dar peso e a cosa no.
Indipendentemente dalle scelte che alla fine prenderemo,
l’importante è sapere
di averle prese da soli e non per retaggio-.
Solo
a quel punto Hermione aveva parlato, continuando però a
tenere gli occhi
puntati verso gli altri che li precedevano.
-Ricordo
che al quarto anno Pansy tentò di nascondere quanto le
piacessero i puledri di
unicorno per non dare soddisfazione a Hagrid: così
rinunciò ad avvicinarsi per
accarezzarli. Mi ha confessato alla fine dell’anno scolastico
che le è
dispiaciuto tantissimo e che rimpiange di non essersi avvicinata,
perché da
allora non è più riuscita a vederne.
Così le ho promesso che l’anno prossimo
chiederò a Hagrid di fargliene incontrare uno-.
-Non
colgo il punto-, ribatté Draco atono.
-Il
punto è che non vale la pena di rinunciare a qualcosa che si
desidera per
mantenere una posizione. Anche perché a volte non si hanno
seconde occasioni-,
rispose serena.
Poi
la coppia, accelerando il passo, raggiunse il resto del gruppo senza
aspettar
replica e Draco si risolse a seguirli a breve distanza in silenzio e
lentamente.
Così,
arrivò alla radura per ultimo e scoprì con
disappunto che tutti gli altri avevano
subito cominciato a darsi da fare per sistemare il posto: oltretutto
parevano
molto soddisfatti di farlo senza la magia.
Che
rozzi.
Le
ragazze sistemavano le stoviglie, il cibo e le bevande, i cuscini e le
coperte:
ridevano e scherzavano tra di loro.
Blaise,
Michael Corner e Weasley stavano piantando le lunghe torce nel terreno
tutto
intorno e anche loro sembravano divertirsi.
Harry…
Harry era fuori dal cerchio di torce, sulla sinistra di Draco, con
Terry Boot,
e stavano approntando i telescopi: li avevano posizionati a una certa
distanza
gli uni dagli altri e li stavano mettendo a fuoco; in quel momento
erano chini
entrambi sullo stesso, le loro teste si alternavano
sull’oggetto e discutevano
di qualcosa che non arrivava alle orecchie di Draco, il quale comunque,
trovandosi entro tre metri, poteva vedere gli occhi di Harry brillare
alla luce
dei fuochi delle torce e di divertimento, mentre rideva a una frase di
Boot.
Era
la qualità della mimica di Potter a stupirlo: di nuovo
così poco guardinga,
diversamente da quando stava con lui. Draco sapeva molto di Potter, lo
aveva
pedinato e spiato e studiato, gli aveva infilato la lingua quasi
nell’esofago. Sapeva
di piacergli fisicamente. Ma cosa aveva lasciato che Harry gli
concedesse in
quanto a spontaneità? Nella sua testa Draco sapeva
razionalmente di non poter
esigere che Harry fosse spontaneo e volutamente indifeso nei suoi
confronti:
cielo, non appena lo aveva fatto Draco aveva tentato di distruggerlo.
Tuttavia
lo contrariava che così non fosse, perché era
così che lo voleva, soprattutto
da quando si era svegliato poco prima. E voleva piacergli, nel senso
vero del
termine.
Forse
non era pronto ad ammettere cosa provava lui nei confronti di Harry, ma
sapeva
cosa voleva che Harry provasse nei suoi. La cosa lo spiazzava e tentava
di non
elaborarla, ma non è che riuscisse a ignorarla.
In
quel momento Terry Boot appoggiò una mano tra le scapole del
Grifondoro e lo
fece chinare, spingendolo dolcemente, verso il telescopio, mentre
l’altra
circondava Harry per poter arrivare al focheggiatore: in tal modo la
bocca di
Boot fini veramente troppo vicina all’orecchio di Potter.
Non
era niente, davvero: questo si disse. Solo due compagni di scuola in
vacanza
insieme che guardano insieme in un telescopio. Niente di importante. Se
lo
ripeté. Ma, prima di averci riflettuto, Draco aveva tirato
fuori la bacchetta e
aveva lanciato una silenziosa fattura in direzione della caviglia di
Boot:
sentì il ragazzo sbottare in una sorpresa esclamazione
dolente.
-Ahi!
Qualcosa mi deve aver punto!-, strillò Boot buttandosi
seduto sull’erba e
portandosi entrambe le mani subito al di sopra della scarpa.
Draco
rinfoderò furtivamente la bacchetta, mentre
l’attenzione di tutti si rivolgeva
al Corvonero; Harry si chinò a fare luce e vide che la
caviglia si stava lievemente
gonfiando intorno a quello che in tutto e per tutto sembrava una
puntura o un
morso di insetto.
-Vieni-,
disse, -dobbiamo portarti su una delle coperte, così potremo
curarti. Ecco, ti
aiuto io-, aggiunse, portandosi una mano di Boot oltre le spalle e
passandogli un
braccio intorno alla vita: lo tirò su quasi di peso e si
incamminarono verso
gli altri che stavano sopraggiungendo.
Draco
guardò quella scena scurendosi in volto, ma si impose
un’espressione
partecipativa e fece cerchio intorno a Boot come il resto del gruppo.
Non
sapendo quale insetto lo avesse colpito, si limitarono a mettere un
po’ di
ghiaccio e Blaise chiamò Ghisten e gli fece portare un
balsamo sfiammante.
Draco
era poco soddisfatto del risultato, perché aveva solo
ottenuto che Potter,
fosse maledetto il suo complesso dell’eroe, stesse intorno a
quel Corvonero: a
quanto pareva si incolpava di quanto era successo perché era
stato lui a
chiedere a Boot che lo aiutasse.
-Terry,
mi dispiace-, stava ammettendo in quel momento, con gli occhi verdi che
fissavano l’altro, intenti e sinceri. Gli si era seduto
accanto, le gambe
incrociate, i polsi appoggiati sulle cosce.
-Ma
figurati-, rispose Boot con leggerezza, posandogli il palmo della mano
su un
ginocchio per rinfrancarlo. -Sono cose che capitano, sta già
passando-.
Draco
si pentì di non avergli amputato un piede. Tentò
di ricordarsi cosa aveva
scritto tempo addietro sul Diario di Guerra riguardo alle persone
inopportune e
invadenti: all’improvviso il suo quadernuccio gli parve
puerile perché al
momento voleva solo staccare la mano di Terry Boot dal suo braccio e
poi
ficcargliela in gola. Si fottessero le strategie.
Sussultò
quando la voce di Pansy fluttuò melliflua al suo orecchio.
-Geloso?-,
bisbigliò lei.
-Col
cazzo-, sibilò lui di rimando, subito trincerandosi dietro
ai vecchi e rodati
comportamenti. -È solo che sono abituato a primeggiare, e
non mi farò battere
da un cocco dei professori-.
Pansy
gli mostrò i denti in un sorriso tutto incoraggiamento e
comprensione.
-Allora
fagliela vedere, Principe delle Serpi-
Oh,
certo che gliela avrebbe fatta vedere.
Harry
desiderava che quella serata non finisse mai.
Due
ore prima Draco si era seduto tra lui e Boot e da allora era
stato… Be’ era
stato come quella sera a Hogsmeade: aveva avvolto
Harry in una bolla di
benessere e complicità e Harry ci era andato alla deriva,
cullato dalle onde
della malizia scherzosa di Draco, dai suoi racconti, dalle sue domande;
il
Grifondoro non si era neanche accorto di come Draco lo avesse isolato
dagli
altri, della faccia scontenta di Boot, delle occhiate di intesa che
Hermione e
Pansy si erano scambiate, di come Ron si fosse avvicinato solo per
essere
intercettato da Ginny che lo aveva trascinato altrove.
Intorno
a loro le persone scherzavano, mangiavano e bevevano, ammiravano il
cielo con i
telescopi, facevano capriole sull’erba e, che Harry fosse
dannato, ci sarebbero
potuti essere i Mangiamorte a intonare canti natalizi a luglio per
quanto poco
gliene fregava di cosa accadeva al di fuori dello spazio che occupavano
lui e
Draco.
Si
accorse di desiderarlo in una maniera diversa da prima: con la stessa
bramosia,
ma come se conoscesse già il corpo di Draco; si disse che
già una volta era
caduto nella trappola di quel Draco disponibile e aperto e
apparentemente inoffensivo
e il suo cuore dopo era stato spezzato; si raccomandò
prudenza e funzionò forse
per la prima mezz’ora, fino a che Draco gettò la
testa indietro ridendo, i
capelli che riflettevano la luce calda delle torce e la gola scoperta e
il
petto che sussultava per le risate.
-Vuoi
dirmi che quel coglione in completo lilla si è automutilato
il cervello
lanciando un Oblivion con la bacchetta di Weasley? Oh, cosa non avrei
dato per
esserci…- (*)
Harry
lo seguì nel suo divertimento, anche se si sentì
in dovere di puntualizzare che
nel complesso era stata una bell’avventura di merda che non
avrebbe mai voluto
ripetere.
Draco
prese un sorso dal suo boccale di birra e commentò qualcosa
sulla dura vita
degli eroi, ma Harry si perse le parole, perché stava
fissando un accenno di
schiuma sul labbro superiore di Draco e smaniava dalla voglia di
leccarla via.
Così non rispose e tra di loro scese un silenzio disteso e
condiviso,
interrotto poco dopo da Ron che chiamava il suo amico perché
accendessero i
Fuochi Forsennati Weasley.
-Sei
richiesto-, interloquì Draco.
Harry
annuì e si alzò in piedi, dopo di che gli tese
una mano.
-Vieni,
ti piaceranno i fuochi d’artificio (**)-,
propose dolcemente. -Ti aiuto
ad alzarti-.
Draco
guardò a lungo e intensamente quella mano, come se potesse
nel contempo sia
trarlo in salvo che azzannarlo.
-Ce
ne hai messo di tempo-, commentò criptico, stringendola e
venendo quindi tirato
in piedi con slancio.
Il
gruppo si allontanò dal cerchio di luce delle torce e Harry
distribuì un fuoco
d’artificio a testa, dopo di che si sparpagliarono per
poterli accendere in
sicurezza.
Draco
notò che il moro era rimasto senza e gli venne naturale
proporgli di stare
accanto a lui e accenderlo insieme: parve molto interessato quando
Harry
estrasse un massiccio accendino dalla tasca e ne fece scattare
l’apertura
metallica con un movimento rapido del polso; a quel punto il ragazzo
fece
scorrere l’accendino sulla coscia, contro i jeans, e la
pietra focaia incendiò
lo stoppino, alimentato dalla benzina.
Accorgendosi
dello sguardo incuriosito del biondo, il Grifondoro tese avanti
l’accendino.
-Sì,
lo so che di solito i fuochi d’artificio vengono accesi con
la magia-,
confessò. -Ma questo l’ho trovato l’anno
scorso nel parco dietro casa e mi è
sembrato un peccato lasciarlo lì; è
un’invenzione babbana, sai, ma può tornare
utile in momenti in cui non è consentito fare magie. Quindi
l’ho raccolto e
l’ho portato a casa: quando l’ho ripulito dalla
terra che ci si era incrostata
sopra ho visto il disegno e allora non ho potuto fare a meno di
tenerlo-.
Così
dicendo Harry girò la mano: su un lato dello Zippo,
argentato e opaco,
risaltava un disegno di un drago sorprendentemente simile a un Ungaro
Spinato.
-Per
i Babbani i draghi sono animali della fantasia-, aggiunse.
-Anche
i maghi hanno gli accendini, sai-, replicò Draco, tendendo
un dito. -Soltanto
che non hanno un aspetto così…-
-Moderno
e aggressivo?-, tentò Harry.
-Stavo
per dire “pratico”. Ma moderno e aggressivo si
adatta comunque. Dai accendi quel
fuoco d’artificio-, lo spronò quando una farfalla
multicolore fatta di
scintille e grande un metro passò sopra le loro teste.
Il
moro eseguì, poi con un altro movimento secco del polso fece
richiudere il
coperchio dell’accendino.
Risultò
che il loro era in realtà una fontana, che a Harry ricordava
molto i variopinti
getti di acqua che scorrevano dai centinaia di rubinetti della vasca
del bagno
dei Prefetti: in questo caso, però, il getto si muoveva dal
basso verso l’alto
e sembrava non esaurirsi mai: anche quando tutti gli altri fuochi
d’artificio
si furono estinti, e ci volle moltissimo tempo, la fontana
continuò a lanciare
per metri e metri in verticale le sue scie di scintille e luce:
guardandola a
lungo si aveva l’impressione che in mezzo ci si muovessero
delle figurette
animate. Harry in realtà più che altro
concentrato a guardare di traverso e
sottecchi Draco che fissava la fontana, archiviandosi nella memoria
ogni
sfumatura di colore che passava sulla pelle chiarissima, ogni
espressione di
infantile stupore, ogni battito delle palpebre.
“Cazzo,
pensavo che questo fine settimana potesse essere solo una breve
parentesi per
poi lasciarmi Draco alle spalle. Magari per rivalermi un po’,
magari per
rendermi conto che non è poi questa gran cosa. Invece mi sa
che sto finendo
impantanato fino alla gola”, fu la desolante presa di
coscienza che ebbe a un
certo punto.
Non
sarebbe successo niente, fra loro due: questo lo sapeva. Forse Draco
era
interessato a lui, forse no, molto probabilmente no, ma in ogni caso il
Serpeverde non si sarebbe sbilanciato e Harry avrebbe fatto bene a
ricordarselo: Draco poteva essere delizioso, ma sotto quella delizia
giacevano
schegge di vetro; se il biondo in quel momento si stava comportando in
quel
modo era solo per fare buon viso a cattivo gioco: scaduto il contratto
magico
sarebbe tornato tutto come era sempre stato, fatto salvo per la breve e
felice
parentesi che Draco aveva concesso prima di masticargli il cuore. Harry
sentì
ogni fibra del suo essere sfiancarsi: voleva lanciarsi avanti da bravo
Grifondoro, ma aveva anche molta paura; oh, se solo Draco gli avesse
fornito
qualche certezza…
Abbassò
lo sguardo sull’erba, mentre intorno a lui le persone
chiacchieravano e si
scambiavano aneddoti e battute, cose allegre e di poco conto:
incominciò a
rimuginare.
La
cosa non sfuggì a Draco, che stava raccontandogli di una
volta che si era perso
nella campagna intorno al maniero e aveva scoperto questa chiesa
babbana
abbandonata e lo aveva colto un acquazzone (***):
ecco che succedeva di
nuovo: lui si stava sforzando, ma sforzarsi non serviva a niente,
Potter
continuava a sfuggirgli, a prendere le distanze…
-Potter,
cazzo, ma la smetti di comportarti come una scimmia lobotomizzata?-
Si
era subito reso conto che la frase gli era uscita molto male, ancora
prima che
Potter alzasse gli occhi e lo incendiasse con lo sguardo.
-Sai
cosa? Vado dove sono meglio accetto!-, ringhiò alzandosi e
raggiungendo Boot
sul lato opposto della fontana.
Draco
non ebbe il tempo di ribattere o opporsi e, quando Lovegood prese il
posto di
Potter iniziando a snocciolare una serie di nomi di bestie troppo
fantastiche
anche per il Mondo Magico, non trovò in sé la
capacità di ribellarsi e si sorbì
quella lezione di fantamagizoologia da parte della Corvonero piuttosto
alticcia.
Parlando
con Boot, Harry si era rilassato: Boot era tranquillo, prevedibile,
innocuo.
Invece
l’ultima frase di Malfoy aveva dimostrato per
l’ennesima volta che la sua
lingua biforcuta non sapeva trattenersi dall’essere stronza e
insultante.
Da
dove Harry si trovava seduto in quel momento non poteva vedere Malfoy e
le cose
andavano bene così; sorrise, compiaciuto: oltretutto il
biondino non se ne
sarebbe potuto andare fino a che Harry stesso non lo avesse deciso e
Harry era
del tutto intenzionato a tenerlo in quella radura fino a che il culo
non gli si
fosse infradiciato di rugiada.
Trascorse
ancora un bel po’ di tempo prima che Harry si guardasse
intorno: a quel punto
il getto della fontana si era fortemente ridimensionato e si andava
esaurendo e
non erano rimasti in molti, dal momento che le coppiette si erano
appartate,
con pretesti più o meno plausibili.
Ron
e Pansy erano semplicemente andati via insieme abbracciati; Ginny e
Michael
Corner avevano avuto la decenza di aspettare che il fratello di lei
fosse
scomparso dalla vista prima di imboscarsi. Hermione e Blaise avevano
addotto la
patetica scusa di essere stanchi, ma nessuno ci aveva creduto e li
avevano
salutati con fischi di incoraggiamento mentre si incamminavano verso
casa.
Luna
e Megan stavano sdraiate sulla destra di Harry, un po’
discoste, a inventare
nomi nuovi per costellazioni improvvisate, come Scheletro Pendulo o
Scodella Di
Zuppa; ogni tanto Luna provava a convincere l’altra della
reale esistenza della
costellazione del Ricciocorno Schiattoso, con scarsissimi risultati.
Lui
era con Terry e questo voleva dire che… Girò lo
sguardo dalla fontana che
ancora gettava scintille e vapori e fiammelle, anche se a un livello
oramai
basso, e cercò intorno nella radura.
Draco
era in piedi, solo e rigido, in penombra, probabilmente al limite
massimo di
distanza consentito, con un’espressione tanto selvaggia sul
volto che Harry non
riuscì neanche a definirla collera.
Gli
rivolse un cenno beffardo con il mento, sentendosi in salvo solo
perché sapeva
che l’altro non poteva affatturarlo.
A
quel cenno le labbra di Draco si contrassero di furente oltraggio.
Harry
sentì il mostro nel suo stomaco fare le fusa di bieca
soddisfazione.
Mentre
Harry pensava che solo Malfoy sapeva condurlo tanto in basso ed esporre
le sue
azioni più meschine, Terry Boot, seguendo la direzione del
suo sguardo, parlò.
-Deve
essere un bel fardello portarsi dietro Malfoy per tutto il fine
settimana. Cosa
hai fatto di tanto orribile per meritarti una punizione del genere?-
Sarebbe
stato troppo complicato spiegare tutto, così Harry si
risolse a dire che era
solo uno scherzo sfuggito di mano.
-Be’,
forse la prossima volta potremmo vederci fuori dalla scuola senza la
tua
scorta-, buttò lì il Corvonero con
semplicità.
-Ah,
sì, certo-, annuì automaticamente Harry, prima di
spalancare gli occhi. -Cosa?-
Ma
Boot si stava alzando in piedi.
-Si
è fatto tardi, dovremmo rientrare-, propose prima di
rivolgersi alle ragazze.
-Luna! Megan! Diamo una sistemata e rientriamo!!-
Harry
stava per proporsi come aiuto per mettere a posto, quando si
sentì afferrare
poco al di sopra del gomito e poi riconobbe la familiare sensazione
della Smaterializzazione.
Atterrarono
in mezzo alla camera che condividevano.
Per
un attimo ebbero un fremito, non proprio un ricordo, quanto una
percezione che
non riuscirono a identificare; quindi Draco sigillò la porta
con un
Colloportus, gettò Incantesimi Imperturbabili tutto intorno
e poi si girò verso
Harry: aveva l’espressione disgustata di uno che avesse
assaggiato un fiotto
della propria stessa bile, e che la stesse per sputare in faccia
all’avversario.
Era
in collera, ma era anche gelido come una lama di ghiaccio.
Harry
fece l’unica cosa che sapeva avrebbe fatto ancora di
più imbestialire l’altro:
stette zitto e fece una smorfia di amaro sorriso; avrebbe preferito
ritrovare
quello stato di benessere condiviso di prima con il biondo, ma in
mancanza di
quello si sarebbe accontentato di vedergli le coronarie stroncate
dall’ira.
Anche
l’ira, in definitiva, era meglio di niente da parte di Draco.
Anche
i dispetti e le rappresaglie infantili erano meglio che lasciarselo
alle
spalle.
(*)
Il
coglione in completo lilla è ovviamente Gilderoy Allock e il
fatto a cui si
riferisce Draco accade nella Camera dei Segreti.
(**)
La
scena in cui i Fuochi Forsennati Weasley inseguono Draco è
presente solo nel
film; nel libro la cosa si svolge diversamente e Draco non viene
menzionato in
quel pezzo; così posso dedurne che non li abbia mai visti.
(***)
Vedi
la mia one-shot “Il discorso… Quel
discorso”.
E
quindi, succede ma non succede: non poteva essere così
semplice, vero? Un paio
di pozioni e tutto risolto…
Il
capitolo è anche un esercizio stilistico: descrivere tutto
il loro incontro fisico
senza che si scambino una parola, senza quasi che si legga un solo
pensiero… Da
contrapporre alla serata, densa di considerazioni personali e
chiacchiere. E la
loro parentesi in camera, divisa in due momenti, caratterizzati dalla
lentezza
e dalla delicatezza e poi dalla brama e dalla lussuria. E la chiusura,
speculare e opposta all’apertura.
Be’,
che dire, spero di essere riuscita a rendere bene per iscritto i miei
intenti.
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