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(La
coerenza latita, l’ottimismo tace)
«Non
so perché tu mi abbia seguito, Wheeljack, ma se è
per
cercare di rubarmi la Forgia e darla al tuo amico-»
«Non
è mio amico. Posso definirlo in tanti modi, ma non
è un
mio amico».
A distanza di
sicurezza da Darkmount, Smokescreen stava
avendo un confronto che se fosse stato per lui avrebbe evitato
volentieri.
Non poteva
dire di conoscere bene Wheeljack. Sapeva che era
un demolitore, sapeva che ci sapeva fare con le due spade che si
portava
appresso, sapeva che era stato amico di Bulkhead ma la cosa finiva
lì. Non
aveva avuto modo di stringere granché con lui
perché, quando era arrivato sulla
Terra, Wheeljack aveva già iniziato a fare comunella con
quel bel tomo di
Spectrus.
Ricordare il
modo in cui era finita la serata che aveva
passato insieme a loro due -lui e il resto del gruppo avevano avuto una
discussione e, arrabbiato, se n’era andato con Wheeljack e
Spectrus… finendo prima
ubriaco marcio a urlare che “voleva la femmina”,
per quel poco che ricordava,
poi nelle mani di Starscream. La sola cosa decente in
quell’occasione era stata
Spectra- inoltre non aiutava.
«Ah
davvero? Eppure mi pare di ricordare che te ne sia
andato con lui tempo fa e che fossi con lui oggi»
ribatté duramente l’Autobot
«Quindi di che stiamo parlando?! Lasciami in pace, non ho
tempo da perdere!»
«Sono
stato prigioniero dei Decepticon dalla distruzione
della base fino a oggi, sono rimasto coinvolto
nell’esplosione perché… ero
tornato per cercare di avvisarvi» disse il demolitore, con
parecchio imbarazzo
nel rendersi conto di come dovesse suonare la cosa «Sono
arrivato troppo tardi,
Spectrus aveva già fatto il lavoro. Fino a poco fa pensavo
anche che fosse
morto».
La prima parte
di quel che Wheeljack aveva detto combaciava
con i pensieri che Smokescreen aveva avuto vedendolo e nella
seconda parte, fino a quel giorno,
avevano creduto tutti quanti incluso se stesso; nulla di tutto
ciò però non
significava che potesse fidarsi.
«I
terrestri dicono che l’erba cattiva non muore mai, forse
hanno ragione, e ora-»
«Degli
altri sai qualcosa?»
«Potevi
pensarci prima invece di fare domande ora. Se anche
sapessi qualcosa non te lo direi» concluse Smokescreen, con
una durezza del
tutto comprensibile. Sembrava che l’esperienza vissuta negli
ultimi tempi lo
stesse facendo “crescere” un po’ in certi
aspetti.
«Capisco.
Immagino che al posto tuo farei lo stesso»
concesse Wheeljack.
“A
questo punto se voglio concludere qualcosa non mi resta
che applicare il protocollo dei demolitori e cercare di vedere se
Bulkhead ha
raggiunto il punto di raccolta”.
Non intendeva
provare a riavvicinarsi al suo ex compagno di
squadra e amico, gli sarebbe bastato controllare che stesse bene
-ignorando la
voce nel suo processore che stava gridando “Ipocrita!
Ipocrita! Vergogna!”- e
fatto ciò sarebbe andato per la propria strada come aveva
già deciso.
“Anche
oggi, un minimo
di coerenza la cercherai sotto la cuccetta domani”.
“Già”
pensò.
Capendo di non
aver modo di ottenere altro da Smokescreen,
decise di trasformarsi e andarsene via spingendo
l’accelerazione al massimo. In
un altro frangente avrebbe lasciato dietro di sé un gran
polverone ma in quella
le sue ruote sollevarono soltanto spruzzi di fango.
Lo stesso nel
quale sentiva di essere caduto, più o meno.
Guardò
per l’ultima volta Smokescreen dallo specchietto
retrovisore e fu solo per quel motivo che vide Spectrus arrivare alle
spalle
del giovane mech e coinvolgerlo in una brevissima colluttazione dopo
avergli
strappato dal braccio il Phase Shifter. Vide anche la Forgia di Solus
Prime
cadere a terra.
Mentre faceva
un testacoda da manuale riuscì a vedere
Smokescreen riuscire almeno a far saltare via la reliquia dalle mani di
Specter
con uno sparo, scagliandola a qualche metro di distanza, ma quello fu
il solo
successo che il ragazzo riuscì a ottenere prima di essere
colpito tra capo e
collo da un avversario decisamente più grosso e
più forte di lui.
“Dovrei
cercare di fare qualcosa” si disse, salvo avere una
breve esitazione sul tornare indietro o meno. Anche in quel caso non
c’entrava
la paura di qualche ripercussione ma solo il ricordarsi di aver
lasciato più
volte nelle peste qualcuno che fino a poco tempo prima aveva chiamato
amico
stretto.
Dilaniato
dalla sua stessa incoerenza, la breve esitazione
si allungò quel tanto che bastava a decretare la sconfitta
di Smokescreen.
Anche a quella
distanza riuscì a distinguere il movimento
delle palpebre metalliche di Smokescreen, in procinto di perdere i
sensi, e
delle sue labbra. Per un attimo ebbe l’impressione che stesse
guardando proprio
lui, rafforzata dal fievole segnale della presenza di un messaggio nel
suo
comm-link chiuso; dopo ciò Smokescreen iniziò a
cadere in avanti, ma venne
portato via prima ancora di cadere a terra.
La pioggia
aumentò, al punto che le sagome di rapito e
rapitore divennero presto confuse nonostante Wheeljack si fosse
riscosso dai
propri dubbi e si fosse deciso a tornare indietro, troppo tardi,
esattamente
come l’altra volta. Nel suo processore si affacciò
il pensiero che un giorno
avrebbero potuto scriverlo sulla sua tomba, “Sempre troppo
tardi”.
Si
trasformò, raccolse prima la Forgia e poi il Phase
Shifter -entrambe gocciolanti di fango, entrambe ripulite
dall’acqua pochi
istanti dopo- e, guardando entrambe le reliquie con aria assente,
aprì il
comm-link per ascoltare il messaggio.
“Sono
coordinate” comprese subito “E il messaggio
è proprio
di Smokescreen”.
Doveva
trattarsi di qualcosa di vitale importanza per averlo
prima spinto a Darkmount e poco dopo ad affidare le sue ultime speranze
a un
traditore.
Resosi conto
che le coordinate erano familiari, Wheeljack
notò che erano quasi le stesse dell’Avamposto
Omega. La differenza maggiore
derivava dal fatto che indicassero un punto più in
profondità nel suolo
terrestre.
“Perché
voleva portare la Forgia lì sotto?” si chiese.
Dopo
un’altra manciata di secondi decise che, prima di
seguire il protocollo dei demolitori e prima di andarsene, poteva
cercare di
scoprirlo.
***
«Le
immagini che abbiamo trovato in rete non mentono, Bee,
Ratchet dev’essere qui per forza» disse Rafael, con
una decisione tutta dettata
dalla speranza, chiudendo il portatile mentre oltrepassavano
l’ingresso di quel
cimitero per automobili e automezzi dismessi.
Anche lui,
proprio come Jack e Miko, era stato fatto
evacuare dalla base e aveva fatto perdere le proprie tracce per ragioni
di
sicurezza. Il suo guardiano era ovviamente il suo
“partner”, Bumblebee, che in
per l’occasione aveva invertito i colori della propria
carrozzeria. Era stata
un’idea semplice ma geniale considerando che più
volte dei vehicons aerei erano
passati sopra di loro senza riconoscerli.
«--Non dubito delle
tue capacità--» disse
Bumblbee, per quel poco che la sua scatola vocale gli
consentiva di fare. Era una fortuna che ormai lo capissero tutti quanti
«--Dubito
più del fatto che Ratchet voglia
darci una mano!--»
«Perché?
Dobbiamo riunirci, è il solo modo per poter
affrontare i nostri nemici!... interni ed esterni» aggiunse
poi malvolentieri,
pensando a Spectrus.
Quel
transformer non gli era mai piaciuto, al di là del
fatto che non avessero mai avuto grandi rapporti. Si erano rivolti la
parola in
un’occasione o due e Raf aveva sempre avuto
l’impressione di essere trattato
con un po’di sufficienza -quello però era successo
anche con gli altri,
inizialmente, dunque a quel fatto non aveva dato troppo peso- con Jack
era
successo lo stesso e, se Miko aveva interagito un po’di
più con lui, era stato
soltanto grazie alla sua mania di fare fotografie. Gli sembrava di
ricordare
un’occasione in cui, mentre Optimus Prime passava, Spectrus
aveva messo un
braccio attorno alle spalle di Arcee -anch’ella presente-
esortando Miko a
scattare una “rara foto di affiatata coppia
cybertroniana”.
«--Tu hai ragione,
però ormai dovresti avere imparato a conoscerlo un
po’. Ratchet tende a essere
pessimista--»
disse Bumblebee «--Si
butta giù per molto meno. Capisco che tu voglia tentare lo
stesso e voglio
farlo anche io, quel che intendo è che non devi prendertela
nel caso il “sì”
non sia immediato--».
«Me
ne ricorderò».
Non faticarono
troppo a trovare Ratchet: era l’unica
ambulanza, nonché uno dei veicoli messi meglio.
«Eccolo!»
esclamò il ragazzino, aprendo lo sportello
incurante della pioggia appena Bumblebee si fermò
«Ratchet?»
Non giunse
risposta.
«Eeehm…
Ratchet?»
“Resta
in silenzio, forse ti scambieranno per un’ambulanza e
ti lasceranno in pace. Resta in silenzio…” si
ripeté mentalmente il medico,
nonché tecnico, Autobot.
Non era nello
stato d’animo giusto per interagire con
chicchessia. Il fallimento e la sconfitta subiti lo schiacciavano e se
pensava
al futuro non riusciva a vedere nulla davanti a sé, anche
perché sentiva di
aver perso un punto di riferimento che era rimasto pressoché
fondamentale.
Sebbene
nell’ultimo periodo Ratchet avesse più volte
trovato
discutibili svariate decisioni prese da Optimus e svariati
comportamenti di
quest’ultimo -primo tra tutti cedere ai sentimenti verso
Arcee E tentare un approccio
quando lei era
ancora impegnata. Con un mostro che ai tempi non avevano ancora capito
fosse
tale, ma sempre impegnata- si sentiva completamente perso e impotente
adesso
che non c’era più.
Si sentiva
perfino in colpa per non essere riuscito, e non
riuscire tuttora, a comprendere il proprio leader in certe cose.
D’altra parte
come avrebbe potuto farlo? Gli mancava modo: prima della guerra era
stato una
di quelle persone impegnate a studiare e basta e, in seguito, le
priorità erano
state altre rispetto a cercare una relazione vera e propria con qualche
femme.
«Ratchet!
Sappiamo che sei tu…»
«--Dicci qualcosa,
amico! Stai bene?--»
Niente da
fare, sembrava proprio che Rafael e Bumblebee non
intendessero demordere, ragion per cui si fece forza e si decise a
rispondere.
«Andatevene. Sono contento di vedere che state bene ma voglio
che ve ne
andiate».
«Ratchet,
no» disse Rafael, trattenendo un sospiro nel
vedere avverarsi le previsioni di Bumblebee «Non possiamo.
Dobbiamo cercare di
riunirci tutti».
«--Solo in questo modo
potremo fermare i Decepticon--» aggiunse
lo scout, dopo essersi trasformato.
«Fermare
i Decepticon? Come? Con quale base operativa? Con
quale Ponte Terrestre?! Con quale leader a guidarci,
soprattutto?!» sbottò il
medico, trasformandosi a propria volta «Quel pazzo di
Megatron ha una fortezza
e noi abbiamo perso tutto quanto, non sappiamo quanti di noi siano
ancora vivi
e, in ogni caso, il Team Prime era stato mutilato già prima
del disastro! Non
possiamo fare alcunché contro i Decepticon. La guerra
è finita, noi abbiamo
perso e la cosa migliore che possiamo fare è tenere la testa
bassa e tirare
avanti sperando che nessuno dei nostri nemici ci trovi. Questo
è quanto, chi la
pensa diversamente è solo un illuso».
«Per
quanto riguarda la base operativa potremmo usare
l’Harbinger. È tecnologia cybertroniana vecchia ma
funzionante, Ponti inclusi»
propose Rafael «È sempre qualcosa da cui
partire!»
«Qualcosa
da cui partire, ma senza di me» replicò Ratchet
«Non otterrete nulla in ogni caso, quindi…
lasciatemi arrugginire in pace».
Concluse
così, riacquisendo la propria forma veicolare e
dando loro le spalle. Non aveva proprio voglia di ascoltare oltre, non
aveva
proprio voglia di fare alcunché.
Rimase
immobile anche quando li sentì andarsene, accogliendo
il rumore dello sportello che si chiudeva quasi con sollievo. Non era
piacevole
sentirsi ricordare le proprie responsabilità e, di
conseguenza, la propria
incapacità di portarle a compimento.
“So
che ci proverete e vi auguro buona fortuna, davvero,
però al momento non chiedetemi niente. Lasciatemi in pace.
Lasciatemi stare”
pensò, tentando di scivolare di nuovo nella ricarica da cui
quei suoi compagni
di squadra ottimisti, troppo ottimisti,
l’avevano distolto.
***
La prima cosa
cui Smokescreen fece caso quando iniziò a
riprendere i sensi fu il forte dolore tra testa e collo.
“Dove
sono? Cosa mi è successo?” si chiese
“Perché non ci
vedo?!”
Dopo un breve
attimo di panico in cui temette che gli
fossero state asportate le ottiche si rese conto di riuscire a
intravedere
qualcosa con estrema difficoltà attraverso la patina bianca
che lo rendeva
quasi cieco. Concluse che qualcuno, senza neanche disturbarsi a cercare
una
benda di stoffa, avesse spiaccicato della vernice sui suoi sensori
ottici.
L’ipotesi venne confermata quando iniziò a far
caso all’odore, che per l’appunto
era proprio di vernice passata di fresco.
Provò
a muoversi, scoprendo di essere legato, e poi provò a
parlare. Dalla sua bocca uscì solo un debole suono
inconsulto, segno che
qualcuno aveva lavorato sulla sua scatola vocale -sperava in modo non
troppo
dannoso. Curioso però che quel danno stesse causano solo un
lieve
indolenzimento, al contrario del colpo in testa che gli aveva
dato… già: chi
glielo aveva dato? Com’era finito lì?
Dov’era “lì”?!
«…
sono andato in giro con schifomadò disegnato sugli
sportelli, ti
rendi conto? Ma poi, si può sapere quando cazzo
l’hai fatto?!»
Sentire quella
voce maschile alquanto seccata causò un
flashback nel suo processore, grazie al quale poté
rispondere alle prime due
domande: aveva ricevuto il colpo in testa da Spectrus Specter e,
ovunque si
trovasse in quel momento, era stato lui a portarcelo.
Ricordò anche di aver
perso entrambe le reliquie e che, prima di perdere i sensi, aveva
mandato a
Wheeljack delle coordinate.
“Primus,
fa’ che abbia potuto prendere le reliquie e che usi
tutto come deve, altrimenti Optimus!…”
pensò, cercando di divincolarsi e
liberarsi.
Abbandonò
l’idea nel momento in cui notò quanto i propri
movimenti fossero rallentati e quanto fosse sul punto di andare in
ricarica.
Aveva ripreso conoscenza ma il suo corpo, come accadeva di natura,
cercava di
smaltire dolore e stress imponendogliene una, dunque la sola cosa che
potesse
fare era ascoltare quel che stava accadendo altrove. Non gli sembrava
che si
trattasse della stanza accanto, la voce di Spectrus era più
lontana e… aveva
sentito dire “schifomadò”?
Il meme
dell’umana bionda che urlava contro il gatto bianco
confuso, che lui conosceva benissimo grazie alla -forse eccessiva-
frequentazione di Jackson Darby?
«Mentre
eri in ricarica. Avevo deciso di toglierti un paio
di graffi e volevo provare la vernice bianca nuova, quella americana si
asciuga
molto più in fretta rispetto a quella che fanno in Messico!
Ma poi che problema
c’è? Anche a te piace
schifomadò».
«Punto
primo: niente modifiche mentre sono in ricarica,
Bustin, e te l’avevo già spiegato. Punto secondo:
il fatto che mi piaccia
qualcosa non significa che voglia o debba farmela dipingere sugli
sportelli!
Altrimenti, contrariamente a quel che faccio, andrei in giro
con… cosa ne so…»
«Una
valvola disegnata sul cofano?»
«Ecco! Esatto!»
“Non
credo che questa conversazione stia avvenendo davvero,
sono ancora incosciente, è sicuramente
così” fu il pensiero confuso di
Smokescreen appena prima di andare in ricarica.
Scivolando di
lato finì a battere leggermente la testa
contro una parete metallica, ma nessuno sentì quel leggero
suono sordo; nemmeno
il suo rapitore e relativo coinquilino, attuali occupanti della nave
“Jackhammer”, decollata ormai quaranta minuti prima.
Spectrus si
era sdraiato pigramente su una lunga panca di
metallo, col capo reclinato all’indietro, le ottiche chiuse e
un braccio
piegato dietro la testa. Evidentemente, pur essendo seccato per la
modifica non
richiesta, non lo era in modo eccessivo. «A proposito: se
come penso ti è
venuta l’idea di tentare sul serio di disegnare una valvola
sul mio cofano
scordatelo pure».
«Altrimenti?»
«I
tuoi Funko Pop di Dragon Ball potrebbero venire decapitati tutti quanti
dal primo all’ultimo».
Quando il mech
riaprì i sensori ottici, la prima cosa che
vide fu uno spaventoso sorriso di pixel bianchi su uno schermo visivo
nero.
«Divorerò
la tua anima» affermò Bustin.
«Il
peggio sarebbe per te, credo che sia abbastanza
indigesta» replicò Spectrus, senza scomporsi
minimamente.
L’espressione
sullo schermo visivo cambiò, diventando
pensierosa. «Sì, in effetti potrei finire a
riunirmi ai miei compatrioti un
po’prima del dovuto».
L’ormai
ex Autobot non si scompose neppure quando Bustin
smise di svolazzare come aveva fatto fino a quel momento
-l’alt mode da shuttle
gli consentiva di volare anche in forma base- e atterrò in
piedi sul suo petto.
«Nella
mia vita ho fatto parecchi incontri strani» disse
Spectrus «Però tutto avrei pensato meno che di
trovare un prioniano in Messico».
Ebbene
sì: Bustin, quello che lui aveva definito
“assistente
stronzo”, non era altri che un minicon della colonia di
Prion, distrutta tempo
addietro da una loggia organica animata da sentimenti anti-mecha
denominata
“Black Block Consortia”. Un massacro assolutamente
immeritato dato che quella
dei minicon era sempre stata una colonia pacifica della quale Bustin
pensava di
essere l’unico sopravvissuto, perché il giorno
dell’attacco era in corso una
grande festa, fatta in nome del fondatore della colonia, per la quale
di solito
tutti i minicon sparsi nel cosmo tornavano a casa. Bustin stesso
l’aveva fatto,
a suo dire, salvo andarsene qualche ora prima dell’attacco.
Il loro era
stato un incontro bizzarro sotto tanti punti di
vista, già solo per il fatto che Spectrus cercava ancora una
spiegazione del
tutto logica su come lui stesso avesse fatto, di preciso, ad arrivare
in Messico.
Era stato prima ferito da Spectra, che secondo lui ci era riuscita solo
perché
l’aveva colto di sorpresa, e poi scagliato da Soundwave
contro una montagna
colpita da un cannone a fusione, e il tutto era successo in Nevada;
ritrovarsi
sano e in Messico era stato molto più che strano. La
spiegazione più razionale
era che Spectra non avesse colpito bene
come avrebbe dovuto -oltre che ingrata e invalida era anche incapace di
andare
fino in fondo, a quanto pareva- e che lui si avesse viaggiato dal
Nevada al
Messico in uno stato che, se fosse stato umano, si sarebbe potuto
chiamare
“febbrile”, cercando di ripararsi da solo con
successo nonostante il delirio
allucinogeno in cui si era ritrovato…
«Io
invece non sono stupito di averti beccato lì»
replicò
Bustin «Il Messico è la patria dei padri non
padri!»
Ecco, appunto.
Bustin si
riferiva al numero indefinito di figli e figlie
che Spectrus aveva in giro, dei quali lui perlopiù non
conosceva faccia né
nome, però a Spectrus tornò in mente proprio il
delirio di cui era stato
vittima, tanto assurdo quanto impresso nelle sue memorie come se
fossero stati
fatti reali.
Come se una
femseeker di cui gli importava -una carogna
assoluta com’era lui stesso- e la figlia che avevano generato
insieme avessero
potuto essere reali.
Una follia
pura, tant’era che di solito rifiutava di
rimuginarci su.
«E
anche tu ci sei finito apposta» ribatté Spectrus
«Anzi,
hai anticipato i tempi: sei andato in Messico prima ancora di rendere
carrier*
la tua fidanzata».
Quella era
anche la ragione per cui Bustin era sopravvissuto
allo sterminio, avendo deciso di andarsene proprio quel giorno. Un
colpo di
fortuna in un certo senso, dato che la cosa gli aveva permesso di
sopravvivere.
Come avesse
preso la tragedia nei tempi iniziali, invece,
era qualcosa che Spectrus non sapeva, non avendoglielo chiesto.
«Meglio
prevenire che cullare» asserì il minicon,
sollevando
l’indice di una manina metallica «Lei dopo pochi mesi
di relazione parlava già di mettere su famiglia in futuro. Ho provato per tanto tempo a farle capire
che non
era cosa ma purtroppo era una tipina testardissima e non
c’è stato verso» fece
spallucce «Per cui…»
Spectrus
sbuffò. «Colpa tua che, vista l’aria che
tirava,
non l’hai lasciata prima!»
«Sì,
probabile. Tornando a noi: hai già dei piani precisi su
cosa fare con il tizio di là? Smokescreen»
domandò Bustin a Spectrus, con un
cenno del capo in direzione della stanza in cui lo stavano tenendo
prigioniero.
«No.
Però avere un ostaggio potrebbe essere utile in futuro
nel caso i miei ex compagni e il mio ex comandante, che non ho mai
reputato
tale, dovessero diventare una rottura di scatole».
Sullo schermo
di Bustin comparvero delle sopracciglia e
un’espressione perplessa. «Quando ho preso il
controllo del sistema ho copiato
tutti i dati che erano in possesso dei Decepticon, specie quelli dal
loro
arrivo su questo pianeta in poi. Lì Optimus Prime risulta
disperso, anzi, lo
credono morto».
«Sì,
me l’hai mostrato. L’Omega Lock distrutto, lui dato
per
morto… ma Smokescreen di fatto era andato a prendere
specificamente la Forgia.
Dico “specificamente” perché
c’era anche la Apex Armor, ma quella reliquia non
è stata presa in considerazione» disse Spectrus
«Ora: tu questo non lo sai, ma
la Forgia ha bisogno di essere impugnata dalla mano di un Prime per
funzionare».
«Quindi
cosa se ne sarebbe fatto, se il Prime in questione
non ci fosse?» comprese Bustin, annuendo solennemente con la
sua testolina
bianca e turchese «Significa che Optimus Prime è
ancora vivo da qualche parte».
«Esatto.
Poi sì, volendo per farla funzionare sarebbe anche
possibile utilizzare un braccio del suo cadavere, però
Smokescreen e compagnia
solo pensando una cosa simile inorridirebbero come le nobili signorine
dei
tempi che furono, quindi lo escludo. “È ancora in
circolazione…”»
«“Troppo
stanco per andare avanti”» completò
Bustin,
incrociando le braccia davanti al petto bianco.
Spectrus si
mise a sedere. «Per colpa tua comincio a
conoscere un po’troppa roba terrestre. Harry Potter, gatto
schifomadò…»
«Grazie
al quale abbiamo soprannominato tuo cognato
“Soundwave Schifomadò”».
«Ora
è “Cornutomadò”» lo
corresse il mech.
«O
“Crepatomadò”».
«Ma magari!»
esclamò Specter «Io di sicuro ci ho provato e, se
non ce l’avessi fatta, vorrà
dire che ci riproverò ancora».
I radar della
Jackhammer interruppero la chiacchierata,
segnalando un’astronave in avvicinamento.
«Potremmo
avere compagnia» disse Bustin, raggiungendo
immediatamente i comandi.
«Decepticon?»
Il minicon
attivò le telecamere esterne, che avevano un
ottimo zoom. «Non noto simboli Decepticon. Tentiamo una
manovra di evasione o
un attacco? Questa nave è decisamente più
piccola, dovremmo essere anche più
veloci, se colpissimo i motori potremmo buttarla
giù».
Spectrus, in
procinto di rispondere, si interruppe quando
sentì il segnale di una comunicazione in entrata.
«Chiunque
sia in quell’astronave ha voglia di chiacchierare»
osservò Bustin.
«E
noi ascolteremo cos’ha da dire. Non è uno di quei
casi in
cui una comunicazione radio può diventare letale»
disse Spectrus «Sentiamo un
po’».
– Qui è Ultra
Magnus,
secondo in comando di Optimus Prime e comandante della Iron Will. Ho
identificato un segnale Autobot all’interno della vostra
astronave. Attendo conferme.
Passo.
–
«“Un”
segnale» ripeté Bustin, bene attento a non
sfiorare il
pulsante che avrebbe consentito loro di rispondere.
«Smokescreen
di base era una guardia d’élite. Probabilmente
Prime
l’ha accolto nel team ma nessuno l’ha inserito nei
registri, è l’unica
spiegazione che mi venga in mente al momento»
ipotizzò Spectrus.
«Qui
come rispondiamo? È uno degli ex “tuoi”,
quindi per te
è un nemico» disse Bustin.
Spectrus
sollevò lentamente un sopracciglio metallico.
«Lo
è» confermò «Ma non
è detto che lui lo sappia già o che
debba venire a saperlo subito, e ha una buona astronave. Hai detto di
aver
copiato tutto quello che hai trovato nel computer di
Cornutomadò, giusto?
Incluso Optimus Prime che distrugge l’Omega Lock
e… io sono arrivato in
seguito, ma Arcee una volta mi ha parlato di un periodo in cui lui non
ricordava nulla dalla sua nomina a Prime in poi. Se è vero
dovrebbe esserci
anche questo. Mentre io rispondo a Ultra Magnus prova a cercare
“Optimus
Prime/Nemesis” oppure “Orion Pax”, era il
suo vecchio nome».
«Ho
già capito, lascia fare me».
Era anche e
soprattutto per quello che Spectrus aveva
permesso alla loro associazione criminale di formarsi: sembrava che
quel nano
malefico -definizione usata anche ad alta voce, alla quale Bustin aveva
risposto “sì!”- riuscisse davvero a
intuire le sue idee, mentre Bustin aveva
concluso che un “protettore” con una certa potenza
di fuoco potesse tornargli
utile, soprattutto quando la città terrestre nella quale
aveva abitato fino a
poco tempo prima aveva iniziato a scottargli sotto i piedi. Sembrava
che fosse stato
coinvolto in un… come aveva detto? “Neo culto di
Xibalba elohim sotto copertura”
dedito anche ai sacrifici umani, i cui adepti si erano convinti che
fosse l’emissario
di suddetto dio. Sempre a detta sua, gli umani in questione facevano
sacrifici già
prima del suo arrivo.
Aveva concluso
affermando che in quel periodo gli era
sembrato di rivivere i tempi in cui aveva messo su una setta non meglio
specificata in quel di Prion - in teoria senza sacrifici di mezzo, per fortuna.
Spectrus non
poteva sapere se lì avesse parlato per scherzo
oppure no, e comunque in quel momento
aveva altro cui pensare, alias rispondere a Ultra Magnus.
«Comandante
in seconda Ultra Magnus, qui parla Spectrus
Specter, Autobot, divisione spie. Sono a disposizione per qualsiasi
aggiornamento riguardo la missione su questo pianeta. Passo... e ora
vediamo
come risponde» aggiunse poi, rivolto a Bustin.
«Quanta
formalità…» commentò il
minicon «A lui piace così?»
«Questo
dicevano».
– Confermo il mio
interesse riguardo il ricevere un aggiornamento. Diamo inizio alla
procedura d’aggancio tra le nostre astronavi. Passo e
chiudo. –
Spectrus
alzò gli occhi al soffitto. «Già non lo
sopporto,
ma può tornare utile».
Avrei voluto
farlo più lungo ma avevo la sensazione di dover
tagliare qui, e così ho fatto xD
* rendere carrier = mettere incinta, credo che fosse intuibile ma
vabbè, a specificare qui sotto non si fatica.
L’unica
altra cosa che ho da dire in queste NdA riguarda la
faccenda degli elohim, vagamente ispirata al culto raeliano e mescolata
a
Xibalba perché… beh, perché no?
Qui sotto, il
meme di gatto schifomadò (se siete stati su
internet nel 2019 dovete conoscerlo, dai. DAI.)
Alla prossima,
_Cthylla_
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