It’s not a First Date
It starts in my soul
And I lose all control
When you kiss my nose
The feeling shows
'Cause you make me smile
Baby, just take your time
Now holdin' me tight
[Colbie Caillat, Bubbly]
Ci eravamo incontrati per caso al semaforo e Martin mi aveva
aiutato ad attraversare. Era stato dolce, quel ragazzo mi aveva dato una mano
senza porsi problemi e io mi ero sentito strano.
Avevo avuto l’impressione che nel suo tono di voce, nei suoi
lievi tocchi e nelle sue parole ci fosse qualcosa.
Poi mi aveva chiesto dove stessi andando e si era offerto
per accompagnarmi.
«Ho il bastone, conosco la strada a memoria» avevo risposto,
forse ero stato fin troppo brusco. Tuttavia Martin non si era arreso e mi aveva
detto che anche lui era diretto al supermercato.
«Tanto vale andarci insieme» aveva commentato.
Mi era sembrato un ragazzo tranquillo, anche se non troppo
espansivo. Aveva passeggiato accanto a me senza mai sfiorarmi, lasciando che
percorressi la strada con le mie risorse.
Non era stato invadente, aveva dimostrato semplicemente di
voler chiacchierare un po’ con me, senza mai farmi sentire a disagio.
Non mi ero sentito un peso.
La nostra gita al supermarket era stata tutt’altro che
romantica, ma una volta usciti eravamo scoppiati a ridere perché avevo
rischiato di far cadere una pila traballante di pacchi di carta igienica e mi
ero quasi schiantato contro un’anziana signora nei pressi del banco dei salumi.
Martin aveva capito che amavo scherzare sulle mie difficoltà
e si era rilassato un po’ nel corso del tempo trascorso insieme.
«Mi piacerebbe rivederti» aveva mormorato.
Avevo ridacchiato. «Oh, anche a me!»
Martin aveva sospirato e aveva borbottato delle scuse, ma io
avevo riso e lo avevo rassicurato.
Eravamo piuttosto impacciati, ma una cosa era stata chiara
fin da subito, almeno da parte mia: quel ragazzo mi intrigava e mi sarebbe
piaciuto conoscerlo meglio.
Così ci eravamo scambiati il numero di cellulare e lui era
rimasto affascinato dal mio telefono con la sintesi vocale.
Poi, con i miei sacchetti della spesa appesi al braccio
sinistro e il bastone nella mano destra, mi ero allontanato e gli avevo dato il
permesso di chiamarmi quando avesse voluto.
Così, quando mi telefonò per chiedermi se mi andava di
uscire a prendere un caffè con lui, mi dovetti trattenere per non gridare di
gioia.
Ero in camera mia e stavo sistemando l’attrezzatura che
avevo usato per scrivere in braille, quando il cellulare squillò e la sintesi
mi avvisò che si trattava di Martin.
«Ciao Martin» risposi entusiasta, sedendomi sul letto con le
gambe incrociate.
«Ehi, Joe. Come stai?» La sua voce era calda, carezzava
dolcemente il mio orecchio e mi faceva sentire al sicuro; era una sensazione totalmente
nuova per me.
«Tutto okay, e tu? Alla fine hai deciso di chiamarmi…» Non
riuscii a mordermi la lingua prima di pronunciare quella frase del tutto fuori
luogo. Chissà cosa stava pensando Martin di me.
«Già… ti andrebbe di prendere un caffè con me, diciamo, tra
una ventina di minuti? O hai da fare?» propose; sentivo un leggero imbarazzo
nella sua voce, incastrato nelle pause che faceva ogni tanto.
«Certo che mi va!» Forse mi ero mostrato un po’ troppo
entusiasta, ma la verità era che l’idea di trascorrere ancora del tempo con
quel ragazzo mi mandava su di giri.
Stai esagerando, stai correndo troppo, Martin certamente
non è gay.
«Vuoi che ti passi a prendere o preferisci… che ci
incontriamo da qualche parte? Magari di fronte al supermercato dell’altro
giorno…»
Mi venne da ridere e non riuscii a trattenermi. Aveva
costantemente paura di invadere i miei spazi, ma allo stesso tempo si
preoccupava per me.
«Sai che c’è? Puoi passare a prendermi a casa.»
E mentre gli davo il mio indirizzo, sentivo il cuore battere
a mille.
Non è un appuntamento, idiota. Forse un po’ gli fai pena
o magari non sa con chi prendere un caffè. Tira il freno!
Quando chiusi la conversazione con Martin, mi sentivo
frastornato e bisognoso di qualche parola di conforto.
Erano le cinque e tredici del pomeriggio, Maddy sarebbe
uscita dal lavoro soltanto alle sei. Decisi di inviarle un sms, doveva sapere
che stavo per uscire con un ragazzo.
Non stai per uscire con un ragazzo!
Digitai in fretta il messaggio, muovendomi con fare esperto
sui tasti del mio cellulare.
Maddy, hai presente
il tipo del supermercato che ho conosciuto qualche giorno fa? Martin… sta per
passare a prendermi e andiamo a bere un caffè insieme!! Ho un sacco di ansia,
ma non dovrebbe essere così, perché non è un appuntamento… lui sicuramente non
è gay… spero di non fare figuracce! A più tardi!
La sua risposta non tardò ad arrivare, mentre mi infilavo le
scarpe da ginnastica.
Ora non posso chiamarti, ma voglio sapere TUTTO. Ci
sentiamo più tardi e… conquistalo!!
Sorrisi come un idiota e finii di prepararmi.
«Ci sono delle poltroncine gialle in similpelle, mentre i
tavolini sono…»
«Scommetto che sono in legno scuro» replicai, lasciandomi
sfuggire un piccolo sorriso.
«Come hai fatto a capirlo?»
Non potevo vedere Martin, ma avevo la netta impressione che fosse
sconcertato.
Mi strinsi nelle spalle. «Un’altra delle mie capacità.»
«Legno scuro e poltroncine gialle. Ho sempre pensato che
facessero a pugni» ammise lui.
«In effetti non suona bene… non ero mai stato qui» ammisi.
«Fanno i pancakes più buoni della città.»
Sorrisi. Martin era veramente simpatico, mi trattava come un
ragazzo qualsiasi e non si poneva problemi nel descrivermi ciò che gli
chiedevo.
Una cameriera venne a prendere le nostre ordinazioni e io
optai per un pancake con il burro d’arachidi, mentre Martin scelse di condire
il suo con lo sciroppo d’acero.
«Detesto lo sciroppo d’acero. Sarà che mia madre ne ha
sempre abusato, ma ha un sapore terribile!» esclamai, una volta che la ragazza
si fu allontanata.
Allungai distrattamente la mano sul tavolo in cerca del mio
bicchiere d’acqua, e nel farlo sfiorai quella di Martin. Sobbalzai e mi
ritrassi, borbottando qualcosa.
«Ehi, tranquillo. Il bicchiere è alla tua sinistra» disse
pacato. «E quindi lo sciroppo d’acero non ti piace. Io lo metterei ovunque,
anche dentro il caffè!»
Bevvi un sorso d’acqua, poi scossi il capo e feci una
smorfia che lo fece ridere.
«Posso chiederti un’altra descrizione?» domandai.
«Certo. Cosa vuoi sapere?»
Ci pensai su, chiedendomi se fosse davvero il caso di porgli
quell’interrogativo. Infine decisi di buttarmi, non avevo niente da perdere.
«Mi descrivi te?» soffiai.
Martin rimase per un attimo in silenzio, dovevo averlo
spiazzato. Avvertii le guance infiammarsi per l’imbarazzo e feci un cenno
noncurante per fargli capire che non doveva sentirsi obbligato a farlo.
«Okay, allora… sono alto circa un metro e ottanta, il più
alto della mia famiglia. Ho i capelli scuri e corti, gli occhi neri e le
sopracciglia folte. Ma forse… perché ti sto dicendo tutti questi colori?»
Inclinai il capo verso sinistra. «Il nero lo conosco molto
bene. Va’ avanti.»
«Cristo, scusami…»
Avvertii la sua mano stringersi alla mia sul tavolo e a quel
punto realizzai che veramente mi stava toccando. Cominciai a sudare un po’ di
più, il cuore prese a battermi più forte, l’imbarazzo crebbe ulteriormente.
«Devi stare tranquillo, davvero. Va’ avanti» mormorai,
rafforzando la stretta attorno alle sue dita.
«Okay.» Fece una pausa, deglutì, poi riprese: «Ho la
carnagione olivastra, vuol dire che è… un po’ scura, ecco. Non ho un gran bel
naso, è un po’ ingombrante.»
Risi. «Ingombrante? Ma dai!»
«Sono un tipo robusto, ammetto che mi piace mangiare ma
anche correre e nuotare. Cos’altro posso dire?»
Mi faceva un sacco di tenerezza, lo sentivo tremare appena
sotto il tocco delle mie dita sulla sua mano. «Hai delle mani grandi e forti»
mi lasciai sfuggire.
Lo stai mettendo in imbarazzo, Joe, piantala!
Lasciai andare immediatamente la presa e mi adoperai per
finire di bere la mia acqua. «Okay, scusa. Ora ho capito come sei fatto.»
«Un tipo qualsiasi…» minimizzò.
No, tu non sei uno qualsiasi, non lo sei affatto.
«Anche io sono uno qualsiasi. Ma ognuno di noi è comunque
diverso dagli altri, quindi non preoccuparti» replicai.
Poco dopo la cameriera ci raggiunse nuovamente, posando di
fronte a noi la nostra merenda fragrante.
Per fortuna il delizioso odore emanato dal burro di arachidi
coprì il tanfo di sciroppo d’acero e io riuscii a ignorarlo.
«Su questo hai ragione» disse Martin. «A me piace lo
sciroppo d’acero e a te no.»
Annuii. «Era proprio quello che intendevo. Beh, vediamo se
sono veramente i pancakes più buoni della città!»
«Ti serve aiuto? Immagino di no…» farfugliò Martin.
«Vediamo se riesco a cavarmela senza sporcarmi come un
bambino» replicai con una risata.
Mi passai distrattamente una mano sulla felpa e la trovai
sporca. Sollevai le dita e le portai sotto il mio naso: burro d’arachidi.
«Martin?»
Eravamo appena usciti dal locale e ci stavamo dirigendo al
parco poco distante per fare due passi.
«Che succede?»
«Alla fine mi sono sporcato» ironizzai, strofinando via il
restante burro d’arachidi dalla felpa.
«Non lo avevo notato» mormorò, accostandosi a me. «Non ho un
fazzoletto appresso, e adesso?»
Feci spallucce e impugnai il bastone. «La metterò a lavare,
che importa? Andiamo!»
Passeggiammo per un po’, chiacchierando del più e del meno.
Era piacevole parlare con lui, nonostante non fosse un ragazzo di molte parole.
«Una volta sono uscito con un ragazzo e lui mi derise perché
mi ero sporcato con il caffè, era un vero idiota» raccontò Martin a un certo
punto.
Mi bloccai in mezzo al sentiero.
Era uscito con un ragazzo? Questo significava che anche
lui era…
«Allora anche ai vedenti capita di sporcarsi» scherzai,
urtando qualcosa di metallico con il bastone. «Questa dev’essere una panchina.
Ci sediamo?»
«Sì, è proprio una panchina. Certo, sediamoci pure.»
Ci accomodammo uno accanto all’altro e rimanemmo in
silenzio. Sentivo il mio corpo teso, la consapevolezza che a Martin piacevano i
ragazzi mi faceva sentire euforico e preoccupato allo stesso tempo.
Se da un lato avrei potuto provarci con lui perché mi
piaceva ed era bello trascorrere il tempo in sua compagnia, dall’altra potevo
anche non essere il suo tipo; inoltre avevo un sacco di problemi, sia a livello
fisico sia a livello personale. Avevo vissuto delle esperienze spiacevoli con i
ragazzi e per me era sempre difficile lasciarmi andare.
Avrei tanto voluto che Maddy fosse con me, lei mi conosceva
perfettamente, sapeva tutto di me e sarebbe stata capace di rassicurarmi.
«Joe, va tutto bene?»
Le sue dita sfiorarono le mie, serrate intorno al manico del
bastone che ancora non mi ero deciso a chiudere e mettere da parte. Quel
contatto mi fece fremere, era così delicato e dolce, eppure capace di scuotermi
nel profondo.
La verità era che non avevo mai vissuto un appuntamento con
un ragazzo. Ne avevo conosciuto diversi, ma sempre all’interno di situazioni diverse:
a volte in dei locali o a delle feste, altre volte durante dei corsi o lavori
saltuari. Ma non ero mai uscito ufficialmente con qualcuno, e anche se sapevo
che quello non era un appuntamento, me la stavo facendo sotto.
«Io non sono mai uscito con un ragazzo» mormorai
d’improvviso.
Martin non replicò e io ebbi l’impressione di aver detto la
cosa sbagliata.
Ancora.
«Non volevo… ehm, Martin, scusa.»
«Ti mette a disagio la mia omosessualità?» domandò. Non era
arrabbiato, non era turbato, voleva soltanto conoscermi.
«A me? No! Ma che…» Lasciai cadere il bastone e mi voltai
nella sua direzione. Non sapevo cosa fare per fargli capire che anche io lo ero
e che lui mi piaceva.
«Non me la prendo, Joe. Ho smesso di prendermela per queste
cose» replicò con amarezza.
Allungai le mani e cercai il suo viso, graffiandolo
accidentalmente sulla guancia. Arrossii, ma non mi ritrassi. «Scusa. Posso?»
«Joe, non devi sentirti in…» Sospirò quando le mie dita
carezzarono piano la pelle un poco ruvida delle sue guance.
«Anch’io sono gay, Martin» sussurrai, poi mi accostai a lui
con l’intento di baciarlo. Volevo farglielo capire, volevo dimostrargli che lo
accettavo e lo capivo.
Ma quando le mie labbra si posarono sulla sua pelle, mi resi
conto che erano finite sul suo naso.
«Cazzo» imprecai, ritraendomi in preda all’imbarazzo. Mi
battei una mano sulla fronte. «Ecco, come al solito ho rovinato tutto… lo so,
non è un appuntamento, ma potevo almeno evitare di fare figure di merda come
questa! Potevo, no? No, altrimenti non sarei io!» blaterai, prendendomi la
testa tra le mani.
«Joe…»
«Eh? Che c’è?»
«Sei tenero» disse soltanto, per poi afferrarmi per i
fianchi e attirarmi a sé.
Mi ritrovai con il corpo contro il suo, stretto in un
abbraccio caldo, forte, rassicurante. Martin aveva un profumo delizioso, anche
la nota di sciroppo d’acero nel suo respiro mi piaceva. Il suo torace era ampio
e accogliente, le sue labbra sulle mie erano morbide e dolci, così dolci da
farmi sospirare e sciogliere completamente tra le sue braccia.
Ci sfiorammo piano, saggiandoci appena. Mi permisi di far
scorrere le mani sulle sue braccia muscolose, di raggiungere il suo viso e
sfiorare le sue guance ricoperte da un velo di barba e di immergerle poi tra le
soffici ciocche dei suoi capelli non troppo corti.
Ci separammo poco dopo e Martin mi abbracciò più forte,
premendo il mio viso sul suo petto.
Mi ritrovai a ridere. «Allora non ti sono sembrato troppo
goffo e stupido?»
«Direi di no.»
Sollevai il viso e portai i polpastrelli sul suo naso. «Non
è orribile. Perché dici così? A me piace.» Ne tracciai il profilo leggermente
ingobbito, trovando un piccolo neo sulla parte destra. «So che prima ho
sbagliato, ma adesso…» Portai le labbra sulla punta del naso e vi depositai un
bacio, poi un altro e un altro ancora, finché entrambi non ci ritrovammo a
ridere.
«Sei incredibile» commentò Martin. «Fermo» mi intimò, per
poi chinarsi a sua volta per baciarmi sul naso.
«Sono un casino incredibile, vorrai dire» mi schernii.
«Posso farmene una ragione. Ehi, Joe?»
«Mmh?»
Mi prese le mani tra le sue. «Ti va di uscire ancora con
me?»
«Vuoi veramente conoscere uno come me? Devi essere pazzo.»
Lo sentii ridacchiare. «Anche tu sarai pazzo se accetterai.»
«Allora siamo pazzi in due.»
Non potevo vederlo, ma sapevo che mi stava sorridendo e che
mi osservava. Sentivo i suoi occhi addosso e la cosa non mi dispiaceva affatto.
Mi attirò nuovamente a sé e mi baciò sulla fronte. «Ci sto»
soffiò.
♥ ♥
♥
Eccomi qui con una nuova storia dedicata ai miei due
patatini *-*
Quella di Martin&Joe
è una serie a cui tengo tantissimo e qui ho voluto assolutamente raccontare la
loro prima uscita ufficiale insieme!
Mi sono divertita a metterli un po’ in imbarazzo, poveretti,
ma tutto era atto a farli interagire e a far sì che si conoscessero meglio ^^
Che ve ne pare di questo primo appuntamento che poi non è un
primo appuntamento?
Non è stato deciso, ma alla fine le cose sono andate come
sono andate ed eccoli qui, pronti a conoscersi e vivere dei momenti in
compagnia l’uno dell’altro :3
Spero veramente che vi sia piaciuta e che vi sia sembrata
tanto fluffosa, questi due prima o poi mi faranno perdere il cervello, me lo
sento! Avevo decisamente bisogno e voglia di scrivere di loro *-*
Grazie a chiunque arriverà fin qui e a chi vorrà recensire, ogni
commento sarà ben accetto ^^
Alla prossima ♥
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