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Autore: Kim WinterNight    28/02/2020    12 recensioni
Joe cerca di convincersi che quello non sarà il suo primo appuntamento con Martin.
In fondo quel ragazzo l'ha soltanto aiutato ad attraversare la strada.
- SESTA CLASSIFICATA al contest "Seasons Die One After Another" indetto da Laila_Dahl sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Martin&Joe'
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It’s not a First Date







It starts in my soul
And I lose all control
When you kiss my nose
The feeling shows
'Cause you make me smile
Baby, just take your time
Now holdin' me tight
[Colbie Caillat, Bubbly]




Ci eravamo incontrati per caso al semaforo e Martin mi aveva aiutato ad attraversare. Era stato dolce, quel ragazzo mi aveva dato una mano senza porsi problemi e io mi ero sentito strano.
Avevo avuto l’impressione che nel suo tono di voce, nei suoi lievi tocchi e nelle sue parole ci fosse qualcosa.
Poi mi aveva chiesto dove stessi andando e si era offerto per accompagnarmi.
«Ho il bastone, conosco la strada a memoria» avevo risposto, forse ero stato fin troppo brusco. Tuttavia Martin non si era arreso e mi aveva detto che anche lui era diretto al supermercato.
«Tanto vale andarci insieme» aveva commentato.
Mi era sembrato un ragazzo tranquillo, anche se non troppo espansivo. Aveva passeggiato accanto a me senza mai sfiorarmi, lasciando che percorressi la strada con le mie risorse.
Non era stato invadente, aveva dimostrato semplicemente di voler chiacchierare un po’ con me, senza mai farmi sentire a disagio.
Non mi ero sentito un peso.
La nostra gita al supermarket era stata tutt’altro che romantica, ma una volta usciti eravamo scoppiati a ridere perché avevo rischiato di far cadere una pila traballante di pacchi di carta igienica e mi ero quasi schiantato contro un’anziana signora nei pressi del banco dei salumi.
Martin aveva capito che amavo scherzare sulle mie difficoltà e si era rilassato un po’ nel corso del tempo trascorso insieme.
«Mi piacerebbe rivederti» aveva mormorato.
Avevo ridacchiato. «Oh, anche a me!»
Martin aveva sospirato e aveva borbottato delle scuse, ma io avevo riso e lo avevo rassicurato.
Eravamo piuttosto impacciati, ma una cosa era stata chiara fin da subito, almeno da parte mia: quel ragazzo mi intrigava e mi sarebbe piaciuto conoscerlo meglio.
Così ci eravamo scambiati il numero di cellulare e lui era rimasto affascinato dal mio telefono con la sintesi vocale.
Poi, con i miei sacchetti della spesa appesi al braccio sinistro e il bastone nella mano destra, mi ero allontanato e gli avevo dato il permesso di chiamarmi quando avesse voluto.
Così, quando mi telefonò per chiedermi se mi andava di uscire a prendere un caffè con lui, mi dovetti trattenere per non gridare di gioia.
Ero in camera mia e stavo sistemando l’attrezzatura che avevo usato per scrivere in braille, quando il cellulare squillò e la sintesi mi avvisò che si trattava di Martin.
«Ciao Martin» risposi entusiasta, sedendomi sul letto con le gambe incrociate.
«Ehi, Joe. Come stai?» La sua voce era calda, carezzava dolcemente il mio orecchio e mi faceva sentire al sicuro; era una sensazione totalmente nuova per me.
«Tutto okay, e tu? Alla fine hai deciso di chiamarmi…» Non riuscii a mordermi la lingua prima di pronunciare quella frase del tutto fuori luogo. Chissà cosa stava pensando Martin di me.
«Già… ti andrebbe di prendere un caffè con me, diciamo, tra una ventina di minuti? O hai da fare?» propose; sentivo un leggero imbarazzo nella sua voce, incastrato nelle pause che faceva ogni tanto.
«Certo che mi va!» Forse mi ero mostrato un po’ troppo entusiasta, ma la verità era che l’idea di trascorrere ancora del tempo con quel ragazzo mi mandava su di giri.
Stai esagerando, stai correndo troppo, Martin certamente non è gay.
«Vuoi che ti passi a prendere o preferisci… che ci incontriamo da qualche parte? Magari di fronte al supermercato dell’altro giorno…»
Mi venne da ridere e non riuscii a trattenermi. Aveva costantemente paura di invadere i miei spazi, ma allo stesso tempo si preoccupava per me.
«Sai che c’è? Puoi passare a prendermi a casa.»
E mentre gli davo il mio indirizzo, sentivo il cuore battere a mille.
Non è un appuntamento, idiota. Forse un po’ gli fai pena o magari non sa con chi prendere un caffè. Tira il freno!
Quando chiusi la conversazione con Martin, mi sentivo frastornato e bisognoso di qualche parola di conforto.
Erano le cinque e tredici del pomeriggio, Maddy sarebbe uscita dal lavoro soltanto alle sei. Decisi di inviarle un sms, doveva sapere che stavo per uscire con un ragazzo.
Non stai per uscire con un ragazzo!
Digitai in fretta il messaggio, muovendomi con fare esperto sui tasti del mio cellulare.

Maddy, hai presente il tipo del supermercato che ho conosciuto qualche giorno fa? Martin… sta per passare a prendermi e andiamo a bere un caffè insieme!! Ho un sacco di ansia, ma non dovrebbe essere così, perché non è un appuntamento… lui sicuramente non è gay… spero di non fare figuracce! A più tardi!

La sua risposta non tardò ad arrivare, mentre mi infilavo le scarpe da ginnastica.

Ora non posso chiamarti, ma voglio sapere TUTTO. Ci sentiamo più tardi e… conquistalo!!

Sorrisi come un idiota e finii di prepararmi.


«Ci sono delle poltroncine gialle in similpelle, mentre i tavolini sono…»
«Scommetto che sono in legno scuro» replicai, lasciandomi sfuggire un piccolo sorriso.
«Come hai fatto a capirlo?»
Non potevo vedere Martin, ma avevo la netta impressione che fosse sconcertato.
Mi strinsi nelle spalle. «Un’altra delle mie capacità.»
«Legno scuro e poltroncine gialle. Ho sempre pensato che facessero a pugni» ammise lui.
«In effetti non suona bene… non ero mai stato qui» ammisi.
«Fanno i pancakes più buoni della città.»
Sorrisi. Martin era veramente simpatico, mi trattava come un ragazzo qualsiasi e non si poneva problemi nel descrivermi ciò che gli chiedevo.
Una cameriera venne a prendere le nostre ordinazioni e io optai per un pancake con il burro d’arachidi, mentre Martin scelse di condire il suo con lo sciroppo d’acero.
«Detesto lo sciroppo d’acero. Sarà che mia madre ne ha sempre abusato, ma ha un sapore terribile!» esclamai, una volta che la ragazza si fu allontanata.
Allungai distrattamente la mano sul tavolo in cerca del mio bicchiere d’acqua, e nel farlo sfiorai quella di Martin. Sobbalzai e mi ritrassi, borbottando qualcosa.
«Ehi, tranquillo. Il bicchiere è alla tua sinistra» disse pacato. «E quindi lo sciroppo d’acero non ti piace. Io lo metterei ovunque, anche dentro il caffè!»
Bevvi un sorso d’acqua, poi scossi il capo e feci una smorfia che lo fece ridere.
«Posso chiederti un’altra descrizione?» domandai.
«Certo. Cosa vuoi sapere?»
Ci pensai su, chiedendomi se fosse davvero il caso di porgli quell’interrogativo. Infine decisi di buttarmi, non avevo niente da perdere.
«Mi descrivi te?» soffiai.
Martin rimase per un attimo in silenzio, dovevo averlo spiazzato. Avvertii le guance infiammarsi per l’imbarazzo e feci un cenno noncurante per fargli capire che non doveva sentirsi obbligato a farlo.
«Okay, allora… sono alto circa un metro e ottanta, il più alto della mia famiglia. Ho i capelli scuri e corti, gli occhi neri e le sopracciglia folte. Ma forse… perché ti sto dicendo tutti questi colori?»
Inclinai il capo verso sinistra. «Il nero lo conosco molto bene. Va’ avanti.»
«Cristo, scusami…»
Avvertii la sua mano stringersi alla mia sul tavolo e a quel punto realizzai che veramente mi stava toccando. Cominciai a sudare un po’ di più, il cuore prese a battermi più forte, l’imbarazzo crebbe ulteriormente.
«Devi stare tranquillo, davvero. Va’ avanti» mormorai, rafforzando la stretta attorno alle sue dita.
«Okay.» Fece una pausa, deglutì, poi riprese: «Ho la carnagione olivastra, vuol dire che è… un po’ scura, ecco. Non ho un gran bel naso, è un po’ ingombrante.»
Risi. «Ingombrante? Ma dai!»
«Sono un tipo robusto, ammetto che mi piace mangiare ma anche correre e nuotare. Cos’altro posso dire?»
Mi faceva un sacco di tenerezza, lo sentivo tremare appena sotto il tocco delle mie dita sulla sua mano. «Hai delle mani grandi e forti» mi lasciai sfuggire.
Lo stai mettendo in imbarazzo, Joe, piantala!
Lasciai andare immediatamente la presa e mi adoperai per finire di bere la mia acqua. «Okay, scusa. Ora ho capito come sei fatto.»
«Un tipo qualsiasi…» minimizzò.
No, tu non sei uno qualsiasi, non lo sei affatto.
«Anche io sono uno qualsiasi. Ma ognuno di noi è comunque diverso dagli altri, quindi non preoccuparti» replicai.
Poco dopo la cameriera ci raggiunse nuovamente, posando di fronte a noi la nostra merenda fragrante.
Per fortuna il delizioso odore emanato dal burro di arachidi coprì il tanfo di sciroppo d’acero e io riuscii a ignorarlo.
«Su questo hai ragione» disse Martin. «A me piace lo sciroppo d’acero e a te no.»
Annuii. «Era proprio quello che intendevo. Beh, vediamo se sono veramente i pancakes più buoni della città!»
«Ti serve aiuto? Immagino di no…» farfugliò Martin.
«Vediamo se riesco a cavarmela senza sporcarmi come un bambino» replicai con una risata.


Mi passai distrattamente una mano sulla felpa e la trovai sporca. Sollevai le dita e le portai sotto il mio naso: burro d’arachidi.
«Martin?»
Eravamo appena usciti dal locale e ci stavamo dirigendo al parco poco distante per fare due passi.
«Che succede?»
«Alla fine mi sono sporcato» ironizzai, strofinando via il restante burro d’arachidi dalla felpa.
«Non lo avevo notato» mormorò, accostandosi a me. «Non ho un fazzoletto appresso, e adesso?»
Feci spallucce e impugnai il bastone. «La metterò a lavare, che importa? Andiamo!»
Passeggiammo per un po’, chiacchierando del più e del meno. Era piacevole parlare con lui, nonostante non fosse un ragazzo di molte parole.
«Una volta sono uscito con un ragazzo e lui mi derise perché mi ero sporcato con il caffè, era un vero idiota» raccontò Martin a un certo punto.
Mi bloccai in mezzo al sentiero.
Era uscito con un ragazzo? Questo significava che anche lui era…
«Allora anche ai vedenti capita di sporcarsi» scherzai, urtando qualcosa di metallico con il bastone. «Questa dev’essere una panchina. Ci sediamo?»
«Sì, è proprio una panchina. Certo, sediamoci pure.»
Ci accomodammo uno accanto all’altro e rimanemmo in silenzio. Sentivo il mio corpo teso, la consapevolezza che a Martin piacevano i ragazzi mi faceva sentire euforico e preoccupato allo stesso tempo.
Se da un lato avrei potuto provarci con lui perché mi piaceva ed era bello trascorrere il tempo in sua compagnia, dall’altra potevo anche non essere il suo tipo; inoltre avevo un sacco di problemi, sia a livello fisico sia a livello personale. Avevo vissuto delle esperienze spiacevoli con i ragazzi e per me era sempre difficile lasciarmi andare.
Avrei tanto voluto che Maddy fosse con me, lei mi conosceva perfettamente, sapeva tutto di me e sarebbe stata capace di rassicurarmi.
«Joe, va tutto bene?»
Le sue dita sfiorarono le mie, serrate intorno al manico del bastone che ancora non mi ero deciso a chiudere e mettere da parte. Quel contatto mi fece fremere, era così delicato e dolce, eppure capace di scuotermi nel profondo.
La verità era che non avevo mai vissuto un appuntamento con un ragazzo. Ne avevo conosciuto diversi, ma sempre all’interno di situazioni diverse: a volte in dei locali o a delle feste, altre volte durante dei corsi o lavori saltuari. Ma non ero mai uscito ufficialmente con qualcuno, e anche se sapevo che quello non era un appuntamento, me la stavo facendo sotto.
«Io non sono mai uscito con un ragazzo» mormorai d’improvviso.
Martin non replicò e io ebbi l’impressione di aver detto la cosa sbagliata.
Ancora.
«Non volevo… ehm, Martin, scusa.»
«Ti mette a disagio la mia omosessualità?» domandò. Non era arrabbiato, non era turbato, voleva soltanto conoscermi.
«A me? No! Ma che…» Lasciai cadere il bastone e mi voltai nella sua direzione. Non sapevo cosa fare per fargli capire che anche io lo ero e che lui mi piaceva.
«Non me la prendo, Joe. Ho smesso di prendermela per queste cose» replicò con amarezza.
Allungai le mani e cercai il suo viso, graffiandolo accidentalmente sulla guancia. Arrossii, ma non mi ritrassi. «Scusa. Posso?»
«Joe, non devi sentirti in…» Sospirò quando le mie dita carezzarono piano la pelle un poco ruvida delle sue guance.
«Anch’io sono gay, Martin» sussurrai, poi mi accostai a lui con l’intento di baciarlo. Volevo farglielo capire, volevo dimostrargli che lo accettavo e lo capivo.
Ma quando le mie labbra si posarono sulla sua pelle, mi resi conto che erano finite sul suo naso.
«Cazzo» imprecai, ritraendomi in preda all’imbarazzo. Mi battei una mano sulla fronte. «Ecco, come al solito ho rovinato tutto… lo so, non è un appuntamento, ma potevo almeno evitare di fare figure di merda come questa! Potevo, no? No, altrimenti non sarei io!» blaterai, prendendomi la testa tra le mani.
«Joe…»
«Eh? Che c’è?»
«Sei tenero» disse soltanto, per poi afferrarmi per i fianchi e attirarmi a sé.
Mi ritrovai con il corpo contro il suo, stretto in un abbraccio caldo, forte, rassicurante. Martin aveva un profumo delizioso, anche la nota di sciroppo d’acero nel suo respiro mi piaceva. Il suo torace era ampio e accogliente, le sue labbra sulle mie erano morbide e dolci, così dolci da farmi sospirare e sciogliere completamente tra le sue braccia.
Ci sfiorammo piano, saggiandoci appena. Mi permisi di far scorrere le mani sulle sue braccia muscolose, di raggiungere il suo viso e sfiorare le sue guance ricoperte da un velo di barba e di immergerle poi tra le soffici ciocche dei suoi capelli non troppo corti.
Ci separammo poco dopo e Martin mi abbracciò più forte, premendo il mio viso sul suo petto.
Mi ritrovai a ridere. «Allora non ti sono sembrato troppo goffo e stupido?»
«Direi di no.»
Sollevai il viso e portai i polpastrelli sul suo naso. «Non è orribile. Perché dici così? A me piace.» Ne tracciai il profilo leggermente ingobbito, trovando un piccolo neo sulla parte destra. «So che prima ho sbagliato, ma adesso…» Portai le labbra sulla punta del naso e vi depositai un bacio, poi un altro e un altro ancora, finché entrambi non ci ritrovammo a ridere.
«Sei incredibile» commentò Martin. «Fermo» mi intimò, per poi chinarsi a sua volta per baciarmi sul naso.
«Sono un casino incredibile, vorrai dire» mi schernii.
«Posso farmene una ragione. Ehi, Joe?»
«Mmh?»
Mi prese le mani tra le sue. «Ti va di uscire ancora con me?»
«Vuoi veramente conoscere uno come me? Devi essere pazzo.»
Lo sentii ridacchiare. «Anche tu sarai pazzo se accetterai.»
«Allora siamo pazzi in due.»
Non potevo vederlo, ma sapevo che mi stava sorridendo e che mi osservava. Sentivo i suoi occhi addosso e la cosa non mi dispiaceva affatto.
Mi attirò nuovamente a sé e mi baciò sulla fronte. «Ci sto» soffiò.






♥ ♥ ♥

Eccomi qui con una nuova storia dedicata ai miei due patatini *-*
Quella di Martin&Joe è una serie a cui tengo tantissimo e qui ho voluto assolutamente raccontare la loro prima uscita ufficiale insieme!
Mi sono divertita a metterli un po’ in imbarazzo, poveretti, ma tutto era atto a farli interagire e a far sì che si conoscessero meglio ^^
Che ve ne pare di questo primo appuntamento che poi non è un primo appuntamento?
Non è stato deciso, ma alla fine le cose sono andate come sono andate ed eccoli qui, pronti a conoscersi e vivere dei momenti in compagnia l’uno dell’altro :3
Spero veramente che vi sia piaciuta e che vi sia sembrata tanto fluffosa, questi due prima o poi mi faranno perdere il cervello, me lo sento! Avevo decisamente bisogno e voglia di scrivere di loro *-*
Grazie a chiunque arriverà fin qui e a chi vorrà recensire, ogni commento sarà ben accetto ^^
Alla prossima ♥
  
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