I giorni scorrevano
lenti, monotoni. Nulla era più accaduto nella vita di Hermione dopo l'episodio
al Ghirigoro, e la ragazza si sentiva sempre più frustrata. Era sempre stata
entusiasta del suo lavoro al Ministero della Magia, ci si era tuffata a capofitto
dopo aver finito l'ultimo anno a Hogwarts. Aveva accettato quell'incarico senza
pensarci due volte. Ma ora invece sembrava che anche quel lavoro che tanto le
piaceva non avesse più alcun senso.
Ormai era passato un
mese dal ballo, ma ogni notte i suoi sogni erano popolati da balli in maschera
e ballerini travestiti da soldati del '700. Aveva provato a prendere dei
sonniferi, per fare sonni senza sogni, ma a nulla era servito. L'umore della
ragazza peggiorava di giorno in giorno, e Ron sembrava non accorgersi di nulla.
Pff… Figuriamoci se quello si accorge di qualcosa!
Dagli una birra e del Quidditch e potrebbe cadere il mondo, senza che lui se ne
accorga!
E intanto i giorni
scorrevano lenti, senza che nulla più riuscisse a entusiasmare la ragazza.
L'unica persona che si era accorta di quel cambiamento era stata Ginny, che
aveva provato più volte a parlare con Hermione, ma la ragazza era stata vaga,
senza rivelarle il motivo del suo malessere, e attribuendolo al troppo lavoro.
La rossa non se l'era bevuta, ma aveva capito che tanto era inutile insistere,
la sua amica non avrebbe parlato.
A metà dell'estate
ricevette una lettera dalla professoressa McGranitt, che la convocava a
Hogwarts la settimana seguente.
Il giorno
dell'appuntamento con la sua ex insegnante, ora preside della scuola, faceva
parecchio caldo, quindi Hermione optò per un vestito bianco, leggero, scollato
a V. Afferrata la sua borsetta di perline rosa, a cui era troppo affezionata
per disfarsene, si smaterializzò davanti ai cancelli di Hogwarts, e li superò a
piedi. Come ogni volta, provò la familiare fitta di malinconia che la
trafiggeva nel momento in cui si trovava di nuovo in quel luogo, in cui aveva
passato gli anni più belli della sua vita.
Entrò nel Salone
d'Ingresso, e la fitta si fece ancora più insistente. Cercando di trattenere
una lacrima, si diresse subito verso l'ufficio della professoressa McGranitt,
che aveva preferito rinunciare alle stanze di Silente per lasciarne intatta la
memoria, e rimanere nei suoi abituali spazi molto più spartani.
L'incontro si svolse
in fretta, e senza troppi convenevoli l'anziana professoressa propose a
Hermione di aiutarla a svolgere alcune lezioni al suo posto e farle da
assistente, dal momento che era diventata preside e la burocrazia e altre
faccende relative alla sicurezza del mondo magico le avrebbero richiesto tutto
il suo tempo e impegno. Le disse inoltre che aveva già avvertito il Ministero
della Magia del nuovo incarico che avrebbe avuto alla scuola.
La ragazza, felice,
accettò di buon grado.
Finalmente una buona notizia, ogni tanto!
Si congedarono,
dandosi appuntamento per la settimana seguente in modo da definire i dettagli
del suo nuovo lavoro, e Hermione decise di fare un salto in biblioteca, luogo
che era sempre riuscito a metterla di buon umore.
Dopo essere entrata
in quell'infinita cattedrale fatta di scaffali e profumo di pergamena, la mente
della ragazza si calmò. Quel luogo per lei sacro aveva sempre avuto
quell'effetto. Decise di unire l'utile al dilettevole, e si diresse verso il
reparto contenente i libri sulla Trasfigurazione, in modo da arrivare preparata
all'incontro della settimana successiva con la professoressa McGranitt.
Optò per un pesante
libro sulla Trasfigurazione animale, e si mise nel primo tavolo che trovò.
Iniziò a leggere, ma la sua mente era distratta, i suoi pensieri galoppavano.
Cercò più volte di concentrarsi sulla lettura, ma niente da fare… Il suo
cervello non voleva saperne di dare attenzione a quel libro.
Forse un po' d'aria mi farà schiarire le idee…
Abbandonò i corridoi
pieni di libri e uscì dal castello. Il sole era caldo, l'aria frizzante sulla
pelle. Il vestito le si muoveva leggero intorno alle gambe.
Si abbandonò
all'atmosfera estiva, alle sensazioni del caldo sole sul viso e dell'aria tra i
capelli, e i pensieri si susseguivano veloci, al punto di non far caso a dove
stesse andando. Ritornò in sé e si accorse di essere nei pressi del Lago Nero.
Si diresse verso un salice lì vicino e si sedette ai piedi dell'albero,
appoggiando la testa contro l'antico tronco. La stanchezza le crollò addosso,
chiuse gli occhi, e alla fine si addormentò. Tra il sonno e la veglia le sembrò
di sentire una musica lontana, la stessa su cui aveva ballato QUELLA sera nel
labirinto. Ma forse la stava solo immaginando…
Lo sognò di nuovo,
quel ballerino vestito da soldato, che ballava sicuro facendola volteggiare in
una danza seducente… Ma a un certo punto una voce secca la fece svegliare di
soprassalto.
«Granger, i
dormitori sono dentro al castello, se proprio non riesce a fare a meno di
addormentarsi in giro per i prati? A casa sua non ce l'ha un letto?»
La ragazza si alzò
di colpo in piedi, mezza frastornata e con la vista annebbiata. Davanti a lei
stava il professor Piton, con il suo solito cipiglio severo e l'espressione
ironica.
Hermione avvampò per
l'imbarazzo, cercando di snocciolare qualche scusa, ma dalla sua bocca non
uscirono altro che lievi gemiti incomprensibili. Si vergognava talmente tanto di essersi fatta trovare in
una situazione del genere che non riusciva neanche più a mettere insieme due
parole.
«La prossima volta,
Granger, prova con il caffè!» Piton si voltò e tornò a passi svelti verso il
castello.
La ragazza rimase un
attimo ferma sul posto, osservando il suo ex professore e cercando di
schiarirsi le idee. E le tornò in mente una frase… "Grazie per il ballo. SP".
Non era
assolutamente possibile. No, fuori discussione! Decisamente quella sera non
poteva aver ballato con Piton, su questo era pronta a giurarci!