Implosione
Il cuore mi martella nel petto: ho paura, tanta paura. Sono
atterrita, impotente, non posso che stare nel bel mezzo di quel
corridoio e
guardare.
Fa caldissimo, non mi sono neanche tolta il giubbotto.
Caldo. Lo sento diffondersi in tutto il mio corpo, è
soffocante.
“No, no, no, no, così non va bene!”
strillo. Spero che
qualcuno faccia qualcosa, non riesco a vederla star male.
Ma le mie stesse parole mi giungono ovattate: le mie
orecchie si stanno tappando, non sento più bene, tutto
è sormontato da un
ronzio sordo, sempre più forte e invadente…
Cosa sta succedendo alle mie orecchie?
Cosa sta succedendo intorno a me?
Mi sento lontana, estranea pure a me stessa.
Caldo.
Le sento: goccioline di sudore mi imperlano il collo, la
schiena… caldo, troppo caldo.
Muovo qualche passo, non so nemmeno verso chi. O forse son
da sola.
Non lo so, la gente va e viene. Si sposta.
Mi si abbassa la vista, la luce non sembra più
così forte.
Devo togliermi il giubbotto. Mi strapperei anche la pelle se
potessi.
Perché non riesco a sentire bene? Perché mi si
sta
abbassando la vista?
Sto ferma lì, impalata, mentre tutto attorno a me continua a
succedere.
Un formicolio comincia a scorrermi nelle dita delle mani,
fastidioso.
Devo togliermi il giubbotto, prima di sentirmi male dal
caldo.
Me lo sfilo veloce, ma il caldo non si attenua.
Fate smettere questo ronzio, voglio tornare a sentire bene!
Cosa posso fare? Bere. Ecco, devo bere e questo mi aiuterà a
tornare alla giusta temperatura.
Ho una bottiglietta d’acqua in borsa. La afferro, bevo
lunghi sorsi; il mio corpo risponde ai comandi.
Ma la mia voce no. Vorrei dire a qualcuno che ho bisogno di
sedermi, voglio spiegare cosa mi sta succedendo. Il mio cervello manda
l’impulso, ma le labbra non eseguono, tutto ciò
che ne esce è un suono
inarticolato, un piccolo rantolo che nessuno sente.
Non sento bene.
Non vedo bene.
Sudo, ho le orecchie calde.
E adesso perché non riesco nemmeno a parlare?
Qualcuno mi passa a fianco, non so nemmeno chi sia.
Sento voci, sono lontane, non so cosa dicono.
“Ti vuoi sedere?” mi chiede mia madre.
Muovo qualche passo verso di lei – almeno le gambe
funzionano bene! – ma non riesco a parlare, sono respiri
pesanti quelli che
metto uno dietro l’altro.
“Tutto bene? Sei pallida! Siediti!” Mia madre
è preoccupata
e agitata, mi trascina dentro la stanza e mi fa accomodare su una
poltroncina.
“Oh, stai bene? Sei bianca! Oddio, finisce che
collassa!”
esclama mamma, ha gli occhi sgranati. Non mi ha mai visto
così.
Sto bene, tranquilla! Non è nulla di grave!,
strilla
la mia mente, ma non riesco a dirlo.
Perché non ci riesco?
Sento il collo fradicio.
Ma ora che sono seduta…
Ora va meglio. Il caldo comincia a scemare, il ronzio si
attenua fino a scomparire, anche la vista torna al suo posto.
Quasi non mi ero accorta dell’infermiera che mi si
è
avvicinata e ora mi sta misurando la pressione.
Meno male che mi è capitato in ospedale,
penso
ironicamente.
“Che c’è?” continua a chiedere
mamma, in ansia.
“Non… non riuscivo a parlare” bofonchio,
la voce roca.
Però adesso ci sono riuscita!
Mi rilasso, sento che tutto sta tornando normale.
“Ha ripreso anche il colorito in faccia” commenta
l’infermiera, dopo aver annunciato che la pressione
è a posto.
Mi metto a sedere dritta e mi passo una mano sul collo: è
madido
di sudore.
Ma adesso non ho più caldo.
Ho solo voglia di andare in bagno.
E di piangere.
Non so nemmeno definire cos’ho appena vissuto: era forse un
attacco di panico? Stavo per svenire?
Non sono abituata.
Ora che la vista è tornata, il bianco delle pareti mi
schiaffeggia con tutta la sua nauseante potenza.
Ecco perché detesto gli ospedali: mi fanno stare troppo
male, non riesco a guardare gli altri che soffrono, non riesco ad
accettare che
le persone qui dentro potrebbero lasciarci da un momento
all’altro.
Forse non sono abbastanza forte.
Forse sono troppo empatica.
Mi sento in colpa: ci sono già abbastanza pazienti in questo
posto, non ci volevo anch’io.
Mia madre mi porge la mano, la afferro e mi alzo.
“Devo andare in bagno.”
“Perché non stai ancora un po’
seduta?”
“Devo andare in bagno” ribadisco.
A piangere.
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♠
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Okay XD
So che questo scritto che vi ho presentato è piuttosto
particolare e bizzarro, ma sappiate che è estremamente
autobiografico: dopo
aver vissuto questa “cosa” (non sono ancora
riuscita a capire se fosse un
principio di svenimento, un attacco di panico o un misto delle due cose
XD), ho
pensato di metterla per iscritto sia per esorcizzarla, sia
perché mi sembrava
abbastanza figa. Mi spiego: sul momento non mi sono sentita male, non
avevo
ansia, ero solo… strana, è stato un insieme di
sensazioni particolari che non
avevo mai vissuto.
I momenti peggiori sono stati il prima – lo spavento per
quella persona che vedevo star male – e il dopo –
il senso di colpa che ho
spiegato anche nella storia.
I reparti ospedalieri, soprattutto quelli in cui sta la
gente in condizioni medio-gravi, mi hanno sempre fatto stare male, ma
stavolta
l’esperienza mi ha davvero distrutto. Confesso che ora ho un
po’ d’ansia a
entrare in ospedale, forse perché ho paura ricapiti qualcosa
del genere!
Ma, sorvolando sui miei disagi XD, spero che questo testo
senza pretese vi sia piaciuto e vi abbia trasmesso qualcosa! Grazie a
chiunque
sia giunto fin qui :3
Alla prossima!!! ♥
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