Kuai
Liang guidò Hanzo attraverso un ampio corridoio, illuminato
dalla luce di alcune lampade appese ai muri.
Che
tristezza., pensava,
dispiaciuto. In quella realtà, Kuai Liang e Bi Han si erano
ritrovati e si era ricreato
tra loro un legame coriaceo.
Ma
la morte aveva preteso la vita di Bi Han.
Pur
di salvare la vita di suo fratello, era stato colpito da una
maledizione crudele, che lo aveva condannato ad una dilaniante
agonia.
Che
l’abbia fatto per espiazione?, si
domandò lo shinobi nipponico. Quell’ipotesi, subitanea,
era balenata nella sua mente e non si era dissolta.
Anzi,
gli sembrava alquanto plausibile.
Ad
un tratto, il criomante si fermò e si appoggiò al muro,
lo sguardo, vitreo d’amarezza, volto verso il soffitto.
Il
suo petto si sollevò in ansiti sempre più veloci e un
pallore livido ricoprì il suo viso.
La
mano di Hanzo, leggera, si appoggiò sulla spalla sinistra di
Kuai Liang in un gesto di premura.
Non
ha senso che dica qualcosa. Come io, in un’altra linea
temporale, ho perduto la mia famiglia, così, in questa, lui
sta perdendo un fratello ritrovato. Non si può capire una
simile pena., meditò.
L’animo di Kuai Liang, ulcerato da quella pena, non aveva
necessità di parole evanescenti, che non potevano mutare una
realtà aspra e crudele.
– A
volte… a volte mi chiedo se sia stato giusto manipolare le
sabbie, per esaudire un mio desiderio egoistico… –
mormorò ad un tratto
il ninja cinese.
Perplesso,
l’altro aggrottò le sopracciglia.
– Io…
io non riuscivo ad accettare che l’animo di Bi Han fosse
contaminato dal male… Per questo, ho usato le Sabbie del
Tempo… Volevo liberarlo dalla tenebra… –
confessò, il tono vibrante d’amarezza.
Tacque
e, per alcuni istanti, rimase immobile, la testa tra le mani.
– Ora
è libero dal male… Ma è imprigionato in una
sofferenza insensata. La libertà della sua anima vale il
suo attuale dolore? Non lo so
più… – confessò.
Sopraffatto
dall’amarezza, chinò la testa sul petto e rimase
immobile.
Il
ninja nipponico non rispose e continuò a restare silenzioso.
Kuai
Liang, di scatto, girò la testa e i suoi occhi, lucidi di
gratitudine, si fissarono nelle iridi di Hanzo.
– Grazie.
– mormorò.
Si
rialzò e riprese a guidare Hanzo attraverso i corridoi.
Il
loro cammino si concluse davanti ad una porta.
Kuai
Liang allungò la mano e la posò sulla maniglia.
Per
alcuni istanti, la sua mano tremò e il ninja cinese esitò.
La risolutezza del suo animo si dissolveva e lo lasciava a contatto
con le asperità dei suoi dubbi.
L’agonia
di Bi Han era dura, a stento mitigata dal balsamo del suo affetto, e,
presto, gli avrebbe chiesto uno sforzo considerevole.
La
sua risoluzione era corretta?
La
mano di Hanzo si strinse attorno al polso di Kuai Liang.
Il
maestro del clan Lin Kuei si irrigidì e lunghi brividi
attraversarono la sua schiena. La stretta prossimità dei loro
corpi, in quel momento, lo turbava…
Era
la conseguenza del peso che opprimeva la sua anima e oscurava la sua
lucidità?
– Come
ti ho detto prima, se Bi Han non se la sente, tornerò in un
altro momento. – lo rassicurò Hanzo.
Le
labbra di Kuai Liang si sollevarono in un tenue sorriso.
– Mi
ha assicurato che desidera vederti. Ha recuperato i ricordi della
passata linea temporale. – spiegò, il tono lugubre.
Sospirò,
aprì la porta ed entrò nella stanza.
La
luce di una lampada appesa al soffitto illuminava la stanza, dominata
da un letto singolo, su cui riposava la figura sofferente di Bi Han.
Di
tanto in tanto, il corpo del criomante disteso si irrigidiva in uno
spasmo di dolore, come una sbarra di acciaio e il suo viso si
deformava in una maschera grottesca.
Gli
occhi, opachi di sofferenza, roteavano, mostrando il biancho delle
pupille, mentre una schiuma biancastra montava sulle sue labbra,
livide di dolore.
Sconfortato,
Kuai Liang scosse la testa. Nemmeno i poteri di Raiden riuscivano a
ridare la salute a Bi Han…
Gli
sembrava di essere avviluppato nella palude di un incubo.
A
passo rapido, si avvicinò al letto del fratello e gli appoggiò
le mani sul petto.
– Stai
tranquillo… Presto smetterai di soffrire. – lo
rassicurò.
Qualche
istante dopo, una tenue luce glaciale, splendente di minuti
cristalli, sgorgò dalle sue mani e avvolse l’intero
corpo del fratello.
Un
debole sospiro, quasi timoroso, sgorgò dalla bocca di Hanzo.
In quel momento, si sentiva un intruso, che assisteva ad un momento
di intimità tra i due fratelli.
Gli
sembrava di violare uno spazio sacro.
Cosa
devo fare?
Il
corpo di Bi Han si rilassò sul letto e la sua testa si
abbandonò sulla sua spalla destra.
Poco
dopo, il ninja aprì gli occhi e, con fatica, girò lo
sguardo, ora verso Kuai Liang, ora verso Hanzo.
– Grazie,
fratello mio… – sussurrò. Presto, i veli
sarebbero stati squarciati.
Desiderava
morire libero da equivoci e menzogne.
– Io
vado… Perdonami Bi Han, ma devo proseguire con la gestione del
clan. E Frost mi sta aspettando da un po’ di tempo. –
spiegò Kuai Liang, cupo.
L’altro
sollevò le labbra in un debole sorriso.
– Non
preoccuparti. – lo rassicurò.
Kuai
Liang sollevò la mano in un debole gesto di saluto e si
allontanò.
I
due ninja, per alcuni istanti, rimasero silenziosi.
– Sei
contento, Hanzo? – soffiò ad un tratto la voce,
arrochita dal dolore, di Bi Han.
Il
ninja nipponico si scosse dai suoi pensieri e fissò il suo
sguardo sul criomante.
– Di
che cosa stai parlando? – chiese.
Una
rauca risata risuonò sulle labbra di Bi Han.
– Se
sei qui, c’è una ragione… Qualche ricordo della
precedente realtà è emerso nella tua mente… –
dichiarò, pacato.
Con
un cenno del capo, Hanzo annuì. Non aveva senso negare la
verità.
Il
suo interlocutore aveva ragione.
Bramava
risposte agli incubi che straziavano la sua mente.
Certo,
Kuai Liang aveva svelato parte della realtà, ma gli sembrava
incompleta, priva delle verità di Bi Han.
Hanzo
serrò le labbra in un silenzio impacciato e sfregò le
mani l’una contro l’altra. Qualsiasi parola gli pareva
inopportuna.
Forse,
in un’altra realtà, avrebbe provato un sadico
compiacimento, ma in quel momento il suo cuore era stretto dalla
pena.
Il
suo pensiero si rivolgeva a Kuai Liang e all’opprimente dolore,
che, pure, non gli impediva di svolgere le sue funzioni di capo.
Quanta
dignità si rifletteva nel suo viso scavato…
Si
avvicinò alla finestra e, per alcuni istanti, fissò il
paesaggio.
Nel
piazzale del tempio, scorse le piccole sagome di Kuai Liang e Frost,
che si allenavano.
Si
allontanò un poco e tornò a fissare lo sguardo su Bi
Han.
Il
ninja criomante si irrigidì e, a stento, sostenne l’oscuro
sguardo indagatore del combattente Shirai Ryu. Avvertiva su di sé
il peso del rimorso…
Non
riusciva a dare risposte a quelle iridi, colme di domande.
– Perché?
– domandò ad un tratto il ninja Shirai Ryu.
Bi
Han tacque e rifletté.
– Potrei
dirti che ero stato corrotto da Quan Chi e dalla sua magia… Ma
sarebbe una idiozia e non meriti una menzogna tanto puerile… –
cominciò.
Un
forte accesso di tosse cavernosa, simile ad un lugubre latrato, lo
scosse e, per alcuni istanti, non riuscì a proseguire.
Hanzo,
immobile, attese.
– No,
Hanzo… Io… Io mi sono lasciato sedurre dal potere…
Non ho saputo resistere alle lusinghe di Quan Chi… Ed è
stata la mia sete, in un’altra linea, a distruggere la tua
famiglia e a trasformare te in uno spettro, consumato dall’odio
e dalla sete di vendetta… L’unica mia scusa era il mio
desiderio di rendere forte il Lin Kuei… – confessò.
Finalmente, i veli dell’inganno erano stati strappati e nessuna
ombra oscurava la sua anima…
Niente
lo legava a quel mondo tenebroso, risuonante di urla demoniache e
greve di gratuite crudeltà.
Una
risata, sempre più forte, cominciò a risuonare sulla
bocca di Bi Han.
– Perché
ridi? – domandò Hanzo, perplesso.
– In
quella vita, io agognavo le ombre… Invece, io ora desidero la
luce e ho paura di sprofondare nella tenebra. Mi sento in colpa
davanti a Kuai Liang… – concluse.
– Capisco.
– dichiarò Hanzo, calmo. Bi Han si era sacrificato per
suo fratello, come lui aveva capito, ma questo suo atto non attenuava
il suo senso di colpa…
Anzi,
probabilmente, non si perdonava la sofferenza, che, in quei giorni,
dilaniava il cuore di Kuai Liang.
Sensi
di colpa antichi e nuovi opprimevano il suo cuore, simili a macigni.
– Hanzo…
– lo chiamò Bi Han.
Il
ninja nipponico si scosse dai suoi pensieri e lo guardò.
– Io…
Io so che morirò… La maledizione di Quan Chi è
inesorabile… – iniziò.
Con
un gesto stanco, si passò una mano tra i lunghi capelli neri,
umidi di sudore.
– Kuai
Liang… Kuai Liang soffrirà molto per la mia morte…
Il suo cuore, già pieno di crepe, potrebbe infrangersi e non
penso sia giusto. Lui è molto forte, ma la solitudine potrebbe
sopraffarlo… – continuò.
Reclinò
la testa verso destra e, per alcuni istanti, fissò la
finestra, dalla quale penetrava un esile raggio di luna.
Rare
lacrime rigarono le guance scavate del guerriero cinese e un debole
singulto strinse il suo petto.
– Io…
Io ho visto il legame che si è creato tra di voi… Lui
ti rispetta e ammira il tuo carisma. Vede in te un esempio luminoso…
– affermò.
Hanzo,
sgomento, aprì un poco gli occhi. Nessun sentimento torbido
riverberava in quelle parole…
Il
suo sguardo, malgrado la morte futura, era limpido.
– Hanzo…
Ho le mie colpe verso di te, anche se in un’altra epoca…
Quando io sarò morto, desidero che tu stia accanto a lui. Ti
prego, non abbandonarlo. – lo supplicò.
Hanzo,
per alcuni istanti, rimase immobile, il volto di nuovo atteggiato ad
una espressione impenetrabile. Bi Han, in quelle parole chiare, aveva smesso la sua maschera e aveva rivelato la limpidità d'un forte amore fraterno.
Il
suo pensiero, lontano dagli egoismi, era rivolto al suo unico
familiare…
Davanti
ad una simile richiesta, ogni altra considerazione svaniva.
– Sì.
Lo farò. –
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