Sophia sedeva ad uno dei tavoli, nell’ampia mensa, deserta.
Stringeva fra le dita una tazza, in cui restava un fondo di
thé.
Il verde sguardo era fisso sul recipiente e la donna sembrava assorta.
Non si accorse nemmeno del rumore delle porte scorrevoli che si
aprivano, mentre Jean Jerome entrava nella sala.
Anche lui pensieroso, non si avvide subito della donna, dirigendosi
verso uno dei vassoi che lasciava della frutta fresca a disposizione di
chiunque desiderasse servirsi.
Prese una mela ed osservandola soddisfatto, sorrise, prima di sfregarla
sulla divisa grigia della DEAVA, che ancora si ostinava ad indossare.
Mentre si voltava, pronto ad andarsene, colse con la coda
dell’occhio un dettaglio ed incuriosito, girò la
testa.
Stagliata contro la luce che filtrava dalle ampie finestre,
focalizzò l’attenzione sulla sagoma di Sophia, che
non riconobbe subito.
Muta ed immobile, sembrava assente.
Dapprima sorpreso e poi decisamente contento di trovarla lì,
Jean Jerome si avviò verso di lei, passandosi una mano nei
capelli grigio-scuri, prima di sistemarsi sul naso gli occhialetti
rettangolari dalle lenti arancioni.
Una smorfia che sperava essere seduttrice fece capolino sulle labbra.
- Sophia...
–mormorò, avvicinandosi al tavolo.
La donna sussultò, come se tornasse in sé e
girò il capo, inquadrando la figura del vice comandante, per
poi offrirgli un sorriso cortese, prestamente invitandolo a sedersi di
fronte a lei.
- Jean Jerome... mi perdoni, non
l’avevo sentita arrivare... –si scusò,
mentre riabbassava nuovamente gli occhi sulla tazza semivuota.
- Non puoi farne veramente a meno, eh
Sophia? –le rispose l’uomo, con tono scherzoso-
Ancora che ti ostini a darmi del Lei...
Sophia si concesse l’accenno d’una risata, sempre
contenuta.
- Scusami, Jean Jerome... E’ un
abitudine che non riesco a perdere.
Il vice comandante ne approfittò per dare un morso alla
mela, mentre Sophia alzava lentamente il capo, puntando lo sguardo in
quello di lui.
- Ed ora, che ne sarà della
DEAVA? E degli Element? –domandò, quasi a
bruciapelo, sorprendendo Jean Jerome, che smise di masticare.
Fu un istante, prima di deglutire e rispondere, assumendo
un’espressione fra il serio ed il disinteressato, mentre
tossicchiava per schiarirsi la voce.
- Per la DEAVA, é semplice.
Non ci occuperemo più di battaglie, dato che non esistono
più minacce per il genere umano. L’Aquarion
é andato perduto, ma nel peggiore dei casi, ci sono sempre i
Vector da combattimento, quelli ideati assieme alle Nuove Nazioni
Unite... e d’altronde, é con loro che lavoreremo
d’ora in poi, nel campo della ricerca e dello sviluppo
cibernetico e tecnologico, per trovare come aiutare i sopravvisuti
nella ricostruzione del pianeta e tornare così ad uno stato
di civiltà degno di questo nome...
–spiegò, puntualizzando.
- E gli Element? –chiese ancora
Sophia, mantenendo lo sguardo su Jean Jerome, che si
accontentò di sollevare le spalle.
- Beh, ormai non c’é
più bisogno di loro... quindi direi che sono liberi di
tornare a casa. Se poi alcuni volessero rimanere, non ci sarebbe
problema ma dovrebbero collaborare e fornire un aiuto effettivo nelle
ricerche.
- Capisco... –fu
l’unica risposta della donna, che riabbassò i
verdi occhi.
- E tu cosa farai? –le chiese
il vice comandante, mentre la osservava di sottecchi.
Sophia sospinse la sedia lontana dal tavolo, creando lo spazio
sufficiente per alzarsi in piedi, mentre recuperava la tazza.
- Ancora non lo so... dovrò
rifletterci... –disse, pacata, mentre muoveva un piccolo
inchino cortese alla volta dell’uomo, congedandosi e
voltandosi per lasciare la mensa.
Jean Jerome scattò in piedi, facendo quasi rovesciare la
sedia, mentre poggiava le mani sul tavolo. Enfasi che traspariva nella
voce, oltre che nei gesti.
- Ma resterai, vero? –chiese,
con trasporto, per poi strabuzzare gli occhi, rendendosi conto
d’essersi lasciato prendere dai sentimenti che provava nei
confronti della dottoressa. Tossicchiò nervosamente,
distogliendo lo sguardo e tentando di giustificarsi, laconico- Il tuo
aiuto é ancora prezioso qui, anche se non ci sono
più adolescenti a cui badare... In fondo, il tuo grado di
specializzazione nella biochimica molecolare é senza pari e
potrebbe rivelarsi fondamentale per gli studi futuri.
Sophia si fermò, voltandosi appena ad osservare Jean Jerome,
a cui rivolse un nuovo sorriso.
- Vedremo.
E così dicendo, lasciò la stanza.
L’uomo sospirò rumorosamente, lasciandosi ricadere
pesantemente sulla sedia e voltandosi a guardare lo spiazzo della
DEAVA, che si disegnava oltre i vetri.
Sophia studiava il paesaggio bagnato di sole ed ozioso nella calura del
pomeriggio estivo.
Era inginocchiata nei pressi del braciere, dove sobbolliva una pesante
pentola in ghisa, mentre Fudo era intento ad effettuare, con maniacale
cura, ogni gesto del Cha No Yu, la cerimonia del té a cui
sembrava essere molto legato.
Quella casa, in cui lei veniva spesso a trovare il Comandante,
rispecchiava perfettamente le tradizioni... l’arredamento
semplice ma elegante; lo stile stesso della costruzione dove non vi
erano pareti vere e proprie a separare le poche stanze ma pannelli
scorrevoli, dalle intelaiature che incorniciavano quadrati di carta di
riso; il tetto coperto di paglia...
Si trovavano in quello che pareva essere una specie di salottino, privo
d’ogni frivolezza ed inutile decorazione, riducendo al minimo
il mobilio e lo spazio stesso.
Fudo chiamava quella stanza “chashitsu”, ossia il
luogo dove venivano accolti gli ospiti ed effettuato il cerimoniale.
Sophia distolse gli occhi dal panorama, visibile oltre il pannello che
era stato lasciato aperto.
Le giungevano all’orecchio tutti quei piccoli rumori a cui
ormai era abituata e che amava, per la quiete e la serenità
che riuscivano a trasmettere.
Lo sguardo scivolò su Fudo.
Sembrava tenere le palpebre socchiuse, senza mai abbandonare
quell’espressione seria ed un pò burbera che
accentuavano il suo fascino intriso di mistero.
Avvolto in un kimono di seta dai toni scuri, muoveva ogni gesto con una
calma ed un contegno che ben richiamavano la filosofia zen a cui erano
ispirati.
Mescolava lentamente il té con il frullino di
bambù, mentre nella ciotolina, vorticava il liquido
profumato, elevando volute di vapore e formando un piccolo accenno di
schiuma, d’un verde chiaro.
Fu Sophia a rompere il silenzio.
- Lei cosa pensa di fare, Comandante?
Finisce veramente tutto così? –gli
domandò.
Fudo non smise di rimestare, restando silenzioso, prima di posare la
piccola ciotola dinnanzi alla ginocchia di Sophia e tornare composto
nella medesima posizione, appoggiando i palmi delle mani sulle
ginocchia.
Sembrava meditare e protasse ancora per lunghi attimi il proprio
mutismo, prima di lasciar fluire la voce bassa, leggermente roca.
- La parola fine é qualcosa
che l’uomo pone come condizione agli episodi della sua vita,
per giustificare la frustrazione nell’avvedersi dei propri
errori oltre alla mancanza di coraggio necessaria a perseguire il
proprio destino... –mormorò, senza mai riaprire
gli occhi, con quel suo solito comportamento criptico e impregnato di
calma che destabilizzava più d’una persona.
Sophia sospirò ancora, mentre portava alle labbra la
ciotola, sorseggiando il té caldo.
Nonostante Fudo non fosse sempre facile da comprendere, per lei ogni
sua parola era carica di significati, che riusciva ad interpretare
senza difficoltà.
Apprezzava quella figura, sempre così degna e corretta, che
nei momenti di panico generale riusciva a mantenere il proprio
autocontrollo, trasmettendo agli altri quel barlume di speranza
essenziale alla concentrazione, persino quando tutto sembrava ormai
perduto.
Di poche chiacchiere, Fudo si esprimeva solo per offrire importanti
lezioni di vita.
La dottoressa aveva sorriso, assistendo ai bizzarri allenamenti che
imponeva agli Element e ricordava come Apollo sembrasse non
sopportarlo, cercando più d’una volta, invano, di
prenderlo a pugni.
Ma il Comandante, conservando la sua compostezza, non gli aveva mai
permesso di riuscire nell’intento, schivando abilmente e
dimostrandogli che la sua pacatezza non aveva nulla da invidiare alla
veemente agilità del ragazzino.
Strano quanto quei due, in fondo, si assomigliassero... più
di quanto Apollo stentasse a credere.
Fudo era stata una delle persone ad aver maggior fiducia in lui, fin
dall’inizio, mentre per quasi tutti non era altro che una
bestia selvaggia sotto forma umana.
Apollo... Glen... Sirius... quegli Element che ora non erano
più parte della squadra...
Avevano sacrificato la loro vita, per il bene dell’intero
pianeta, e la loro devozione l’aveva profondamente scossa.
Sophia rimase in silenzio, bevendo a piccoli sorsi il té,
cercando di non lasciarsi sopraffare dalla tristezza.
Fudo era stato più che chiaro... ed ora sapeva cosa avrebbe
fatto.
Sarebbe rimasta alla base, ad occuparsi di Rina ed assistendo il
Comandante, qualora avesse avuto ancora bisogno di lei.
Nota dell'autrice:
Evvai! Siamo
già al terzo! *_*
Vi assicuro che mi sono dovuta fare violenza per introdurre Jean
Jerome... c'é poco da fare, mi é rimasto sulle
scatole da quando ho visto l'intero anime...>.<
Ma mi rendo conto, che in fondo, il mondo é bello
perché é vario e scassaombrelli come lui sono
necessari... (forse... u.u)
La mia migliore amica mi sta ancora chiedendo perché non gli
ho fatto ancora prendere fuoco... u.u
Ma senza di lui, come potremmo apprezzare in pieno la
genialità del grandissimo Fudo? *_*
Un uomo, un mito... *_____*
Si vede che lo amo? XD
Per scrivere la sua unica frase, mi sono dovuta dare le capocciate a
muro e cercare di partorire una frase in puro stile filosofico
"Fudiano"...
Vi assicuro che é stata una vera sfida... :S
Buona lettura a tutti... ^_^
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