Falmouth,
deluso dal fatto che la sua cena non avesse sortito gli effetti
sperati con Ross Poldark, era stato meditabondo e silenzioso per
giorni. Ombroso, cupo ma comunque deciso a non arrendersi nel
raggiungimento della sua meta visto che ancora le elezioni erano
relativamente lontane e di tempo per recuperare ne aveva a
sufficienza, si era aggirato a lungo per casa, giorno dopo giorno,
meditabondo e perso nei suoi pensieri.
Demelza
e Hugh gli avevano parlato del progetto della scuola di Truro il
giorno dopo il ballo, durante il pranzo, e Falmouth senza quasi stare
a sentirli aveva borbottato un sì su tutto, compreso
l'impiego di
Demelza come insegnante supportata da Hugh, e aveva ripreso a
mangiare senza fare obiezioni.
Poi
di notte doveva averci pensato e il mattino dopo erano giunte le
prime rimostranze. Nonostante approvasse il progetto che avrebbe
gettato sui Boscawen una buona luce, non era per niente d'accordo
sull'impiego diretto dei suoi eredi. Che avrebbe pensato la gente?
Che erano diventati improvvisamente poveri, tanto da aver bisogno di
lavorare come le persone del popolo?
No,
no e ancora no!
E
solo dopo lunghe discussioni Falmouth aveva abdicato, dettando
però
regole precise: Demelza poteva recarsi alla scuola, come
rappresentante dei Boscawen per controllare che tutto funzionasse al
meglio, solo due volte a settimana. Avrebbe potuto assistere alle
lezioni, rapportarsi ai bambini, anche dare una mano in piccole cose
ma il ruolo d'insegnante doveva essere ricoperto da qualcun altro. E
soprattutto il ruolo di Hugh nella scuola, a sostegno dell'opera
finanziata dai Boscawen, doveva essere ancora più marginale.
Una
visita ogni tanto, magari due parole sulla poesia coi bambini in
qualche lezione speciale, ma nulla più... Loro dovevano
rimanere i
padroni e controllori e altri dovevano, ufficialmente, svolgere il
lavoro.
Demelza
e Hugh dovettero accettare, la prima perché non aveva scelta
e
comunque avrebbe potuto partecipare attivamente alla vita della
scuola due volte a settimana e il secondo perché di fatto, a
parte
il desiderio di far felice sua moglie, non aveva una così
pressante
voglia di portare a termine quel progetto che continuava a ritenere
piuttosto inutile.
Nelle
settimane seguenti, sbrigate le incombenze burocratiche, erano stati
Demelza e Lord Falmouth a scegliere gli operai che avrebbero portato
a termine la ristrutturazione della scuola. Hugh, che era tornato
preda di violente emicrania, rimase più in disparte in
quella fase e
tutto ciò di cui veniva a conoscenza, era ciò che
gli raccontava
sua moglie.
Molto
spesso al mattino presto Demelza, dopo colazione, usciva a cavallo
con la scusa di controllare i lavori e si era anche spinta, ogni
tanto, a lavorare con martello e assi, indicando agli operai come
avrebbe voluto questo o quello. Era qualcosa che amava, il lavoro
manuale la faceva sentire viva e soprattutto utile e quando vedeva
qualcuno faticare, difficilmente riusciva a stare a guardare con le
mani in tasca. Era qualcosa che era costretta a fare a casa, ma a
Truro, quando ci si recava da sola, si sentiva più libera di
essere
se stessa e dentro al cantiere sarebbero stati pochi gli occhi
indiscreti che potevano osservarla e poi tradirla con voci poco
lusinghiere. Certo, c'erano gli operai, ma li aveva scelti lei e fra
loro vigeva un clima cameratesco di supporto e segreti reciproci. Non
poteva dire di lamentarsi della sua esitenza dopo il matrimonio, era
bella la sua nuova vita, comoda. Ma decisamente troppo statica per la
sua anima vivace e ogni tanto aveva bisogno di ricordare a se stessa
chi fosse veramente Demelza Carne.
Di
solito andava a dare un occhio al cantiere nel fine settimana, quando
impegni, ospiti ed obblighi calavano e la casa era più
tranquilla.
Le domestiche erano più libere di seguire Hugh se non si
sentiva
bene, anche in sua assenza a suo marito non sarebbe mancato nulla e
lei poteva recarsi a Truro senza fretta e in assoluta liberà.
Il
quarto sabato mattina dall'inizio del lavori, quando gli operai
avevano già carteggiato i muri, sistemato le assi dei
pavimenti e
iniziavano a lavorare con la calce e lo stucco, Lord Falmouth
insistette per recarsi insieme a lei a Truro per controllare lo stato
dell'opera e soprattutto perché aveva un appuntamento col
suo
banchiere.
Demelza,
costretta dalla presenza di Falmouth, quella mattina usò la
carrozza
e quando giunsero a Truro, poco prima delle dieci, diede
l'appuntamento al Lord direttamente al cantiere, una volta che avesse
terminato il suo incontro in banca.
Col
suo abito rosso, si diresse verso quella che sarebbe diventata una
scuola. E appena lì, dopo aver salutato gli operai che ormai
considerava amici, si nascose dietro a delle asssi, si tirò
su le
maniche e poi si legò i capelli in una coda di cavallo per
essere
comoda. Uno stile da campagnola più che da signora, ma
essere una
lady perfetta, se si dovevano compiere lavori manuali, era
decisamente scomodo.
Aiutò
a spostare alcune assi, controllò con gli operai i disegni,
pulì
alcune finestre e alla fine si divertì anche a passare della
calce
sulla parete. Lavorò un paio d'ore ma quando si accorse che
era
quasi mezzogiorno e Falmouth poteva arrivare da un momento all'altro,
dovette darsi una scrollata dalla polvere, una sistemata e poi corse
giù, sulla strada, sperando di non trovare già
lì il lord.
Ma
fu fortunata, la strada era ormai quasi deserta, tutti erano
rientrati per il pranzo e lei aveva tempo di prendere fiato. Si
appoggiò alla parete del fabbricato, lasciò che
l'aria fresca e il
sole le accarezzassero il viso e per un attimo provò pace e
soddisfazione per quanto stava costruendo, anche se le precarie
condizioni di Hugh nelle ultime settimane erano un'ombra che sempre
incombeva su di lei.
Improvvisamente
sentì avvicinarsi dei passi e lei si mise dritta, pensando
che
Falmouth ormai fosse arrivato.
Ma
non era lui...
Demelza
spalancò gli occhi quando vide di chi si trattava,
ricordando la
conversazione strana, sconvolgente ma anche divertente avuta con quel
tizio quasi due mesi prima. Non ci aveva più pensato, si era
imposta
di non farlo perché ogni volta che il pensiero le cadeva
lì, si
sentiva strana e questo non le piaceva affatto. Ma trovarselo davanti
così, a sorpresa, le fece ricordare ogni cosa si fossero
detti, come
si fosse sentita e le provocò un brivido lungo la schiena.
"Ross
Poldark?".
L'uomo,
vestito con abiti piuttosto vecchi ma comunque abbastanza eleganti,
la osservò come di solito, forse, si dovrebbe guardare
all'apparizione di un fantasma. Era palese che nemmeno lui si
aspettasse quell'incontro. "Lady Boscawen?". La squadrò
dalla testa ai piedi, osservò poi l'edificio in
ristrutturazione con
sguardo attento e poi tornò a guardare lei con un sorriso
beffardo
sul viso. "Lo state facendo davvero, allora?".
Lei
sostenne con sfida il suo sguardo altezzoso. "Ne dubitavate e
volevate accertarvi che non scherzassi?".
Ross
cercò con scarso successo di mascherare una risata. "Ah, non
datevi tutte queste arie lady Boscawen, in realtà ero certo
che i
lavori sarebbero stati portati avanti a tutti i costi da quel volpone
di Lord Falmouth che di certo non vorrà perdere questa
opportunità
di farsi vedere, in vista delle elezioni... Per quanto mi riguarda,
sono in città per incontrare dei creditori della mia
miniera, non
certo per voi e per interesse nei vostri progetti. Ma mi fa piacere
vedere che stanno procedendo, di certo sarà
un'opportunità in più
per i figli di coloro che ci crederanno e vorranno dargli la
possibilità di studiare".
Il
discorso fatto da Poldark era iniziato in modo irriverente ma il suo
tono, nel finale, si era fatto più serio e distaccato.
Demelza lo
colse subito... "Non ne avete molta fiducia, vero?".
Lui
scosse la testa. "Conoscete come ragionano i minatori e i
poveri, suppongo. La pagnotta in tavola viene prima di ogni altra
cosa. Non saranno molti i bambini che studieranno ma anche se saranno
pochi, credo che per quei pochi valga la pena terminare quest'opera".
"Spero
che abbia più successo di quanto ci aspettiamo" –
asserì
lei, pensierosa.
Ross
tornò a guardarla con fare beffardo. "E voi? Una lady non si
limita di solito a fornire denaro e a finanziare un'opera con feste
di beneficenza?".
Demelza
rise. "Beh faccio anche quello, ma oggi ho solo dato un'occhio
che tutto andasse bene".
Ross
le si avvicinò senza che lei potesse impedirle di farlo,
allungò
una mano e le sfiorò una guancia su cui era rimasto
incrostato un
filo di cemento. "E questo?" - chiese, levandoglielo con un
dito.
Demelza
avvampò e in un attimo pensò mille cose. Che era
un maleducato, che
era irrispettoso, che non conosceva affatto le buone maniere... Che
la sua mano era così calda a differenza di quella di Hugh...
Il suo
tocco talmente veloce e leggero parve darle una scossa talmente forte
da farla tremare dalla testa ai piedi e il suo cuore... Santo cielo,
le martellava nel petto e se quel tizio se ne fosse accorto, sarebbe
morta di vergogna. Di scatto indietreggiò. "Siete un
villano,
lo sapete?".
"Sì,
ne sono consapevole" – rispose lui, stranamente assorto,
guardandosi la mano con cui l'aveva sfiorata, apparentemente scosso
quanto lei per quanto aveva fatto. "Ma... Ma vi ho fatto un
favore, Falmouth avrebbe reagito in altro modo e vi ho salvata appena
in tempo" – disse, indicando il fondo della strada da dove il
lord, con passo veloce, stava infine giungendo.
Demelza
fu presa dal panico. "Giuda!". Istintivamente diede una
spinta a Ross verso il piccolo vicolo a fianco del cantiere, lo
oltrepassò e si nascose dietro di lui. "Non muovetevi!".
"Perché?"
- chiese Poldark, confuso. Ma poi capì...
Dietro
di lui, celata alla vista, Demelza si sistemò le maniche del
vestito, si scrollò di nuovo di dosso la polvere residua, si
toccò
il viso per controllare che non fosse ancora sporco e poi,
soprattutto, sciolse i suoi lunghi capelli, acconciandoseli poi alla
buona con le mani. La coda di cavallo era una cosa da bambine o da
contadine, Falmouth non avrebbe approvato se l'avesse trovata
così.
Ross
rise, osservandola con la coda dell'occhio. "Oh, tornate ad
essere donna?!".
"Che
volete dire?".
"Che
dimostravate si o no dodici anni, fino a due secondi fa".
Demelza
lo oltrepassò di nuovo, tornando sulla via principale.
Falmouth era
ormai a soli cento passi, forse anche meno. "E' un complimento o
cosa?".
"Nè
un complimento, né altro. Un semplice dato di fatto..." -
rispose lui, mettendosi a pensare però, contro la sua
volontà, che
con quella coda era quanto di più grazioso avesse visto
negli ultimi
tempi. Era una ragazza giovanissima, poteva avere al massimo
vent'anni ma aveva in sé sia la grinta di una giovinetta
quattordicenne, sia il fascino di una donna ormai fatta. Lo
confondeva e quando la vedeva, anche se non era successo che un paio
di volte, il suo stuzzicarla e provocarla non era che un modo goffo e
forse infantile per non farle percepire come si sentisse. In
realtà
nemmeno sapeva cosa lo incuriosisse tanto di lei, non era decisamente
il suo tipo, eppure era talmente unica nel suo genere che non
riusciva a non colpire chiunque lei incontrasse. E, insistentemente,
si chiese che ci facesse una persona così vitale come lei
con un
damerino come Hugh Armitage... "Comunque..." - le disse,
riprendendo possesso delle sue facoltà – "ora mi
dovete un
favore".
Lei
lo guardò storto. "Perché?".
Ross
tornò a guardarle i capelli mentre, come due scolaretti
sull'attenti, aspettavano Falmouth sul ciglio della strada. "La
coda di cavallo" – bisbigliò sotto voce.
Demelza
alzò gli occhi al cielo ma non rispose. Non fece in tempo...
Falmouth
giunse davanti a loro, stranamente contento ed eccitato e il motivo
non era certo la scuola. "Poldark! Che sorpresa! Non abbiamo
più
avuto vostre notizie dalla festa del mese scorso a casa mia...".
Ross
alzò le spalle. "Non credevo di dovervi dare notizie. Ma
come
vedete, sto bene!".
Falmouth,
col suo sguardo da volpe, si grattò il mento. "Lo vedo, lo
vedo... Che vi porta quì?".
"Affari".
"Avete
visto come viene su bene la nostra scuola?".
Ross
annuì, ridendo sotto i baffi. L'unica che sembrava tenerci
davvero
era Lady Boscawen, per Falmouth quella scuola non era che un
tentativo di accaparrarsi dei voti, ma decise di stare al gioco. "Lo
vedo e la trovo una cosa davvero utile. Complimenti per l'idea".
Falmouth,
tronfio d'orgoglio, osservò Demelza. "L'idea, devo
ammettere,
viene da questa graziosa lady".
"Mi
compiaccio" – rispose Ross, con un leggero inchino verso di
lei che Demelza colse, divertita, come molto beffardo verso Falmouth.
E
decise di contrattaccare. "Devo un favore al signor Poldark!"
- disse, fiera di aver trovato un modo per mettere Poldark al muro e
ricacciargli indietro il suo sarcasmo, ripagandolo con la stessa
moneta.
Falmouth
si accigliò. "Un favore?".
Demelza
sorrise, ammagliante. "Sì, diciamo che riguardo ai lavori
alla
scuola... mi ha evitato qualche guaio dandomi... una mano...".
Ross
la osservò senza capire, ma consapevole di essere forse in
trappola
senza saperne il motivo. "Oh nulla di che! Si sta facendo tardi
e credo di dover andare". Il suo istinto gridava che, se era
furbo, doveva correre subito via di lì.
Ma
Demelza finse di non sentirlo e fu più veloce. "Dovremmo
invitare il signor Poldark a un pranzo da noi. Una cosa tranquilla,
di famiglia, per ringraziarlo e magari per renderlo partecipe dei
lavori della scuola".
Ross
la fissò, pensando che in quel momento l'avrebbe volentieri
sculacciata come si fa con le bambine dispettose. "Ahhh, io non
ambisco a tanto e la scuola viene su benissimo solo con le vostre
forze...".
"Ma
io insisto, un debito di riconoscenza è un debito di
riconoscenza..." - rispose la donna, sbattendo civettuosamente
le palpebre.
Falmouth
prese la palla al balzo, rendendosi conto che in Demelza aveva
trovato un'ottima ed infallibile alleata. "Sono d'accordo, un
bel pranzo fra noi! Vi aspetto sabato prossimo a mezzogiorno!" -
disse con tono di ordine, col classico modo di fare di chi non
accetta repliche. "Farò cucinare del montone condito con
dell'ottimo miele! E patate al forno con pancetta! E per dolce, crema
di mele e limoni con biscotti di zenzero. E per l'occasione apriremo
una buona bottiglia di vino, annata 1784, anno d'oro per la
produzione vinicola!".
Ross
impallidì, preso alla sprovvista da quel fiume di parole.
"Ecco...".
"Sarete
puntuale, vero?".
"Lo
sarà" – rispose Demelza al suo posto, lanciando
uno sguardo
di sfida a Ross.
Lui
sospirò, vinto, rassegnato e vagamente desideroso di
sculacciarla,
di nuovo. Certo, se avesse voluto, con la sua migliore faccia tosta e
i suoi peggiori modi di fare, avrebbe potuto dire di no. Ma questo
sarebbe stato preso come una fuga da Lady Boscawen e lui non si
sarebbe sottratto alla sfida che quella impertinente ragazzina gli
aveva lanciato. "Puntualissimo!" - disse, sicuro, lanciando
figurativamente il guanto della sfida.
Falmouth,
tutto soddisfatto ed ignaro delle dinamiche fra i due,
indietreggiò.
"Ottimo, ottimo! Vado a chiamare il cocchiere e vengo a
prenderti quì con la carrozza, mia cara. Il sole
è troppo alto a
quest'ora e camminare potrebbe stancarti".
"Certo!"
- rispose lei, con finta innocenza.
"A
sabato prossimo, signor Poldark" – rispose infine Falmouth
prima di andarsene.
Quando
fu abbastanza lontano, Ross si voltò verso di lei,
indispettito.
"Voi siete pessima, lo sapete?".
"Sì,
ne sono consapevole. Ma vi dovevo un favore, no?".
Ross
le si avvicinò, fronteggiandola. "Ora me ne dovrete DUE!".
"Me
ne ricorderò".
"Farete
bene a farlo!".
Lei
rise, civettuola. "Oh, su! Un invito a pranzo non è una
condanna al patibolo!".
"Con
vostro zio che tenterà di portarmi senza sosta fra le maglie
della
politica?"
"Potete
sempre dire di no! O nascondervi sul balcone, come avete fatto al
ballo" – fece osservare lei, prendendolo in giro.
"Dubito
di riuscire a farlo, in un informale pranzo di famiglia con pochi
commensali".
Lei
esibì un sorriso furbo. "E allora, temo, dovrete sfoderare
tutte le buone maniere che avete appreso da piccolo. Per un paio
d'ore, dovreste riuscirci, no?".
Ross
stava per risponderle di sì, ma non ci riuscì.
Sarebbe stata una
palese balla! Nessuno era mai riuscito a farlo sembrare un damerino e
le buone maniere erano qualcosa di assolutamente lontano da lui per
la maggior parte del tempo. E quindi scoppiò a ridere. Di
buon
umore, come non gli succedeva da molto.
E
anche lei rise.
E
Ross, guardandola, si rese conto che quando rideva era ancora
più
bella di qualsiasi altro modo in cui l'avesse vista fino a quel
momento. Per un attimo osservò il suo sguardo pulito, la
risata
allegra, i modi di fare così anticonvenzionali ed in fondo
tanto
simili ai suoi, si trovò ad immaginare il lavoro manuale
fatto nel
cantiere poco prima e si rese conto di apprezzarla, in qualche
perverso modo. E che aveva voglia di pranzare con lei, contro ogni
logica.
Era
da quando era partito per l'America che non si sentiva tanto
leggero...
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