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Autore: lady lina 77    02/04/2020    2 recensioni
La storia dei Romelza riscritta in modo del tutto nuovo, partendo da zero...
Lui è un giovane disilluso dall'amore che dopo aver trascorso tre anni a combattere in Virginia, torna in Cornovaglia e scopre che tutto il mondo che aveva lasciato è in distruzione, suo padre è morto lasciandolo pieno di debiti e il suo grande amore, Elizabeth, è in procinto di sposare suo cugino Francis.
Lei è una giovane ragazza povera di Illugan che viene presa per caso alle dipendenze dei Boscawen e finisce per sposare il nipote di Lord Falmouth, Hugh Armitage, un giovane dalla salute malferma che ha perso la testa per lei...
Ross e Demelza, anime sconosciute, lontane, le cui strade si incrocieranno in modo del tutto imprevisto scardinando ogni loro convinzione sull'amore, sulla vita e sul futuro...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Falmouth, deluso dal fatto che la sua cena non avesse sortito gli effetti sperati con Ross Poldark, era stato meditabondo e silenzioso per giorni. Ombroso, cupo ma comunque deciso a non arrendersi nel raggiungimento della sua meta visto che ancora le elezioni erano relativamente lontane e di tempo per recuperare ne aveva a sufficienza, si era aggirato a lungo per casa, giorno dopo giorno, meditabondo e perso nei suoi pensieri.

Demelza e Hugh gli avevano parlato del progetto della scuola di Truro il giorno dopo il ballo, durante il pranzo, e Falmouth senza quasi stare a sentirli aveva borbottato un sì su tutto, compreso l'impiego di Demelza come insegnante supportata da Hugh, e aveva ripreso a mangiare senza fare obiezioni.

Poi di notte doveva averci pensato e il mattino dopo erano giunte le prime rimostranze. Nonostante approvasse il progetto che avrebbe gettato sui Boscawen una buona luce, non era per niente d'accordo sull'impiego diretto dei suoi eredi. Che avrebbe pensato la gente? Che erano diventati improvvisamente poveri, tanto da aver bisogno di lavorare come le persone del popolo?

No, no e ancora no!

E solo dopo lunghe discussioni Falmouth aveva abdicato, dettando però regole precise: Demelza poteva recarsi alla scuola, come rappresentante dei Boscawen per controllare che tutto funzionasse al meglio, solo due volte a settimana. Avrebbe potuto assistere alle lezioni, rapportarsi ai bambini, anche dare una mano in piccole cose ma il ruolo d'insegnante doveva essere ricoperto da qualcun altro. E soprattutto il ruolo di Hugh nella scuola, a sostegno dell'opera finanziata dai Boscawen, doveva essere ancora più marginale. Una visita ogni tanto, magari due parole sulla poesia coi bambini in qualche lezione speciale, ma nulla più... Loro dovevano rimanere i padroni e controllori e altri dovevano, ufficialmente, svolgere il lavoro.

Demelza e Hugh dovettero accettare, la prima perché non aveva scelta e comunque avrebbe potuto partecipare attivamente alla vita della scuola due volte a settimana e il secondo perché di fatto, a parte il desiderio di far felice sua moglie, non aveva una così pressante voglia di portare a termine quel progetto che continuava a ritenere piuttosto inutile.

Nelle settimane seguenti, sbrigate le incombenze burocratiche, erano stati Demelza e Lord Falmouth a scegliere gli operai che avrebbero portato a termine la ristrutturazione della scuola. Hugh, che era tornato preda di violente emicrania, rimase più in disparte in quella fase e tutto ciò di cui veniva a conoscenza, era ciò che gli raccontava sua moglie.

Molto spesso al mattino presto Demelza, dopo colazione, usciva a cavallo con la scusa di controllare i lavori e si era anche spinta, ogni tanto, a lavorare con martello e assi, indicando agli operai come avrebbe voluto questo o quello. Era qualcosa che amava, il lavoro manuale la faceva sentire viva e soprattutto utile e quando vedeva qualcuno faticare, difficilmente riusciva a stare a guardare con le mani in tasca. Era qualcosa che era costretta a fare a casa, ma a Truro, quando ci si recava da sola, si sentiva più libera di essere se stessa e dentro al cantiere sarebbero stati pochi gli occhi indiscreti che potevano osservarla e poi tradirla con voci poco lusinghiere. Certo, c'erano gli operai, ma li aveva scelti lei e fra loro vigeva un clima cameratesco di supporto e segreti reciproci. Non poteva dire di lamentarsi della sua esitenza dopo il matrimonio, era bella la sua nuova vita, comoda. Ma decisamente troppo statica per la sua anima vivace e ogni tanto aveva bisogno di ricordare a se stessa chi fosse veramente Demelza Carne.

Di solito andava a dare un occhio al cantiere nel fine settimana, quando impegni, ospiti ed obblighi calavano e la casa era più tranquilla. Le domestiche erano più libere di seguire Hugh se non si sentiva bene, anche in sua assenza a suo marito non sarebbe mancato nulla e lei poteva recarsi a Truro senza fretta e in assoluta liberà.

Il quarto sabato mattina dall'inizio del lavori, quando gli operai avevano già carteggiato i muri, sistemato le assi dei pavimenti e iniziavano a lavorare con la calce e lo stucco, Lord Falmouth insistette per recarsi insieme a lei a Truro per controllare lo stato dell'opera e soprattutto perché aveva un appuntamento col suo banchiere.

Demelza, costretta dalla presenza di Falmouth, quella mattina usò la carrozza e quando giunsero a Truro, poco prima delle dieci, diede l'appuntamento al Lord direttamente al cantiere, una volta che avesse terminato il suo incontro in banca.

Col suo abito rosso, si diresse verso quella che sarebbe diventata una scuola. E appena lì, dopo aver salutato gli operai che ormai considerava amici, si nascose dietro a delle asssi, si tirò su le maniche e poi si legò i capelli in una coda di cavallo per essere comoda. Uno stile da campagnola più che da signora, ma essere una lady perfetta, se si dovevano compiere lavori manuali, era decisamente scomodo.

Aiutò a spostare alcune assi, controllò con gli operai i disegni, pulì alcune finestre e alla fine si divertì anche a passare della calce sulla parete. Lavorò un paio d'ore ma quando si accorse che era quasi mezzogiorno e Falmouth poteva arrivare da un momento all'altro, dovette darsi una scrollata dalla polvere, una sistemata e poi corse giù, sulla strada, sperando di non trovare già lì il lord.

Ma fu fortunata, la strada era ormai quasi deserta, tutti erano rientrati per il pranzo e lei aveva tempo di prendere fiato. Si appoggiò alla parete del fabbricato, lasciò che l'aria fresca e il sole le accarezzassero il viso e per un attimo provò pace e soddisfazione per quanto stava costruendo, anche se le precarie condizioni di Hugh nelle ultime settimane erano un'ombra che sempre incombeva su di lei.

Improvvisamente sentì avvicinarsi dei passi e lei si mise dritta, pensando che Falmouth ormai fosse arrivato.

Ma non era lui...

Demelza spalancò gli occhi quando vide di chi si trattava, ricordando la conversazione strana, sconvolgente ma anche divertente avuta con quel tizio quasi due mesi prima. Non ci aveva più pensato, si era imposta di non farlo perché ogni volta che il pensiero le cadeva lì, si sentiva strana e questo non le piaceva affatto. Ma trovarselo davanti così, a sorpresa, le fece ricordare ogni cosa si fossero detti, come si fosse sentita e le provocò un brivido lungo la schiena. "Ross Poldark?".

L'uomo, vestito con abiti piuttosto vecchi ma comunque abbastanza eleganti, la osservò come di solito, forse, si dovrebbe guardare all'apparizione di un fantasma. Era palese che nemmeno lui si aspettasse quell'incontro. "Lady Boscawen?". La squadrò dalla testa ai piedi, osservò poi l'edificio in ristrutturazione con sguardo attento e poi tornò a guardare lei con un sorriso beffardo sul viso. "Lo state facendo davvero, allora?".

Lei sostenne con sfida il suo sguardo altezzoso. "Ne dubitavate e volevate accertarvi che non scherzassi?".

Ross cercò con scarso successo di mascherare una risata. "Ah, non datevi tutte queste arie lady Boscawen, in realtà ero certo che i lavori sarebbero stati portati avanti a tutti i costi da quel volpone di Lord Falmouth che di certo non vorrà perdere questa opportunità di farsi vedere, in vista delle elezioni... Per quanto mi riguarda, sono in città per incontrare dei creditori della mia miniera, non certo per voi e per interesse nei vostri progetti. Ma mi fa piacere vedere che stanno procedendo, di certo sarà un'opportunità in più per i figli di coloro che ci crederanno e vorranno dargli la possibilità di studiare".

Il discorso fatto da Poldark era iniziato in modo irriverente ma il suo tono, nel finale, si era fatto più serio e distaccato. Demelza lo colse subito... "Non ne avete molta fiducia, vero?".

Lui scosse la testa. "Conoscete come ragionano i minatori e i poveri, suppongo. La pagnotta in tavola viene prima di ogni altra cosa. Non saranno molti i bambini che studieranno ma anche se saranno pochi, credo che per quei pochi valga la pena terminare quest'opera".

"Spero che abbia più successo di quanto ci aspettiamo" – asserì lei, pensierosa.

Ross tornò a guardarla con fare beffardo. "E voi? Una lady non si limita di solito a fornire denaro e a finanziare un'opera con feste di beneficenza?".

Demelza rise. "Beh faccio anche quello, ma oggi ho solo dato un'occhio che tutto andasse bene".

Ross le si avvicinò senza che lei potesse impedirle di farlo, allungò una mano e le sfiorò una guancia su cui era rimasto incrostato un filo di cemento. "E questo?" - chiese, levandoglielo con un dito.

Demelza avvampò e in un attimo pensò mille cose. Che era un maleducato, che era irrispettoso, che non conosceva affatto le buone maniere... Che la sua mano era così calda a differenza di quella di Hugh... Il suo tocco talmente veloce e leggero parve darle una scossa talmente forte da farla tremare dalla testa ai piedi e il suo cuore... Santo cielo, le martellava nel petto e se quel tizio se ne fosse accorto, sarebbe morta di vergogna. Di scatto indietreggiò. "Siete un villano, lo sapete?".

"Sì, ne sono consapevole" – rispose lui, stranamente assorto, guardandosi la mano con cui l'aveva sfiorata, apparentemente scosso quanto lei per quanto aveva fatto. "Ma... Ma vi ho fatto un favore, Falmouth avrebbe reagito in altro modo e vi ho salvata appena in tempo" – disse, indicando il fondo della strada da dove il lord, con passo veloce, stava infine giungendo.

Demelza fu presa dal panico. "Giuda!". Istintivamente diede una spinta a Ross verso il piccolo vicolo a fianco del cantiere, lo oltrepassò e si nascose dietro di lui. "Non muovetevi!".

"Perché?" - chiese Poldark, confuso. Ma poi capì...

Dietro di lui, celata alla vista, Demelza si sistemò le maniche del vestito, si scrollò di nuovo di dosso la polvere residua, si toccò il viso per controllare che non fosse ancora sporco e poi, soprattutto, sciolse i suoi lunghi capelli, acconciandoseli poi alla buona con le mani. La coda di cavallo era una cosa da bambine o da contadine, Falmouth non avrebbe approvato se l'avesse trovata così.

Ross rise, osservandola con la coda dell'occhio. "Oh, tornate ad essere donna?!".

"Che volete dire?".

"Che dimostravate si o no dodici anni, fino a due secondi fa".

Demelza lo oltrepassò di nuovo, tornando sulla via principale. Falmouth era ormai a soli cento passi, forse anche meno. "E' un complimento o cosa?".

"Nè un complimento, né altro. Un semplice dato di fatto..." - rispose lui, mettendosi a pensare però, contro la sua volontà, che con quella coda era quanto di più grazioso avesse visto negli ultimi tempi. Era una ragazza giovanissima, poteva avere al massimo vent'anni ma aveva in sé sia la grinta di una giovinetta quattordicenne, sia il fascino di una donna ormai fatta. Lo confondeva e quando la vedeva, anche se non era successo che un paio di volte, il suo stuzzicarla e provocarla non era che un modo goffo e forse infantile per non farle percepire come si sentisse. In realtà nemmeno sapeva cosa lo incuriosisse tanto di lei, non era decisamente il suo tipo, eppure era talmente unica nel suo genere che non riusciva a non colpire chiunque lei incontrasse. E, insistentemente, si chiese che ci facesse una persona così vitale come lei con un damerino come Hugh Armitage... "Comunque..." - le disse, riprendendo possesso delle sue facoltà – "ora mi dovete un favore".

Lei lo guardò storto. "Perché?".

Ross tornò a guardarle i capelli mentre, come due scolaretti sull'attenti, aspettavano Falmouth sul ciglio della strada. "La coda di cavallo" – bisbigliò sotto voce.

Demelza alzò gli occhi al cielo ma non rispose. Non fece in tempo...

Falmouth giunse davanti a loro, stranamente contento ed eccitato e il motivo non era certo la scuola. "Poldark! Che sorpresa! Non abbiamo più avuto vostre notizie dalla festa del mese scorso a casa mia...".

Ross alzò le spalle. "Non credevo di dovervi dare notizie. Ma come vedete, sto bene!".

Falmouth, col suo sguardo da volpe, si grattò il mento. "Lo vedo, lo vedo... Che vi porta quì?".

"Affari".

"Avete visto come viene su bene la nostra scuola?".

Ross annuì, ridendo sotto i baffi. L'unica che sembrava tenerci davvero era Lady Boscawen, per Falmouth quella scuola non era che un tentativo di accaparrarsi dei voti, ma decise di stare al gioco. "Lo vedo e la trovo una cosa davvero utile. Complimenti per l'idea".

Falmouth, tronfio d'orgoglio, osservò Demelza. "L'idea, devo ammettere, viene da questa graziosa lady".

"Mi compiaccio" – rispose Ross, con un leggero inchino verso di lei che Demelza colse, divertita, come molto beffardo verso Falmouth.

E decise di contrattaccare. "Devo un favore al signor Poldark!" - disse, fiera di aver trovato un modo per mettere Poldark al muro e ricacciargli indietro il suo sarcasmo, ripagandolo con la stessa moneta.

Falmouth si accigliò. "Un favore?".

Demelza sorrise, ammagliante. "Sì, diciamo che riguardo ai lavori alla scuola... mi ha evitato qualche guaio dandomi... una mano...".

Ross la osservò senza capire, ma consapevole di essere forse in trappola senza saperne il motivo. "Oh nulla di che! Si sta facendo tardi e credo di dover andare". Il suo istinto gridava che, se era furbo, doveva correre subito via di lì.

Ma Demelza finse di non sentirlo e fu più veloce. "Dovremmo invitare il signor Poldark a un pranzo da noi. Una cosa tranquilla, di famiglia, per ringraziarlo e magari per renderlo partecipe dei lavori della scuola".

Ross la fissò, pensando che in quel momento l'avrebbe volentieri sculacciata come si fa con le bambine dispettose. "Ahhh, io non ambisco a tanto e la scuola viene su benissimo solo con le vostre forze...".

"Ma io insisto, un debito di riconoscenza è un debito di riconoscenza..." - rispose la donna, sbattendo civettuosamente le palpebre.

Falmouth prese la palla al balzo, rendendosi conto che in Demelza aveva trovato un'ottima ed infallibile alleata. "Sono d'accordo, un bel pranzo fra noi! Vi aspetto sabato prossimo a mezzogiorno!" - disse con tono di ordine, col classico modo di fare di chi non accetta repliche. "Farò cucinare del montone condito con dell'ottimo miele! E patate al forno con pancetta! E per dolce, crema di mele e limoni con biscotti di zenzero. E per l'occasione apriremo una buona bottiglia di vino, annata 1784, anno d'oro per la produzione vinicola!".

Ross impallidì, preso alla sprovvista da quel fiume di parole. "Ecco...".

"Sarete puntuale, vero?".

"Lo sarà" – rispose Demelza al suo posto, lanciando uno sguardo di sfida a Ross.

Lui sospirò, vinto, rassegnato e vagamente desideroso di sculacciarla, di nuovo. Certo, se avesse voluto, con la sua migliore faccia tosta e i suoi peggiori modi di fare, avrebbe potuto dire di no. Ma questo sarebbe stato preso come una fuga da Lady Boscawen e lui non si sarebbe sottratto alla sfida che quella impertinente ragazzina gli aveva lanciato. "Puntualissimo!" - disse, sicuro, lanciando figurativamente il guanto della sfida.

Falmouth, tutto soddisfatto ed ignaro delle dinamiche fra i due, indietreggiò. "Ottimo, ottimo! Vado a chiamare il cocchiere e vengo a prenderti quì con la carrozza, mia cara. Il sole è troppo alto a quest'ora e camminare potrebbe stancarti".

"Certo!" - rispose lei, con finta innocenza.

"A sabato prossimo, signor Poldark" – rispose infine Falmouth prima di andarsene.

Quando fu abbastanza lontano, Ross si voltò verso di lei, indispettito. "Voi siete pessima, lo sapete?".

"Sì, ne sono consapevole. Ma vi dovevo un favore, no?".

Ross le si avvicinò, fronteggiandola. "Ora me ne dovrete DUE!".

"Me ne ricorderò".

"Farete bene a farlo!".

Lei rise, civettuola. "Oh, su! Un invito a pranzo non è una condanna al patibolo!".

"Con vostro zio che tenterà di portarmi senza sosta fra le maglie della politica?"

"Potete sempre dire di no! O nascondervi sul balcone, come avete fatto al ballo" – fece osservare lei, prendendolo in giro.

"Dubito di riuscire a farlo, in un informale pranzo di famiglia con pochi commensali".

Lei esibì un sorriso furbo. "E allora, temo, dovrete sfoderare tutte le buone maniere che avete appreso da piccolo. Per un paio d'ore, dovreste riuscirci, no?".

Ross stava per risponderle di sì, ma non ci riuscì. Sarebbe stata una palese balla! Nessuno era mai riuscito a farlo sembrare un damerino e le buone maniere erano qualcosa di assolutamente lontano da lui per la maggior parte del tempo. E quindi scoppiò a ridere. Di buon umore, come non gli succedeva da molto.

E anche lei rise.

E Ross, guardandola, si rese conto che quando rideva era ancora più bella di qualsiasi altro modo in cui l'avesse vista fino a quel momento. Per un attimo osservò il suo sguardo pulito, la risata allegra, i modi di fare così anticonvenzionali ed in fondo tanto simili ai suoi, si trovò ad immaginare il lavoro manuale fatto nel cantiere poco prima e si rese conto di apprezzarla, in qualche perverso modo. E che aveva voglia di pranzare con lei, contro ogni logica.

Era da quando era partito per l'America che non si sentiva tanto leggero...


  
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