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gli aveva detto la voce nella sua testa, quando Julia aveva
incontrato James. Quentin l’aveva guardata illuminarsi, sorridere
come avrebbe dovuto fare soltanto con lui e prendere il volo tra le
braccia di un altro.
Julia si era portata via il suo cuore quando aveva trovato la sua
anima gemella; nel petto gli era rimasto soltanto un buco dalla
forma di un tubetto di pillole e lamette d’acciaio.
Quella notte si era guardato allo specchio – occhi di nebbia, vacui,
il volto anonimo di un ragazzo depresso e lo sguardo di un codardo.
«Fallo.» aveva bisbigliato al riflesso.
“Sei patetico.” Aveva ribattuto la voce, sarcastica e
crudele. Quentin aveva immaginato anche la risata, il sangue blu tra
le vene, i denti bianchi e il profumo costoso.
Era successo un anno prima: ogni suo pensiero era stato contaminato
da un momento all’altro e da allora tutto era cambiato. I pensieri,
il suo odiarsi, gli elenchi infiniti di tutto quello che non andava
in sé, perché nulla di lui era speciale, avevano ottenuto nuova
voce. Era come se non fossero più solo suoi, ma anche di quel
ragazzo sconosciuto che dalla sua testa gli bisbigliava incessante,
lo incitava ogni giorno un po’ di più a recidere quei fili che
ancora lo tenevano in piedi.
“Cos’aspetti? Fallo Quentin, fallo e basta.” il sospiro caldo
della voce gli aveva appannato il cervello e lui aveva inciso la
carne con la lama.
Non era stata la prima volta. Il suicidio. Ci aveva provato anni
prima e aveva fallito anche in quello – come in tutto il resto.
Questa volta, però, sarebbe stato diverso. L’aveva capito mentre il
mondo intero gli scivolava via dai polsi – sangue, memorie, vite,
persone, case, strade. Una goccia alla volta, un pezzo di mondo
perso per sempre e lui, che accasciato, sarebbe finito nel limbo.
Perfino la voce aveva taciuto.
Per un momento.
Poi, come un soffio di vento tra cellule morte, era tornata a
tormentarlo: un’alitata disperata come mai l’aveva sentita prima, ma
in cui riconosceva ogni stilla di dolore. Era sua e non lo era, ma
non importava, perché la stava perdendo
“Perché non mi hai voluto?”
Non era morto in quella notte, anche se vivo lo era solo per metà.
Aveva passato mesi a rimettersi. L’ospedale, la terapia, nuove
pillole, soliti psicologi. E la voce della sua anima gemella.
Era cambiata.
Lui era cambiato, quando il suo ultimo appello in quel bagnetto
schifoso, prima del buio, era stato per lei. Ti voglio, ti
voglio, ti voglio… non lasciarmi morire da solo…
Era stato come ritrovare qualcosa che credeva perso per sempre.
Malconcio, usato e ancora da rattoppare, si era sentito come uno di
quei maglioni di seconda mano che sarebbe stato un peccato buttare,
perché qualcuno esisteva che lo avrebbe indossato.
Doveva solo trovarlo.
“Ultimo giorno prima della libertà. Vestiti in ghingheri,
Coldwater, stasera si esce a festeggiare.” Gli aveva cantilenato
la voce.
Quentin aveva imparato a giocare con lei. Adorava il suo
timbro coinvolgente: aveva il carisma dell’anima della festa, il
calore corroborante del trascinatore di folle e starla a sentire era
bello, era come avere un principe per amico, pieno di capricci, ma
tutto per lui.
Era stato come scoprire, all’improvviso, di non essere più solo.
E chissà, se anche dall’altra parte di quel filo rosso che li
legava, il padrone di quella voce aveva provato lo stesso.
L’aveva scelto un po’ a caso: il primo pub aperto trovato sulla
strada verso casa. La musica di una band scatenata, tavoli pieni e
corpi ovunque a ballare, parlare, a riempire una vita che Quentin
era abituato a guardar passare seduto a bordo campo.
“Ok, Q., voglio che ti trovi una ragazza per bene, ma non troppo
e che la inviti a ballare.” La voce aveva riso e Quentin insieme
a lei.
«La mia anima gemella ha la voce di un maschio e tu mi mandi da una
ragazza?»
“Certo, voglio che ti diverta, non che la sposi. E soprattutto
non voglio altri uomini nella tua vita, non prima di me, mio
adorabile verginello.”
«Non… non sono vergine.»
“Oh, cucciolo, su quello che ti farò quando ci incontreremo di
nuovo, lo sei eccome.”
Era stato come rendersi conto per la prima volta, che da qualche
parte nel mondo, esisteva qualcuno per lui. Un giorno, senza
saperlo, aveva incrociato la sua strada con lui e senza ancora
conoscerlo l’aveva perso.
«Ti troverò.» aveva promesso Quentin, la mano su un cuore tornato
nel petto, che batteva per due.
“Lo so, mio piccolo Q. Lo so.”
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