Lenkerthen Lyoko Cap. 8
Terra
– Francia – Parigi – Sabato 1 Ottobre
2005 - Ore 23:10
“No”
“Come
no?” Aelita rimase di stucco.
“In
questo momento lo vuoi fare solo per rabbia, non perché mi
ami.
Quindi, no” il ragazzo ritirò le mani dal seno
della ragazza e se
le mise in tasca. Poi prese a camminare verso il Kadic, la ragazza
non lo seguì subito, si sentiva confusa come non mai.
“I-io…
Non me lo aspettavo”
“Lo
sai che sono imprevedibile. E poi…” il ragazzo
rallentò il
passo per mettersi affianco ad Aelita.
“Il
tuo sedere mi piace di più” e non si fece problema
ad allungare la
mano per un palpata.
“Ehi!
Maniaco!” disse la ragazza ridendo
“Senti
chi parla”
Sala
del supercomputer – Ore 23:25
Niktor
era steso sul terreno sporco e polveroso della sala, la sua debolezza
lo aveva fatto assopire ed ora era immerso in un reame di incubi.
Tutte le sue paure lo cacciavano e lo bloccavano per tormentarlo.
Vide gli uomini con le uniformi da soldato scortarlo nella grande
sala circolare della condanna e poi unirsi alla gente che
presenziava, giudici, politici e altri militari che lo guardavano con
disprezzo.
Sotto
la minaccia delle armi dei soldati, percorse il sentiero di energia e
si fermò al suo termine, sul ciglio che dava su
quell’orribile
baratro. Volse lo sguardo verso il basso, vedendo i disgregatori sul
fondo. Un brivido gelido lo percorse, poi alzò lo sguardo e
vide la
folla che lo guardava con ancora più disprezzo. E
lì, vicino
all’interruttore della sua condanna, lo vide, quel soldato
così
simile a lui. E il soldato guardò lui, e
pronunciò quella frase.
“Rokran,
Aniekes lokanar din tok sen” poi
premé
l’interruttore e l’energia sotto di lui scomparve.
Cadde,
ma il sogno rallentò la caduta, come a prolungargli la
sofferenza.
Vide quei malefici disgregatori avvicinarsi a lui, sempre di
più.
Poi i suoi atomi persero i loro legami energetici, separandosi tra
loro. Il suo corpo si dissolse nel nulla.
Aprì
gli occhi di colpo e si sentì venire il sopraffiato, il suo
cuore
iniziò a pompare il sangue più forte, facendogli
male per lo
sforzo. Il rumore delle porte dell’ascensore che si aprivano
lo
tranquillizzò, Jeremy apparve di nuovo.
“Amico”
“Tutto
bene, Niktor?”
“No…
Mi sento vicino alla fine… Non resisterò un’altra
settimana. Ogni
giorno… Sembra
l’ultimo” il ragazzo si avvicinò
all’alieno, si inginocchiò e
strinse le dita in
un punto del braccio indicatogli la prima volta che lo aveva
incontrato.
“Cavolo!
Hai ragione. Stai peggiorando rapidamente”
“Grazie…
per la… promessa sincerità”
l’alieno chiuse gli occhi per un
attimo e fu quasi per addormentarsi di nuovo, riuscì solo
all’ultimo
a darsi uno scossone per impedirlo.
“Non
c’è modo… Di velocizzare?”
Jeremy si guardò intorno
pensieroso ma imperturbabile, poi
rispose di colpo dopo un po’.
“Credo
che ci sia un modo. Però, non so se possa
funzionare”
“Provaci”
“Okay,
lo farò. Ho bisogno degli altri. Devo parlare con loro, e
non me la
sento di farlo adesso. Pensi di resistere fino a domani?”
“Combatterò…
dovessi anche fuggire… da una
singolarità”
“Bene.
Ora, fammi continuare il mio lavoro da solo” Jeremy si mise a
sedere sulla poltrona e iniziò a digitare sulla tastiera con
una
rapidità che all’inizio parve leggermente
diminuita, ma che poi
riprese ad una velocità solita se non superiore a quella
delle altre
sere. La sua affinità con la tastiera in quel momento mise
spavento
a Niktor.
L’alieno
e l’umano rimasero in silenzio per diversi minuti, ma quando
il
primo si accorse che stava cadendo di nuovo nel sonno, con tutto
ciò
che avrebbe comportato, fece di tutto per tenersi sveglio.
“È
successo qualcosa di interessante con i tuoi amici?”
“No,
nulla” Jeremy rimase impassibile.
Porta
della camera di Aelita/Camera di Avier e Jeremy – Dalle ore
23:30
alle ore 00:00
Nonostante
la presenza di Avier, Aelita era tutto meno che di buon umore. Gli
eventi di quella notte non potevano essere superati con uno schiocco
di dita, lo sapevano entrambi. Questo rese alla ragazza ancora
più
difficile separarsi dal ragazzo.
“Aelita?”
“Si?”
la voce di Aelita era ovattata perché doveva attraversare il
petto
del ragazzo, su cui teneva affondata la faccia.
“Ci
stiamo abbracciando da dieci minuti”
“E
quindi?”
“Mi
fanno malino le costole”
“Uffa”
disse in un tono finto scocciato e allentò la prese,
sollevando poi
la testa per guardarlo negli occhi
“Sei
proprio un fuscello. Sei cattivo e sei un fuscello. Cattivo e
fuscello”
“E
russo. Faccio davvero schifo, cazzo!” il modo in cui lo disse
fece
quasi soffocare Aelita, le sue risate riecheggiarono per tutto il
corridoio. Poi, però, la malinconia tornò.
“Guarda
che ho fatto per te. Mi merito di non lasciarti più
andare”
“Te
lo meriti proprio” il ragazzo fece di nuovo abbassare la
testa
della ragazza sul suo petto e iniziò far scivolare i capelli
rosa di
lei tra le sue dita.
“Però,
ora è meglio che ti riposi, m’lady”
“Uffa!
Non puoi almeno dormire con me?”
“Dopo
quello che hai fatto venti minuti fa? Se entro, mi garantirai un
posto all’inferno”
“Esagerato!
E poi, non ne hai già uno?”
“Ovviamente,
si chiama trono” la ragazza rise ancora una volta.
“Si,
ti ci vedrei bene” commentò lei, poi
sollevò lo sguardo. Come
ormai era già successo, i due si lasciarono trasportare
dalle
emozioni che quel semplice gesto creava.
“Ti
amo” disse lui
“Come?”
“Oh!
Scusa, forse non….”
“No,
tranquillo. Solo, non me lo aspettavo. Tu… Tu dillo di
nuovo”
“Ti
amo”
Si
baciarono di nuovo, poi ebbero la forza di separarsi. Avier
aspettò
che la ragazza chiudesse la porta della sua stanza, poi si
girò e si
incamminò verso la sua.
Quando
vi entrò, Jeremy non era presente. Il russo chiuse la porta
dietro
di sé e si avvicinò al computer del ragazzo, si
inginocchiò
davanti il case e prese a tastarlo attentamente. Era totalmente
freddo, Jeremy non usava il computer da tempo a quanto pare. Non era
mai successo, il rischio di fallire era dietro l’angolo.
Si
mise a sedere sul suo letto, si riempì un bicchiere di vodka
e lo
bevve in un sorso. Poi guardò fisso davanti a sé,
perso nel vuoto.
“Il
tempo scorre” si disse, poi si stese e chiuse gli occhi,
entrando
nel reame dei sogni.
[2cvhf9e4ch2h4t7h1r389i4318mx1tg819à3g3g]
Russia – 15 Maggio 2000
“Il
Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli
erbosi mi
fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi
guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi
camminare in una valle oscura…”
“Yuri,
smettila con queste cazzate. Sto cercando di dormire”
“Io
sono un essere umano, caro. Non riesco a riposare dentro una baracca,
al freddo e sapendo di poter morire da un momento all’altro
senza
affidarmi ad una presenza divina”
“Prova
ad affidarti a qualcuno
che si
degni di rispondere”
“I
pareri di un mostro non mi interessano”
“Mi
odi così tanto, eppure non ti allontani da me”
“Tu
ti sei davvero impegnato a farci dipendere tutti dalla tua
disumanità…”
“Ma?”
“…ma,
in realtà, io sono l’unico che non vedi come uno
strumento. Questo
ti rende debole, mi piace vederti debole”
“…”
“Fa
male, vero?”
“Zitto.
Idiota”
Rendez-vous
– Domenica
2 Ottobre 2005 – Ore
10:00
“Avete
parlato tu e Aelita?”
“Si”
“E…
Come è andata?”
“È
andata. Questa situazione è orribile”
“Jeremy,
so che è difficile. Però, credo tu debba parlarne
con n…”
“NON
È QUELLO!” dopo quello scatto d’ira,
Jeremy rimase con uno
sguardo perso per un attimo, come confuso. Poi riprese a parlare.
“Cioè,
questo tradimento mi ha fatto male. Però, dietro
c’è molto di
più. Avier è pericoloso…”
“Ehi,
non puoi fare così. Quello che hai subito da lui
è tremendo, ma non
puoi considerarlo l’Anticristo…”
“No,
è solo un fottutissimo essere perfetto con un motto in cui
ribadisce
che i suoi scopi vengono prima di ogni cosa e che sa benissimo
abbiamo un segreto”
“Ti
riferisci a L…”
“Non
fare quel nome in pubblico. Potrebbe starci osservando”
Ulrich e
Odd, seduti nel bar assieme a Jeremy, iniziarono a guardarlo
preoccupati. Sopratutto Ulrich, che aveva parlato con lui sino a quel
momento.
“Ti
senti bene, Jeremy?”
“So
che sembro pazzo. Non è così,
credetemi” poi si alzò in piedi e
si guardò attorno.
“Anzi,
seguitemi. Ma non osate dire una parola, non dobbiamo farci
seguire”
Ulrich e Odd si alzarono e seguirono gli ordini, non sapendo quanto
dovessero preoccuparsi.
Parc
Monroe –
Nello stesso momento
“Di
giorno ha tutt’altro aspetto, non trovi?”
“Si.
Però, dopo quella volta, lo sai che preferisco questo posto
di
notte, Avier” quella che
ormai era ufficialmente una coppia, si trovava seduta sul terreno
erboso vicino le acque del lago. Una scena che rievocava una lontana
nostalgia dentro il russo.
“Sai,
Aelita. Io ti temo”
“Come
scusa?” la ragazza era sinceramente stupita
“Quello
che hai fatto ieri sera. Io, non ci sarei riuscito”
“Stai
scherzando? TU non ci saresti riuscito?”
“Esatto”
“Senti,
non provare a fare la vittima che mi daresti fastidio. Tu riesci in
ogni cosa!”
“Tranne
nel separarmi dalle persone che amo”
“Ma
i tuoi amici…”
“Una
scelta dura, ma la mia amicizia per loro non era alimentata dal
sentimento che provo adesso”
“E
Yuri…”
“Già,
Yuri…” Avier fece una risatina nervosa che
terminò nell’inizio
di un pianto.
“Io
non ho mai lasciato Yuri…”
Verso
il supercomputer – Dalle ore 10:20 alle ore 10:45
Divenne
chiaro ad un certo punto che Jeremy li stesse portando nella
fabbrica, il luogo che tutti loro conoscevano bene per ciò
che era
significato nelle loro vite. Eppure, Jeremy
si comportò come se lo avesse dimenticato. Prima di entrare
nel
tombino che portava allo scolo fognario, si mise a girovagare per la
foresta ritornando più volte sullo stesso punto e mettendosi
ad
osservare i segni sul terriccio, come alla ricerca di qualcosa.
Nessuno osò dirgli nulla, la serietà e la
freddezza quasi disumana
che aveva in quel momento mettevano a disagio, preferirono lasciare
che fosse lui a parlare. Cosa che non fece per tutto il tragitto
nella foresta, ne per quello lungo lo scolo fognario e neanche quando
entrò nella fabbrica calandosi dalla corda e scendendo con
l’ascensore.
Parlò
invece quando entrarono nella sala del supercomputer, ma non a loro
due.
Niktor
Denevun Brealwunt, detto Din Rokran
Kastarmark/Ulrich Stern, Odd della Robbia –
Quarto contatto
- Ore 10:45
“Niktor!
Ti senti bene? Svegliati!” si diresse verso una figura stesa
sulla
parete alla destra della stanza. Una figura aliena, dalla pelle
bianco latte martoriata da eruzioni cutanee nerastre, un capo
prominente con un naso quasi assente, non fosse stato per una piccola
cunetta con due narici sotto e due grossi occhi neri che si aprirono
solo quando il ragazzo prese a scuoterlo.
“Jeremy…
Amico… Non ti ho sentito…” la voce era
ancora più debole e
soffocata delle altre volte.
“Che
sta succedendo, Jeremy?” urlò prorompente Ulrich.
La situazione
aveva preso delle pieghe assurde, lui e Odd non riuscivano neanche a
capacitarsi di cosa fosse quel Niktor con cui stava parlando il loro
amico. Quest’ultimo però non si
destabilizzò, cercò in una sacca
vicino al braccio sinistro della figura, braccio dove veniva
iniettata in piccole gocce costanti una sostanza che scorreva lungo
il tubo di una sorta di flebo galleggiante. Dopo un po’
estrasse un
sorta di piccolo cubo fatto di un materiale vetroso nero, lo mise in
una delle mani con sei dita dell’alieno, che lo strinse
delicatamente. Il cubo iniziò a pulsare di una luce
azzurrina.
Jeremy lo lanciò davanti agli altri due guerrieri Lyoko.
“Questo
vi spiegherà tutto” poi disse ad alta voce una
parola aliena.
“Losark”
Nella
stanza iniziarono ad apparire una serie di ologrammi
Parc
Monroe –
Ore 10:15
“Io
non ho mai lasciato Yuri, Aelita. Lui un giorno era al mio fianco, il
giorno dopo l’ho trovato steso in
un nostro rifugio,
con gli
occhi chiusi, un’espressione assopita, un flacone di
sonnifero
vuoto in mano e il corpo freddo come la neve di Russia. Era morto,
suicidandosi”
le lacrime di Avier si
fecero più intense, la ragazza prese a stringerlo tra le sue
braccia
come tante volte lui aveva fatto con lei.
“Tu
hai sofferto troppo, Avier. Non riesco davvero a capire come il mondo
sia potuto essere così crudele con te” anche gli
occhi della
ragazza presero a rigarsi di lacrime, il russo se ne accorse e
cercò
di togliergliele con le dita. Poi spostò la mano sui suoi
capelli e
prese ad accarezzarglieli.
“La
cosa che più mi fa male di questa storia
è che non ho mai capito perché lo fece. È
una delle cose che
non
capisco proprio della mia vita, come cosa provo esattamente per Mary.
Mi sono sempre detto che fosse
troppo sensibile per il mondo in cui viveva. La verità
è che
accadde da un giorno all’altro” il russo
sollevò la mano dalla
testa di Aelita e infilò un
dito
dentro un buco nella cucitura delle maniche della sua tuta, questo
gli permise di
scavare nel
tessuto. Ne estrasse un oggetto nascosto, un foglio di carta sottile
ripiegato più volte.
“L’unico
indizio che ho, è questo” lo diede alla ragazza,
lei iniziò a
spiegarlo. All’interno vi era un muro di testo, un rigo
però era
sottolineato più volte con foga.
“Conoscerete
la verità, e la verità vi farà liberi”
“Giovanni
8,32. Yuri era molto più religioso di tutti noi
messi
assieme, la
sua Bibbia era affianco a lui quando è morto, questo viene
da lì.
Mi sono riempito la testa delle più disparate teorie, ma non
ho
mai trovato una risposta”
“Forse…
Non voglio essere crudele, però… Hai mai pensato
che non
significasse nulla?”
“È
quello che pensi?”
“Credo
di sì. Forse era semplicemente impazzito a causa della vita
che
vivevate”
“Capire
dove fosse la ragione e dove la follia era molto difficile
all’epoca.
Chissà, forse hai ragione. Scusami, se ho tirato fuori
queste cose.
Non volevo metterti di cattivo umore” la ragazza lo strinse
ancora
più forte
“Non
dire stupidaggini”
[Messaggio
di Niktor] Sala del supercomputer – Dalle ore 10:45 alle ore
10:51
Una
figura olografica in una silhouette azzurrina apparve davanti a loro,
era quel Niktor che appariva ora steso sul pavimento, mentre Jeremy
lo nutriva dandogli cucchiaiate di una sostanza gelatinosa
grigiastra. In quella registrazione sembrava già indebolito,
ma
ancora capace di reggersi in piedi.
Umani
l’ascolto
di questo messaggio implica la mia inabilità a fare un
discorso
completo.
Rispondo
all’identità di Niktor Denevun Brealwunt, sono uno
Swarkerinster.
Tale è il nome di coloro che abitano lo Swarker. Questa
struttura si
trova a 15 Lerk
dal vostro pianeta. Sono, approssimando, 7 milioni di anni
luce.
È
imperativo che voi comprendiate l’entità del
pericolo che i miei
simili comportano per voi, e perché non debbano raggiungermi
finché
sono sul vostro pianeta.
Prima
di ogni cosa, tramite un varco apribile dal settore TLRCKN9193, il
settore AZRWS345, dove si trova il vostro pianeta, può
essere
raggiunto in…
La
figura guardò verso l’alto mentre faceva un
calcolo a mente
…2
secondi.
Questa
è la proporzione dello Swarker in confronto al pianeta Terra
Apparì
un globo olografico rappresentante il pianeta Terra, poi una sorta di
sfera bulbosa di metallo che doveva essere lo Swarker. Mentre
quest’ultimo cresceva, il primo continuava a rimpicciolirsi
fino a
diventare un puntino difficile da osservare.
Se
già questo vi mette timore, sappiate che lo Swarker non
è abitato
in superficie, è abitato all’interno. Questo
aumenta la quantità di spazio
abitabile.
Facendo
una stima, la
sua popolazione è 20.000
volte quella terrestre, solo il suo esercito regolare è
più
numeroso della
vostra totalità. A ciò, dovete unire il divario
tecnologico.
L’attrezzatura di un soldato semplice appena graduato
è superiore
a quella di qualsiasi forza terrestre, conquistarvi sarebbe molto
facile. Eppure, non è questo il pericolo più
grande che state
correndo.
L’ologramma
fece un gesto con la mano, facendo sparire le rappresentazioni della
Terra e dello Swarker
Le
grandi masse non coesistono facilmente senza patti, il patto stretto
dagli Swarkerinster si chiama Alaktania. Non è un accordo
scritto, è
qualcosa che collega le menti, facendo percepire ognuno come
componente di un unico grande disegno, cancellando la loro
individualità. Sul vostro pianeta esistono creature chiamate
formiche, esse vivono e operano tutte insieme solo per migliorare ed
espandere il formicaio, creando una colonia sempre più
grande con
sempre lo stesso scopo fisso nelle loro menti. Così
è per gli
Swarkerinster, poiché tale è la natura
dell’Alaktania.
Io
sono uno dei pochi che è riuscito a liberarsi, ho provato le
gioie
dell’individualità, questo mi ha reso un criminale
denominato
Alsther, significa colui
che
non è noi.
Detto
questo, è tempo di chiarire il vostro coinvolgimento.
L’alieno
sollevò un dito e si sentì una voce robotica e
distorta dire
Lenkerthen
Lyoko
Questo
è un messaggio che dice
Riunitevi a Lyoko,
intercettato da un radiotelescopio dello Swarker mesi fa, veniva da
un settore inesplorato
dello
spazio così lontano che ci è voluto molto tempo
per determinare la
fonte. Eppure,
lo Swarker ha
dedicato numerosi investimenti in questo lavoro. Questo,
poiché la
voce equalizzata correttamente è questa
Si
sentì una nuova voce dire le stesse due parole, una voce
molto più
naturale, anche se aveva qualcosa di chiaramente non umano.
Questa
è la voce di un individuo noto come Xodian Ankotar Aalva
Apparve
un ologramma che lo rappresentava, era più alto e con una
corporatura più robusta di quella di Niktor. Lo sguardo era
freddo e
indagatore e il volto aveva tratti più allungati. Indossava
una tuta
unica bianca.
Nello
Swarker è noto per essere uno dei più grandi
scienziati della sua
storia, essendo padre di numerose
scoperte e innovazioni in campo medico e biotecnologico, ma
è anche
uno dei più grandi criminali mai vissuti
in esso.
Ossessionato
dall’idea di voler evolvere gli Swarkerinster,
violò tutte
le leggi
e i diritti
che impedivano
i suoi
esperimenti
Apparvero
numerose foto di alieni in stato di shock e raggomitolati in preda al
panico, alcuni presentavano mutazioni e malformazioni, molti invece
avevano uno sguardo vitreo ed erano pieni di ferite da cui
fuoriusciva un sangue bluastro.
Infine,
è stato il primo a riuscire a staccarsi volontariamente
dall’Alaktania, prima di sparire nel nulla, diventando anche
il più
grande ricercato nella storia dello Swarker.
Io
non so cosa c’entri lui con
Lyoko, ma il messaggio proveniva da questa fabbrica e Lyoko si trova
qui. Prima o poi cercheranno di appropriarsene.
Io,
però, sono arrivato prima. Ho avuto modo di studiare questo
programma, non posso appurare che sia opera di Xodian, ma so che
è
molto potente e che non esiste nulla del genere nello Swarker. Se lo
ottenessero, potrebbero sfruttare le sue capacità di
controllo sul
genoma per accelerare l’Alaktania. Il patto che lega tutti
gli
Swarkerinster potrebbe diffondersi a velocità folle per
l’Universo,
soggiogando tutte le creature senzienti e rendendolo eterno.
D’altro
canto, se lo ottenessi io, potrei usare le stesse funzioni per
annullarlo. Io e tutti quelli come me doneremmo il libero arbitrio
alla mia gente.
Però,
non posso negarlo, c’è una seconda motivazione per
cui lo voglio
usare io.
Esiste un’arma
per combattere quelli come me, un
superbatterio
conosciuto come K0-V1D, capace
di costringere l’organismo a produrre staminali per ricreare
i
centri neurali sfruttati dall’Alaktania e fargli emettere
segnali
in continuazione, rendendoci immediatamente rintracciabili. Io ne
sono infetto, ho usato molti farmaci per rallentare il batterio, ma
non l’ho mai fermato, sono solo riuscito a farlo mutare. Ora,
oltre
al suo scopo originale, è diventato anche una neurotossina
che mi
impedisce di avere pieno controllo del mio corpo, oltre a crearmi
questi sfoghi neri sulla pelle con cui il batterio cerca di infettare
altri miei simili. Solo Lyoko può ricreare il mio corpo da
Alsther
senza il batterio, ma non sono riuscito a completare il lavoro
necessario per farlo. Ora non mi rimane che iniettarmi
un’amara
medicina…
Affianco
all’ologramma di Niktor apparve quello della sua flebo
Questo
non è un farmaco, è un veleno. Fermerà
l’azione del batterio, ma
rallenterà gradualmente i miei processi cognitivi e le mie
funzioni
corporee, fino a quando non mi ucciderà. Spero che siate
riusciti a
salvarmi prima che accada, o che abbiate voluto farlo.
Se
dovessi morire, rimarreste in balia dello Swarker. Ma credo che
ognuno scelga il suo destino.
Questo
è il messaggio di un combattente per la libertà
In
questo momento, Niktor Denevun Brealwunt
Merek
L’usato
di Renard –
Ore 10:50
“Ehilà,
signor Renard. Come sta?”
“Ma
siete voi, Avier e… Come vi chiamavate, signorina? Non
ricordo
proprio”
“Questa
favolosa fanciulla si chiama Aelita. Lei è strano se si
ricorda più
di me che di lei”
“Non
dica così, signor Avier. Uno come lei è
indimenticabile. È già
diventato presidente?”
“Sono
passato proprio a dare i biglietti
elettorali”
“Oh
bene! Visto che si trova qui, dia pure un’occhiata al
negozio”
La
coppia entrò nel negozio e si mise a guardare di nuovo tra
gli
scaffali pieni di oggetti usati. O meglio, lo fece Avier, Aelita si
limitava a seguirlo. Era lui che era voluto tornare lì.
“Vuoi
comprare altra
musica?”
“Figurati
se al nostro primo appuntamento penso solo a me. Ti voglio fare un
regalo”
“Aww
grazie! Aspetta… È un appuntamento?” La
ragazza era così
abituata a trovare romantico qualsiasi momento in cui fosse con Avier
da non aver riflettuto sul fatto che quello potesse essere il loro
primo appuntamento ufficiale.
“Certo
che si”
“Perché
non me lo hai detto? Mi sarei vestita meglio”
“Prima
di tutto, io
sono in tuta.
Poi, a me non piacciono le cose
elaborate.
Ti voglio così,
come sei ogni giorno” la dolcezza di quella frase fece andare
in
brodo di giuggiole la ragazza, che saltò
addosso al ragazzo per baciarlo. Essendo entrambi accovacciati per
vedere degli scaffali bassi, ed essendo Avier robusto quanto il
polistirolo, persero l’equilibrio e si ritrovarono stesi a
terra.
Questo non li fermò dal continuare a baciarsi.
“Ragazzi…
Ehm! Capisco gli ormoni. Questo però è un luogo
pubblico, vi prego”
il signor Renard li aveva raggiunti sentendo il rumore
dell’impatto.
Entrambi si misero a ridere incontrollatamente, poi Avier
notò
qualcosa di suo interesse su uno scaffale. Una catenina di metallo
con un pendente che recitava un nome. Il russo non lesse quale nome
fosse, non gli interessava. Lanciò la catena al commesso.
“Compro
questa. Mi dia solo la catena però, devo fare una
cosa” il signor
Renard si appropinquò a staccare la targhetta, poi mise la
catenina
nelle mani del russo come gli aveva chiesto. Lui e Aelita si erano
alzati nel frattempo.
“Chiudi
gli occhi, m’lady.
Non osare aprirli” la ragazza eseguì quegli
ordini, la curiosità
la divorava ma riuscì a resistere alla tentazione.
“Ora
apri”
La
ragazza lo fece, vide il russo che teneva tesa la catenina fra le
mani. Ora però aveva un nuovo pendente, un piccolo
dischetto in oro puro.
“Non
è molto, lo so. Ma è una delle cose che ho preso
in
prestito in
Russia.
Mi sono
sempre detto
che l’avrei voluto dare a qualcuno
di molto importante.
Quella
persona sei tu” mosse un passo verso di lei e le avvolse il
collo
con il suo regalo
“A
te affido una parte di me, dolcezza. Che tu possa portarla sempre, e
che ti dia solo ricordi piacevoli” la ragazza stava
piangendo, di
nuovo. Avier era così, riusciva a smuovere le sue emozioni
con le
cose più banali, figurarsi dopo un regalo del genere. I due
presero
di nuovo a baciarsi, felici come non mai. Poi, qualcosa
attirò la
loro attenzione.
“Si
sente bene, signor Renard?” l’uomo, dietro i suoi
occhiali, aveva
il volto e gli occhi tutti arrossati e lacrime che gli scorrevano
sulle guance.
“Oh!
Mi sono commosso. Scusatemi, scusatemi. Sono così stupido,
mi capita
sempre” e se ne andò in preda
all’imbarazzo. La coppia rise di
nuovo, poi tornò a baciarsi.
Sala
del supercomputer – Dalle ore 10:52 alle ore 12:00
“C-come
è possibile tutto questo? E da quand’è
che tu lo sapevi?” fu
Ulrich a parlare, Jeremy stava continuando ad imboccare
l’alieno
con la gelatina nutritiva nella scatola che teneva in mano.
“La
prima domanda non ha risposta. La seconda la ricordo bene, dalla sera
del 19 Settembre. Una nottata tremenda, mi sono ritrovato chiamato
dalla fabbrica in piena notte. Rispondo al telefono, e sento la sua
voce che dice di venire qui. Aveva pure detto che XANA stava tornando
per assicurarsi che mi precipitassi lì...”
“Dovevo…
essere… certo”
“Lo
so, amico. Lo so” Jeremy accarezzò la testa
dell’alieno con il
dorso della mano che reggeva il cucchiaino. Niktor parve più
rilassato.
“Poi
sono venuto qui,
e ho trovato lui. Riusciva ancora a camminare e parlare con
facilità
quella sera, ma più volte tornavo qui e più
peggiorava. Vederlo
peggiorare… è stato tremendo. Non so come dirlo ”
“Immagino.
Però, noi due cosa possiamo fare?”
“Se
vi ho portato qui c’è un motivo.
Non volevo
coinvolgervi, ma
faccio progressi troppo a rilento da solo.
Niktor non
resisterà a
lungo, devo tentare un’azione disperata”
“Che
cosa?”
“Dovete
sapere che per virtualizzare un essere umano il supercomputer separa
e analizza tutte le basi azotate del DNA e interpreterà le
informazioni ricavate dalle loro combinazioni in dati
che…”
“In
breve, Jeremy. Ti prego” Odd si sentiva già
scoppiare la testa.
“Uno
di voi deve portare Niktor nella torre del quinto settore,
l’altro
deve entrare in una specifica torre di un altro settore” in
tutto
questo, Jeremy aveva continuato ad imboccare l’alieno,
finendo solo
in quel momento. Sistemò il contenitore della gelatina e il
cucchiaio nella sacca, poi uso la manica della sua camicia a quadri
per pulire gli angoli della bocca di Niktor.
“In
tutto questo, Avier cosa c’entra?”
domandò Ulrich, ricordando i
commenti che Jeremy gli aveva riservato nel bar. Con tutte quelle
nuove informazioni, se n’era quasi dimenticato. Il suo amico
prese
subito a raccontare.
“La
prima volta che sono venuto qui, lui
mi stava seguendo, l’ho
visto spostarsi nella notte con capacità degne di una spia.
Sono stato fortunato a notarlo e a fargli perdere le tracce. Credo
fosse interessato a rintracciare Lyoko, ci sono due teorie. La prima
è che in realtà lavori per il KGB, o
per qualche altro governo, magari anche per la Green Phoenix. La
seconda…
“din
Inkniam” commentò
Niktor
Per
le strade di Parigi – Ore
12:30
“Ehi
Avier, quel coltello non me lo regali quindi?” la ragazza si
riferiva a un coltellino svizzero comprato da ragazzo nel negozio di
Renard. Il ragazzo aveva detto che si era recato lì solo per
quel
regalo, poi aveva visto quel coltellino e non aveva resistito a
comprarlo.
“Ovvio
che te lo regalo! Tu sembri proprio la ragazza a cui regalare un
coltello. Già ti immagino mentre lo stringi tra i denti, con
una
bandana rossa sul capo, mentre ammazzi dei vietcong con una
mitra”
ancora una volta la ragazza non poté fare altro che ridere.
Non
riusciva a capacitarsi di come quel tipo riuscisse a farla ridere
sempre senza risultare antipatico.
“Ora
che ci penso, tu hai detto così tanto di te, invece
non sai molto di me”
“Cosa
ti fa credere che io non sappia tutto di
te?”
“Perché
tu le cose le deduci, ma so che non puoi saperle se non hai elementi
per arrivarci”
“Tu
dici?”
“Si,
ad esempio. Avrai capito che non sono francese”
“Esatto”
“Bene,
da dove vengo?” il ragazzo si portò una
mano al mento e iniziò a pensare fingendo di starsi
sforzando
tantissimo.
“Itak,
ti
chiami Aelita, quindi vieni da Marte. Giusto?” la ragazza
rise a
crepapelle (di
nuovo)
“E
questa da dove ti è uscita?”
“Non
l’hai capita?”
“Ammetto
di no”
“Quindi
non sai le origini del tuo nome?”
“Sai
che non me lo sono mai chiesto?”
“È
un grande peccato. Ma rimedierò” il ragazzo prese
a gesticolare
più animatamente del solito, quello era uno di quei discorsi
che
amava fare.
“Aelita
è il
nome di
un
romanzo di
fantascienza sovietico.
L’ho letto tempo fa, ci sono due russi che vanno su Marte e
scoprono questa civiltà, ed uno di loro si innamora di
un’aliena
chiamata Aelita. Se io sono russo, e tu ti chiami Aelita, significa
che anche tu vieni da Marte. Giusto?”
“Impeccabile”
questa
volta fu Avier a ridere. Poi,
si sentì afferrare la mano dalla ragazza e tirare verso di
lei.
“Dai,
seguimi. Ti porto da una parte”
“Al
suo servizio, m’lady”
Sala
del supercomputer – Dalle ore 12:00 alle ore 12:20
“Le
ultime informazioni rubate da Niktor all’esercito dello
Swarker
parlano di una macchina sperimentale
chiamata din
Inkniam.
Tradurlo nella nostra lingua non è immediato, significa
qualcosa
come ciò
che amplifica la
mente.
È un dispositivo che permette alle onde cerebrali di questi
Swarkerinster di interagire con corpi lontani anche distanze
cosmiche, tutto questo senza causare interferenze elettromagnetiche
come le altre tecnologie di questi alieni. Immaginatelo
come una sorta di… Radiocomando per esseri viventi”
“Quindi,
Avier
sarebbe controllato da questa macchina?” la voce di Niktor si
intromise, cercò di parlare
ad alta
nonostante
la mancanza di forza
“Din
Inkniam…
non… assoggetta” Jeremy continuò il suo
discorso.
“Già,
non ci sono prove che questa macchina possa controllare gli esseri
umani. Se Avier è collegato ad essa, significa che non lo
è”
Ulrich e Odd si guardarono l’un altro smarriti, ancora non si
capacitavano di cosa potesse significare.
“Che
intendi? Questi alieni sanno mutare forma? Come i rettiliani?”
“Loro
no. Però, Niktor dice che quell’esercito dispone
di organismi
mutaforma
privi di volontà, sarebbero armi adatte a questo scopo”
“Quindi
ora Aelita è da sola con un mutaforma alieno che sta
cercando di
ottenere informazioni da lei? E tu non fai nulla?” Odd era
furente,
non lo si vedeva quasi mai così. Jeremy però non
mosse ciglio, era
così impassibile da non apparire umano.
“Non
posso fare nulla. Prima di tutto, indipendentemente da chi sia Avier,
è così bravo che probabilmente Aelita ora si fida
più di lui che
di tutti noi. Poi,
è logico pensare che, notando un cambiamento improvviso nel
carattere di Aelita, otterrebbe la conferma che siamo noi quelli che
cerca. No, è un errore che non possiamo commettere”
i
due non dissero
nulla, sentirono soltanto un raggelante terrore che non avevano mai
provato. Neanche XANA li spaventava così tanto quando
attaccava,
quello in cui erano immischiati era molto più grande e
pericoloso di
quanto
il virus non lo fosse mai stato. Avevano paura, troppa paura.
“Ma
il Lyoko che cercano è proprio il nostro?” disse
Odd, in una vana
speranza di sentirsi meglio.
“Vorrei
poter dire che è il più grande malinteso nella
storia
dell’Universo, ma non è così. Ho
ritrovato il messaggio originale
nel supercomputer, inoltre ho stabilito quando è stato
inviato. Il
10
Maggio del 2004, vi ricorda qualcosa?”
“Il
giorno in cui abbiamo sconfitto XANA” un secondo
silenzio
calò nella sala. Durò diversi minuti, interrotto
solo dal continuo
battere sui pulsanti di Jeremy, rimessosi
a lavorare.
Niktor squadrò uno ad i
volti nuovi che aveva davanti a
sé,
anche se li aveva già visti quando lavorava al
supercomputer, poi
rivolse il suo sguardo a Jeremy.
“Sicuro…
non servano… gli altri?”
“No,
Niktor. Purtroppo, se non funziona adesso, non funzionerà
mai” poi
si alzò e si diresse verso i suoi amici.
“Che
dite? Lo facciamo?”
“Abbiamo
forse scelta?”
“Solo
scelte suicide”
“Allora,
facciamolo”
Hermitage
– Ore 13:00
L’edificio
abbandonato, così come riportò a galla numerosi
ricordi nella mente
di Aelita, fece salire una certa nostalgia ad Avier. Era stato in
tanti posti simili a quello nella sua vita, rifugi di tutti i tipi
conquistati dalle piante, dalla polvere e dagli animali, molto spesso
anche dalla neve. Lì non c’era la neve, ovviamente.
“Sai
che posto è questo?”
“Certamente”
“Dici
sul serio?”
“No”
la ragazza sorrise e invitò il russo a seguirlo dentro.
L’interno
era come permeato da uno strano fascino. La luce che filtrava dalle
finestre mostrando il pulviscolo nell’aria, i rampicanti che
si
ramificavano sulle pareti abbracciando l’intonaco secco e
cadente,
i fili d’erba che spuntavano dalle crepe sul pavimento. Ci si
sentiva fuori dal mondo. La ragazza condusse il suo compagno ad una
scala dai gradini in legno marcito che portava al piano di sopra, da
lì ad una camera da letto. Osservando i colori e la presenza
di
alcuni peluche, il ragazzo dedusse che quella un tempo era la camera
di una bambina, ne ebbe la conferma.
“Sai,
Avier. Questa, un tempo, era casa mia. E questa, un tempo, era la mia
stanza”
“Poi,
che è successo?” il tono di Avier era cordiale,
voleva metterla a
suo agio. Sentiva dove quella situazione sarebbe andata a parare.
Aelita si mise a sedere sulle lenzuola consumate e impolverate del
suo vecchio letto, poi rivolse lo sguardo al ragazzo.
“Siediti
qui, c’è molto da raccontare”
Sala
scanner/sala del supercomputer – Dalle ore 12:21 alle ore
12:25
Niktor
era stato spostato delicatamente nella sala degli scanner e messo in
uno di essi, i suoi occhi guardavano con un certo timore la
struttura. Intanto, Jeremy spiegava cosa avrebbero dovuto fare.
“Dunque,
quando sarò al supercomputer e sarò pronto, ti
telefonerò Ulrich.
Quello sarà il segnale che dovrai immediatamente rimuovere
l’ago
dal braccio di Niktor. Nel suo stato attuale, gli spasmi
riprenderanno subito e credo non riuscirebbe a sopravvivere
più di
un minuto. Però, riuscirò a virtualizzarlo in
tempo. Si può fare”
“Quindi
riesci a virtualizzarlo? Questo non dovrebbe già
guarirlo?”
“Si,
in effetti Lyoko replica una forma fisica ottimale una volta eseguita
la virtualizzazione… umana. Lui viene riconosciuto dal
supercomputer, però su Lyoko ottiene vantaggi minimi. Non
prova più
dolore e non ha problemi a respirare, però mantiene la
stesse
energie e la stessa forza che ha in questo momento”
“Che
sfiga!” Odd si lasciò sfuggire quel commento,
chiese scusa in
preda all’imbarazzo, poi volse lo sguardo verso Niktor. Era
abbastanza sicuro che in quel momento il suo sguardo fosse quello che
la sua razza associava al disprezzo. Era così.
Intanto,
Jeremy riprese
“Prima
di tutto, chi lo trasporta?”
“Ci
penso io. Chi affiderebbe il destino della Terra ad Odd?”
“Ehi!”
“Bene,
Ulrich. Tu e Niktor andrete su Cartagine, dovrai portarlo
all’unica
torre del settore. Odd, scegli: foresta, montagna, deserto o
ghiaccio?”
“Deserto,
come Lawrence D’Arabia”
“Cosa
c’entra?” la domanda partì da Ulrich
“Ho
visto il film di recente”
“Tu
avresti visto un film di tre e mezza?”
“Non
tutto, mi sono fermato a quando la guida di Lawrence viene sparata al
pozzo”
“Lo
sai che dubito quella scena sia oltre i primi venti minuti”
“Ragazzi,
avete tutta la vita per dibattere sul cinema. Su, a raccolta”
i due
si misero in posizione. Ulrich vicino a Niktor, con le dita strette
sull’ago che aveva nel braccio, Odd vicino ad uno scanner,
pronto
ad entrarci subito.
“Pronti?”
“Pronti”
i due risposero all’unisono. Jeremy si diresse immediatamente
verso
il supercomputer,
Dopo
una decina di secondi, il telefono di Ulrich squillò e lui
tirò
subito via l’ago. Gocce di sangue bluastro uscirono dalla
ferita
mentre il farmaco trasparente gocciolava a terra. Gli spasmi di
Niktor ripresero violenti, sembrò quasi morire
all’istante. Poi la
scanner si chiuse.
>Sistema
Lyoko
>Scanner
Niktor
>Trasferimento
Niktor
>Virtualizzazione
“Mi
ricevi forte e chiaro, Niktor?”
“Jeremy,
sbrigati a guarirmi che questo posto è identico allo
Swarker. Mi
viene da vomitare”
“Sono
contento tu abbia nostalgia”
Hermitage
– Ore 13:20
Aelita
era partita dal presupposto che avrebbe detto tutta la
verità,
eppure non lo fece. C’era qualcosa che la faceva desistere
dal
parlare al ragazzo di Lyoko, come un sesto senso. Nonostante questo,
gli raccontò tutto il resto della sua vita. Suo padre, sua
madre, la
morte di quest’ultima, la Green Phoenix… Tutto.
Modificò solo
alcuni dettagli per non fargli intuire di Lyoko.
Quando
ebbe finito, il ragazzo la guardava fisso negli occhi e le stringeva
il braccio con la mano destra. Poi la abbracciò,
più forte di
quanto non avesse mai fatto. Ad Aelita piaceva così tanto
essere
abbracciata da lui che le sembrava sempre lo facesse per la prima
volta.
“Hai
avuto una vita peggiore della mia” disse Avier, quasi
sussurrando.
“Non
dire stupidaggini” sussurrò la ragazza in
risposta, poi rispose
all’abbraccio. I due rimasero così per minuti
interi, e avrebbero
continuato ancora per un po’. Non fosse che Aelita
notò qualcosa
di azzurro uscire dalla tasca dei pantaloni di Avier.
Allungò la
mano di scatto per afferrarlo e tirò fuori il pacchetto di
un
profilattico.
“E
questo quando lo hai preso?” il ragazzo spostò lo
sguardo, poi
balzò in piedi. Iniziò a spiegarsi balbettando e
gesticolando più
del solito.
“Io…
Io l’ho comprato stamattina… perché,
insomma… dopo quello che
è successo… I-ieri sera… Ho pensato
che un giorno… Non dico
subito! Però… Un giorno…
Noi…” il ragazzo si portò le mani
al volto
“Blyat!
Certe volte sono così stupido” la
ragazza rise, vederlo in
imbarazzo era qualcosa di più unico che raro, era
così buffo. Dopo
aver smesso di ridere, si sollevò e mise il pacchetto dentro
la
tasca del ragazzo, poi si risedé sul letto.
“Ieri
sera ero in preda all’emozione, non ero lucida”
“Si”
“Tu
lo avevi capito, dopotutto”
“Già”
“Penso
che non dovremmo correre”
“È
giusto” il ragazzo diede le spalle alla ragazza
“F-forse
è il caso di andare” disse, continuando a
balbettare. Poi mosse un
passo, sentì la ragazza tirargli dalla tuta.
“Che
c’è?”
“Niente.
È solo che… Ho mentito”
Aelita
tirò a se Avier e lo baciò appassionatamente.
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