Prompt: Microchip
– Filo Rosso.
Pairing:
Shisui/Itachi.
Contesto:
Canonverse.
Rating: arancione.
Avvertimenti: No happy
ending, lime.
Descrizione: Si
possiede filo rosso, legato solitamente al mignolo, che è
legato all’anima
gemella (mito giapponese/asiatico)
Note: Omg siamo
arrivati all’ultima. Le considerazioni generale sulla
raccolta le rimando a
fine capitolo, per ora mi limito a parlare di questo. Gli ShiIta :c non
ne ho
mai scritto tanto e soprattutto mai come principali, cosa che voglio
rimediare
ultimamente visto che mi è ristoppiato l’amore per
loro! Questa, come quasi
tutte le altre, è strettamente legata al
canonverse… quindi è una tragedia
>.<
Il
titolo
viene dalla canzone “Hunger” dei Florence + The
Machine.
You make a
fool of death with your beauty
Era
stata
sua nonna a dirglielo, quando aveva quattro anni e aveva sviluppato lo
sharingan. Insieme all’iride cremisi aveva visto comparire un
sottile filo
rosso legato al suo mignolo, con un nodo così stretto che
non era riuscito in nessun
modo a slegarlo. Per un folle momento aveva pensato perfino di provare
a tagliarlo
con un kunai, giusto per vedere cosa succedeva. Sua nonna lo aveva
fermato
prima che compiesse l’irreparabile. Facendolo sedere sulle
sue ginocchia, gli
aveva preso la mano e gli aveva parlato seriamente, come se fosse un
adulto.
“Shisui,
tesoro mio, quello è il filo del tuo destino”.
“Il
mio
destino?”
“Ogni
essere umano è legato a un altro essere umano dal destino,
così hanno deciso
gli dei. Questo filo rosso ci collega a chi siamo destinati, seguendolo
saremo
in grado di trovarlo”.
“Ma
perché
lo vedo solo ora? Perché non vedo il tuo?”
Gli
aveva
lisciato canticchiando i capelli ribelli in un tentativo di ordine
prima di
rispondere.
“Normalmente
gli uomini non sono in grado di vederlo, ma noi Uchiha possiamo farlo
nel
momento in cui manifestiamo il nostro sharingan. I nostri occhi rossi
ci
permettono di vedere quello che altri non possono, compreso il nostro
destino.
Ma possiamo vedere solo il nostro filo, non quello delle altre persone.
Siamo autorizzati
a conoscere solo il nostro destino”. Fece una smorfia seria e
piena di
rimprovero. “È un modo carino degli dei di dirci
di tenere il naso nei nostri
affari”.
Shisui
sapeva che stava rimproverando lui, perché era sempre stato
troppo curioso e
per questo si era sempre messo nei guai.
“Quindi,
nonna, il tuo filo era collegato al nonno?”
Appunto:
troppo curioso.
Sua
nonna
non rispose, si limitò a lanciare un’occhiata
sulla foto sbiadita di Uchiha
Kagami al fianco del Nindame, poi lo mandò a giocare.
Shisui
avrebbe capito solo molti anni dopo quello che intendeva con quel
silenzio: non
sempre incontri il tuo destino.
**
Shisui
aveva provato a lungo a cercare la propria anima gemella, ma qualsiasi
suo
tentativo terminava in un fallimento. Aveva provato a seguire il filo
come se
si trovasse all’interno di un labirinto, ma non ne trovava
mai il capo. La maggior
parte delle volte finiva per incastrarsi nello stesso e inciampare nei
suoi
stessi passi. Percorrere la strada a ritroso non era la soluzione.
Poi
erano
arrivate le missioni. Avevano iniziato a salutarlo come
l’Uchiha più dotato dei
suoi tempi e il filo rosso del suo destino si era confuso con il rosso
del
sangue del suo migliore amico che gli imbrattava le mani, morto per
colpa sua. Il
risveglio del Mangekyo sharingan aveva portato gioia nella sua
famiglia,
convinti che sarebbe diventato così forte da superare
perfino suo nonno Kagami,
e vergogna nel cuore di Shisui. Non aveva mai avuto il coraggio di
rivelare
come avesse risvegliato quell’occhio maledetto.
Ero
così geloso di lui che ho lasciato morisse.
La
guerra
era finita da un anno e Shisui aveva solo otto anni.
**
Il filo
cominciò a tirare, a esercitare una piccola pressione che lo
tendeva tra i
dedalo di Konoha. Shisui lo osservò curioso e
sperimentò. Provò ad allontanarsi
verso la direzione opposta e scoprì che poteva farlo: il
filo sembrava tentare
di trattenerlo, ma poi si allungava magicamente permettendogli di
allontanarsi.
Shisui
ci
pensò attentamente, ma poi decise di assecondare chiunque
stesse tirando dall’altro
capo.
Camminò
per
tutto il distretto Uchiha mentre il filo si accorciava, uscì
nel Villaggio e
arrivò all’Accademia, entrò e
uscì da una classe e poi si diresse verso il
bosco dei campi di allenamento Uchiha. Si spostò fra gli
alberi fino ad
arrivare a una piccola radura.
Sul
tronco
di un albero caduto c’era un altro bambino.
Shisui
continuò a seguire il filo che si accorciava
finché non gli fu davanti. Il bambino
aveva un gomitolo di filo rosso in grembo, dove continuava ad
arrotolare meticoloso.
Si fermò solo quando all’ultimo giro
sentì una forte resistenza e alzò il viso,
trovandosi davanti a Shisui.
Era
molto
carino, anche se i suoi occhi erano molto stanchi. Sembravano gli occhi
di un
adulto, anche se doveva essere più piccolo di lui.
Fissò
il
gomitolo e fece un piccolo sorriso per
l’ingegnosità. Nemmeno
lui aveva pensato di provare a
trovarlo tirando il filo invece che seguirlo, come aveva fatto fallendo.
“Sei
molto
intelligente” considerò. “Sei il figlio
di Fugaku-sama?”
“Itachi”
si
presentò, la voce ancora molto infantile. “Tu sei
Shisui del teletrasporto?”
Annuì
e poi
si sentì in impaccio. Sua nonna gli aveva raccontato delle
anime gemella, ma
non gli aveva spiegato come fare se si incontravano.
Shisui
era
uno shinobi, c’era solo una cosa in cui era addestrato e
sapeva fare bene.
“Potrei
vedere il tuo Mangekyo, per favore?” chiese con tono educato
Itachi.
Gli
sorrise
ancora e scoprì che gli veniva semplice sorridergli. Non
erano quegli
stiramenti di labbra formali, senza sentimento e mai troppo
sbilanciati. Era un
vero sorriso.
Alzò
la
mano con l’indice e il medio uniti al mento.
“Se
riesci
a mettermi in difficoltà, te lo mostro” promette e
gli occhi onice di Itachi si
illuminano al riconoscimento.
Sono
shinobi, c’è solo un modo che conoscono per
esprimere il proprio cuore: con la
guerra.
**
Atterrò
acquattato sull’erba, un movimento silenzioso e fluido mentre
afferrava la
manciata di shuriken dal borsello. Ruotò sulle punte dei
piedi, le ginocchia
ancora piegate e la coda lunga che disegnava un cerchio attorno a lui.
Teso e
pronto allo scattò vago con gli occhi rossi tra gli alberi
che lo circondavano.
I tre tomoe roteavano come impazziti, cogliendo ogni più
piccolo dettaglio
della foresta che lo circondava. Scattò con il braccio e gli
shuriken volarono
nell’aria, dando l’impressione di seguire il
bersaglio.
Itachi
percepiva Shisui saltare sui rami, nascondersi fra le fronde. Vedeva il
sottile
rosso arrampicarsi sugli alberi, srotolarsi tutto attorno a lui.
Gli
shuriken si conficcarono sulle cortecce e tagliarono foglie senza
nemmeno
sfiorare il loro bersaglio. Maledetto
shunshin. Ma non importava, il suo
sharingan gli aveva mostrato abbastanza.
Tese i
muscoli pronto al balzo, gli occhi che continuavano a seguire i
velocissimi
movimenti sugli alberi. Afferrò l’ultimo kunai
rimasto e concentrò la giusta
quantità di chakra sui piedi. Saltò in aria
più in alto di quanto avrebbe
potuto normalmente e intercettò Shisui nella metà
di un balzo, prevedendo lo
spostamento.
Shisui
era
stato veloce a reagire, usò le piastre
dell’avambraccio per frenare il colpo di
kunai e ne approfittò allo stesso tempo per calciarlo via.
Ancora a
mezz’aria si separarono, atterrando ai lati opposti dello
spiazzo erboso.
Itachi scattò nel momento esatto in cui i piedi toccarono
terra, consapevole di
non poter dare nemmeno un secondo di vantaggio a Shisui. Ma a quanto
pare il
cugino si era stancato di scappare e nascondersi dai suoi attacchi,
perché
fronteggiò l’attacco a sua volta.
Sharingan
contro sharingan era sempre uno scontro basato sulla previsione e la
sorpresa. I
tomoi ruotavano nell’iridi vedendo con chiarezza ogni
più piccola mossa, se
solo Itachi si fosse permesso di distrarsi avrebbe potuto contare le
ciglia di
Shisui.
Il
sospiro
affrettato dalla fatica dei muscoli era coperto dallo scontrarsi del
metallo e
dall’impatto dei corpi. Danzavano in cerchio, i piedi che si
muovevano veloci a
ogni passo studiato. I filo rosso si muoveva con loro, stringendoli di
più a
ogni piroetta. Non era una vero intralcio, sapevano entrambi che era
puro
chakra intangibile, ma entrambi cominciarono istintivamente a muoversi
come se
rischiassero di inciampare sulla corda tesa. Fu l’errore
fatale di Itachi, che
nel tentativo di non aggrovigliarsi, abbassò momentaneamente
la guardia.
Così
non si
trovò a ruzzolare per via di un inciampo al filo del
destino, ma per uno
sgambetto furtivo della sua anima gemella.
Soffiò
fuori l’aria dei polmoni mentre atterrava di schiena e
Shisui, fulmineo
ovviamente, lo cullava alla nuca con il palmo per impedirgli di
sbattere sul
terreno e farsi male. La gentilezza non gli impedì
però di appoggiare il
ginocchio sulla sua cassa toracica, in posizione di dominanza.
“Vittoria”.
Itachi
accennò un piccolo sorriso mentre lo pungolò al
fianco scoperto con il kunai
che non aveva mai lasciato andare.
“Parità”
corresse.
Shisui
dovette
ammetterlo con una risata esasperata. Abbandonò la
rigidità dei muscoli e
rilassò gli arti, scivolando dolcemente al lato di Itachi
sul terreno. Il
minore però non permise che si allontanasse troppo da lui,
continuò a premere
contro di lui e intrecciò le loro gambe mentre si spostava
di lato a sua volta.
Aveva ancora lo sharingan attivo, ora poteva contare le sue ciglia,
soffermarsi
sull’arrossamento della pelle e distinguere ogni ciocca di
capelli sudati e
ribelli. Si avvicinò ancora provando sollievo nel toccarlo,
nel sentire l’odore
del sudore sulla pelle.
Shisui
lo
assecondò socchiudendo gli occhi, alzò una mano
ad afferrare l’inizio della
coda sulla nuca, un gesto ormai così abituale fra loro che
spinse Itachi a far
sfiorare il suo viso fino all’incontro delle labbra
socchiuse.
Avevano
sperimentato i baci fin da subito, anche se quando erano bambini era
solo
contatti innocenti sulle guance e la fronte. Era stato solo nei dieci
anni di
Itachi, quando un tredicenne Shisui aveva avuto l’impulso di
premere per
qualche secondo le loro labbra insieme. Da quel momento era stato un
processo
graduale che aveva portato entrambi a essere a loro agio con quel
gesto, a
sentirlo familiare e semplice come respirare.
Ma
quella
volta, probabilmente complice l’adrenalina che il cuore
ancora pompava nelle
vene come una droga che amplificava ogni percezione, si
sentì pronto a osare –desiderare
– di più.
Circospetto
alzò le mani sul viso di Shisui, sfiorandogli con i
polpastrelli i lineamenti
più marcati degli zigomi, fino a immergersi le punta sui
ciuffi ribelli delle
basette corte. Shisui continuò ad assecondare i movimenti
della bocca socchiusa
e ciò diede la spinta a Itachi di continuare.
Avvicinò maggiormente i loro
visi, esercitando più pressione con la bocca e allungando la
lingua a leccare
il bordo delle labbra dell’altro.
Quel
gesto
fece irrigidire brevemente Shisui, ma non si spostò
né tentò di allontanarlo. Aprì
solo gli occhi osservandolo curioso mentre faceva i suoi tentativi ed
esplorava
attento. Si scostò solo quando Itachi provò a
spingere la lingua a incontrare
la sua.
“Aspetta,
‘Tachi…”
mormorò ansante.
Ma lui
sembrò
non ascoltarlo, la sua mente concentrata nel sentire il corpo caldo
vicino. Voleva
esplorare ancora, sperimentare ancora. Assecondò il
desiderio che lo spingeva a
premere con il viso sulla gola di Shisui, baciò il collo
incuriosito dal
trovare piacevole quel calore, dal sentire le sue viscere agitarsi nel
saggiare
con la lingua il sapore salato della pelle morbida. Il gemito che
uscì
strozzato da Shisui e che fece rabbrividire tutto il suo corpo gli
provocò una
fitta al basso ventre, spingendolo a cercare maggiore contatto.
Ma a
quel
punto Shisui si fece più incisivo e sgusciò via
dalla sua presa mettendo delle
distanza fra loro. Aveva il viso acceso di rosso, come gli occhi che
sembravano
ribollire lava da quanto erano liquidi.
“Che
stai
facendo?” domandò ansioso, il fiatone che non
aveva più nulla a che fare con lo
sforzo fisico del loro piccolo sparring.
Itachi
non
rispose subito verbalmente, alzò solo la coscia incastrata
fra le sue gambe fino
a spingere contro una durezza all’inguine.
“Sei
eccitato” gli disse con il cuore che si agitava di
aspettativa e desiderio di
spingersi oltre a quello che erano soliti fare.
“Anch’io lo sono”.
Shisui
lo
fermò dallo strofinarsi contro di lui.
“È
ovvio”
borbottò in imbarazzo. “Abbiamo appena combattuto,
l’adrenalina ha circolato e
tu mi hai toccato”.
“Voglio
toccarti ancora”.
“Itachi”
lo
richiamò come se volesse riportarlo alla ragione.
“Abbiamo detto che aspettiamo
i tuoi sedici anni per quello”
gli
ricordò.
In quel
momento due anni di attesa gli sembravano infiniti. Voleva di
più e lo voleva
ora.
“Ci
sono
altre cose che possiamo fare nel frattempo” osò
facendo resistenza al suo
tentativo di allontanarlo ancora.
Shisui
lo
fissò con il fiato bloccato in gola e si sentì
estremamente debole davanti allo
sguardo di Itachi. Se quello era un suo tentativo di volgere gli esiti
dello
scontro a suo favore… ci stava riuscendo egregiamente.
Itachi
approfittò del suo momento di esitazione per spingere ancora
a strofinare il
viso sul collo, che si trovò a esporre ancor di
più con un sospiro soddisfatto.
Non aveva mai immaginato che un gesto del genere potesse riempirlo di
così
tanti brividi, agitargli lo stomaco e indebolirgli le gambe. La forma
delle
labbra sulla pelle sensibile, che solitamente tendeva a proteggere e
non
offrire, gli stava facendo vedere le stelle.
Usò
le
briciole della sua forza di volontà per afferrarlo alle
spalle e allontanarlo
ancora. Ormai erano entrambi seduti contro un albero.
“Ma
tu vuoi
farlo?” fu l’unica cosa che riuscì a
dire. “Ti senti pronto?”
Ricevette
un’occhiata seria e meditabonda, come se Itachi stesse
valutando le proprie
capacità per la riuscita di una specifica missione, ma poi
annuì.
“Tu?”
rigirò la domanda.
Shisui
desiderava intimamente Itachi da quando era entrato ufficialmente
nell’adolescenza
e si sentì un po’ spaesato nel ricevere quella
domanda a sua volta. Nella sua
mente si era sempre considerato lui il maggiore da dover tirare un
freno per
lasciare spazio e tempo a Itachi. Non si aspettava che la situazione
potesse
volgersi al contrario, con lui che spingeva Itachi a trattenersi.
“Sì”
disse
con un piccolo sorriso emozionato, le dita che formicolavano.
Itachi
ricambiò il sorriso sereno e gli tornò vicino,
questa volta senza trovare
resistenza. Continuò la sua esplorazione afferrando il
colletto alto della
classica uniforme Uchiha per tornare a concentrarsi sul suo collo.
Shisui
canticchiò in apprezzamento, rilassandosi nonostante i
continui brividi per
quell’attenzione, e allungò le mani sulla sua
testa per accarezzargli i
capelli. Pettinarlo era un gesto che lo rasserenava sempre.
Tornò ad agitarsi
di nuovo, però, quando Itachi spinse i fianchi contro i suoi
e dondolo,
mandandogli una fitta inequivocabile. Non sapeva perché si
sentisse così
preoccupato, ma gli dava la sensazione che tutto stesse andando troppo
veloce e
gli sfuggisse dalle mani. Quando quella mattina era uscito di casa non
si
aspettava che giornata finisse in quel modo. Non sapeva se era
più spaventato o
eccitato all’idea che Itachi continuasse.
“Aspetta…”
mormorò fioco, ma Itachi riuscì a sentirlo e
quindi si allontanò con un broncio
infastidito.
Itachi
aveva sempre un aspetto serio che lo faceva sembrare molto
più vecchio della
sua vera età, complici i segni di stanchezza che lo
segnavano sotto gli occhi,
l’espressione meditabonda e il portamento calmo, controllato;
perfino i suoi
genitori spesso lo trattavano come se fosse un adulto, dimenticando la
sua vera
età. A Shisui provocava il batticuore pensare che solo con
lui Itachi perdeva
quella sua tipica compostezza, assomigliando molto di più
all’adolescente impaziente
che sarebbe dovuto essere. Perciò ingoiò la
protesta che gli era affiorata alle
labbra e si spinse a baciarlo, osando approfondirlo come poco prima
aveva
tentato di fare lui. Scivolò con le mani dalle sue spalle ad
afferragli i
fianchi e lo sentì sospirare direttamente nella sua bocca.
Nonostante
la frenesia l’audacia iniziale di Itachi, continuarono a
toccarsi e baciarsi
senza osare mai troppo, ancora incerti su quello che stavano facendo.
Shisui
aveva un po’ la sensazione di camminare su un campo minato e
più si approfondiva
in esso più rischiava di far scoppiare la mine sotterrate.
Baciarlo così a
lungo, mordendo le labbra e inseguendo la lingua, e toccarlo con le
mani
ovunque arrivasse era più di quanto avesse sempre osato fare
ed era davvero
bello.
Sentiva
la
pressione dell’eccitazione e l’agitarsi dei suoi
ormoni, ma allo stesso tempo
era tutto così meraviglioso da farlo crogiolare in quel
limbo.
In ogni
caso, quando Itachi si fece così audace da tentare di
infilare una mano nei
suoi pantaloni, pensò fosse il momento di fermarsi
lì.
“Sta
tramontando, dobbiamo tornare” offrì come
spiegazione all’espressione contrita
di Itachi.
Molte
ciocche corvine era scappate dall’elastico, che pendeva ormai
alla base della
coda pronto a sciogliersi del tutto, e numerosi fili d’erba
di erano incastrati
tra i capelli. Shisui sapeva di avere un altrettanto aspetto arruffato.
Gli
andò
alle spalle sistemando i capelli di nuovo nell’ordinata coda
e dividendo nodi.
“La
prossima volta” promise e nel farlo si sentì le
mani sudare e il cuore battere
impazzito. Il che era davvero ridicolo, riusciva a stare tranquillo
davanti
alla più pericolosa missione omicida, ma si agitava
all’idea di quel passo in
avanti con la sua anima gemella.
“Mhh”
canticchiò Itachi prendendo seriamente la promessa.
“I prossimi giorni sono
impegnato con la squadra Ro” aggiunse.
“Il
Sandaime mi ha convocato” disse a sua volta senza
sbilanciarsi troppo.
Aveva
promesso a Itachi che si sarebbe occupato lui del colpo di stato,
quindi non
voleva dirgli del suo piano. Temeva che non l’avrebbe presa
bene dal momento
che si trattava di manipolare mentalmente suo padre.
“Ci
vediamo
fra quattro giorni, prima della riunione del clan?” propose
alzandosi per
recuperare la loro attrezzatura.
Itachi
lo
seguì. “Solito posto”
confermò. Probabilmente suo padre avrebbe voluto
partecipasse alla riunione, ma gli avrebbe detto di essere impegnato in
missione. Il suo sguardo si oscurò al pensiero della sua
famiglia e di quello
in cui si stavano invischiando.
Shisui
lo
afferrò per il codino, tirandolo leggermente come a voler
ricatturare la sua
attenzione, e gli sorrise rassicurante. Ricambiò il sorriso
sereno.
Finché
ci
sarebbe stato il filo rosso a unirli non doveva temere niente.
**
Shisui
era
molto in ritardo, cosa insolita.
Non si
rassicurò
quando finalmente avvertì la sua presenza fra gli alberi,
perché non si mostrò
e l’unica cosa che disse fu di seguirlo. Fece come gli
diceva, seguendo il filo
rosso finché non arrivò alla scogliera del fiume
Naka. Shisui era sul bordo,
che guardava nel baratro con le spalle piegate.
C’era
odore
di sangue nel vento e proveniva da Shisui. Il suo istinto allenato da
shinobi
lo fece subito preparare al peggio.
Shisui
non
si voltò quando iniziò a parlare.
“Ormai
sembra che il colpo di stato degli Uchiha sia inarrestabile. E se
Konoha
iniziasse una guerra intestina, di sicuro gli altri paesi ne
approfitterebbero
per aggredirci, si scatenerebbe un conflitto globale”.
Itachi
si
mosse inquieto, chiedendosi perché tirasse fuori quel
discorso. Ne avevano già
parlato spesso da quando il Sandaime aveva affidato a Shisui il compito
di
appianare i contrasti, spesso gli aveva chiesto il suo parere in
merito. Ma mai
il suo tono era stato così inevitabile, come se la
catastrofe fosse pronta a
scatenarsi nell’immediato.
Provò
a
dire qualcosa, ma Shisui scelse proprio quel momento per girarsi e
tutto, ogni
parola e pensiero, soffocarono davanti un orrore gelido. Sangue colava
dall’occhio
destro di Shisui, chiuso su un’orbita che poteva indovinare
vuota.
“Quando
ho
provato a fermare il complotto usando kotoamatsukami Danzo mi ha rubato
l’occhio
destro. Lui non si fida di me, preferisce proteggere il villaggio alla
sua
maniera, senza preoccuparsi delle conseguenze”
spiegò.
La mente
di
Itachi lavorò veloce, raggiungendo subito la veloce
conclusione e la
comprensione che Shisui voleva usare la tecnica del suo Mangekyo su
Fugaku. Era
una mossa rischiosa, che avrebbe funzionato solo se anche il Villaggio
avesse
cambiato modo di approcciarsi agli Uchiha. Non era stupito che Danzo
non l’avesse
approvata.
“Scommetto
che tornerà per impadronirsi dell’altro
occhio” aggiunse fronteggiandolo e alzò
un mano al viso. Itachi capì cosa aveva intenzione di fare e
provò un senso di
inquietudine nel vederlo scavarsi l’orbita con le dita,
trasppandosi l’occhio
rimasto. “Prima che ciò accada lo darò
a te”.
La prima
sensazione che provò fu un fiotto di disperazione e rifiuto,
ma poi si ricordò
del suo dovere. Quell’incontro si era appena trasformato in
una missione e si
fidava della decisione di Shisui.
Avrebbe
nascosto il mangekyo di Shisui, perciò lo prese. Il sangue
colava su entrambi i
suoi zigomi, ma la sua anima gemella stava sorridendo fiducioso.
“Sei
il mio
unico vero amico e l’unico a cui posso chiederlo”
disse. “Proteggi il villaggio
e il nome degli Uchiha”.
“Lo
custodirò io” promise serio. “Tu ora
cosa farai?”
Per
Shisui
la cosa migliore era nasconderlo dalla scena e trovare un luogo sicuro
dove
potesse nascondersi. Probabilmente avrebbe dovuto uscire dal Villaggio,
trovare
una copertura e qualcosa che lo facesse uscire dai radar. Anche se in
quel modo
c’era il rischio che Konoha lo avrebbe considerato un
traditore e con il suo
nome nel bingo book molti mercenari lo avrebbero cercato.
Shisui
rispose mentre valutava ancora tutte le sue opzioni.
“La
mia
morte cambierà parecchie cose. Ho lasciato una
lettera…”
L’espressione
pensosa di Itachi si infranse immediatamente, distorcendosi
nell’orrore che
fino a quel momento aveva domato dentro di sì.
Sgranò gli occhi e si protese
verso di lui mentre notava che aveva iniziato a fare passi verso il
bordo.
“No,
Shisui!” supplicò indovinando la sua intenzione.
“Non
fermami, Itachi!” gli ordinò autorevole, i piedi
che sfioravano il bordo del
precipizio elle sue spalle.
Un solo
passo…
Shisui
gli
sorrise, dolce, come aveva fatto milioni di volte, quel sorriso che era
solo loro.
E si
sbilanciò all’indietro, offrendosi alla
gravità.
Itachi
scattò,
lo sharingan attivo come se potesse permettergli di afferrare prima che
scivolasse oltre. Afferrò il vuoto, le sua dita strinsero il
filo rosso che
veniva teso.
E in
quel
momento si spezzò.
E
così la #Thewritingweek
si è conclusa! È la
prima volta che partecipo a un’iniziativa di Fanwriter.it, a meno che non
consideriamo il p0rnfest.
Comunque sia è stato bello, permettendomi di cimentarmi nel
Soulmate!AU che volevo
provare da molto con più coppie che amo. Purtroppo devo dire
di non essere
molto soddisfatta del risultato. Paradossalmente, le uniche due OS che
mi hanno
convinta almeno al 60% sono state la prima e l’ultima
>.< Va be’, colpa
anche mia che tendo sempre a procrastinare e mi sono trovata a scrivere
anche
per il giorno stesso!!
In ogni
caso, spero che a voi siano piaciute tutte comunque nel loro insieme.
Vi
ringrazio per avermi seguito in questa challenge, soprattutto ringrazio
Maryromanziere che ha recensito
ogni
capitolo della raccolta ^^
Vi
lascio
un bacio, un abbraccio e un augurio e rivederci per nuove storie!
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