kkk
Angolo
Mirty_92
Ben ritrovati
a tutti. Mi prendo qui un piccolo spazietto per dire due parole.
Ultimo
capitolo? Non lo so ancora.
In
realtà forse penso si possa aggiungere qualcosina per potersi agganciare meglio
all’inizio della settima stagione ma, come ho già detto, non ho ancora deciso
per cui, per il momento, contrassegnerò la fic come completa.
Per il
resto vi dico solo che mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, anche se
molto breve, soprattutto per la parte introspettiva finale che mi sembra possa descrivere
al meglio il carattere dell’amore sincero tra Jane e Lisbon.
Beh,
è un mio punto di vista, naturalmente.
Spero
che lo apprezziate tanto quanto me.
Buona
lettura e… alla prossima,
Mirty
9. Il nostro paradiso
blu
Sento qualcosa di morbido e leggero che mi
accarezza il viso. Non riesco a trattenere un sorriso quando realizzo che sono le
labbra di Jane che stanno percorrendo ogni singolo centimetro della mia guancia
destra depositandovi dei tenui baci. Apro appena gli occhi e noto che è ancora
buio intorno a noi.
“Buongiorno.” La sua voce è un sussurro
accattivante appena accennato.
Mi rigiro fra le sue braccia e mi perdo
nei suoi occhi rimanendo imbambolata. Accidenti a Jane! Non so come faccia ma
su di me, in questi momenti, ha un effetto devastante. Eppure non è la prima
notte che passiamo insieme. Anzi, questa è stata l'ultima, almeno lo è qui a
Islamorada, ma spero che questo idillio durerà anche quando saremo rientrati ad
Austin. Che strano! Non ne abbiamo ancora parlato.
“Tutto bene? Mi sembri pensierosa.” Jane
mi guarda curioso. Strano che non abbia capito a cosa sto pensando. O forse fa
solo finta di non averlo capito.
“Tutto ok. Ma che ore sono? È ancora
buio.”
“In effetti manca ancora un po’ all’alba
ma siccome è il nostro ultimo giorno qui volevo farti una sorpresa.”
Mi scappa un sospiro di rammarico. È
davvero il nostro ultimo giorno qui. Improvvisamente non mi va più di tornare a
casa.
“Una sorpresa prima dell’alba?”
“Sì, avanti, pigrona. Andiamo!” Mi fa alzare
e mi accorgo di opporre ben poca resistenza. Ho ancora sonno e il motivo è
colpa di Jane. Cos’è che continuo a ripetere? Che è sempre colpa di
Jane? Beh, sì! È davvero sempre colpa sua. È lui che ha sempre uno o più
motivi per farsi perdonare. Anche se poi lo sa fare piuttosto bene, devo
ammetterlo. Ma ora, svegliata prima dell’alba, è normale che abbia ancora
sonno, avendo dormito poco, giusto?
“Oh, dove mi porti Jane?”
“Te l’ho detto. È una sorpresa. Prendi
questa.” Mi lancia una sua camicia mentre lui ha già indossato un paio di
pantaloni e si sta allacciando una camicia nuova.
“E cosa dovrei farmene, scusa?” Me la
rigiro fra le mani e mi accorgo che è la stessa che gli ho sfilato la sera
prima. Un improvviso rossore tradisce i miei pensieri sulla nostra ultima notte
insieme. È un ricordo così intimo e passionale che ancora mi fa scorrere un
brivido di piacere.
Jane se n’è accorto perché lo vedo cercare
di nascondere un sorriso ma decide di non dire nulla. Torno a concentrarmi
sulla camicia.
“Devi indossarla. Non hai detto tu che sei
stanca di andare in giro con i vestiti che ti ho comprato? Una camicia non è un
vestito.” Mi risponde con un’alzata di spalle e ha quel tono dell’ovvio che mi
irrita, ma non abbastanza da farmi innervosire. Almeno non ora perché, devo
ammetterlo, il fatto che voglia farmi una sorpresa mi incuriosisce tanto quanto
mi spaventa, in realtà. Sono un mix di sentimenti contrastanti, me ne rendo
conto. Ma con Jane è sempre stato così. È il suo modo di fare che finirà per
mandarmi in pappa il cervello. Ma non posso farne a meno.
“Dai, Lisbon. Non farti pregare. Sbrigati
o tutto l’albergo ti vedrà uscire con indosso solo una camicia. È questo che
vuoi?”
Sgrano gli occhi di fronte alla sua aria scherzosa.
“Stai scherzando, spero.”
È
già pronto sulla porta. Beh, non che a lui serva molto per essere pronto e
perfetto, aggiungerei. E poi chissà da quanto tempo è che è sveglio a
progettare quello che ora vuole fare.
“No, sono serissimo.”
“Jane! Ma andiamo! Non posso andarmene in
giro così!” Non posso non protestare. D’accordo che non voglio più mettere un
vestito ma non posso uscire solo con una camicia che mi copra l’intimo e per di
più una sua camicia anche se è grande – per mia fortuna – e mi arriva a
coprire buona parte del sedere – per una volta sono contenta di non essere una
stangona come Van Pelt – . Ma è comunque indecente! Sono un’agente dell’FBI,
insomma! Ho una dignità da salvaguardare! Mentre lui è così… così… impeccabile.
“Suvvia, Lisbon. Facciamo questa pazzia. È
il nostro ultimo giorno qui. Fidati di me.”
Ecco, la sua famosa frase. Fidati di me.
Quando dice così non promette nulla di buono.
Faccio finta di pensarci e alzo gli occhi
al cielo ma in realtà ho già deciso. Mi sono fidata in passato, mi fido ora e
mi fiderò ancora e ancora di lui in futuro.
“Oh, d’accordo Jane. Arrivo.” Sbuffo
esasperata mentre copro la mia biancheria intima nera indossando la camicia
bianca di Jane. Cerco di abbottonarla in fretta prima che lui mi prenda la mano
e, con fare circospetto e silenzioso, mi fa uscire dalla stanza.
Corriamo in punta di piedi lungo il corridoio e
poi giù dalle scale. C’è ancora il ragazzo che fa il turno di notte alla
reception. Maledizione! Mi fermo di botto e per un attimo Jane non mi strappa
il braccio. Ancora mi teneva la mano.
Mi guarda perplesso.
“Che hai, Lisbon?” sussurra piano.
“C’è il ragazzo della reception. Che
facciamo? Ci vedrà!”
Sorride e scuote il capo. “Marcelo non si
accorgerà neanche di noi. Andiamo.”
Mi stringe la mano incoraggiante e proprio
mentre riprendiamo a camminare, Marcelo – così l’ha chiamato Jane – si gira per
prendere chissà cosa alle sue spalle.
Tre falcate veloci di Jane, cinque dei
miei passi e siamo fuori. Poi, improvvisamente euforica per non essere stata
scoperta, inizio a correre come se fossi una bambina di 5 anni. E quel che è
peggio è che sono io questa volta a trascinarmi dietro Jane. Percorriamo tutto
il sentiero lastricato fino all’ingresso del resort e poi faccio un salto
lasciandomi quasi sfuggire un urletto di esultanza.
Jane mi guarda e non smette di sorridermi.
“Ti sei divertita, agente Lisbon?”
Cerco di ricompormi un momento notando che
la camicia nella corsa si è sollevata lasciando scoperto un po’ troppo.
“Mi sono solo lasciata prendere un po’ la
mano” cerco di giustificare il mio atteggiamento infantile. Accidenti, non so
cosa mi sia preso.
Jane si avvicina fino a poggiare la sua
fronte sulla mia. “Io penso che ogni tanto non sia male, lasciarsi un po’
andare. Con me non devi trattenerti, lo sai.”
“Perché me lo rinfaccerai a vita, vero?”
lo guardo sospettosa.
“Esatto, agente Lisbon” ridacchia mentre
gli sferro un piccolo pugno sulla spalla. Dannato, Jane!
“Ahi. Sempre questo brutto vizio di
colpirmi quando dico la verità.”
Sbuffo ma gli sorrido.
“Dai, andiamo o la mia sorpresa sarà
rovinata se aspettiamo ancora un po’.”
Siamo arrivati, finalmente. Io e Jane siamo
sbucati in una caletta appartata poco lontana dal nostro resort. Privata,
presumibilmente, perché mi ha costretta a passare tra cespugli di rose ed eucalipti,
scavalcando cancelletti chiusi. Mi sono trattenuta dall’imprecare quando mi
districavo tra gli arbusti mentre la sua camicia si impigliava ovunque. Per
fortuna il cielo andava a poco a poco schiarendosi e iniziavo decisamente a
vedere meglio. Il sole non è ancora sorto e ora Jane se ne sta in piedi sulla
spiaggia, non troppo vicino alle onde dell’oceano con lo sguardo rivolto verso
l’orizzonte.
Senza dire nulla mi avvicino a lui.
Improvvisamente un ricordo mi attraversa la
mente con una chiarezza disarmante: un tramonto, Jane che si ferma per guardarlo
ed io lì, accanto a lui proprio come ora. Solo in un tempo diverso e con una disposizione
d’animo tutt’altro che tranquilla. Era la sera dell’incontro stabilito da Jane
con i possibili John il Rosso. Allora lui mi aveva giocata per l’ennesima volta,
facendomi credere di aver accettato il fatto che io stessi con lui quando
avrebbe incontrato i sospettati. Ma poi mi aveva abbandonata di fronte a quel
tramonto bellissimo dopo avermi ringraziato per tutto quello che avevo fatto
per lui in tutti i nostri anni di conoscenza. Mi ero emozionata quando mi aveva
detto che io non avevo idea di quello che avevo significato per lui. Parecchie volte,
dopo allora, mi sono chiesta se Jane fosse stato davvero sincero quel giorno e
solo ora, mentre vedo che il sole rosso fuoco emerge improvviso dal nulla colorando
le acque lontane dell’oceano, sono certa che sì, a modo suo, era stato sincero.
Cauto, forse timoroso perché stava svelando qualcosa di sé che lo avrebbe reso
più vulnerabile in un momento tanto delicato e pericoloso, ma sincero come solo
con me sa di poter essere. Perché con me sa di poter essere sé stesso.
“A cosa pensi?” mi si è avvicinato piano e
mi ha cinto la vita con un braccio attirandomi a sé. Appoggio la mia testa alla
sua spalla.
“A te” e sono sincera.
Mi alza il mento tra pollice e indice e mi
fissa. Ricambio lo sguardo e lascio che mi legga dentro. Lo so che ha capito. Lo
so che sa quale ricordo la mia mente ha appena rievocato. E il fatto che sia un’alba
e non un tramonto che ora stiamo condividendo insieme è più significativo che
mai. Quel tramonto era segno che tutto stava per finire mentre questa è l’alba
di quello che, spero per me e per lui, sarà l’inizio di una nuova vita. Insieme.
Mi bacia dolcemente, piano, lasciandomi il
tempo di assaporarlo davvero. Senza alcuna fretta e senza smettere di baciarci
scivoliamo lentamente sulla sabbia e lascio che lui si stenda sopra di me. Questa
volta non ha nulla di cui farsi perdonare e io non ho vinto alcuna scommessa. Non
voglio condurre il gioco perché questo non è mai stato un vero gioco per me o
per lui. Questo momento è per noi un semplice trovarsi mentre prima architettavamo
modi di scoprirci amanti per rimediare ad imbarazzanti anni di finta amicizia e
di troppa paura per lasciarci andare davvero ai nostri sentimenti più profondi.
La passione della nostra prima volta è scemata lasciando spazio a qualcosa di
più grande, profondo e maturo. Lasciando spazio al nostro essere finalmente
noi. E mentre le onde dell’oceano lambiscono appena i nostri piedi nudi, prima
di abbandonarmi alla realtà dei nostri dolci sospiri, mi ritrovo a pensare che
questo non è un sogno. Questo è il nostro paradiso blu. *
*Il titolo e la parte conclusiva sono volutamente
e ovviamente un riferimento all’episodio 6x09, Il mio paradiso blu.
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