«Mio piccolo, delicato, James.» L’alitata è una pugnalata di fiato caldo e parole di ferro che sferzano la guancia di Bucky, seguendo la carezza ruvida della mano che il Mostro ha rubato a Steve. L’altra mano è una scia di carboni ardenti sotto gli abiti, un marchio a fuoco sullo stomaco e unghie a incidere il petto.

Bucky non può muoversi; una forza invisibile lo incatena al muro alla mercé di un ladro di corpi, del Mostro che abita la pelle di Steve. Ridammelo, ridammi Steve! gridano gli occhi di Bucky «Fanculo! Non… sono… tuo…» sibila la sua voce inferma.

Il Mostro piega la bocca di Steve in un sorriso – ha imparato come imitarli, come farli risplendere su quella maschera di carne che è ora il suo volto. Perfino quando lo bacia: allenta il guinzaglio all’anima di Steve, perché ne riaffiori la punta, l’eco, il sapore.

E le labbra di Bucky cedono ogni volta.

«Oh James, ma lo sei.»
 

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