Capitolo 14 – Budding
Link:
https://archiveofourown.org/works/22111321/chapters/53257111
Fare shopping con un
bimbo piccolo al seguito era, detto semplicemente, un cazzo di
incubo. Aveva fatto un sogno al riguardo la sera prima, in effetti,
ma era stato di gran lunga più idilliaco della realtà dei fatti.
Nel suo sogno Hisami restava seduto nel carrello, puntando le cose
con l'indice mentre blaterava di quanto fosse eccitato per la nuova
cameretta che avrebbe avuto e Katsuki e Deku gli ruotavano attorno
prendendo oggetti dagli scaffali, mettendoli nel carrello
-perfettamente oliato.
Nella realtà, Hisami
era un incubo infernale, un piccolo tornado di manine prensili che
urlava ordini a destra e manca.
“Voglio questo qui,”
disse, tirando giù da un piccolo espositore una lampada da comodino,
brandendola come un'arma. Deku lo riprese per essersi arrampicato
sopra l'espositore, prima di recuperare la stessa lampada che
chiedeva, inscatolata, e depositarla nel carrello. Non fosse che
Hisami, allontanandosi come un uragano, cambiò idea dieci secondi
dopo adocchiando una nuova lampada più bella. Katsuki sospirò. Di
quel passo sarebbero diventati vecchi, prima che Hisami si fosse
deciso sulle cose che voleva.
“Che colore ti piace,
Bubba?” chiese Katsuki, nel tentativo di guidare Hisami verso una
direzione univoca. Quando aveva detto di volere che fosse lui a
scegliersi le cose per camera sua, non si era fermato a pensare alle
conseguenze, o a quanto limitata fosse la capacità di concentrazione
di suo figlio.
“Mi piace il verde,
come i capelli di papà, o l'arancione come papà Ground Zero,”
disse, arrampicandosi sul carrello come una scimmietta decisa.
Katsuki lo staccò dal lato del carrello e lo mise nel seggiolino per
bimbi. Hisami s'imbronciò per essere stato confinato in quella
prigione, cercando immediatamente di tirare fuori le gambe dalle
piccole aperture.
“Okay, allora vuoi
una camera in stile Ground Zero?”
Hisami annuì,
dimenandosi ancora nel carrello. La lampada momentaneamente separata
nel carrello era di un giallo sgargiante, perciò lanciò indietro a
Deku l'incriminato soprammobile e questi lo rimise a posto
sull'espositore senza fiatare. Riusciva a vedere come Deku stesse
cercando di non ridergli in faccia. Si era fatto ancora più indietro
quel giorno -più del suo solito- felice di lasciare che Katsuki
monitorasse il comportamento di Hisami.
“Okay, ecco cosa
faremo, Bub. Tu terrai il sederino nel carrello,” fece una pausa, e
toccò i manici per enfatizzare. “E io mi assicurerò che tu abbia
tutta la roba di Ground Zero più figa che ci sia. Ci stai?”
“Ma tu hai detto che
potevo scegliere!”
“Certo che sceglierai
tu. E' la tua camera -dovrai solo scegliere stando proprio qui,”
disse,
pigiando un dito nella pancia di Hisami per sottolinearlo. Il
bimbo ridacchiò e si contorse, ma rimase al suo posto.
“Okay, papà,”
rispose imbarazzato il bimbo. Deku mostrò al biondo il pollice
all'insù e un sorriso d'approvazione, prima di richiamare
l'attenzione di Hisami sollevando due lampade, una verde e l'altra
arancione.
“Hey, tesoro. Questa
o quest'altra?”
“Quella lì!”
Una volta che furono
riusciti a tenere Hisami in un unico posto, dandogli un mare di
opzioni tra cui scegliere, le cose filarono molto più lisce. Katsuki
non aveva idea che esistesse così tanta merce con il suo nome. Non
ricordava di aver firmato lenzuola tappezzate di bombe stilizzate e
esplosioni, o aver sponsorizzato coperte con la sua caratteristica X
arancione, eppure eccole lì, e sarebbero finite nella camera di suo
figlio perché lui le aveva scelte. Katsuki si illuminò al
pensiero e beccò Deku ad osservarlo, le labbra distese in un piccolo
sorriso.
“Sta zitto,” disse
preventivamente, prima che Deku se ne uscisse con chissà quale
cazzata.
“Sono contento che tu
ti stia divertendo. Sei bravo a gestirlo, sai,” disse dolcemente,
gli occhi puntati su Hisami. Stava impegnando un bel po' di tempo a
scegliere una nuova luce notturna, ed era sorprendente quanto ci
stesse mettendo. Katsuki poteva flebilmente sentirlo mormorare una
lista di pro e contro, curvo su due scatole.
“Sono un maledetto
papà, Deku,” disse, un po' incredulo. Era una cosa stupida da
dire, considerato che era già tecnicamente un padre da un po' di
tempo. “E' ufficiale.”
Deku rise e la cosa non
disturbò nemmeno Katsuki.
“Vorresti un
biglietto da visita? Bakugo Katsuki, Papà. Puoi darlo in giro così
lo sapranno tutti.”
“Va al diavolo,”
mormorò, abbastanza sottovoce perché Hisami non lo sentisse. Non
c'era veleno nelle sue parole, però. Era al settimo cielo e nemmeno
Deku sarebbe riuscito a tirarlo giù.
“C'è nient'altro che
credi ci serva?” chiese Deku, percependo che Katsuki non era più
dell'umore per le battute.
“Pensi che gli
piacerebbe dipingere la stanza?”
“Penso che gli
piacerebbe dipingere tutto tranne le pareti. Forse non è una buona
idea.”
Katsuki fece mmh
e decise di lasciar perdere. Invece, andò ad aiutare Hisami a
decidersi con la luce notturna. Era pronto ad andare a casa -a
mostrarla ad Hisami per la prima volta. Con un po' di fortuna il suo
maledetto gatto non si sarebbe comportato male.
Il gatto non fu, grazie
al cielo, un problema. Al contrario, sbucò fuori da uno dei suoi
tanti nascondigli per fissare con occhi piccoli e luccicanti Hisami.
Katsuki guardò l'animale a bocca aperta – sinceramente non vedeva
il suo gatto da quando l'aveva portato a casa due anni fa. Era
più brutto di quanto ricordasse. Con il pelo biondo malridotto e
un'espressione imbronciata.
“Un gattino!”
strillò Hisami, ma si avvicinò lentamente, facendosi piccolo
piccolo.
“Uh, Bub, stai
attento. Potrebbe non andare d'accordo con la gente.”
“Potrebbe?” squittì
Deku, i suoi sensi da genitore in fermento. Cominciò ad avanzare
verso Hisami per salvarlo da un possibile gatto feroce. Nello stupore
di tutti, il gatto spinse il suo brutto muso contro la mano tesa di
Hisami. Il bimbo ridacchiò.
“Papà, ti
assomiglia.” Hisami sollevò lo stupido gatto al petto e immerse la
faccia nella pelliccia.
“Hah?”
Deku scoppiò a ridere
e andò a sedersi accanto ad Hisami. Katsuki si sentì vendicato
quando lo stupido gatto soffiò e cercò di graffiarlo.
“Come si chiama?”
“Non ha un nome.”
“Hai un animale
domestico e non gli hai mai dato un nome?” Deku sollevò un
sopracciglio squadrandolo.
“Oi, è semplicemente
corso dentro al mio appartamento un giorno. Sta per conto suo.”
Quella era una bugia bella e buona, ma Deku non doveva saperlo per
forza.
“E tu poi gli hai
comprato del mangiare per gatti. Di conseguenza, è un animale
domestico.”
Katsuki stava per
ribattere quando Hisami gemette praticamente disperato, con le
lacrime agli occhi, “Papà, glielo posso dare io un nome?”
“Certo, Bub. Deku,
aiutami con le scatole.”
Andarono nella sala per
cinque minuti buoni e quando ritornarono, scatole in mano, Hisami era
sdraiato sul pavimento con il gatto sulla pancia che lo osservava.
“L'ho chiamato
Cheeto,” disse con voce sognante.
“Perché?”
“Perché ho fame,”
mormorò, facendo dei grattini al collo del gatto. “Papà, hai le
Cheetos?”
Katsuki si scambiò uno
sguardo dubbioso con Deku. Lui fece spallucce, come se fosse una cosa
perfettamente normale.
“Col cazzo che lo
chiamo Cheeto,” brontolò. Deku rise semplicemente. Si misero
all'opera svuotando scatole, lavando lenzuola e i vestiti nuovi di
Hisami.
Per tutto il tempo in
cui lavorarono, Hisami restò sdraiato sul materasso spoglio,
accoccolato a Cheeto. Alla fine si addormentò, e Katsuki
continuò a lavorare al fianco di Deku in amichevole silenzio. Non
poté fare a meno di sentirsi su di giri. Anche se Hisami non
dimostrava tanto interesse per la camera, era nel suo appartamento.
Aveva i suoi oggetti personali, i suoi mobili e una fiorente
relazione con quel recluso del suo gatto. Perlomeno, si sentiva
abbastanza a suo agio da addormentarsi.
Non era così stupido
da pensare che a tutto quello non si sarebbe aggiunta tutta una serie
di sfide ma, per adesso, poteva vederlo come un trionfo. Katsuki era
un padre. Suo figlio era felice, per il momento. E aveva Deku,
in qualche modo. Non erano realmente amici, non erano proprio niente
di definito, ma sapeva di potersi fidare di lui. Forse un giorno
avrebbero potuto essere più di semplici conoscenti che si
destreggiavano goffamente in quel corso intensivo sul dividersi il
ruolo di genitore, ma per il momento, andava bene così.
Se Katsuki non fosse
stato così impegnato a festeggiare per tutte le cose che si era
guadagnato, forse avrebbe notato quanto triste fosse il volto di
Deku.
Note della
Traduttrice:
Bello come, per tutto
il capitolo, a uno cresca il sorriso a vedere i tre tutti insieme,
come una famiglia felice … per poi leggere l'ultimissima frase e
cadere nella disperazione totale ;___;
Un abbraccio a tutti!
|