Icy silence
Words
like violence
Break
the silence
Come
crashing in
Into
my little world
Painful
to me
Pierce
right through me
[Depeche
Mode –
Enjoy The Silence]
Non so da quanto tempo non capitava; in genere mio padre è
sempre fuori. Per lavoro, per divertirsi, per evitarmi…
chissà perché.
Accavallo le gambe, poggio meglio la schiena alla spalliera
del divano e cerco di concentrarmi sul libro che sto leggendo. In
genere è
facile immergermi tra le pagine e le parole, ma oggi
c’è qualcosa che non va.
La sua presenza mi indispone, mi infastidisce.
Il silenzio pesante e teso che regna nella stanza mi mette a
disagio.
Sento ogni suo minimo movimento: si alza, sistema la tenda
alla finestra, si risiede, sfoglia chissà quale rivista o
chissà quale
fascicolo di documenti, si schiarisce la gola. Sembra irrequieto.
Provo a tenere lo sguardo basso sul libro, ma mi ritrovo a
leggere mille volte la stessa frase senza veramente capirla,
finché con la coda
dell’occhio non lancio un’occhiata nella sua
direzione.
Verso quell’uomo che dovrei conoscere meglio di chiunque
altro e che dovrebbe conoscermi meglio di chiunque altro.
L’uomo che mi ha dato
la vita una dozzina di anni fa, con cui ho sempre convissuto e con cui
non ho
mai realmente parlato.
Anche lui perlopiù mi ignora, ma qualche volta lo trovo che
sbircia verso di me, come se volesse dirmi qualcosa.
Ma cos’avrebbe da dirmi? Di cosa dovremmo parlare io e lui?
Questa è forse la prima volta nella vita che passiamo
qualche ora nella stessa
stanza, siamo perfetti sconosciuti.
Ora che ci penso, a parte il cognome non abbiamo niente in
comune. È una verità così ovvia, che
mi ha accompagnato per tutta la vita, ma
rendersene conto fa comunque male.
Fa schifo.
Volto pagina e mi prendo una ciocca di capelli, torturandola
e torcendola tra le dita; sono nervosa e non dovrei esserlo, non so
nemmeno
perché.
Non dovrei sentirmi così inadeguata.
Eppure è come se mi sentissi in dovere di dire qualcosa, di
cominciare una conversazione e rompere il ghiaccio. Sono queste le cose
che
fanno un padre e una figlia, no? Parlano, scherzano, riescono almeno a
stare
serenamente nella stessa stanza.
Invece tra noi è tutto così forzato,
così imbarazzante.
Questo silenzio mi sta massacrando. Proprio il silenzio, una
cosa che ho sempre amato.
Porto fuori le mie amate cuffie e il mio lettore mp3 dalla
tasca della giacca e mi infilo un auricolare all’orecchio.
Almeno la musica mi
terrà compagnia, forse mi aiuterà a calmare
questa strana agitazione che sento
dentro.
Potevo semplicemente prendere il libro, alzarmi dal divano e
uscire dalla stanza, sarebbe stato molto più semplice, ma
c’è qualcosa che mi
trattiene. Non so spiegarlo, ma mi sento in dovere
di restare.
Forse spero di trovare il coraggio per rivolgere la parola a
mio padre. O forse spero che sia lui a farlo, anche se non saprei cosa
rispondergli.
Lo sento schiarirsi nuovamente la gola, a disagio.
È tutta colpa sua se siamo arrivati a questo punto,
è colpa
sua se non abbiamo uno straccio di rapporto: io sono solamente una
ragazzina di
dodici anni che cerca stupidamente di attirare la sua attenzione, senza
mai
riuscirci.
Già, non è colpa mia, ma questa sorta di vuoto
all’altezza
dello stomaco lo sento io. Questo senso di
inadeguatezza lo sento io.
E se veramente facessi lo sforzo di parlargli? Vediamo, come
potrebbe cominciare un discorso tra padre e figlia?
Potrei chiedergli come va al lavoro, ma la verità
è che non
me ne frega niente. Del resto lui non mi chiede mai come va agli
allenamenti e
alle gare di pattinaggio.
Poi, cos’altro?
Potrei chiedergli se gli va di fare qualcosa insieme, magari
una passeggiata in giardino… no, è fuori
discussione, non potrei mai sopportare
di fare qualcosa con lui. Sarebbe troppo forzato.
Accidenti, riuscirei a essere più spigliata con un perfetto
sconosciuto.
Frugo e frugo nella mia mente alla ricerca di un pretesto
per cominciare un discorso, ma non mi viene in mente niente.
E anche se lo trovassi, cosa cambierebbe? Tanto non avrei il
coraggio di aprir bocca, il cuore mi impenna nel petto alla sola idea.
Proprio
io, così sfacciata e sicura di me, all’improvviso
mi sento così piccola, così
timida.
È un incubo.
Allora perché non mi alzo e non esco dalla stanza? Cosa mi
trattiene ancora in questo mare di imbarazzo?
Sospiro e mi concentro sulla canzone che scorre nel mio
orecchio sinistro, unico diversivo a quell’opprimente
silenzio pieno di
aspettative e frasi in sospeso. La musica mi fa sentire un
po’ meglio, anzi, mi
rilassa completamente: all’improvviso nella mia mente
cominciano a formarsi
coreografie che potrebbero andare bene sopra questa musica, mi immagino
i salti
che ci starebbero meglio in questo e in quel punto.
Pensare al pattinaggio mi fa sempre stare meglio.
Il pattinaggio, quella passione che mio padre non ha mai
appoggiato e che mi rinfaccia sempre.
Scuoto il capo: alla fine che interesse dovrei avere ad
andare d’accordo con lui? Cosa dovrei spartire con
quest’uomo dal cuore di
ghiaccio che non è in grado di amarmi solo perché
non sono la figlia che
avrebbe voluto?
È triste da pensare, ma dovrei lasciar perdere. Se non mi
vorrà lui, mi vorrà qualcun altro. Ci sono un
sacco di persone che mi vorranno,
non mi importa di ciò che pensa e di ciò che fa.
È uno su sette miliardi.
“Cosa stai leggendo?”
Quelle parole mi colpiscono in pieno volto come un ceffone.
Mio padre le ha pronunciate in tono formale, quasi esitante, come se
stesse
parlando con un collega di lavoro o qualche sconosciuto uomo
d’affari.
Come se mi rivolgesse la parola per la prima volta.
Tengo lo sguardo basso – io, che non lo abbasso mai, di
fronte a nessuno – e giocherello nervosamente con
l’auricolare destro. “Coraline”
rispondo, accennando appena al libro poggiato sulle mie ginocchia.
Ed è così faticoso pronunciare quelle poche
sillabe,
all’improvviso mi sento la gola secca e il cuore a mille. Mi
sento osservata,
giudicata, nel posto sbagliato e al momento sbagliato.
Mi sta guardando? Si aspetta qualcos’altro da me? Forse
sperava
che sarebbe cominciata una conversazione vera?
Ma in fondo non gliene frega niente di quello che leggo: lui
pensa che leggere romanzi sia una perdita di tempo, che dovrei solo
studiare e
studiare e ancora studiare per diventare una donna d’affari.
Una sua esatta
fotocopia.
Il silenzio piomba di nuovo nella stanza e io non sono per
niente sorpresa. Anzi, sono sollevata: parlare è ancora
più imbarazzante che
ignorarci.
Mio padre si alza, recupera il telecomando e accende la tv.
Probabilmente si è stufato pure lui, ha bisogno di qualcosa
che gli riempia le
orecchie e la mente, che lo distragga da questo patetico siparietto a
cui
abbiamo appena dato vita.
Bene, fine della conversazione.
Mi alzo, prendo il libro sottobraccio e, ancora con un
auricolare all’orecchio, esco dal soggiorno, diretta verso il
giardino. Avrei
dovuto farlo molto prima.
Non appena mi allontano da mio padre, tutta quell’ansia e
quell’agitazione, tutto quel senso di umiliazione, scivolano
via da me e posso
tirare un sospiro di sollievo.
Va bene, non fa niente, non è la fine del mondo. Non
è che
smetto di vivere e mi dispero se non riesco a essere simpatica a tutti.
È davvero triste che io faccia un pensiero del genere su mio
padre, forse è addirittura grave che dopo dodici anni non
riusciamo nemmeno a
stare uno a fianco all’altra.
Ma non importa, davvero, io posso passarci sopra e
infischiarmene.
Io e mio padre, oltre al cognome, abbiamo un’altra cosa in
comune: il cuore di ghiaccio.
♠
♠
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So che è una bazzecola ma, che ci crediate o no, scriverla
mi ha fatto bene… e mi ha fatto parecchio riflettere.
A parte la passione per il pattinaggio della mia
protagonista (chi conosce Jia sa che poi ne farà una
professione) e il lavoro
di suo padre, lo scritto è praticamente autobiografico. So
che non è una cosa
allegra, ma ho vissuto davvero situazioni del genere sulla mia pelle e
anche le
sensazioni raccontate sono le mie.
Dato che, a parte alcune varianti, il rapporto di Jia con
suo padre è molto simile al mio, ho deciso di donarle un
pezzetto della mia vita
^^ questo mi ha permesso anche di approfondire un po’ il suo
passato e presentarla
quando era ancora una ragazzina – come vedete, anche se si
mostra sempre dura e
forte, esiste una persona in grado di metterla in difficoltà!
Anche la lettura di Coraline (chi non conosce il
libro,
sicuramente avrà sentito parlare del film) trae ispirazione
da me, cioè l’ho letto
anch’io e mi piaceva che Jia facesse le mie stesse letture!
Inoltre è vero che
mio padre, proprio come il suo, trovava stupidi i romanzi e tutta la
letteratura “inventata” – cioè
proprio io e lui viaggiavamo su due binari
paralleli ahahahah XD
Per chi non conosce la serie di cui questa storia fa parte,
spero vi sia ugualmente piaciuta e che sia stato tutto chiaro e
comprensibile
:)
Grazie mille alla giudice del contest per la carinissima
idea e grazie a chiunque sia giunto fin qui :3
Alla prossima!!! ♥
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