Ricominciare - L'Alunna e Il Professore

di EleAB98
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Trascorsa un’altra settimana, per Jane fu davvero difficile non pensare nuovamente ai risvolti di quell’incontro con Thomas, e rimettersi a studiare in vista dell’esame di ‘Estetica I’ lo fu ancora di più. Ma d’altronde, non era forse quella la sua priorità? Studiare per potersi un bel giorno guadagnare la tanto sospirata laurea in modo da poter affrontare il tirannico mondo lavorativo che l’aspettava e che l’avrebbe forse ‘trafitta’ con i suoi possenti artigli? No, la giovane non poteva assolutamente fallire, se avesse voluto – e lei di certo lo voleva - trascorrere le ormai imminenti vacanze estive in tutta tranquillità, concludendo il suo primo anno accademico nel migliore dei modi possibile.

 
***

 
Rinchiusosi nel suo ufficio nel tardo pomeriggio, Thomas si perse nel rileggere innumerevoli volte la sceneggiatura che Jane aveva creato. Era semplicemente meravigliosa ma, ogni qualvolta la rileggeva, sembrava proprio che i suoi pensieri al riguardo non riuscissero a rendere a quello scritto la giustizia che meritava. Si poteva ben affermare che l’uomo fosse pazzamente innamorato di quelle idee contenute in quell’elaborato, nonché della freschezza della giovane studentessa che, ai tempi della loro stretta collaborazione, gli aveva regalato la grande speranza che il suo vecchio progetto potesse andare in porto, ottenendo così un buon riscontro da parte della critica cinematografica. In effetti, la studentessa non si era sbagliata: il suo film era in testa alle classifiche da ormai due mesi e mezzo. E di questo, egli non poté che esserne orgoglioso, sebbene il suo cuore rimembrasse maggiormente i momenti trascorsi con la signorina Jane che non il momento che aveva sancito la proclamazione della sua ritrovata vittoria.
 


 
***

 
Una volta entrata nella famigerata ‘Aula C’, Jane si preparò mentalmente in vista dell’esame scritto di ‘Estetica I’. Erano ormai trascorsi quasi due mesi dall’ultimo esame che aveva sostenuto con il professor Jonas e la sua emozione fu più che evidente agli occhi del professor Moore, il quale non mancò di ricordare agli studenti di apporre il proprio numero di matricola sul retro del foglio, assieme alla loro firma.

Dopo aver preso posto, il professore sentenziò l’inizio della prova evitando ulteriori convenevoli che avrebbero potuto distogliere l’attenzione da quella verifica di fine semestre. Due ore trascorsero in fretta e la ragazza riuscì, con sua somma sorpresa, a rispondere a tutte le domande del compito. Con il sorriso sulle labbra e la soddisfazione impressa sul volto, Jane uscì dall’aula, complimentandosi con se stessa per la concentrazione che aveva dimostrato, malgrado quanto stava vivendo negli ultimi tempi.

Adesso, non le restava altro che aspettare il verdetto finale.
 


 
***

 
Trascorse due settimane dalla suddetta prova che, tra l'altro, ebbe un esito più che positivo, Jane si ritrovò a vagare per i corridoi dell’università con lo scopo di trascorrere un po’ del proprio tempo a scrutare con maggiore attenzione delle stanze o dei laboratori universitari che avrebbero potuto suscitare il suo interesse - nonché ispirare il suo genio creativo -. Quel giorno, in effetti, era il suo compleanno e poteva perlomeno concedersi il lusso di rilassarsi attraverso un affascinante ‘tour’ nei pressi della Hollywood U. In fondo, nessuno si era ancora ‘degnato’ di farle gli auguri – nemmeno la sua migliore amica! - e questo particolare le parve davvero molto strano.

Dopo aver girato in lungo in largo per i corridoi dell’università, però, la ragazza si ritrovò nuovamente dinanzi all’ufficio del suo professore. Notando che la porta era socchiusa, ella non resistette alla tentazione e vi entrò. Il suo studio sembrava particolarmente ordinato rispetto alla volta precedente. Nemmeno un sigaro sul portacenere né tantomeno pile di giornali che, almeno fino a qualche settimana fa, avevano popolato la sua scrivania ora spoglia e incredibilmente pulita.

Ma vi fu un altro dettaglio che non sfuggì alla sua attenzione: Il primo cassetto della scrivania era anch’esso aperto. Guardando al suo interno, la ragazza scoprì la sua sceneggiatura stampata e perfettamente riposta all’interno di una carta velina. Ma non era tutto. Più in fondo, nella profondità del cassetto, vi era una lunga lettera in cui figurava il suo nome. La giovane sussultò. Cosa poteva esserci scritto?

Non resistendo alla tentazione, la giovane cominciò a leggerne il contenuto.


Cara Jane,
Non so nemmeno io per quale motivo stia scrivendo a me stesso questa lettera nel cuore della notte. So solamente che sento crescere in me l’esigenza di farlo e che non potrò chiudere occhio fino a quando non avrò espresso pienamente i miei sentimenti per te. Il mio cuore e la mia mente rimembrano ancora la sensazione provata quel giorno in cui ti incontrai per la prima volta. Varcasti la soglia del mio ufficio con un certo timore e una vaga curiosità che subito, ma del tutto inconsciamente, mi portarono a domandarmi chi fosse quella bellissima ragazza dagli occhi color mare che mi ero trovato dinanzi.


Non so né come né perché, ma incredibilmente provai uno strano desiderio (che, come tu ben sai, ho scoperto soltanto con il tempo): il desiderio di conoscerti. Il folle e ardente desiderio di conoscere meglio quella ragazza dal carattere così forte e determinato tanto da destare in me profonda ammirazione e, alle volte, altrettanta indignazione. Per molto tempo - malgrado lo strano sentore che lentamente stava prendendo pieno possesso di me - ho cercato di comportarmi con perfetta indifferenza ma, in realtà, sapevo che dentro di me stavo cambiando, che stava nascendo un qualcosa di importante. Mi stavo innamorando a poco a poco di te, senza che potessi percorrere un altro sentiero né, tantomeno, cercare di ‘fermarmi in tempo’ scegliendo di non cadere del tutto preda di quel sentimento.

Poi arrivò quel bacio, il primo bacio. In quell’istante, tutte le mie certezze crollarono, insieme alle tue. Senza preavviso e senza premeditazione alcuna, ho pensato bene di baciare te, la mia promettente studentessa (la più promettente del corso, in realtà), ovviamente e, almeno in parte, intimorita da questo mio improbabile quanto imprevedibile gesto. Un gesto dal quale seguirono delle scuse imbarazzanti; delle scuse alle quali, in realtà, non credevo nemmeno io.

Da quel giorno, ho invano cercato di ignorare quanto commesso considerandolo come un mero errore, un semplice impulso dettato dall’improvvisa pazzia del mio cuore che, fino a qualche tempo prima, non era altro che un cuore algido restio dal provare qualsiasi sentimento che non fosse fastidio, indignazione e amarezza. Ma a prescindere da tutto, baciarti è stato ‘l’errore’ più bello che abbia mai commesso. Quando le mie labbra hanno sfiorato le tue, ho percepito una grande emozione, nonché un senso di istantanea tranquillità che ormai da tempo non pervadeva il mio animo, sebbene ciò fosse stato seguito da un pungente senso di colpa dettato dal buonsenso e, quindi, dalla ragione. Comunque, pur non avendoti permesso di ricambiare appieno il mio bacio sapevo che, in qualche modo, non avrei più potuto – né forse, voluto – sfuggire al destino. Sapevo che a ciò sarebbe seguita una lunga - quanto turbolenta - avventura.


In effetti, poi arrivò il secondo bacio, sul set cinematografico. Quando mi baciasti a seguito della mia implicita provocazione 'formato lezione' rimasi di stucco ma, per qualche istante, risposi al bacio, ben consapevole che a esso sarebbe seguito l’ennesimo pentimento. Poi arrivò il giorno di San Valentino. Abbiamo ballato in quel ‘Making Of’ guardandoci negli occhi, scambiandoci solamente qualche battuta di tanto in tanto per non appesantire l’atmosfera fingendo di interpretare dei ruoli che, devo dirlo (seppur a posteriori!), non ci calzavano poi così a pennello. Irrazionalmente, ti chiesi di restare in quella stanza e di ballare insieme a me sulle dolci note di ‘Angel’, una delle composizioni inerenti il celebre film ‘City Of Angels’. Sai, ancora non riesco a credere di aver avuto il coraggio di compiere quel gesto così incosciente. Così incosciente eppure, allo stesso tempo, così meraviglioso.

E poi, cos’è accaduto?

Ah sì, adesso dovrei parlarti brevemente della nostra stretta collaborazione di esclusivo stampo professionale. Chissà, magari non avrei mai dovuto spingermi così oltre facendoti una proposta del genere, ma in fondo desideravo ardentemente che conoscessi davvero i risvolti di questo lavoro e quanto sacrificio pregno, comunque, di un’esaltante passione, può celarsi dietro l’ardua professione di regista. Ma nel contempo, in quei momenti trascorsi ‘insieme’, ho effettivamente capito cosa provavo nei tuoi confronti... non soltanto semplice stima, né tantomeno affetto o esclusiva ammirazione. Provavo un qualcosa di inspiegabile, un qualcosa che mi confondeva ma che allo stesso tempo metteva ordine alla mia vita, da troppi anni così vuota e monotona.

E dai tuoi occhi azzurri e sinceri ma, soprattutto, dalle tue espressioni del viso, ho capito che la cosa era reciproca e che tra noi due albergava molto di più che una semplice attrazione fisica. Malgrado questa forte consapevolezza, però, non potevo affatto lasciarmi andare o, perlomeno, non fino al giorno della premiazione; giorno che ha sancito la dichiarazione effettiva dei miei reali sentimenti per te. Da quel momento, è cominciata ufficialmente la nostra pericolosa avventura: ogni singolo appuntamento con te mi ha fatto comprendere quanto avessi dimenticato la bellezza di poter condividere con qualcuno un sentimento così bello come l'amore. E quella notte a San Francisco, terminata la première, ho davvero compreso quanto fosse forte quello che provavo nei tuoi confronti. Fare l'amore con te è stato a dir poco meraviglioso perché, finalmente, mi sono sentito del tutto libero di tornare ad amare, del tutto libero dal mio burrascoso passato. Purtroppo, però, non libero dal mio ruolo di insegnante; un ruolo che non mi ha permesso di continuare ad alimentare il nostro rapporto. Insomma, nel caso non lo avessi ancora capito, mia dolce Jane, sei stata tu per prima a credere in me e, ancor di più’, a credere in un possibile ‘noi’. Un noi che però, con mio sommo malgrado, non potrà mai esistere.

Ma ti prego di non odiarmi, se puoi.

Ti prego di non odiarmi se non sono riuscito a pronunciare la parola ‘addio’. Il mio cuore non poteva sopportare una simile ammissione. Non ad alta voce. Mi dispiace averti gettato in confusione e averti illuso che il nostro rapporto potesse essere più semplice... e da un lato, mi dispiace ancor di più non averti confessato del tutto le mie paure al riguardo. Ma dovevamo metterci alla prova per poter comprendere appieno l’impossibilità che si celava dietro il proseguo della nostra conoscenza che, ti dirò, è stata per me un vero e proprio ritorno alla vita.

 
Thomas
 

Non appena terminò di leggere quella corposa lettera, Jane scoppiò letteralmente in lacrime, assai emozionata e in parte rattristata da quelle parole che sancivano il loro addio. Thomas aveva davvero provato tutto questo per lei? Quelle sensazioni di cui parlava erano davvero autentiche?

“Signorina McMiller... cosa ci fa qui a quest’ora?”

D’un tratto, il tono autoritario del professor Hunt la ridestò da quegli impellenti interrogativi. Thomas si avvicinò a lei e, con fare perfettamente neutrale, le strappò di mano quella lettera.

“Professore... Thomas, noi dobbiamo parlare” esordì la giovane, cercando di trattenere altre lacrime che minacciavo inesorabilmente di uscire.

“Non abbiamo niente da dirci” tagliò corto lui, con un tono di voce dal quale traspariva tutta la sua freddezza.

“Davvero?” rispose lei, chiudendo con irruenza la porta del suo ufficio. “Perché mi ha scritto quella lettera? Aveva forse intenzione di consegnarmela?”

“Che cosa glielo lo fa pensare?” rispose lui, guardandola a malapena negli occhi.

“Rispondi alla mia domanda, ti prego” replicò Jane, rinunciando una volta per tutte a dargli del ‘lei’ e cercando di mantenere il controllo della situazione.

“Non lo so” rispose Thomas, scuotendo la testa. “Non ero in me quando ho scritto quella lettera.”

“Che cosa significa?”

L’uomo rimase in silenzio. Doveva confessarle di averla scritta sotto gli effetti dell’alcol, oppure inventarsi altro?

“Significa semplicemente che io non provo più quei forti sentimenti cui si fa appello in essa.”

La serata trascorsa insieme il 4 Luglio lascerebbe presagire il contrario - pensò Jane, esterrefatta dal suo comportamento così distaccato -. Eppure, non ebbe il coraggio di sbattergli in faccia quella verità. Doveva utilizzare un’altra ‘tattica’, benché una grande parte di sé avrebbe voluto lasciarlo lì, a crogiolarsi nelle sue improbabili asserzioni.

Il suo orgoglio, infatti, le esclamava a gran voce: possibile che Thomas continui tuttora ad appellarsi a quella ‘doppia personalità’ facendosi scudo dei suoi stessi sentimenti privandosi così dell’opportunità di lasciarsi condurre ‘per mano dalla felicità’? Il suo cuore intriso di speranza, però, le suggeriva di insistere (ancora).

“E allora perché non l’hai semplicemente gettata via?” ribatté infatti, continuando la sua ‘mission impossible’ che minacciava di condurla nel baratro di una disperazione ancora più grande di quella che stava già provando.

“Io non... non lo so.”

A seguito di quella (non)-risposta, Jane lo guardò di nuovo dritto negli occhi. La sua espressione non lasciava trapelare nessuna emozione di sorta.

“Perché ti comporti così? Se è vero ciò che dici, perché non riesci a dirmi in faccia che non provi più nulla per me?”

“Vuoi che ti dica questo?” replicò l’uomo, scrutandola a fondo. “Ebbene, se è questo che desideri... lo farò.”

Con coraggio ed altrettanta risolutezza, Thomas si avvicinò a Jane e le disse chiaramente quanto voleva sentirsi dire. La giovane, però, scosse la testa.

Non poteva – né voleva - crederci.

“Ti è bastato così poco per dimenticarmi? D’accordo, allora” rispose la ragazza, fingendo rassegnazione. “Se è così lo rispetterò. Ma prima, ripetimelo di nuovo guardandomi negli occhi e ti giuro che me ne andrò immediatamente dal tuo ufficio.”

Thomas si avvicinò nuovamente a lei. Sembrava quasi che i loro respiri potessero mescolarsi, proprio come quella sera... la sera del 4 Luglio.

“Jane, mi dispiace tanto... ma io non provo più quei forti sentimenti cui ho fatto appello in quella lettera” – si limitò a ripeterle, cercando di sfuggire allo sguardo indagatore della sua studentessa. Nonostante il dolore che stava provando, Jane non voleva assolutamente distaccarsi da lui: i suoi occhi non credevano affatto alle sue parole e sembrava che lo stessero implorando di ripetere quella triste frase ancora una volta. Con apparente noncuranza, Thomas acconsentì alla sua ‘richiesta’ ma, del tutto inaspettatamente, quella frase culminò con un'appassionata manifestazione d'amore che sancì un meraviglioso ed ‘eterno’ silenzio intriso soltanto dei loro respiri confusi, inframmezzati tra un bacio e l'altro.

 
***


Quanto gli erano mancati quei baci. Quanto gli era mancata la presenza di Jane, la sua determinazione, i suoi bellissimi occhi azzurri e il suo smagliante sorriso. No, anche stavolta non era riuscito a porre un freno ai suoi sentimenti e, d’un tratto, non era nemmeno poi così sicuro che avrebbe mai potuto riuscire a compiere quell'impresa titanica. Non appena guardò Jane negli occhi, egli intravide in lei una felicità cui raramente aveva assistito negli ultimi tempi.
No, non poteva lasciarla andare. Non dopo tutto quello che lei aveva scoperto tramite quella lunga lettera che aveva ribadito, ancora una volta, quanto fosse innamorato di lei.

“Cosa c’è?” domandò lei, sorridendogli.

“C’è che mi sei mancata terribilmente” ammise lui, baciandola ancora. “Non so come io abbia fatto a lasciarti andare in quel modo, senza che potessi dirti come stavano realmente le cose. Spero potrai perdonarmi.”

“Lo abbiamo voluto entrambi” rispose lei, abbracciandolo più forte. “Ma la lettera che mi hai scritto è davvero bellissima... non mi aspettavo potessi scrivere un pensiero del genere. Inoltre...”

L’uomo alzò un sopracciglio.

“Inoltre?”

“Inoltre sei davvero un pessimo attore...” continuò lei, punzecchiandolo. “O perlomeno lo sei nel momento esatto in cui tenti disperatamente di non metterti nei panni di Fitwilliam Darcy, l’unico personaggio fittizio a calzarti davvero a pennello.”

“Tu credi? Posso essere molto più... audace di ‘quel principino’ illustre di nome Darcy, sai?” rispose Thomas con fare seducente, sfiorandole il lobo dell’orecchio con le sue labbra per poi mordicchiarlo leggermente, suscitandole una sensazione a dir poco intensa.

“Ma davvero?” ribatté la giovane, ricomponendosi all’istante tornando a contemplare la sua accattivante espressione. “Allora spero che, in tal caso, potrai darmi presto una dimostrazione pratica di questa tua asserzione... un’ardita asserzione che, ora come ora, rimane comunque campata per aria” aggiunse infine, con un sarcasmo pungente in cui in realtà si nascondeva un'indiretta provocazione.

L’uomo sorrise furbescamente.

“Contaci” le disse, accarezzandole la guancia. “A ogni modo, sappi che non intendevo affatto consegnarti quella lettera” continuò poi, tornando serio. “L’ho scritta a mo’ di sfogo qualche settimana fa e l’ultima cosa che desideravo era che potesse entrare in tuo possesso. Se mi sono comportato in quel modo poco fa è perché non voglio assolutamente che il nostro rapporto possa precluderti tutte le opportunità professionali che la vita dovrebbe regalarti. Riesci a capirlo?”

“Thomas io ti capisco, davvero... ma sono innamorata di te e non voglio starti lontano. Voglio che tu stia con me e che affrontiamo le cose di volta in volta, come due persone mature. Non dobbiamo fuggire da quello che sentiamo.”

“Hai ragione... come sempre, del resto. E in nome di quello che provo per te, ti prometto che lotterò per entrambi” le rispose l'uomo, guardandola dritto negli occhi e guadagnandosi un dolce bacio dalla ragazza, quasi commossa da quanto le aveva appena detto.

“Comunque, sono davvero contenta di aver scoperto la lettera proprio quest'oggi, perché sai... oggi è il mio compleanno.”

Thomas spalancò gli occhi.

“Dici davvero?”

“Certamente” rispose lei, lasciandosi sfuggire una genuina risata. “E non potevi farmi un regalo migliore.”

“Un regalo non intenzionale, oserei dire” rispose il regista, avvicinandosi di nuovo a lei. “Comunque, tantissimi auguri” disse poi, regalandogli un altro bacio.

“Ti ringrazio” rispose lei, abbracciandolo ancora più forte.

“Adesso, però, è meglio che tu vada... non vorrei ci vedessero qui.”

Con riluttanza, si divincolarono entrambi da quell’abbraccio.

“Hai ragione. Ma...”

“Ci vediamo stasera. Ti chiamo io.”

Jane sorrise all’istante e Thomas fece lo stesso, pregustando in sordina la sensazione di stringerla nuovamente tra le sue braccia. Sapeva, in cuor suo, di non essersi comportato come un vero uomo disposto a lottare sul serio in nome di quel sentimento che li univa ma, questa volta, sembrava che fosse pronto a farlo. Doveva finalmente regalare a Jane la grande certezza che, nonostante le future difficoltà che avrebbero dovuto affrontare, lui non avrebbe osato abbandonarla un'altra volta e, quella stessa sera, glielo avrebbe certamente dimostrato.



Nota autrice: miei cari lettori, spero di cuore che questo capitolo vi sia piaciuto e che sia riuscito a regalarvi una speranza! Purtroppo gli esami universitari incombono sulla mia testa e la mia frequenza di aggiornamento potrebbe subire dei cambiamenti. A ogni modo, state tranquilli che non sparirò, anzi! Non vi libererete facilmente di me! :P Ho ancora taaaante cose da raccontare, benché io sia giunta quasi alla conclusione di questa corposa prima parte inerente la difficile storia d'amore tra Thomas e Jane. Ci tengo, comunque, a ringraziarvi infinitamente per la vostra pazienza e il vostro supporto che, molto spesso (sempre, oserei dire!) è stato molto motivante per me! Un abbraccio e, si spera, a presto! :)




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