JJJ
Dall’episodio 03x10 L’elfo Rosso
Ubriaco sì, ma
quei complimenti?
LISBON
Inutile fingere. Sono preoccupata. La
Roche ha chiesto di parlare con Jane ora, adesso, in questo preciso momento. E
decisamente non è una buona cosa, per niente. Lo sapevo che Jane si sarebbe
messo nei guai continuando ad evitare La Roche. E adesso sarà un casino.
Mi allontano lasciando il mio consulente
alla mercé del capo degli affari interni ma il problema è questo: Jane è
ubriaco. Non ubriaco poco, è ubriaco tanto. Il suo brillante
piano per prendere l’assassina l’ha portato un po’ troppo oltre. E noi, questa
volta, siamo arrivati appena in tempo. Ok, questa clinica è davvero un
labirinto e mi sono già scusata con Jane del nostro ritardo nell’intervenire ma,
come se non bastasse, mi sento in colpa per averlo abbandonato con La Roche. Anche
se, ovviamente, me l’ha chiesto lui.
“Oh, va tutto bene, Lisbon. Tranquilla. Ci
penso io” così mi ha detto Jane. Anzi, così mi ha alitato praticamente in
faccia. Accidenti, sapeva di alcol da qui a Chicago. Ho avuto quasi un conato
di vomito, trattenuto solo dal fatto che Jane non ha bevuto di sua spontanea
volontà ma l’ha fatto solo per incastrare la colpevole. Jane non è mio padre.
Sono vicina alle auto della polizia e la
mia squadra sta sistemando per bene Leila, l’infermiera assassina. Dalla mia
postazione cerco di sbirciare il colloquio per tenere sotto
controllo la situazione. Jane a mala pena si reggeva in piedi tanto è ubriaco e
si era appoggiato a me per sostenersi. Ora si sono seduti, almeno così non
rischia di sfracellarsi a terra. Ma sono comunque inquieta. Spero solo che Jane
non faccia o dica cazzate a La Roche.
“Aspetta, Jane. Ti apro la portiera e ti
aiuto.” Siamo al parcheggio del CBI. Jane sembra uscito incolume dal colloquio
con La Roche anche se non saprei dirlo con certezza dato che in macchina era
mezzo addormentato e non mi ha detto nulla, ma almeno non è stato ammanettato o
altro. La Roche mi ha permesso di ricondurlo a casa. Gli apro la
portiera e faccio in modo che si appoggi a me lasciandogli mettere un braccio
attorno alle mie spalle. Mi sento un po’ un bastone da passeggio in questo
momento.
“Oh, Lisbon. Come sei gentile… ehm… come
sei carina… no, aspetta. Come si dice? Premurosa forse?” Jane è decisamente
ubriaco. Strascica le parole e poi non mi ha mai fatto così tanti complimenti
come adesso. Sembra quasi sincero. Arrossisco involontariamente quando, preso
forse da un capogiro più forte degli altri, si aggrappa meglio a me e la sua
mano scivola un po’ troppo oltre la mia spalla, finendo pericolosamente vicino
alla scollatura del mio maglioncino.
Lo guardo seccata. O almeno è quello che
cerco di essere nonostante il mio cuore, per un motivo a me sconosciuto, abbia
iniziato ad accelerare il suo battito. Lui ha quello sguardo vacuo di chi è già
andato oltre. È uno sguardo che riconosco ma che allo stesso tempo mi è
estraneo. Anche mio padre, quando beveva, aveva quello sguardo ma poi diventava
piuttosto irascibile e allora i tratti del volto gli si indurivano mentre gli
occhi diventavano due fessure iniettate di sangue. Jane invece sembra che mi
stia chiedendo aiuto. I suoi occhi azzurri sono velati e i tratti del volto
sono fin troppo rilassati.
“Lisbon, mi gira la testa…”
“Lo so, Jane. Ancora un piccolo sforzo e
ci siamo.” Usciamo dall’ascensore e con un passo decisamente poco stabile
riesco a condurlo sul suo divano malconcio. Lo faccio sedere e cerco di
togliere il suo braccio dalla mia spalla ma, improvvisamente, lui mi trattiene
la mano.
“Non hai risposto alla mia domanda.” Mi
osserva con un sorriso così ebete che non riesco a non sorridere di rimando.
“Non mi hai fatto nessuna domanda. Sei
ubriaco, Jane. Sdraiati e dormi. Domattina sarai devastato ma almeno abbiamo
risolto il caso.”
“Certo che ti ho fatto una domanda. Ti ho
chiesto se si può definire premuroso il tuo comportamento di ora nei
miei confronti.”
Mi ha colto alla sprovvista e purtroppo
non riesco a fingere perché sgrano gli occhi e questa volta il suo sorriso non
è più ebete ma quasi malizioso. Non so cosa rispondere.
“Suvvia, Lisbon. Non ti ho mica chiesto di
rilasciare un assassino per me” ha un singhiozzo lieve.
Mi indispettisco e gli pizzico il braccio,
lo stesso che ancora mi tiene vicina a lui. Mi libero e sono decisa ad
andarmene senza rispondergli. Se lo merita. Perché deve sempre comportarsi
da bambino in ogni momento?
“Comunque grazie, Lisbon. Sei stata
davvero gentile, carina e premurosa a prenderti cura di
me. Anche se non lo vuoi ammettere.”
Sono arrivata all’ascensore ma è come se
lo vedessi sorridere mentre mi ripete tutto quello che già mi ha detto. So che
è lì, sdraiato sul divano con le braccia dietro la testa, gli occhi chiusi e
quel sorriso impertinente sul volto serafico.
Va bene, Jane. Anche questa volta hai
vinto tu: mi hai fatto imbarazzare.
JANE
Sono ubriaco, sì. Ma non abbastanza da non
volermi divertire un po’mettendo Lisbon in imbarazzo. Che poi mi sfugge ancora
il motivo per cui si imbarazza così facilmente, a volte persino per un
nonnulla. Mi gira la testa e mi sento leggero. Lisbon sarà andata via da dieci
minuti buoni ormai e io ancora non solo non riesco a dormire, anche se sono
praticamente in uno stato di dormiveglia catartico, ma non riesco nemmeno a
smettere di pensare a lei. Non so perché. L’ho già detto che mi gira la testa?
Sì, forse sì. Ogni tanto vedo la figura ingombrante di La Roche che, nella mia
mente, tenta di scacciare l’esile figura di Lisbon. Ma la mia Lisbon è
combattiva. Eccola, ora è di nuovo davanti a me. Indossa quel maglioncino
bordeaux scuro con lo scollo a V e la collana con la croce che oscilla
leggermente sulla sua scollatura. Mi sta porgendo la mia tazza azzurra ricolma
di thè fumante e mi sorride. Ha un sorriso stranamente dolce e i suoi occhi
verdi brillano di una luce nuova, intensa. Eppure mi sta solo offrendo una
tazza di thè. Perché quello sguardo? Non capisco.
Faccio per sporgermi verso di lei quando
un altro capogiro mi prende alla sprovvista e mi ricostringe a stendermi sul
divano e Lisbon scompare. Ok, sono davvero ubriaco. Inizio a contare alla
rovescia. 100… 99… 98… inspiro ed espiro. Con calma. 95…94…93… le mie palpebre
si fanno sempre più pesanti. L’alcol sta facendo effetto. Forse riuscirò a
dormire e forse sognerò Lisbon. Sono più tranquillo ora. Non so perché. So solo
che domani non mi ricorderò più nulla e forse sarà meglio così.
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