La strada, quella strada del centro, è talmente
affollata quel giorno da costringermi a ripararmi dietro mia madre che
avanza con la sicurezza di una stazza notevole e di un portafoglio
pieno da vuotare. Quello è il giorno dello shopping
stabilito da mesi, evento attorno al quale ruota tutta la mia recente
esistenza.
Salve! Sono quella testa di capelli ricci che spunta da dietro quel
donnone che cammina stile marcia militare. Grazie al cielo non ho preso
la camminata di mia madre, sembra che si stia avviando ad una parata.
No, io la mia camminata la definisco più come un fruscio, un
movimento lento ma non troppo e aggraziato quanto basta da permettere
alle mie gambe di flettersi in tutta la loro lunghezza senza
però apparire troppo sfacciato. O almeno è
l’impressione che vorrei dare. A dire il vero a qualunque
ragazzo della mia scuola è bastata un’occhiata per
comprendere, anche senza prove certe, la cocente verità che
mi porto dietro come un macigno sulla coscienza: io sono gay.
Mi guardo attorno terrorizzato, anche solo pensarlo equivale ad
un’ammissione di colpa. Non l’ho mai detto a voce
alta, non oserei. Quanto a confessarlo ai miei poi, non sarei mai in
grado di sostenere ancora lo sguardo di disprezzo nei loro occhi. Ma lo
sanno. Devono saperlo. Vivono con me, mangiano con me, parlano con me,
è impossibile che non si siano resi conto che nella mia
stanza non ci sono poster di donne nude, non ci sono mai stati e mai ci
saranno. Mai avuto riviste tipicamente da uomo se non per guardare i
modelli, ma leggo spesso le riviste per ragazze che le mie amiche mi
portano a scuola. Amiche. Mai andato troppo d’accordo con i
ragazzi. Insomma, faccio tutto quello che ci si aspetta da me: gioco a
calcio, mi comporto da maschio al bar prendendo birra e commentando lo
sport e qualche bellona del cinema, scherzo e rido volgarmente quanto
basta. Ma fosse per me, me ne starei alla larga da quei posti chiusi
dove l’odore di mascolinità è talmente
tanto forte da togliermi il respiro.
Non è una novità, in fondo l’ho sempre
saputo. Tutti l’hanno sempre saputo. È dalle
elementari che mi prendono in giro chiamandomi finocchio e simili,
tanto che mia madre si è scontrata più volte con
insegnanti e genitori per bloccare il fenomeno che mi riduceva in
lacrime. Ma ero ancora un bambino, non comprendevo appieno la portata
di quelle parole. Ora lo so. Non sono più un bambino, anche
se qualcuno continua ad esserne convinto. Ormai ho 17 anni, tra un anno
sarò maggiorenne, e so di non essere etero.
Sospiro. Un sospiro lungo e sofferente che fa voltare mia madre. Il suo
sguardo indagatore mi scandaglia in profondità. Lei deve
sapere, a quella donna non sfugge mai nulla, ha perfino saputo quando
mio fratello maggiore aveva perso la verginità, con una sola
occhiata, non può non essersi resa conto che il suo figlio
più piccolo è un frocio.
“Resisti, so che fare la spesa con la madre è
noioso per un ragazzo, ma da sola non ce la faccio a fare
tutto”.
“mmm…” rispondo io, quando in
realtà mi piacerebbe farle capire con veemenza che semmai
è il contrario, vorrei che questa giornata non finisse
così presto, che a me piace fare compere con lei, piace
davvero. Ma se dicessi una cosa simile, mi guarderebbe male, si
chiederebbe quale significato recondito possano avere le mie parole, e
poi si chiuderebbe nella convinzione che ho bisogno di farmi regalare
qualcosa da lei per non indagare oltre ed arrivare da sola alla
verità più profonda che nascondo nel mio cuore.
Paura. Ho paura che lo sappiano. Una paura tale che più e
più volte ho maledetto Dio per avermi fatto così,
diverso.
Ho incontrato altri come me, altri gay. Simpatici, qualcuno ci ha anche
provato con me. Io mi sono sempre rifiutato, ma prima o poi so che
cederò alla carne e mi lascerò andare. In fondo
che male c’è? Sono nel pieno dello sviluppo, alla
mia età è ormai considerato normale
scopare…se si è etero. Se si è gay
secondo la società non si dovrebbe scopare affatto. Non si
dovrebbe vivere. Ho letto proprio questa mattina prima di uscire di
casa un articolo di un prete che condannava la comunità gay
ai tormenti dell’inferno perché considerata
portatrice di mali indicibili. Come se la nostra presenza potesse in
qualche modo contagiare. Non è una malattia. Se un gay ti
starnutisce davanti, puoi prenderti i suoi germi
dell’influenza ma non le sue preferenze sessuali. Dello
stesso parere però non sono i miei compagni di classe che mi
evitano come la peste o mi tormentano. Preferisco quando mi tormentano
in un certo senso, almeno mi fanno capire che hanno registrato la mia
presenza, non l’accettano ma la vedono. Qualche amica cerca
di difendermi a volte, quando è in giornata buona o quando
esagerano, ma non può fare molto. Sono solo. E avrei voglia
di urlare in classe come una checca isterica quando mi strappano i
libri, mi nascondono le mie cose o le gettano dalla finestra, mi
insultano in ogni modo quando passo per i corridoi. Non è
facile la vita da liceale. E dire che dovrebbero essere gli anni
migliori della mia vita. A me sembrano i peggiori tra confusione, odio
e paura.
Mia madre è entrata in un negozio, mi ha fatto cenno di
aspettarla fuori. È una profumeria. Quale sarà
mai la legge non scritta secondo la quale un uomo non può
entrare in profumeria se non urlando che deve fare un regalo alla
propria donna, non lo so davvero, ma io ci entro solo accompagnato
dalle mie amiche. Non oso da solo, se qualcuno mi vedesse?
“Ehi, c’è riccioli
d’oro!”.
Ecco, qualcuno mi ha visto. Faccio finta di nulla, è
l’ennesimo sberleffo di quelli della mia classe. Mi sfilano
davanti in tutta la loro figaggine ostentando le ragazzine che si
trascinano dietro, prede di guerra nella lotta della seduzione etero.
Scommettiamo che so la loro prossima mossa? Ecco, infatti come avevo
previsto: due di loro hanno afferrato le rispettive ragazze e hanno
cominciato a limonarle in tutta tranquillità in mezzo alla
strada davanti a me. Che posso fare? Ignoro. Tremo di rabbia e ignoro.
Dopo un po’, quando si saranno stancati di indicare e
pomiciare, mi lasceranno in pace. Per non guardare loro i miei occhi
scrutano la vetrina seguente, cercando di concentrarsi sui vestiti
esposti. La mia concentrazione è tale che dovrebbe spaccare
il vetro.
Dalle mie labbra sfugge uno squittio di sorpresa quando noto che il
manichino che stavo osservando non è affatto un manichino ma
uno dei commessi che sta sistemando la vetrina. Eppure le sue forme
sembravano così perfette…mi scopro a perdermi
nella forma delle gambe inguaiate nei jeans strappati e nei pochi lembi
nudi di pelle che lasciano intravedere. Ah, si è chinato in
avanti. Ha un sedere davvero interessante, potrei perderci ore a
guardare quella vetrina così interessante. Il corpo maschile
è davvero intrigante. Mi umetto le labbra, e lui si volta.
Probabilmente ha sentito il mio sguardo sul suo culo, o gli sono
più semplicemente arrivati all’orecchio gli
insulti a me rivolti. Comunque si è girato, e mi sta
guardando con aria interrogativa. So per esperienze precedenti che il
mio viso è in fiamme, se mi toccassi le orecchie le sentirei
scottare per la tensione. Sorrido timidamente al commesso, so che non
sembro così innocente come dovrei, ma in fondo è
un rischio che bisogna correre se si vuole combinare qualcosa. Ah, se
solo mi ricambiasse, se mi facesse un cenno di intesa e mi facesse
capire che ho una speranza. Cavolo, mi piace davvero avere un ragazzo
fisso e non qualche avventura occasionale come mi è sempre
capitato. Lui mi guarda perplesso, poi di colpo capisce ed ecco in un
istante sul suo viso si dipinge un sorriso di circostanza mentre gli
occhi si appannano di disgusto. Quella sera quando vedrà gli
amici al bar racconterà la sua terribile esperienza, quando
un gay lo ha puntato. Sconfitto ed umiliato, ricaccio a stento le
lacrime. Se fossi stata una ragazza questo non sarebbe successo, mi
avrebbe sorriso di rimando, mi avrebbe aperto la porta del negozio ed
invitato ad entrare.
Cosa c’è di sbagliato in me? Cosa ho fatto di male
per essere così? Io non lo volevo, io sarei stato molto
meglio se fossi stato come tutti gli altri, un comune etero con
interessi etero. Perché questa maledizione è
calata proprio sulla mia testa? Vorrei essere qualcun altro e in
qualche altro posto mentre mia madre esce dalla profumeria con una
boccetta in mano, ed io mi giro apparentemente annoiato dal suo
entusiasmo per l’acquisto. Riprende a camminare, ed io
dietro. Prossima destinazione il negozio di elettronica. Il frullatore
si è rotto e dobbiamo comprarne uno nuovo, ecco il motivo
della mia presenza: l’uomo porta i pacchi. È un
bene che cammini davanti a me, schermandomi alla vista degli altri
passanti, così posso piangere le mie amare lacrime in
silenzio e non avere paura di farmi notare. Un ragazzo etero non
piange, almeno io non ne ho mai visto uno.
“Oh oh…!” mormora mia madre bloccandosi
di scatto davanti ad una vetrina insulsa. Confuso, la guardo sorridermi
nel suo modo malizioso. Oh ti prego, dimmi che non è vero!
“ore dieci, ragazze carine che ti hanno notato! Vai
tigre!”.
…mamma! Ecco, questo è uno di quei momenti in cui
vorrei urlarle che sono gay. Ma mi basta la sua aria
d’aspettativa per capire che non avrò mai il
coraggio di fare una cosa simile. Prendo un bel respiro profondo. Le
ragazze sono carine e sembrano anche simpatiche. Forza e coraggio, sei
etero. Tu ami le ragazze, ti piace la passera. I miei passi si fanno
più sicuri e la camminata un po’ meno ondeggiante
mentre mi accosto di qualche metro. Mi hanno puntato ben bene, ormai
non ci sono dubbi, non posso scappare. Sono etero, sono etero, sono
etero…a furia di ripeterlo prima o poi funzionerà
e avverrà il miracolo per trasformarmi da reietto della
società ad uno dei loro.
So chi sono, so cosa voglio. A me piacciono i ragazzi, le curve
femminili le guardo solo per ammirarle con distacco. Non voglio finire
incastrato in un matrimonio di facciata con una bella moglie, voglio al
mio fianco un uomo che mi ami per quello che sono. Non mi vergogno di
essere me stesso. Se la società non mi accetta, poco
importa, purché stia bene io.
Ma ogni passo che faccio verso quelle ragazze che mi aspettano
invitanti, è un passo verso quell’io falso in cui
mi costringe chi mi sta attorno. Mi faccio carico di aspettative che
non posso esaudire, di speranze che verranno illuse dalla mia natura
codarda. Ogni passo verso quelle ragazze, è un passo verso
la facciata di convenienza che nasconde la diversità per
rendermi identico a come dovrebbero essere tutti gli altri ragazzi.
Sì, insomma, allo stereotipo del maschio etero.
[salve
a voi che mi leggete da sempre, e ai nuovi arrivati che mi hanno
trovata da poco! ^^
Uh,
più si prosegue, più diventa complicato. Come
avrete percepito (se ho fatto bene il mio lavoro), in questo scorcio
è cambiata quasi totalmente l’emozione dominante
rispetto ai precedenti. Ci sarebbe stato molto altro da scrivere, ma ho
preferito fermarmi per non uscire dal personaggio che ho scelto di
dipingere.
X
miss dark: lieta di aver corrisposto alle aspettative ^^ anche io
detesto dover sostenere gli sguardi di estranei (e non) che parlano con
me fissando qualcosa che non è il mio viso, ma con il tempo
ho imparato a usarlo a mio vantaggio, come ho imparato ad usare tante
altre cose sgradite. Dopotutto siamo state
“graziate” di tanta abbondanza, a qualcosa
dovrà pur servire! E lo shopping…o hai
un’amica ben fornita come te, o hai un amico gay o
è meglio in solitaria. Almeno si evitano situazioni
imbarazzanti come “compriamo lo stesso completino!”
-.-‘
X
Ego me stesso ed io: anche a me basta poco per essere felice, mi
accontento del vostro sostegno e di un po’ di cioccolata ^^
le lodi per non aver prolungato l’attesa è meglio
non cantarle a voce troppo alta, le muse potrebbero indispettirsi e
ritirare la loro mano protettrice. Approfittiamone finché
sono dalla mia parte e concentrate su questa raccolta ^^
X
Vegeta4ever: totalmente perdonata per il ritardo! *abbraccia
scodinzolando* benarrivata!
Ps-
concordo appieno con il nick ><
Alla
prossima! Kissu kissu]
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